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( votes)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Limiti assunzionali conseguenti alla violazione del patto di stabilità
Corte dei conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, parere n. 90 depositato il 28 luglio 2014
Indice
1. Premessa
2. L’intervento della sezione
3. La questione del patto di stabilità in tema di appalti
4. L’obbligo di applicare le sanzioni
1. Premessa
Il Sindaco di un comune siciliano sottopone alla propria sezione regionale un quesito sui limiti assunzionali derivanti dal mancato rispetto dell’obiettivo del patto di stabilità.
Dal quesito, emerge la chiara consapevolezza che il mancato ossequio alla massima regola della finanza pubblica determina – tra gli altri – l’impossibilità di procedere con assunzioni in qualsiasi forma ed a prescindere dalle concrete necessità dell’ente.
Nel caso di specie il sindaco, premesso che il comune rappresentato aveva violato il patto nel 2013, rimarcando la “carenza di figure professionali idonee al suo interno, chiede se può procedere all’assunzione di un tecnico, con il duplice ruolo di capo area e di capo ufficio piano per la redazione del PRG”.
Nel quesito si precisa inoltre che detta “soluzione organizzativa consentirebbe di garantire una maggiore efficienza organizzativa dell’ufficio tecnico comunale e di proseguire nell’iter di redazione del PRG, attualmente in fase di stallo, scongiurando il rischio di commissariamento regionale e l’annesso aggravio di spesa”.
2. L’intervento della sezione
La sezione regionale, escussa la fase propedeutica sulla ammissibilità (o meno) del quesito con la precisazione che le domande, “riguardando la tematica del patto di stabilità interno e dei vincoli assunzionali, attengono pacificamente alla materia della contabilità pubblica secondo l’accezione tecnica delineata dalle citate deliberazioni, e vertono su tematiche generali ed astratte, in grado di non interferire con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali demandate ad altri organi di magistratura”, è proseguibile alla fase successiva, procede con l’esame del merito.
Nel merito, il collegio rammentata la normativa a presidio del patto di stabilità (comma 26 dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011, come sostituito dall’articolo 1, comma 439, della legge n. 228 del 2012) che stabilisce che nell’anno successivo a quello dell’inadempienza, l’ente che non abbia rispettato il patto di stabilità subisce una serie di gravi sanzioni, “tra cui anche il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia di contratto, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riguardo ai processi di stabilizzazione in atto”.
Il divieto in parola, prosegue la sezione, si estende anche a tutta quella serie di azioni/interventi che l’ente può determinarsi a porre in essere per eludere i predetti divieti. In questo, la stessa disciplina puntualizza che eventuali contratti di appalti di servizi – con cui si intendesse sopperire al fabbisogno del personale – sono da ritenersi irrimediabilmente nulli, con l’ovvia conseguenza che l’eventuale obbligazione giuridica sorge non tra ente ed operatore economico ma tra funzionario stipulante e l’impresa.
Chiarito che detto rigoroso impianto sanzionatorio discende dalla particolare rilevanza ordinamentale delle norme sulla finanza pubblica che mirano ad assicurare quell’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, recentemente assurti a rango costituzionale, la sezione esprime una considerazione giuridica su cui appare necessario soffermarsi.
Secondo il collegio “il divieto posto dall’art. 31, comma 26, della L. 183/2011, a prescindere dall’esistenza di elementi che possano indurre a qualificare la fattispecie sotto il profilo formale in termini di nuova assunzione, ricomprende tutte le ipotesi in cui l’ente realizza un incremento delle prestazioni lavorative in suo favore, con conseguente aumento delle relative spese (deliberazioni Sezione Veneto n. 6 e 37 /PAR/2010; deliberazione Sezione Lombardia n. 427/PAR/2009)”.
In realtà, come anche affermato da pareri altrettanto recenti e dalla stessa complessiva disciplina del patto di stabilità (tra tutte la circolare del MEF n. 6/2014) il divieto di assunzione opera non solo con riferimento ad una “nuova assunzione” che determina l’aumento di spesa ma anche per la stessa mobilità (e quindi di “cessione” del contratto ad altra amministrazione) o nel caso anche del semplice comando e quindi, sostanzialmente, anche a spese invariate.
Questo è quanto emerge, a titolo esemplificativo, anche dal recente parere della Corte dei Conti sezione Piemonte, espresso con deliberazione n. 59/2014.
Nel caso di specie si è rilevato che “per poter procedere a trasferimenti per mobilità è necessario che l’ente presso il quale il dipendente è chiamato a prestare servizio sia nelle condizioni di poter assumere personale aggiuntivo. Dunque, ai fini di una legittima procedura di mobilità in entrata è comunque sempre necessario che l’ente ricevente: a) rispetti il parametro del rapporto tra spesa di personale e spesa corrente ai sensi dell’art. 76, comma 7, d.l. 112/2008, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, come sostituito dall’art. 14, comma 9, del d.l. n. 78/2010, convertito con legge 30 luglio 2010 n. 122; b) rispetti il limite della complessiva spesa del personale di cui all’art. 1 co. 557 della legge n. 296 del 2006; c) risulti in linea con le regole dettate dal Patto di Stabilità interno”.
A sommesso avviso, occorre ben intendere la locuzione che, spesso, viene intesa semplicemente come riferita, secondo lo stretto dato letterale, al rispetto del patto di stabilità limitato al solo esercizio finanziario precedente e non anche alla verifica della situazione nell’esercizio di competenza (ovvero al momento in cui deve avvenire l’assunzione).
L’impossibilità di assumere, a qualsivoglia titolo e secondo qualsiasi tipologia, costituisce una delle sanzioni che l’ente è costretto ad ossequiare qualora venga certificato il mancato rispetto dell’obiettivo.
Il divieto, come annotato, riguarda ogni tipologia di assunzione “ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto” (ai sensi del comma IV, dell’articolo 76 della legge 122/2010).
A titolo esemplificativo, inoltre, la sezione pugliese della Corte dei Conti, con deliberazione n. 171/2013, ha rilevato che “il divieto di effettuare nuove assunzioni – a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale – posto dall’art. 31, comma 26 della legge n. 183/2011 a carico degli enti inadempienti al patto di stabilità deve intendersi esteso anche all’istituto del comando, a prescindere da qualsiasi altra considerazione di carattere formale legata alla natura giuridica dell’istituto”. Pertanto, ogni atto che venisse posto in essere in violazione delle disposizioni anzidette costituisce grave violazione ed espone a pesanti responsabilità il soggetto che le pone in essere.
Non si ritenga superfluo annotare chesulla problematica in argomento si registra un orientamento costante delle sezioni della Corte dei Conti.
Tra i tanti pareri, a titolo esemplificativo, si può ricordare il parere contenuto nella deliberazione n. 605/2009 della sezione Lombardia secondo cui “il divieto di assunzione di nuovo personale operi anche nei confronti dell’ente locale che si trovi nella condizione attuale di non rispettare il patto di stabilità interno” ovverol’anno in cui avveniva l’assunzione. Ed in ogni caso, “il divieto non viene meno per il fatto che le nuove assunzioni siano finalizzate alla sostituzione di personale che verrà a cessare nel corso dell’anno”.
Stesso ragionamento deve essere espresso per le mobilità.
Quanto appena riportato deve essere inteso nel senso che è del tutto irrilevante che l’assunzione avvenga ad invarianza della spesa se nell’anno in cui si procede l’ente non è in grado di assicurare il rispetto del patto o, peggio ancora, risulti dal prospetto degli aggregati (che sintetizzano il margine di azione consentito all’ente in rapporto all’obiettivo del patto di stabilità) un serio rischio di sforamento.
In senso analogo, in tempi più recenti il parere della sezione regionale della Sardegna con deliberazione n. 78 del 9 novembre 2011.
Spesso, al fine di proseguire (comunque) l’azione amministrativa si sottovaluta la circostanza che, in relazione ad ogni atto/intervento, il responsabile del procedimento di spesa deve esprimersi in senso prognostico ovvero è tenuto – ai sensi dell’articolo 9 della legge 102/2009 – ad esprimere il proprio parere in funzione degli effetti che l’atto andrà a produrre rispetto alla regola della finanza pubblica.
A tal riguardo nella consueta circolare del MEF di disciplina delle dinamiche del patto di stabilità (n. 6/2014 ma anche nella precedente del 2013) si legge che “l’autoapplicazione delle sanzioni (nda per violazione del patto di stabilità) opera anche nel corso dell’esercizio in cui vi sia chiara evidenza che, alla fine dell’esercizio stesso, il patto non sarà rispettato”.
In tale circostanza, prosegue il documento, si impone la necessaria adozione di interventi correttivi e di contenimento di tipo – si direbbe – virtuoso ovvero tendenti a ripristinare immediatamente l’equilibrio nella dinamica del patto.
L’azione in parola deve essere presidiata attraverso un costante monitoraggio del responsabile dei servizi finanziari che ha una imprescindibile funzione propositiva nei confronti degli altri responsabili e della stessa amministrazione chiamata ad adottare le soluzioni tecnico/contabili possibili.
3. La questione del patto di stabilità in tema di appalti
Si è rilevato che il rapporto patto di stabilità/sviluppo dell’azione amministrativa deve obbligatoriamente essere preso in considerazione anche e soprattutto nell’ambito dell’attività contrattuale.
Già la giurisprudenza amministrativa, a titolo esemplificativo, ha affermato la legittimità della revoca della gara d’appalto nel caso in cui, la stazione appaltante, abbia successivamente alla stessa aggiudicazione, acquisito consapevolezza che gli impegni di spesa conseguenti determinavano (o erano avvenuti) in violazione del patto di stabilità.
In questo senso, ha avuto modo di esprimersi, il TarSicilia, Catania, con la pronuncia n. 2490/2011.
Secondo il giudice, nel caso esaminato, la giustificazione posta a sostegno della revoca del bando di gara non era da ritenersi censurabile, considerato che, correttamente, “un Comune pone dei limiti alla propria attività di spesa, in presenza di indisponibilità sopravvenuta delle risorse finanziarie necessarie”. Non è censurabile, sempre secondo la sentenza neanche la scelta operata in riferimento ai “tagli” dei servizi, a fronte di un orizzonte di scelte possibili, posto che una valutazione giudiziale impingerebbe su scelte ampiamente discrezionali, censurabili solo a fronte di macroscopiche incongruenze logiche, quali, ad esempio, la mancata garanzia di servizi essenziali a discapito di altri eventualmente secondari”.
4. L’obbligo di applicare le sanzioni
Secondo la sezione, con ragionamento che deve essere condiviso, le sanzioni che scaturiscono per effetto del mancato rispetto dell’obiettivo di contenimento dell’azione amministrativa imposta dal patto sono oggetto di autoapplicazione nell’anno successivo” anche perché, un simile modus agendi è il solo che consenta il rientro dell’ente inadempiente “in un regime gestionale fisiologico e coerente con gli obiettivi di finanza pubblica allo stesso declinati”.
A nulla vale, secondo i giudice, la circostanza che l’ente si trovi in forte difficoltà determinata dalla carenza/insufficienza di organico anche perché – si legge nel parere – dette problematiche non possono essere invocate “fini esimenti o addirittura derogatori, rappresentando (…) la prevedibile conseguenza di una serie di decisioni e di atti gestionali volontariamente posti in essere nell’esercizio precedente, in presenza di un obbligo di allineamento agli obiettivi già assegnati in fase programmatica e di un quadro sanzionatorio ormai pressoché stabile da anni”.