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«L’Italia ha il vezzo di peggiorare la normativa europea, complicandola, inserendovi elementi di difficoltà», lo ha detto il Premier Matteo Renzi nel corso della conferenza stampa di presentazione dello “Sblocca Italia” in tema di appalti pubblici annunciando un nuovo codice dei contratti. Obiettivo del Governo è di adeguare il sistema normativo italiano a quello europeo, più snello, meno complesso e meno burocraticizzato.

«Ci devono essere le stesse regole in Italia come nel resto dell’Europa». Renzi pronuncia questa frase con i toni dell’illuminato. Dobbiamo adeguarci all’Europa perché come ammette lo stesso Premier «abbiamo inserito troppe norme e abbiamo creato un danno oggettivo, economico e anche di mancanza di chiarezza». Legislatori e governi si sono accaniti nell’emanare norme che hanno complicato notevolmente le procedure. Con l’intenzione di evitare il persistere della corruzione hanno ampliato fino alla nausea il volume di leggi, regolamenti, codici. Finendo, probabilmente, per fornire alla corruzione gli spazi nei quali continuare a persistere.

L’Europa è la soluzione ai nostri problemi. Dal 1957, anno dei trattati di Roma, al 2014: Ci sono voluti 47 anni per comprenderlo. L’Europa è la soluzione ai nostri problemi non perché finalmente ci viene proposta una nuova opportunità, ma perché è la strada che non abbiamo mai percorso, o che abbiamo intrapreso solo parzialmente e senza grande convinzione. In questa visione, di un modello europeo da prendere come esempio per avviare in Italia una stagione di positività, non si vede il merito di Renzi, ma il demerito di una classe politica che in tanti anni non ha voluto cogliere le opportunità che l’Unione offre, anche solo come condivisione di idee e di pratiche. Che ha sprecato tempo e risorse.

Una verità più vicina alla realtà, confermata dal Ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi: nel corso della stessa conferenza il Ministro ha affermato che «troppo spesso in Italia abbiamo stanziato risorse che poi o non si sono spese o si sono spese male». Lo Sblocca Italia sancisce date certe. Entro il 30 agosto 2015 il pacchetto di opere previste dal decreto dovranno essere non solo appaltate ma avviate con l’apertura dei cantieri. Motivo di orgoglio: stabilire un calendario rigido, con scadenze irremovibili. Pena la revoca dei finanziamenti.

Adeguarsi all’Europa, fissare dei paletti. Non sono intuizioni da extraterrestri, che sul pianeta terra non era stato ancora possibile concepire. Sono iniziative e propositi di una semplicità disarmante. Ed è forse questa semplicità che le rende coraggiose. Perché molti altri uomini che ci hanno governati le devono aver pur pensate, valutate e abbandonate. Non si può credere che siano del tutto inedite. È più facile pensare (ci hanno abituato a pensarlo guardando il loro operato) che erano scomode. Che potevano destabilizzare il sistema.

Il fascio di opere pubbliche da avviare lungo tutta l’Italia, secondo Lupi, avrà ripercussioni positive sull’occupazione misurabile in 100 mila posti di lavoro. Aldilà di qualsiasi critica, di qualsiasi gelato, di qualsiasi scoperta dell’acqua calda, è quello che gli italiani si aspettano dallo “Sblocca Italia”, dal “Passo dopo Passo” o da qualsiasi altra operazione. I dati sulla disoccupazione sono allarmanti ed il settore dei lavori pubblici è l’unico che può provare ad accendere un po’ di speranza. Non solo per i posti diretti che verranno creati all’interno dei cantieri ma anche per le opportunità di sviluppo che le opere pubbliche (linee ferroviarie, reti stradali…) possono promuovere.

«Trovo questa norma rivoluzionaria», ha detto Renzi. Ha esagerato? Forse. L’acqua calda scorre nei rubinetti da anni. Molte tubature però erano vecchie, corrose ed intasate.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.