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La pubblica amministrazione conserva indiscutibilmente – anche in relazione ai procedimenti di gara per la scelta del contraente – il potere di annullare in via di autotutela sia il bando che le singole operazioni di gara, tenendo conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse: l’autotutela trova fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall’art. 97 della Costituzione cui deve ispirarsi l’azione amministrativa, ed in tale prospettiva neppure il provvedimento di aggiudicazione definitiva e tanto meno quello di aggiudicazione provvisoria ostano all’esercizio di un siffatto potere, il quale, tuttavia, incontra il limite del rispetto dei principi di buona fede e correttezza, e della tutela dell’affidamento ingenerato (cfr. T.A.R. Valle d’Aosta – 10/7/2013 n. 51, che risulta appellata; Consiglio di Stato, sez. V – 8/11/2012 n. 5681; T.A.R. Puglia Lecce, sez. III – 25/1/2012 n. 139). Dunque l’enunciato principio consente alla stazione appaltante di porre nel nulla l’intera procedura di gara qualora detta scelta si renda necessaria, o anche solo opportuna, a tutela del superiore interesse pubblico, a fronte del quale le aspettative del concorrente, ancorché già aggiudicatario (e, quindi, titolare di una qualificata posizione) devono essere considerate recessive. Tuttavia, per quanto connotato da ampi margini di ampia discrezionalità detto potere non è illimitato: al suo concreto esercizio corrisponde infatti l’obbligo dell’amministrazione di fornire un’adeguata motivazione in ordine alla natura e alla gravità delle anomalie racchiuse nel bando (e più in generale sottese alla scelta) che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (T.A.R. Emilia Romagna Parma – 17/4/2013 n. 159, che risulta appellata).

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Dott.ssa Liliana Simeone
Consulente in materia di appalti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.