Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

È del 07 novembre u.s., la pronuncia del Consiglio Stato sez. IV con la quale i Giudici sono tornati a pronunciarsi – tra le diverse questioni trattate in atti – della c.d. Variante migliorativa richiamando alcuni aspetti importanti che non dovrebbero essere mai trascurati nel momento in cui parliamo dell’istituto in discussione.

Tra gli aspetti importanti richiamati dai Giudici, è stato precisato che: “quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti possono autorizzare gli offerenti a presentare varianti, in mancanza di indicazione, le varianti non sono autorizzate. Tra l’altro le stazioni appaltanti che autorizzano le varianti menzionano nel capitolato d’oneri i requisiti minimi che le varianti devono rispettare, nonché le modalità per la loro presentazione. Esse prendono in considerazione soltanto le varianti che rispondono ai requisiti minimi da esse prescritti. Nelle procedure di affidamento di contratti relativi a servizi o forniture, le stazioni appaltanti che abbiano autorizzato varianti non possono respingere una variante per il solo fatto che, se accolta, configurerebbe, rispettivamente, o un appalto di servizi anziché un appalto pubblico di forniture o un appalto di forniture anziché un appalto pubblico di servizi”.

Nel caso trattato rilevava il rapporto tra divieto di variante e ammissibilità di modifiche in relazione alla cantierizzazione funzionale alla limitazione degli impatti ambientali, escludendosi “la legittimità di qualunque variante incidente sulle opere da realizzare, sia che si tratti di una modificazione strutturale, sia che si tratti di una modificazione funzionale, qualitativa o prestazionale delle opere medesime, e le modifiche in relazione alla cantierizzazione sono ammesse se, ed in quanto, non producano i (vietati effetti richiamati)”.

Per la verità l’attenzione sull’istituto della variante ha richiamato da sempre l’attenzione dell’Autorità che negli ultimi mesi è intervenuta per ben due volte sul tema, rispettivamente col Comunicato del Presidente del 16 luglio e col successivo Comunicato del 19 settembre che superava il primo nei contenuti e nelle modalità tecnico operative, all’indomani del decreto legge n. 90/2014 (art. 37), convertito in legge n. 114/2014.

Le intenzioni erano ben chiare, ovvero puntare i riflettori su un’area molto spesso grigia degli affidamenti attraverso una migliore e puntuale attività informativa da delegare ai Responsabili Unici del Procedimento, in abbinata ai già datati oneri di comunicazione ex art. 7 co. 8 del d.lgs. 163/2006, che tra l’altro hanno visto ridotta la tempistica di invio da 60 a 30 giorni e ribadito il profilo sanzionatorio per infedele o carente trasmissione.

E l’idea di base di monitorare in modo costante e puntuale il mondo “varianti”, nonché di stimare le tendenze di utilizzo di questo strumento, ha rappresentato il secondo motivo di attenzione da parte dell’Autorità, che col successivo comunicato del 24 novembre u.s. ha stilato un primo riscontro statistico sull’esito dell’indagine.

Tante le “sorprese” emerse sul campione di 90 varianti a partire dalle risultanze connesse alla ricorrenza di utilizzo, le amministrazioni ricorrono art. 132, comma 1, lett. a) 6/90 (7%), all’art. 132, comma 1, lett. b) 57/90 (63%), all’art. 132, comma 1, lett. c) 48/90 (53%), all’art. 132, comma 1, lett. d) 2/90 (2%), all’art. 132, comma 3, secondo periodo 20/90 (22%); fino alla distribuzione delle varianti in relazione al ribasso di aggiudicazione dell’appalto: 23 % con ribasso tra 0 e 10%; 13 % con ribasso tra 10 e 20%; 36 % con ribasso tra 20 e 30%; 27 % con ribasso oltre il 30%.

Nel documento dell’Autorità un interessante passaggio è stato dedicato proprio alle “variazioni falsamente migliorative”, ove la stessa Autorità precisa a proposito delle varianti qualificate come migliorative e perciò introdotte «nell’esclusivo interesse della stazione appaltante», le stesse sono approvate a parità di costo o con contenuti scostamenti rispetto al contratto iniziale, con generico riferimento alle fattispecie di cui all’art. 132, comma 1, lett. b) secondo periodo, o comma 3 secondo periodo del codice dei contratti, ovvero ai sensi dell’art. 162, comma 3, del regolamento 207/2010, senza tuttavia che sia adeguatamente dimostrata la sussistenza delle altre condizioni previste per il ricorso a tali tipologie di varianti (rispettivamente: 132.1.b. intervenuta possibilità di utilizzare nuovi materiali e tecnologie; 132.3. sopravvenienza di circostanze oggettive e imprevedibili; 162.3 reg. che la variante non riduca le prestazioni qualitative e quantitative stabilite nel progetto stesso e mantenga inalterate il tempo di esecuzione dei lavori e le condizioni di sicurezza dei lavoratori).

Tuttavia, ciò che maggiormente rileva, all’esame degli atti, è l’insufficiente riscontro del carattere migliorativo delle varianti. L’Autorità sul punto precisa che l’introduzione di una variante in diminuzione, pertanto, non è sempre sinonimo di un risparmio per l’Amministrazione laddove la modifica delle lavorazioni comporta uno scadimento della qualità dell’opera nel suo complesso o il suo frazionamento in più appalti. Per garantire la coerenza all’impostazione progettuale iniziale, la norma prevede che la variante sia valutata dal Responsabile del procedimento, «sentito il progettista e il direttore dei lavori ».

Sotto questo profilo, anche al fine di evitare le distorsioni sopra menzionate, sarebbe utile che le relazioni del RUP sull’ammissibilità della variante dessero conto dettagliatamente delle osservazioni del progettista sui lavori in variante, in particolare per le modifiche qualificate come migliorative.

Sending
Questo articolo è valutato
0 (0 votes)

Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Croce
Avvocato specializzato in materia di diritto civile e amministrativo, esperto in materia di appalti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.