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Il 31 marzo scorso è stata pubblicata[1], come è noto, la nuova Direttiva europea in materia di appalti, la 2014/24/CE, entrata in vigore venti giorni dopo la pubblicazione, ovvero il 17 aprile scorso. La stessa dovrà essere recepita dagli ordinamenti degli Stati membri entro due anni.
La Direttiva introduce molte importanti novità, frutto dell’esperienza maturata negli ultimi dieci anni di vigenza delle direttive del 2004 e delle normative nazionali emanate in conseguenza delle stesse.
Il presente contributo non ha la pretesa di esaminare tutti gli aspetti salienti della nuova Direttiva, ciascuno dei quali meriterebbe un approfondimento a parte. In questa sede si intende concentrare l’attenzione su alcune novità che – a parere di chi scrive – sono tra loro collegate da un fil rouge, ossia dal comune fine di semplificare ed accelerare le procedure di affidamento dei lavori, servizi e forniture. Ci si riferisce alle nuove regole in tema di impiego dei mezzi elettronici per le comunicazioni, alla riduzione dei termini per la presentazione delle offerte nei diversi tipi di procedure ed, infine, alla semplificazione dei controlli documentali mediante, tra l’altro, l’uso del documento di gara unico europeo (DGUE) e della piattaforma telematica e-Certis.
Affrontiamo nel dettaglio ciascuna delle suaccennate novità.
Il favor del legislatore europeo verso l’uso dei mezzi elettronici per le comunicazioni nelle gare
La Direttiva individua nel largo impiego dei mezzi elettronici per le comunicazioni, per gli scambi documentali e per la trasmissione delle offerte una delle principali vie per semplificare e ridurre i tempi delle procedure di gara.
Si legge infatti chiaramente nel Considerando n. 52 che “i mezzi elettronici di informazione e comunicazione possono semplificare notevolmente la pubblicazione degli appalti e accrescere l’efficacia e la trasparenza delle procedure di appalto. Dovrebbero diventare la norma per la comunicazione e lo scambio di informazioni nel corso delle procedure di appalto in quanto aumentano enormemente le possibilità degli operatori economici di partecipare a procedure d’appalto nell’ambito del mercato interno”.
Semplificazione, efficacia, trasparenza e massima partecipazione sono dunque i principi che guidano il legislatore europeo nell’introduzione del ricorso obbligatorio ai mezzi di comunicazione elettronici.
L’art. 22 della Direttiva stabilisce che tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure d’appalto, ivi compresa – ricorrendo determinate condizioni – la trasmissione delle offerte, debba avvenire mediante mezzi di comunicazione elettronici.
Ovviamente i sistemi impiegati devono avere un carattere non discriminatorio, sia per quanto concerne gli strumenti e i dispositivi da utilizzare che per le relative caratteristiche tecniche; devono essere comunemente disponibili e compatibili con i prodotti tecnologici generalmente in uso e non limitare in alcun modo l’accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione. Anzi, l’impiego massiccio di tali sistemi dovrebbe ampliare al massimo la platea dei potenziali partecipanti alle gare.
Restano esclusi dall’obbligo di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici i casi in cui tale uso richiederebbe specifici strumenti, dispositivi o formati, in genere, non disponibili a causa della natura specialistica dell’appalto. Ugualmente esclusi sono i casi in cui i formati di file da impiegare per la predisposizione delle offerte non possano essere gestiti mediante programmi aperti (c.d. open source) o generalmente disponibili e non possano neppure essere messi a disposizione per essere scaricati da parte della amministrazione che bandisce la gara.
Un’altra deroga all’uso obbligatorio dei mezzi di comunicazione elettronici riguarda il caso in cui tale impiego richiederebbe attrezzature specializzate per ufficio non comunemente disponibili alle amministrazioni aggiudicatrici (si pensi a stampanti di grande formato) o laddove la lex specialis della gara preveda la presentazione di modelli fisici, modelli in scala ridotta o campioni che non possano, per loro natura, essere trasmessi per via elettronica.
Non è infine possibile rendere obbligatorio l’uso dei mezzi elettronici per le comunicazioni laddove occorra gestire informazioni sensibili, per cui la stazione appaltante non sia in grado di approntare un sistema di trasmissione elettronico dotato di un adeguato livello di protezione e sicurezza. Il livello di sicurezza da garantire deve essere proporzionato al livello dei rischi connessi ai vari tipi di comunicazione o informazione oggetto di trasmissione[2].
Le stazioni appaltanti possono, comunque, prevedere l’uso di strumenti e dispositivi comunemente non disponibili, purché le stesse offrano modalità alternative di accesso quali, ad esempio, la messa a disposizione gratuita di un accesso a tali strumenti e dispositivi dalla data di pubblicazione dell’avviso o del bando o l’utilizzo di credenziali temporanee elettroniche gratuite per l’autenticazione necessaria all’accesso alla procedura di gara.
Interessante appare la previsione dell’ultimo capoverso del paragrafo 1 dell’art. 22, laddove impone alle amministrazioni aggiudicatrici di specificare le ragioni della eventuale richiesta di impiego di mezzi di comunicazione diversi da quelli elettronici per la procedura di presentazione delle offerte.
Il largo uso dei mezzi elettronici di comunicazione impone alle amministrazioni di dotarsi di sistemi interni adeguati che garantiscano l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione, nonché la corretta archiviazione e conservazione dei relativi documenti digitali.
L’interoperabilità dei formati tecnici nonché degli standard di elaborazione dei dati sarà garantita mediante l’obbligatorio rispetto di appositi standard tecnici specifici, da individuarsi ad opera della Commissione europea con proprio atto.
La riduzione dei termini nelle procedure d’appalto
Il legislatore europeo si è posto, tra le finalità da perseguire in via prioritaria, l’accelerazione delle procedure d’appalto. Ciò in quanto l’esperienza degli ultimi dieci anni ha dimostrato come la lunga durata delle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture abbia ricadute negative sotto molteplici profili.
Una procedura che dura troppo nel tempo è svantaggiosa innanzitutto per la stazione appaltante la quale, se raggiunge il risultato che si è prefissa in tempi eccessivamente lunghi, non può dire, per ciò stesso, di averlo davvero conseguito, posto che il perseguimento degli interessi pubblici passa anche attraverso una pronta e celere risposta alle istanze della collettività. Oltre a ciò, è incontestabile che i costi amministrativi, connessi ad una data procedura, inevitabilmente crescono al crescere della durata della medesima.
Una gara che dura molti mesi costituisce un problema anche per gli operatori economici che vi partecipano, i quali investono tempo, risorse umane e denaro nella presentazione dell’offerta e nelle eventuali interlocuzioni con la stazione appaltante. Mantenere un’offerta valida per un lungo periodo comporta, spesso, pesanti oneri per i concorrenti, che maturano un’aspettativa sull’acquisizione della commessa e pianificano, sotto il profilo economico ed organizzativo, la propria attività d’impresa anche in funzione di un esito positivo della procedura d’appalto; tale pianificazione verrebbe irrimediabilmente scompaginata in caso di esito negativo intervenuto dopo mesi e mesi di attesa.
Procedure più celeri e snelle andrebbero infine a vantaggio del mercato nel suo complesso e potrebbero rappresentare un importante volano per il rilancio dell’economia nazionale, posto che le commesse pubbliche ne costituiscono, al di là di ogni altra considerazione, una fetta consistente.
Alla luce di queste esigenze la nuova Direttiva appalti ha ridotto sensibilmente i termini per la presentazione delle offerte nei vari tipi di procedure. Nella procedura aperta, per esempio, il termine minimo per la ricezione delle offerte è passato da cinquantadue giorni a trentacinque e da ventidue a quindici in caso di previa pubblicazione dell’avviso di pre-informazione. Nella procedura ristretta, il termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione è stato ridotto da trentasette giorni a trenta, mentre il termine per la ricezione delle offerte è passato da quaranta a trenta giorni dall’invito, che si riduce a dieci in caso di pubblicazione preventiva dell’avviso di pre-informazione.
Connessa alla riduzione dei termini per la ricezione delle offerte è la previsione sancita dall’art. 53 della Direttiva, secondo cui le stazioni appaltanti devono obbligatoriamente garantire l’accesso per via elettronica – gratuito e illimitato – a tutta la documentazione di gara dalla data di pubblicazione dell’avviso o del bando, garantendone in tal modo l’immediata disponibilità a vantaggio di tutti i potenziali concorrenti.
La semplificazione dei controlli e il DGUE
Come chiaramente espresso dal Considerando n. 84, per gli operatori economici ed, in particolare, per le piccole e medie imprese, l’ostacolo principale alla partecipazione agli appalti pubblici va ravvisato “negli oneri amministrativi derivanti dalla necessità di produrre un considerevole numero di certificati o altri documenti relativi ai criteri di esclusione e di selezione”.
Per ovviare a ciò, la Direttiva introduce il documento di gara unico europeo (DGUE), ossia un’autodichiarazione unica, che semplificherà notevolmente gli adempimenti relativi alle produzioni documentali di regola richieste ai concorrenti.
L’art. 59 definisce il DGUE “un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi”, mediante la quale l’operatore economico dichiara di soddisfare le condizioni stabilite dalla normativa (possesso dei requisiti di carattere generale e speciale e altri requisiti specifici eventualmente richiesti dalla lex specialis).
Nel DGUE l’operatore economico si impegna formalmente, su richiesta della stazione appaltante e senza indugio, a fornire gli eventuali documenti complementari di cui ha autodichiarato l’esistenza e il contenuto.
Il DGUE sarà elaborato sulla base di un modello di formulario standard predisposto dalla Commissione europea, così da ridurre i problemi connessi alla formulazione precisa delle dichiarazioni formali e delle dichiarazioni di consenso, e sarà fornito esclusivamente in forma elettronica. Si riduce, in tal modo, sensibilmente il rischio di errore da parte dei concorrenti nella compilazione delle domande di partecipazione.
Gli operatori economici potranno inoltre riutilizzare il DGUE utilizzato in una procedura d’appalto precedente purché confermino che le informazione ivi contenute sono tuttora valide[3].
Alla Stazione appaltante è lasciata comunque la possibilità di richiedere ai concorrenti, in qualsiasi momento, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura.
I controlli tradizionalmente intesi, mediante produzione documentale a comprova delle autodichiarazioni rese, sono riservati di regola al solo aggiudicatario. Si riducono così sensibilmente gli oneri di verifica ricadenti sulle stazioni appaltanti. Appare opportuno far notare, infatti, come tale previsione cancellerebbe di fatto i controlli a seguito di sorteggio di cui al vigente art. 48, comma 1 del D. Lgs. n. 163/2006, vale a dire le verifiche, da effettuarsi in corso di gara su un campione di concorrenti, in merito al possesso dei requisiti di carattere speciale. Allo stesso modo parrebbe cancellato l’obbligo di effettuare lo stesso tipo di verifica, a conclusione della procedura, sul secondo classificato (oltre che sul primo) prescritto dal comma 2 del citato art. 48[4].
La Direttiva precisa, infine, che non può essere richiesto ai concorrenti di presentare documenti qualora l’amministrazione aggiudicatrice abbia la possibilità di ottenere i relativi certificati o informazioni accedendo direttamente ad una banca dati nazionale che sia disponibile gratuitamente presso un qualunque Stato membro ovvero qualora l’amministrazione aggiudicatrice, avendo aggiudicato un precedente appalto o un accordo quadro, possieda già tali documenti.
La semplificazione dei controlli mediante l’accesso a banche dati nazionali
Come già accennato sopra, il largo impiego delle banche dati nazionali costituisce un’altra importante via per la semplificazione e l’accelerazione delle procedure di gara.
La Direttiva appalti, in merito, pone l’accento sull’importanza, per le stazioni appaltanti, di avere a disposizione informazioni aggiornate sui concorrenti, con riferimento, in particolare, alla sussistenza di eventuali cause di esclusione. Si pensi ad esempio ai requisiti di carattere generale attinenti alla regolarità fiscale o contributiva, che possono subire variazioni repentine in un breve lasso di tempo[5].
Per tali ragioni è essenziale che ciascuna stazione appaltante verifichi la veridicità di tali informazioni in tempo reale mediante l’accesso a banche dati telematiche gestite da autorità pubbliche nazionali.
La Direttiva, pertanto, stabilisce che gli Stati membri debbano favorire la creazione, se non già esistenti, di banche dati contenenti informazioni pertinenti sugli operatori economici, consultabili dalle amministrazioni aggiudicatrici di ciascuno Stato e da quelle degli altri Stati membri.
Presso la Commissione europea è stato, a tal fine, istituito il Registro online dei certificati (e-Certis), ovverosia un sistema elettronico, aggiornato e verificato, per ora, solo su base volontaria dalle autorità nazionali.
L’obiettivo di e-Certis è agevolare lo scambio di certificati e altri documenti probatori, spesso richiesti dalle amministrazioni aggiudicatrici. Tale sistema può raggiungere pienamente il suo scopo di semplificare e agevolare gli scambi di documentazione, rendendo la vita più facile alle piccole e medie imprese, soltanto se l’aggiornamento dei dati in esso presenti avvenga costantemente. Appare evidente come la sua manutenzione nel tempo non possa essere lasciata solo alla buona volontà delle varie autorità nazionali. Per tale ragione, la Direttiva prevede una graduale obbligatorietà, nell’aggiornamento prima e nell’impiego poi, della piattaforma e-Certis così da permettere a tale sistema di esprimere tutte le sue potenzialità.
Non sfuggirà al lettore il fatto che una piattaforma elettronica centralizzata di condivisione delle informazioni sugli operatori economici come e-Certis pone in discussione l’utilità dell’equivalente italiano AVCPass, che, peraltro, stenta tuttora a decollare a causa della sua farraginosità e incompletezza con riguardo ai contenuti disponibili.
Spetta allo Stato italiano, adesso, dare compiuta attuazione alla Direttiva, con l’auspicio che tale onere non si traduca in un’ulteriore stratificazione di nuove norme su quelle, estremamente complesse ed articolate, già esistenti, ma si realizzi mediante la stesura di un nuovo “codice” più snello, che si sostituisca a quello ora vigente limitandosi a dettare norme di principio e lasciando, per le questioni di dettaglio, più spazio all’azione discrezionale delle amministrazioni aggiudicatrici.
[1] Sulla GUCE n. L.94/1IT.
[2] Cfr. Considerando n. 57: “il livello di sicurezza richiesto, per esempio, per un’e–mail inviata per chiedere la conferma dell’indirizzo esatto al quale sarà tenuta una riunione di informazione non dovrebbe essere lo stesso livello di sicurezza richiesto per l’offerta stessa che è vincolante per l’operatore economico. Analogamente, grazie alla valutazione della proporzionalità potrebbero essere abbassati i livelli di sicurezza richiesti in caso di ripresentazione di cataloghi elettronici o di presentazione di offerte nel contesto di mini-gare nell’ambito di un accordo quadro, oppure di accesso ai documenti di gara”.
[3] Cfr. Considerando n. 85: “Occorre inoltre prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici non debbano richiedere documentazioni ancora aggiornate di cui già dispongono da precedenti procedure d’appalto. (…)”
[4] Art. 48 D. Lgs. n. 163/2006: “1. Le stazioni appaltanti prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. (…).
2. La richiesta di cui al comma 1 è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell’offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione.”
[5] Cfr. Considerando n. 85: “È importante che le decisioni delle amministrazioni aggiudicatrici siano basate su informazioni recenti, in particolare per quanto attiene ai motivi di esclusione, dal momento che importanti cambiamenti possono avvenire molto rapidamente, ad esempio in casi di difficoltà finanziarie che renderebbero l’operatore economico inidoneo o, al contrario, perché un debito in essere relativo ai contributi previdenziali potrebbe essere stato saldato nel frattempo.”