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( votes)1. Premesse
La legge del 23.12.2013 n. 147 (“Legge di Stabilità”), con l’art. 1, commi 550 – 569, sembra aprire ad una “stagione” nuova per le società a partecipazione pubblica locale. Dopo aver tentato la strada della dismissione e della privatizzazione, infatti, il legislatore sembra ora cercare altre soluzioni per garantire trasparenza e riduzione dei costi.
Il risultato è un complessivo alleggerimento dei vincoli per le società pubbliche introdotti negli ultimi anni sulla spinta dell’esigenza di ridurre i costi delle P.A. e raramente attuati (si pensi all’esclusione dai vincoli di cui al patto di stabilità o alla “neutralizzazione” della Spending review), cui fa fronte, tuttavia, una maggiore rigidità sul piano del controllo e del monitoraggio con conseguenti, presumibili, maggiori responsabilità in tema di vigilanza e programmazione per gli enti soci.
Questo tentativo di “compensare” il venir meno dei vincoli in favore delle società partecipate e dei relativi enti soci talvolta produce norme di mero principio/indirizzo o ridondanti (quali, ad esempio, quelle relative ai “costi standard” e alle banche dati nei servizi pubblici locali), che si sovrappongono alle esistenti disposizioni senza, tuttavia, la premura di operare un adeguato coordinamento, specie con le discipline di settore[1].
2. Abolizione dei vincoli in tema di costituzione di società e mantenimento delle esistenti
2.1. Modifiche al “D.L. Sviluppo”
L’art. 1, comma 561, della legge in esame abroga il comma 32 dell’art. 14 del D.L. 78/2010. Il citato comma 32, come noto, imponeva:
- il divieto di costituire società per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti;
- l’obbligo di dismissione di partecipazione o di messa in liquidazione delle società a partecipazione comunale (salvo i casi di società con bilancio in utile o non in perdita ovvero i caso di società pluricomunale);
- l’obbligo per i comuni con popolazione tra 30mila e 50mila abitanti di detenere una sola società.
Tali obblighi e divieti vengono quindi meno per effetto della nuova norma[2] con la conseguenza che i comuni – anche quelli più piccoli – tornano, da un lato, a poter costituire società; dall’altro a poter mantenere partecipazioni nelle società esistenti, anche se in perdita. Nessun vincolo, inoltre, sussiste più con riguardo al numero massimo delle società in cui l’ente locale può detenere partecipazioni.
2.2. Modifiche alla “Spending review”
Assai rilevante è l’intervento del legislatore (art. 1, comma 562) sull’impianto del D.L. 95/2012 (cd. “Spending review”) e, in particolare, sul suo art. 4, disponendone l’abrogazione nella parte in cui prevedeva l’obbligo degli enti locali di far cessare le società strumentali entro il 31.12.2013 nonché sanzioni in caso di inadempimento.
In particolare, l’art. 4, al comma 1, obbligava le società controllate, direttamente o indirettamente, dalle P.A., che avessero conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi in favore delle stesse superiore al 90%, “allo scioglimento” ovvero “all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto” entro il 31.12.2013 (comma 1).
La disposizione prevedeva inoltre, in caso di inadempimento degli obblighi di cui sopra, che “a decorrere dal 1° luglio 2014 le predette società non possono comunque ricevere affidamenti diretti di servizi, né possono fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari. I servizi già prestati dalle società, ove non vengano prodotti nell’ambito dell’amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale.” (comma 2).
La Legge di Stabilità determina dunque la caducazione delle predette previsioni (ossia dei commi 1 e 2, nonché del comma 3, che prevedeva un regime derogatorio comunque connesso alla sussistenza dei divieti di cui ai commi precedenti[3]).
Non si tratta certo del primo intervento subito dalla norma che decretava le dismissioni delle società pubbliche. Sull’art. 4 era infatti intervenuta anche la Corte Costituzionale, con sentenza 16-23 luglio 2013, n. 229, che ne aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale in riferimento, tra l’altro, ai commi 1, 2, 8, nella parte in cui si applicavano anche alle Regioni ad autonomia ordinaria.
Ulteriori modifiche sono apportate all’art. 4 della Spending review relativamente ai vincoli a carico degli enti locali in materia di personale. L’abrogato comma 9 dell’art. 4 prevedeva che alle società controllate dalle P.A. con fatturato per servizi, per l’anno 2011, superiore al 90% si applicasserole disposizioni limitative delle assunzioni previste per l’amministrazione controllante. Come evidenziato al successivo paragrafo, tuttavia, tali vincoli sono riaffermati sebbene con diversa formulazione.
E’ inoltre abrogato il comma 10 dell’art. 4, secondo cui le società summenzionate potevano “avvalersi di personale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell’anno 2009. Le medesime società applicano le disposizioni di cui all’articolo 7, commi 6 e 6-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di presupposti, limiti e obblighi di trasparenza nel conferimento degli incarichi”.
A venir meno è anche il successivo comma 11 dell’art. 4 cit., che “congelava” al 2011 il compenso complessivo dei dipendenti delle società in questione (“A decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l’anno 2011”).
Sono mantenuti, invece, i commi 7 e 8 dell’art. 4 cit. che impongono alle P.A. il ricorso alla gara per l’acquisto di beni e servizi strumentali e che, al contempo, consentono l’affidamento diretto solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house; gli affidamenti in essere sono salvi fino alla scadenza naturale e comunque fino al 31.12.2014.
La Legge di Stabilità (art. 1, comma 562) inoltre spazza via ben 7 commi dell’art. 9 del Decreto Spending review. Quest’ultima disposizione era volta a ridurre gli oneri finanziari relativi ad enti, agenzie e organismi chiamati ad esercitare le “funzioni fondamentali e amministrative” attribuite agli Enti territoriali (salve solo le aziende speciali, gli enti e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali); a tal fine si prevedeva l’obbligo per gli enti locali di sopprimere o accorpare i suddetti organismi, nonché il divieto di istituirne nuovi [4].
Restano “in vita” dunque gli organismi strumentali esistenti e si riespande la possibilità di istituirne nuovi.
2.3. Proroga del termine ex art. 3, c. 27-29, “Finanziaria 2008”
La nuova legge (art. 1, comma 569) proroga di 4 mesi il termine entro cui le P.A. avrebbero dovuto dismettere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le partecipazioni “vietate” ai sensi dell’art. 3, comma 29, della L. 244/2007 (ossia in società aventi per oggetto beni e servizi “non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”). Decorso tale nuovo termine, la partecipazione non alienata cessa ad ogni effetto; entro i 12 mesi successivi alla cessazione la società deve liquidare in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’art. 2437-ter, c. 2, cod. civ..
3. Le nuove misure di contenimento
3.1. Gestione finanziaria
Il primo gruppo di norme della Legge di stabilità in tema di società partecipate è compreso ai commi da 551 a 562 e si riferisce in generale – salvo poi specificazioni – alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali indicate nell’elenco ISTAT (art. 1, c. 3, L. 196/2009)[5].
Con riguardo a tali soggetti si prevede che:
- a decorrere dal 2015, il “risultato di esercizio negativo” dell’organismo partecipato obbliga l’ente socio ad accantonare le corrispondenti risorse, nell’anno successivo, in apposito fondo vincolato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione[6].
Si precisa al riguardo che “l’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l’importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione.” (art. 1, commi 551-552)[7].
Con riguardo alle sole società a partecipazione “di maggioranza” degli enti locali, alle aziende speciali e alle istituzioni (titolari di affidamentodiretto e che forniscono alla P.A. servizi per una quota superiore all’80% del valore della produzione) che nei 3 esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, a decorrere dal 2015 è previsto:
- l’obbligo di procedere alla riduzione del 30% del compenso dei componenti degli organi di amministrazione (non si specifica tuttavia se la riduzione opera sulla parte “fissa” o su quella “variabile”);
- il risultato economico negativo per 2 anni consecutivi come “giusta causa” ai fini della revoca degli amministratori (tale previsione, tuttavia, non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un “piano di risanamento preventivamente approvato dall’ente controllante”);
- la messa inliquidazione entro 6 mesi, dalla data di approvazione del bilancio o rendiconto relativo all’ultimo esercizio, se, a decorrere dal 2017, tali soggetti conseguono un risultato negativo per 4 dei 5 esercizi precedenti (sono escluse le società di servizi pubblici locali, anche senza rilevanza economica); in caso di mancato avvio della procedura di liquidazione entro il predetto termine, i successivi atti di gestione sono nulli e la loro adozione comporta responsabilità erariale dei soci (commi 554 – 555).
Per gli organismi “a partecipazione di maggioranza diretta e indiretta degli enti locali” si prevede un generale obbligo di perseguire la “sana gestione dei servizi secondo criteri di economicità e di efficienza”. Quasi a specificare il principio appena espresso, il legislatore dispone che:
- per i servizi pubblici locali sono individuati “parametri standard dei costi e dei rendimenti” costruiti nell’ambito della banca dati delle P.A., già istituita dall’art. 13 L. 196/2009, “utilizzando le informazioni disponibili presso le Amministrazioni pubbliche” (comma 553);
- per i servizi strumentali i parametri standard di riferimento sono costituiti dai “prezzi di mercato” (comma 553).
La specificazione non appare tuttavia sufficiente posto che non vengono individuati i soggetti competenti a determinare tali parametri (peraltro, in alcuni casi, già in corso di definizione: per il trasporto lo studio è stato affidato alla SOSE), senza contare che non viene affatto considerato il ruolo delle Autorità di settore già esistenti.
3.2. Personale
Per le aziende speciali, le istituzioni e le società “a partecipazione pubblica locale totale o di controllo” è disposta (comma 557):
- l’applicazione delle norme che pongono limiti e divieti a carico delle P.A. circa le assunzioni di personale quando le stesse:
- siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara, ovvero
- svolgano funzioni di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero
- svolgano attività nei confronti della P.A. a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della P.A., come individuate dall’ISTAT;
- l’applicazione delle norme che stabiliscono obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria nonché per consulenze a carico delle rispettive P.A. locali.
Con specifico riguardo alle società che svolgono servizi pubblici locali si prevede un maggiore potere per l’Ente controllante, il quale ”stabilisce modalità e applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti”,con facoltà di escludere, con propria motivata deliberazione, dal regime limitativo le assunzioni di personale per le singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l’infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, fermo restando l’obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale (deroga proposta dall’ANCI)[8].
Viene fatto salvo, ad ogni modo, quanto previsto dall’art. 76, c. 7, del medesimo D.L. 112/2008, che, nello stabilire stringenti limiti assunzionali per gli enti locali a seconda del rapporto tra spese di personale e spesa corrente, prevede, ai soli fini del computo dello stesso, che siano calcolate anche le spese sostenute, tra le altre, dalle “società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara”, con esclusione delle quotate. Il comma 558, che ha modificato il suddetto art. 76, include le aziende speciali e le istituzioni tra i soggetti le cui spese devono essere considerate ai fini del computo della percentuale di incidenza delle spese del personale sulle spese correnti. Al fine di tenere conto di aziende speciali e istituzioni che, per ragioni intrinseche alla natura del servizio fornito, presentano un’alta incidenza di costi del lavoro, viene prevista la possibilità di rivedere con DPCM da adottare entro il 30.6.2014 la percentuale di incidenza, attualmente fissata al 50%[9].
Il legislatore specifica inoltre che le società in house affidatarie di servizi pubblici locali a rilevanza economica sono assoggettate, oltre che ai principi ex art. 35, comma 3 del D.Lgs. 165/2011, anche ai vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive stabiliti dall’ente locale controllante, ai sensi dell’art. 18, comma 2-bis, D.L. 112/2008 (modificando in tal senso l’art. 3-bis D.L. 138/11, comma 6).
Si riconoscono in tal modo all’Ente socio veri e propri compiti di programmazione per attuare i vincoli e i limiti alle assunzioni del personale negli organismi partecipati. Occorre inoltre un “atto di indirizzo dell’ente controllante”, che indichi la concreta applicazione dei citati vincoli nella contrattazione di II livello, fermo restando il ccnl già vigente.
Una rilevante previsione riguarda l’introduzione del ricorso a procedure di mobilità del personale nelle società – di diritto privato – controllate dalla P.A. (comma 563), materia trattata dall’art. 3, commi 2-7, del D.L. 101/2013, soppressi dall’allegato alla legge di conversione 125/2013.
Il legislatore consente infatti accordi per mezzo dei quali le società controllate direttamente o indirettamente dalle P.A.[10] o dai loro enti strumentali (legittimate quindi le società strumentali a costituire società di secondo livello), ad esclusione delle quotate e relative controllate, possono attivare in relazione al personale, “anche in servizio”, procedure di mobilità ”in relazione al proprio fabbisogno” e per determinate esigenze (riorganizzazione di funzioni, razionalizzazione delle spese, etc.), anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 31 D.Lgs. 165/2001. Non occorre il consenso del lavoratore edè sufficiente la previa informativa ai sindacati[11].
Resta fermo il rispetto delle tutele di cui ai commi 1 e 3 dell’art. 2112 cod. civ., che, nel disporre la continuità del rapporto di lavoro in capo al cessionario, stabilisce che il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano nonché il trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza.
Si precisa inoltre che la mobilità non può comunque avvenire tra le predette società e le P.A., mentre – nel silenzio della legge – pare potersi attuare anche tra società appartenenti ad amministrazioni diverse.
In relazione alle stesse esigenze funzionali, è inoltre previsto che, qualora le medesime società rilevino eccedenze di personale, debbano comunicare alle rappresentanze sindacali, alle OO.SS. firmatarie ed al Dipartimento della funzione pubblica i dati principali inerenti il personale in eccesso; gli enti controllanti procedono entro i successivi 10 giorni alla riallocazione, per quanto possibile, del personale oggetto dell’informativa mediante ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, mentre, per la gestione delle eventuali eccedenze di personale residue, gli stessi enti controllanti e le società controllate possono concludere accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative finalizzati a realizzare forme di trasferimento in mobilità presso altre società dello stesso tipo, operanti anche al di fuori del territorio regionale ove hanno sede le società interessate da eccedenze di personale (commi 565-566).
Per favorire le menzionate forme di mobilità le società cedenti possono corrispondere alle società cessionarie il 30% del trattamento economico del personale interessato per massimo 3 anni. Dette somme non sono assoggettate alle imposte sul reddito delle società ed all’IRAP (comma 568).
4. L’esclusione dal patto di stabilità
Del comma 5-bis dell’art. 114 del TUEL resta salvo solo l’obbligo per le aziende speciali e le istituzioni di iscriversi e di depositare annualmente i propri bilanci al registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economico-amministrative della camera di commercio entro il 31 maggio. La restante parte, che prevedeva l’assoggettamento di tali soggetti al patto di stabilità, viene soppressa.
L’assoggettamento al patto di stabilità interno è escluso anche per le società affidatarie in house di servizi pubblici locali a rilevanza economicaper effetto della soppressione del comma 5 dell’art. 3-bis D.L. 138/11.
5. Il divieto di partecipazione per le imprese di TPL
L’art. 1 della Legge di Stabilità al comma 556 – la cui collocazione in tale contesto lascia perplessi – riguarda specificamente il trasporto pubblico locale.
La norma in parola modifica l’art. 18, comma 2, lett. a), del D. Lgs. 422/97 (legge “quadro” in materia), sostituendo al precedente (e assai più ampio) divieto di partecipazione a carico degli affidatari diretti un nuovo e più ristretto divieto[12]. La norma in questione, lungi dall’applicarsi a tutte le imprese affidatarie dirette di TPL, finisce per colpire solo le imprese che siano titolari di affidamenti diretti non conformi alle modalità previste dal Reg. CE 1370/2007 (art. 5) e aventi scadenza successiva al 3.12.2019 (termine ultimo di cessazione del periodo transitorio previsto dall’art. 8 del Reg.).
Stando alla normativa in esame, dunque, restano fuori dal divieto de quo (e quindi possono partecipare alle gare, salvo sopravvenute normative) tutte le imprese operanti in virtù di affidamenti diretti, la cui scadenza non oltrepassi il termine del 2019, imprese che in Italia risultano essere la gran parte, se non la totalità.
Rimangono fermi naturalmente gli obblighi posti dall’art. 34, comma 21, D.L. 179/12, che sanziona con la cessazione ex lege i titolari di affidamenti non conformi all’ordinamento comunitario, concedendo agli stessi il termine del 31.12.2014 (così prorogato per effetto del recente “D.L. Milleproroghe”) per adeguarsi ai precetti europei.
[1] Si pensi al settore del trasporto pubblico locale, relativamente al quale esiste già la previsione di un “Osservatorio per il trasporto pubblico locale”, alimentato dai dati che alle imprese è fatto obbligo di fornire nonché la determinazione di specifici parametri di efficienza ed economicità del servizio (v. art. 16-bis D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla L 7 agosto 2012, n. 135, “riscritto” dalla Legge di stabilità 2013).
[2] Il comma 32 oggi abrogato così disponeva: “Fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società.
Entro il 31 dicembre 2012 i comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. Le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano ai comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite:
a) abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;
b) non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;
c) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.
La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2011 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite.”.
[3] Il comma 3 dell’art. 4 cit., in particolare, esonerava le “società che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica”, le “società che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza” nonché altre tipologie di società tassativamente individuate. Inoltre, il comma citato escludeva dall’applicazione degli obblighi in tema di dismissione anche tutte le situazioni in cui, “per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l’amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato.”.
[4] L’art. 9 – in questa parte oggi abrogato – disponeva infatti:
“… le regioni, le province e i comuni sopprimono o accorpano o, in ogni caso, assicurano la riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20 per cento, enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, esercitano, anche in via strumentale, funzioni fondamentali di cui all’articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione o funzioni amministrative spettanti a comuni, province, e città metropolitane ai sensi dell’articolo 118, della Costituzione. …
Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al fine di dare attuazione al comma 1, con accordo sancito in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si provvede alla complessiva ricognizione degli enti, delle agenzie e degli organismi, comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica di cui al comma 1. …
Se, decorsi nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni, le province e i comuni non hanno dato attuazione a quanto disposto dal comma 1, gli enti, le agenzie e gli organismi indicati al medesimo comma 1 sono soppressi. Sono nulli gli atti successivamente adottati dai medesimi. …
E’ fatto divieto agli enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118, della Costituzione.”.
[5] Sono invece esclusi dall’applicazione di tali norme gli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al D.Lgs. 385/1993, nonché le società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e le loro controllate.
[6] Quanto alla definizione di “risultato di esercizio” la legge precisa che ”Per le società che redigono il bilancio consolidato, il “risultato di esercizio” è quello relativo a tale bilancio.” mentre, per le società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, per “risultato” si intende “la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’articolo 2425 cod. civile”.
[7] Il comma 552 prevede un avvio graduale delle nuove regole di accantonamento per il primo triennio stabilendo che il primo eventuale accantonamento dovrà intervenire a partire dal 2015, con una entrata a regime nel 2018.
[8] La Legge di Stabilità modifica in questo senso il comma 2-bis dell’art. 18 D.L. 112/2008 che nel testo previgente così disponeva: “le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni […] divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara […]. Le predette società adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze […] sono definite le modalità e la modulistica per l’assoggettamento al patto di stabilità interno delle società a partecipazione pubblica loca le totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara […]”. Il citato decreto ministeriale non è però stato emanato.
[9] A tali società si applica comunque il comma 7 dell’art. 76 D.L. 112/08, secondo cui (le modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità in neretto): ”E’ fatto divieto agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente. Ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l’onere per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale è calcolato nella misura ridotta del 50 per cento; le predette assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primo periodo del presente comma. Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle aziende speciali, dalle istituzioni e società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. Entro il 30 giugno 2014, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno, d’intesa con la Conferenza unificata, è modificata la percentuale di cui al primo periodo, al fine di tenere conto degli effetti del computo della spesa di personale in termini aggregati. … ”.
[10] Per il requisito del controllo v. art. 2359 c.c..
[11] Quasi a controbilanciare l’ampio potere consegnato agli Enti controllanti, il legislatore fa agli stessi Enti, tuttavia, obbligo di adottare, prima di avviare nuove procedure di reclutamento di risorse umane da parte delle medesime società, atti di indirizzo volti a favorire l’acquisizione di personale mediante le procedure di mobilità in relazione ad esigenze di riorganizzazione delle funzioni e dei servizi esternalizzati, nonché di razionalizzazione delle spese e di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali,.
[12] Testualmente la nuova norma così dispone: “Le società, nonché le loro controllanti, collegate e controllate che, in Italia o all’estero, sono destinatarie di affidamenti non conformi al combinato disposto degli articoli 5 e 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e la cui durata ecceda il termine del 3 dicembre 2019, non possono partecipare ad alcuna procedura per l’affidamento dei servizi, anche se già avviata. L’esclusione non si applica alle imprese affidatarie del servizio oggetto di procedura concorsuale.»”.