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( vote)1. Contesto normativo
1.1. La disciplina di cui alla parte III del Codice degli appalti
Come noto, la disciplina dei settori esclusi – contenuta nella Parte III del Codice – si applica, a norma dell’art. 207 (e nei limiti espressamente previsti): “… a soggetti: a) che sono amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche che svolgono una delle attività di cui agli articoli da 208 a 213 del presente codice; b) che non essendo amministrazioni aggiudicatrici[1] o imprese pubbliche annoverano tra le loro attività una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 208 a 213 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente. Sono diritti speciali o esclusivi i diritti costituiti per legge, regolamento o in virtù di una concessione o altro provvedimento amministrativo avente l’effetto di riservare”.
L’art. 3, co. 29 stabilisce, per quel che qui rileva, che al fine dell’applicazione delle disposizioni della parte III del Codice “gli «enti aggiudicatori» … comprendono le amministrazioni aggiudicatrici, le imprese pubbliche, e i soggetti che, non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente secondo le norme vigenti”.
Ai sensi dell’art. 3, co. 25 del Codice “le «amministrazioni aggiudicatrici» sono: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”.
L’art. 213 del Codice, rubricato Porti e aeroporti, dispone che “1. Le norme della presente parte (III del Codice, n.d.r.) si applicano alle attività relative allo sfruttamento di un’area geografica, ai fini della messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali”.
È necessario precisare che dette norme non trovano applicazione per qualsiasi appalto indetto da un soggetto operante in uno dei settori in parola, ma solo per gli appalti destinati all’esercizio di una delle specifiche attività contemplate nell’art. 213 del Codice.
Come è noto l’ambito soggettivo e oggettivo dei settori speciali è stato di recente rimarcato anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 8 agosto 2011, n. 16, la quale ha osservato che l’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta sulla base di un criterio unicamente soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, avuto riguardo alla riferibilità della concreta attività oggetto di appalto al settore speciale.
In specie, è stata esclusa l’applicabilità della disciplina di che trattasi per appalti banditi dai soggetti contemplati dall’art. 207 cit. ma “aventi ad oggetto materie non strettamente inerenti il servizio svolto”[2], allorquando lo svolgimento di tali attività sia direttamente esposto alla concorrenza e, dunque, non è più suscettibile di essere attratto nel raggio di applicazione della disciplina dei settori speciali, con conseguenti riflessi sotto il profilo della giurisdizione[3].
Per quel che qui rileva, solo nel caso in cui la gara d’appalto indetta da un soggetto astrattamente operante in uno dei settori esclusi rientri nell’attività di cui al 213 del Codice troverà applicazione la disciplina dei settori speciali: in caso contrario si applicherà la disciplina dei settori ordinari sempre che l’ente aggiudicatore sia un amministrazione aggiudicatrice ovvero un organismo di diritto pubblico (art. 3, comma 25 d.lgs. 163/06 e s.m.i.); pertanto, nel caso in cui l’appalto indetto da un soggetto astrattamente operante in uno dei settori esclusi non rientri nell’attività di cui al 213 del Codice e, contestualmente, l’ente aggiudicatore (perché impresa pubblica o soggetto che gode di diritti speciali ed esclusivi) non sia sottoposto alla disciplina “ordinaria”, tale appalto resterà del tutto estraneo alla disciplina comunitaria[4], applicandosi ad esso le norme di diritto comune.
Con l’ulteriore precisazione che a norma dell’art. 206, comma 3, del Codice, gli enti aggiudicatori, in via di autolimitazione, “possono applicare altre disposizioni della parte II, alla cui osservanza non sono obbligati in base al presente articolo, indicandolo nell’avviso con cui si indice la gara, ovvero, nelle procedure in cui manchi l’avviso con cui si indice la gara, nell’invito a presentare un’offerta”.
Alla luce di quanto sopra, dunque, al fine di stabilire se una procedura di gara sia (o meno) riconducibile alla disciplina dettata per i settori speciali, occorre verificare se sussiste un rapporto funzionale tra l’oggetto dell’appalto e l’esercizio delle attività istituzionali del soggetto aggiudicatore, fermo restando che la disciplina in esame ha carattere di specificità ed eccezionalità rispetto a quella generale e, dunque, è di stretta interpretazione[5].
1.2 Le Gestioni aeroportuali
Le realtà aeroportuali italiane sono caratterizzate da forti elementi di diversificazione, connessi alle differenti situazioni concessorie che ineriscono ai vari scali. Com’è noto, infatti, alle imprese che hanno ottenuto una concessione totale dell’aeroporto – è il caso sia degli aeroporti Milano Linate e Milano-Malpensa sia dell’aeroporto Torino Caselle rispettivamente in gestione alla SEA S.p.A e alla SAGAT S.p.A. -, si affiancano altri modelli di gestione[7].
Il sistema di gestione totale è il modello gestorio “normale e preferenziale” (cfr. art. 704 del Cod. Nav., di cui al d.lgs. n. 96/2005 e s.m.i.), nell’ottica della privatizzazione del settore, che mira a garantire una maggiore funzionalità ed economicità delle gestioni aeroportuali[8] .
Ai sensi dell’art. 705 del Cod. Nav., il predetto gestore aeroportuale è il soggetto cui è affidato, sotto il controllo e la vigilanza dell’ENAC, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti in aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato.
Ciò posto, al fine della nostra indagine, rileva la differenza esistente in ambito aeroportuale tra attività c.d. “aviation“, prettamente connesse alla navigazione aerea, vale a dire relative al servizio di trasporto aereo vero e proprio ovvero alle operazioni di volo ed ai servizi di assistenza a terra ad esse collegate, e attività c.d. “non aviation“, quali quelle relative a servizi commerciali offerti ai passeggeri all’interno dell’aeroporto, ed alle attività ulteriori finalizzate all’assistenza ed al conforto dei passeggeri che vengono loro offerti all’interno dell’aeroporto[9][10].
Attività aviation
I gestori aeroportuali hanno tradizionalmente svolto in via esclusiva l’insieme delle attività che sono riconducibili alla prima tipologia delle sopra ricordate attività (c.d. aviation), fra le quali rientrano indubbiamente i servizi di assistenza a terra (c.d. handling). La disciplina vigente di cui al d.lgs. 18/99 risulta oggi improntata al principio generale di liberalizzazione dei servizi di handling. In particolare:
- per quanto concerne la fornitura dei servizi di handling ad opera di prestatori terzi, negli aeroporti con un traffico aereo commerciale annuale pari o superiore a 3 milioni di passeggeri o a 75 mila tonnellate di merci, è riconosciuto il libero accesso al mercato dei servizi aeroportuali di assistenza a terra ai prestatori in possesso dei necessari requisiti di idoneità[11]. Ciò significa che gli aeroporti con un volume di traffico inferiore a quello sopra indicato risultano esclusi dal campo di applicazione della normativa per cui, in tali scali, l’accesso al mercato dei servizi di handling non è stato liberalizzato, potendo quindi essere svolto in regime di esclusiva dalla società di gestione aeroportuale (art. 4, comma 1, d.lgs. 18/1999);
- riguardo invece all’autoproduzione, essa risulta in linea generale ammessa senza alcuna esclusione in ordine all’entità del traffico annuale di passeggeri o di merci (art. 5, comma 1, d.lgs. 18/1999), salvo quanto è statuito in relazione agli aeroporti con traffico annuale inferiore a 1 milione di passeggeri o a 25 mila tonnellate di merci.
L’accesso a taluni particolari servizi di handling (servizi di assistenza bagagli, assistenza operazioni in pista, assistenza carburante e olio, assistenza merci e posta per quanto riguarda il trattamento fisico di delle merci e della posta in arrivo, in partenza e transito, tra l’aerostazione e l’aeromobile) può essere limitato dall’ENAC ad un numero di prestatori (comunque non inferiore a due per ciascuna delle categorie di servizi sottoposte a siffatta limitazione) per motivate ragioni inerenti la sicurezza, la capacità e lo spazio disponibile nell’aeroporto (ex art. 4, comma 2, del d.lgs. 18/99)[12]. Sicché per l’individuazione dei prestatori delle categorie di servizi di assistenza a terra il cui accesso è sottoposto alle predette limitazioni, il gestore aeroportuale deve indire una gara d’appalto ai sensi della disciplina di cui ai settori speciali, di cui alla Parte III del Codice.
In linea generale, poiché lo svolgimento di tali attività presuppone l’utilizzo, a vario titolo, dell’infrastruttura aeroportuale, questo viene remunerato secondo corrispettivi che sono sottoposti a regolazione. Il d.lgs. n. 18/99 stabilisce che il gestore aeroportuale è tenuto ad assicurare condizioni trasparenti, obiettive e non discriminatorie per l’accesso da parte dei prestatori di servizi di handling e dei vettori aerei alle infrastrutture aeroportuali che si distinguono, come si è già detto, in infrastrutture centralizzate, beni di uso comune e beni di uso esclusivo.
Attività non aviation
Per quel che riguarda, invece, le attività c.d. non aviation, ossia quelle che non possono considerarsi come una normale componente del servizio aeroportuale, ma che tuttavia caratterizzano l’attività di “gestione aeroportuale” intesa in senso lato, vengono in considerazione le attività, distinte da quelle principali oggetto di concessione, che sono dirette all’assistenza ed al conforto dei passeggeri.
Si pensi così ad esempio all’affidamento di aree del sedime aeroportuale per la gestione di un autoparcheggio custodito o di locali presenti all’interno dell’aerostazione per lo svolgimento di attività di ristorazione, di somministrazione di alimenti e bevande, per la gestione di rivendite di tabacchi, prodotti enogastronomici e via dicendo.
La gestione di tali attività sporadicamente viene assunta direttamente dal gestore aeroportuale, essendo molto più spesso affidata a società dallo stesso controllate o ad imprese terze cui vengono messe a disposizione determinate aree del demanio aeroportuale di cui il gestore ha la diretta disponibilità.
Ci si è chiesti in dottrina[13] se anche queste attività – che pure rientrano nella “gestione aeroportuale” intesa in senso lato – possano qualificarsi, in senso proprio, come attività di “messa a disposizione” di aeroporti nel senso di cui all’art. 213 del Codice e debbano quindi essere alla disciplina sugli appalti nei settori speciali. Nel settore aeroportuale il problema, come si dirà, si è posto proprio con riferimento alle attività destinazione prevalentemente commerciale che di norma si svolgono all’interno dell’aerostazione.
Avuto riguardo al tenore letterale di cui all’art. 213 del Codice, che lo si ripete concerne esclusivamente le attività relative allo “sfruttamento di un’area ai fini della messa a disposizione di aeroporti … ai vettori aerei”, si dovrebbe escludere l’applicazione della disciplina in parola per i servizi “non aviation”, dal momento che i vettori aerei non paiono essere gli interlocutori naturali delle stesse.Si registrano tuttavia, come si dirà, interpretazioni giurisprudenziali non univoche a tal riguardo. E ciò in considerazione talvolta delle peculiarità delle concessioni aeroportuali e talvolta della qualificazione in termini di servizi di interesse generale di tali attività[14] ovvero della loro presunta finalizzazione alla realizzazione della missione pubblicistica assunta e codificata nella convenzione con lo Stato.
1.3 Significato “di messa a disposizione” in ambito aeroportuale
Ebbene per circoscrivere il campo di applicazione del regime dell’evidenza pubblica nel settore della gestione di infrastrutture aeroportuali ed evitare indebite estensioni della normativa dei settori speciali, è necessario tenere presente il tenore letterale dell’art. 213 del Codice, il quale non si riferisce indistintamente all’insieme delle attività di gestione aeroportuale, ma delimita un ambito ben più specifico, quello per l’appunto rappresentato dalle attività finalizzate alla “messa a disposizione” di aeroporti a favore di vettori aerei. Si tratta di attività che presentano un “collegamento strumentale” con l’attività aeroportuale in senso stretto, in quanto essenziali al fine di completare il ciclo del traffico aereo e dell’assistenza ai passeggeri.
Di conseguenza, solo dette attività possono farsi rientrare nella volta della locuzione “messa a disposizione” di cui all’art. 213, cit., ed essere assoggettate al regime tipico sui settori speciali. Per le altre attività in cui non vi sia detto nesso di strumentalità con le attività di trasporto aereo dovrebbe invece valere il regime di diritto comune sui contratti (sempre che il gestore venga qualificato alla stregua di impresa pubblica).
Va da sé che è quindi necessario operare una distinzione tra attività “strumentali” al perseguimento degli scopi istituzionali del gestore aeroportuale, in quanto essenziali per il funzionamento e l’operatività dell’infrastruttura aeroportuale ed attività che solo occasionalmente si collegano con i compiti assunti dal gestore aeroportuale ed in relazione alle quali non può trovare applicazione il regime dell’evidenza pubblica di cui ai settori speciali.
Nel settore aeroportuale è stato osservato in dottrina[15] che l’oggetto della “messa a disposizione” è la struttura aeroportuale, ossia qualsiasi terreno adibito all’atterraggio, al decollo e alle manovre di aeromobili, gli impianti annessi correlati alle esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili ed infine, gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali[16].
Il regime sui settori speciali dovrebbe pertanto applicarsi agli appalti indetti dagli enti cui disposizioni legislative o provvedimenti concessori abbiano affidato, in via esclusiva o insieme ad altre attività, il compito di amministrare e di gestire l’insieme delle infrastrutture aeroportuali, come sopra definite (e quindi il complesso dei beni destinati all’approdo, alla sosta e al decollo degli aeromobili, nonché alla attesa ed all’imbarco dei passeggeri), nonché di coordinare e controllare le attività dei vari operatori presenti nei terminali di trasporto di vettori aerei.
Infatti, il regime giuridico dei settori speciali trova applicazione solo ed esclusivamente con riguardo ai contratti destinati all’esercizio di una delle attività di cui agli artt. 208-213 del Codice dei contratti. Infatti, coerentemente con la previsione dettata in sede comunitaria (art. 20, Direttiva 2004/17/CE), il legislatore nazionale ha stabilito, all’art. 217, che la parte III del Codice non si applica in relazione “agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213”[17].
In tal quadro, è evidente che l’interpretazione di tale disposizione debba essere orientata dal criterio guida della “strumentalità”, ovvero alla diretta finalizzazione dell’attività da appaltare rispetto agli scopi propri dell’attività svolta dall’ente aggiudicatore. Pertanto, sono considerati esclusi dall’applicazione delle norme sulla parte terza, e quindi assoggettate alle norme comuni della Parte II del Codice, tutti i contratti di appalto stipulati dall’ente aggiudicatore che non sono strumentali al perseguimento dello scopo tipico, istituzionale, dell’attività che l’ente aggiudicatore svolge nei settori speciali.
Viceversa, le disposizioni speciali della Parte III del codice si considerano applicabili solo agli appalti sottoscritti dall’ente aggiudicatore che hanno per oggetto attività strumentali a far sì che l’ente possa perseguire il suo scopo istituzionale.
In proposito l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’Atto di Segnalazione al Governo ed al Parlamento AS 1072 del 27 agosto 2013, ha ritenuto che, nel caso in cui il gestore aeroportuale decida di affidare a terzi lo svolgimento di specifiche attività commerciali all’interno del sedime aeroportuale, dovrebbe selezionare il proprio contraente attraverso procedure ad evidenza pubblica, al fine di consentire un’ampia partecipazione di operatori e un efficace confronto competitivo. Ciò trova conferma in una recente sentenza del TAR del Lazio che ha affermato che, in considerazione della natura pubblica di demanio del sedime aeroportuale, il gestore aeroportuale è obbligato a indire una procedura competitiva per selezionare il soggetto privato al quale concedere in uso specifiche aree all’interno dell’aeroporto (TAR Lazio, Sez. Terza Ter, n. 1693 del 15 febbraio 2013, relativa all’affidamento del servizio di avvolgimento bagagli da parte di ADR S.p.A.). L’AGCM ha ribadito la necessità che vengano introdotte disposizioni, di natura normativa o regolamentare, finalizzate a garantire un’allocazione equa e non discriminatoria degli spazi destinati ad attività commerciali all’interno degli aeroporti, al fine di evitare che il gestore aeroportuale estenda il proprio potere di mercato ai servizi commerciali e limiti lo svolgimento degli stessi da parte di altri operatori.
2. Il concetto di attività strumentale allo sfruttamento di area geografica nell’interpretazione giurisprudenziale.
La giurisprudenza ha ritenuto opera “strumentale” ad una infrastruttura aeroportuale, dunque soggetta alla disciplina ex settori esclusi, la gara avente ad oggetto l’affidamento dell’appalto integrato di progettazione ed esecuzione di lavori di potenziamento “land side” ed “air side” e per la costruzione di una piattaforma logistica aeroportuale, in quanto riguardante la progettazione e costruzione di infrastrutture aeroportuali (T.A.R. Bari, Sez. I, 3 luglio 2008 n. 1604). Del pari i lavori di prolungamento di una pista d’atterraggio soggiacciono alla disciplina di cui alla Parte III del Codice.
E così ad esempio la gara per i servizi di sicurezza aeroportuale, relativamente ai passeggeri e al bagaglio, è stata ritenuta rientrante nel campo di applicazione della disciplina sui settori speciali (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 932/2001). Ed ancora la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la disciplina degli allora settori esclusi (oggi speciali) ad una gara indetta per il noleggio e l’acquisto di macchine per il controllo bagagli (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 29 settembre 2006, n. 3310). Mentre l’attività di imballaggio dei bagagli in uno scalo aeroportuale non soggiace alla disciplina di che trattasi: detta attività che non è qualificabile come pubblico servizio non afferisce agli obblighi assunti dai vettori aerei e dal gestore, offrendo soltanto la possibilità di una prestazione diversa ed ulteriore[18].
Il nesso di strumentalità è stato escluso con riferimento ad un appalto indetto da un gestore aeroportuale, la S.E.A. S.p.A. (società a prevalente partecipazione pubblica autorizzata ex lege alla gestione degli aeroporti (privati) di Milano Malpensa e Linate), per l’affidamento di servizi di ristorazione a mezzo di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande: si trattava in particolare della gestione del Bar dell’Area arrivi, dei distributori automatici dell’Area Ritiro bagagli e del Chiosco dell’Area Registrazioni (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 15 febbraio 2007, n. 2007). Il T.A.R. Lombardia in detta occasione ha affrontato funditus la natura del predetto gestore, concludendo sul punto che “S.E.A. S.p.A. non rientra nella nozione di organismo di diritto pubblico”, quanto piuttosto in quella di impresa pubblica, poiché “la concreta attività per la quale S.E.A. ha indetto la selezione rientra certamente nella nozione di attività avente rilievo industriale e commerciale, corroborando quindi la soluzione della mancanza del requisito negativo del carattere non industriale o commerciale della finalità perseguita da SEA”, (punto 5, sentenza cit.). Sicché il predetto gestore soggiace alle regole dell’evidenza pubblica limitatamente ai contratti affidati nei settori nei quali essa è titolare di diritti speciali ed esclusivi[19] ovvero qualora si tratti di attività connesse allo sfruttamento dell’area geografica ai fini della messa disposizione dell’area ai vettori aerei. Nei c.d. settori speciali l’esigenza di garantire il rispetto di regole concorrenziali negli approvvigionamenti, attraverso l’osservanza delle normative di gara, segna la ratio ed il limite dell’obbligo del ricorso all’evidenza pubblica per le imprese pubbliche, che è imposto per le attività poste in essere nel settore interessato dall’esclusiva e viene meno per attività diverse.
Si è negato quindi che l’affidamento da parte di Alitalia CAI S.p.A. della realizzazione di un edificio per una migliore dislocazione degli uffici e del personale abbia una “connessione con la gestione del servizio aeroportuale, né lo stesso è destinato all’uso da parte dei vettori aerei, come richiesto dall’art. 213 del codice dei contratti”, difettando l’elemento oggettivo necessario per l’applicazione di questa norma.
Ed sempre in ordine al nesso di strumentalità e, dunque, all’ambito di applicabilità della disposizione di cui all’art. 213 del codice è stato escluso con riferimento alle prestazioni riguardanti la sicurezza e la vigilanza armata della sede di un ente aggiudicatore (T.A.R. Puglia, Sez. I, 2 ottobre 2008, n. 2257) ed a quelle relative ai servizi di pulizia della stessa sede (T.A.R. Lazio, Roma, 5 febbraio 2008, n. 951).
In un’altra vicenda riguardante la concessionaria della gestione dell’aeroporto di Catania, qualificata, stavolta, come impresa pubblica, è stato affermato che i soggetti rientranti in tale tipo di impresa sono tenuti a osservare le procedure disciplinate dal d.lgs. 163/06 solo limitatamente all’affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture che siano strumentali rispetto all’oggetto dell’esclusiva conseguita e non anche per l’intero spettro delle loro attività commerciali. Anche in virtù di queste considerazioni si è esclusa l’applicabilità delle norme in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici nei settori speciali in relazione alla concessione di uno spazio aeroportuale per la vendita di prodotti artigianali (C.G.A. 10 settembre 2010, n. 1197). Tale ultimo ragionamento si pone in continuità con quello sviluppato dai giudici milanesi (sentenza T.A.R. Lombardia 266/07 cit.) sull’affidamento degli spazi commerciali all’interno degli aeroporti da parte del gestore.
La giurisprudenza non ha ancora raggiunto un orientamento univoco in merito al concetto di strumentalità nei settori speciali. Con particolare riferimento alle infrastrutture aeroportuali, ha ritenuto strumentali:
– la realizzazione di un parcheggio multipiano, in quanto essenziale e strumentale ad una infrastruttura aeroportuale (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2005 n. 2);
– la realizzazione di una piattaforma logistica aeroportuale, in quanto riguardante la progettazione e costruzione di infrastrutture aeroportuali (TAR Bari, Sez. I, 3 luglio 2008 n. 1604/2008);
– il noleggio e l’acquisto di macchine per il controllo bagagli (Tar Piemonte, Sez. II, 29 settembre 2006 n. 3310);
– la gestione della sosta dei veicoli nell’area antistante l’aerostazione (Cassazione S.U. 4 novembre 2009 n. 23322);
– lo svolgimento di prestazioni di agenzia doganale e di spedizione (Cass. civ., Sez. I, 7 novembre 1989, n. 4645).
Sono state ritenute non strumentali:
– la ripulitura della pista di volo dell’aeroporto (TAR Emilia Romagna Sez. I, 15 gennaio 2010, n. 10719);
– la gestione e organizzazione, non in esclusiva, dell’attività di ristorazione, consistente in somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (TAR Lombardia Milano, Sez. III 15 febbraio 2007 n. 266).
3. Sulla natura del gestore aeroportuale
Come si è accennato, in relazione all’inclusione dei gestori aeroportuali nella categoria di organismo di diritto pubblico piuttosto che di impresa pubblica si registra un orientamento non univoco della giurisprudenza, tenuto anche conto delle peculiarità e delle modalità operative delle singole società che si rinvengono a monte negli atti concessori[20].
3.1 L’indagine conoscitiva dell’AVCP sulle gestioni aeroportuali.
Da ultimo, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) ha effettuato una indagine per verificare la qualificazione giuridica dei gestori aeroportuali ed accertare se sono soggetti alle norme del Codice dei Contratti Pubblici[21].
A tal proposito l’AVCP ha evidenziato che: «i gestori aeroportuali la cui composizione azionaria è prevalentemente o totalmente pubblica sono stati qualificati da questa Autorità e dalla giurisprudenza talora come organismo di diritto pubblico e talora come impresa pubblica.
Al riguardo si ricorda brevemente che l’organismo di diritto pubblico è un’amministrazione aggiudicatrice tenuta ad applicare per intero il Codice dei Contratti. L’art. 3, comma 26 del Codice riprende la definizione creata a livello comunitario dalla Direttiva CE/2004/18 (“body governed by public law”) e definisce l’organismo di diritto pubblico quello che possiede cumulativamente tre requisiti: a) è istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale; b) è dotato di personalità giuridica; c) l’attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
L’impresa pubblica è un ente aggiudicatore e rileva unicamente ai fini dell’applicazione della Parte III del Codice. Ai sensi dell’art. 3, comma 28, del D.Lgs. 163/2006 l’impresa pubblica è un soggetto giuridico sul quale le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente: a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; b) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa; c) hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa.
Ai fini che rilevano per la presente analisi, si evidenzia come il principale elemento di distinzione tra le nozioni di organismo e impresa pubblica è rappresentato dal fatto che ai fini dell’individuazione dell’impresa pubblica si guarda esclusivamente al legame tra l’impresa e la PA, cioè l’influenza pubblica dominante, mentre ai fini dell’individuazione dell’organismo di diritto pubblico si guarda il profilo finalistico rappresentato dall’essere stato istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, di carattere non industriale o commerciale. Per “esigenze di interesse generale” debbono intendersi quelle riferibili ad una collettività di soggetti di ampiezza e contenuto tali da giustificare la creazione di un apposito organismo sottoposto all’influenza dominante dell’autorità pubblica che sia deputato al loro soddisfacimento. Inoltre, i bisogni soddisfatti dall’organismo di diritto pubblico non devono rivestire carattere commerciale e industriale nel senso che non devono essere suscettibili di soddisfacimento mediante attività di produzione o scambio di beni o servizi che sia connotata da imprenditorialità o da scopo di lucro.
Posto che, come detto, le tipologie dei gestori aeroportuali sono estremamente variegate, sia come composizione azionaria, sia come volume di traffico, sia come risultati della gestione, anche in base alle indicazioni della giurisprudenza della Corte di Giustizia, occorre valutare caso per caso.
Relativamente agli aeroporti a prevalente capitale pubblico, come già detto …, questa Autorità ha riconosciuto la natura giuridica di impresa pubblica all’Aeroporto Valerio Catullo (Parere AG 3/2013, sulla scorta di TAR Veneto, sez. I, 28 marzo 2007 n. 1029) per il fatto che, oltre la circostanza che la gestione della società è in mano pubblica, la suddetta società opera in un contesto concorrenziale regolato dalle leggi del mercato, persegue scopo di lucro e si assume i rischi connessi alla propria attività.
La giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto la natura giuridica di impresa pubblica (in un primo tempo) alla SEA S.p.A., affidataria della gestione del sistema aeroportuale milanese, per “il suo intrinseco carattere imprenditoriale e connesso scopo di lucro”; alla SAVE S.p.A. affidataria della gestione dell’Aeroporto Marco Polo di Venezia; alla SAB S.p.A., affidataria dell’aeroporto Marconi di Bologna ed alla SAC S.p.A., affidataria della gestione dell’Aeroporto Fontanarossa di Catania. Anche la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di appalti degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, che andrà a sostituire la Direttiva 2004/17, al considerando 6 afferma che “un organismo che opera in condizioni normali di mercato, mira a realizzare un profitto e sostiene le perdite che risultano dall’esercizio delle sue attività non dovrebbe essere considerato un “organismo di diritto pubblico” in quanto è lecito supporre che sia stato istituito allo scopo o con l’incarico di soddisfare esigenze di interesse generale che sono di natura industriale o commerciale”. Vi sono però tutta una serie di pronunce in cui la giurisprudenza ha riconosciuto alle società gestori degli aeroporti la natura giuridica di organismo di diritto pubblico.
Si ricorda in primo luogo l’ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 23322 del 2009) che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, ha affermato la natura giuridica di organismo di diritto pubblico alla GESAP SpA, gestore dell’aeroporto di Palermo (ed ha quindi dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo). In tale pronuncia la Suprema Corte ha ritenuto che l’attività del gestore persegue interessi generali, lo svolgimento di attività “minoritaria” a carattere industriale non fa venire meno la qualificazione come organismo di diritto pubblico.
Ai fini dell’approfondimento richiesto dal Consiglio si ritiene inoltre necessario segnalare la recentissima sentenza del Consiglio di Stato che, seppure in modo assai discutibile, in una fattispecie relativa ad una gara per l’affidamento di servizi assicurativi, ha riconosciuto alla SEA natura giuridica di organismo di diritto pubblico (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 4934 dell’8 ottobre 2013). Ciò in quanto, alla luce dei principi comunitari, per l’individuazione del c.d. “requisito teleologico” necessario ai fini della qualificazione di un soggetto quale organismo di diritto pubblico, occorre dare rilevo preminente non tanto al carattere dell’attività svolta, ma alle esigenze che l’ente è preordinato a soddisfare. Per i giudici di Palazzo Spada la gestione di grandi strutture aeroportuali come quelle dei due aeroporti di Milano va considerata come un servizio di pubblica utilità, poiché trattasi di infrastrutture di primario interesse nazionale, essenziali per il sistema dei trasporti, finalizzato a soddisfare esigenze di mobilità dei cittadini costituzionalmente garantite. Infatti, il servizio di pubblica utilità, che soddisfa un interesse generale, può essere gestito sia dallo Stato o dagli enti pubblici, sia in forma societaria, tramite concessione a privati. E ancora “in ogni caso, il fine di lucro dell’eventuale esercente esterno non prevale sulla natura del servizio, che resta intrinsecamente pubblicistica in ragione della sua indefettibilità rispetto all’utilità generale, e che fa rientrare l’ente o la società, investita della stessa, fra gli organismi di diritto pubblico, ovvero fra i “soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, all’applicazione della normativa comunitaria, nonché al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica, previsti dalla normativa statale o regionale” (cfr. art. 133, comma 1, lettera e, n. 1 Cod. proc. amm., nonché, per il principio, Cons. Stato, VI, 19 maggio 2008, n. 2280 e 1 aprile 2000, n. 1885; V, 22 aprile 2004, n. 2292; cfr. inoltre, per gli interporti, Cass., SS.UU., 12 maggio 2005, n. 9940)”.
Sulla base dell’analisi condotta sembra potersi affermare che le diverse conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza traggano origine dal peso attribuito a diversi indicatori, che possono far propendere per la natura giuridica di impresa pubblica o di organismo di diritto pubblico.
Infatti, da un lato è innegabile come i gestori aeroportuali operino, di fatto, in un regime prossimo al monopolio e siano soggetti ad una stretta attività di regolazione di gestione e tariffaria. Anche la concorrenza tra gestori è molto limitata, in quanto il passeggero del trasporto aereo sceglie come raggiungere la propria destinazione prevalentemente sulla base delle offerte delle diverse compagnie aeronautiche e dell’esistenza di mezzi di trasporto alternativi. Nel valutare le offerte delle compagnie aeree considererà anche la prossimità dell’aeroporto (per un utente toscano potrebbe essere indifferente utilizzare lo scalo di Pisa o quello di Firenze). I gestori aeroportuali competono, così come implicitamente richiamato anche dall’art. 213 del Codice, tra loro soprattutto per attrarre il maggior numero di compagnie aeree, le quali nella scelta degli scali dove operare terranno in considerazione, oltre ai servizi offerti anche altre caratteristiche, quali l’utenza potenziale, l’accessibilità dello scalo, eventuali politiche di incentivazione locale, ecc. In sostanza, la possibilità di crescita dimensionale degli aeroporti sembra dipendere poco dalle scelte imprenditoriali dei gestori dei servizi aeroportuali. Dall’altro lato, si deve però osservare come i gestori aeroportuali non si limitino a garantire le condizioni di operabilità degli scali aerei, ma cerchino di trarre tutte le possibili rendite dalla posizione di monopolio di cui godono. Ad esempio, nell’analisi condotta si è riscontrato come i gestori cerchino di diversificare i servizi di travel retail, proprio al fine di massimizzare i possibili ricavi ottenibili, fino a spingersi ad installare o permettere l’installazione di ogni genere di attività commerciale, per trasformare l’aeroporto da un “non luogo” ad “airport city”, contenitori dinamici che offrono servizi commerciali, di intrattenimento, sociali e culturali, che costituiscono motore di sviluppo economico per il territorio circostante. D’altr’onde, nel panorama internazionale gli aeroporti fanno a gara nello stupire i passeggeri, e rendere l’aeroporto quasi più appetibile della destinazione. Diversi gestori riescono così a registrare utili, anche elevati, almeno per quanto riguarda la parte di gestione, oggetto della presente analisi.
Le analisi condotte hanno mostrato che i gestori degli scali di maggiori dimensioni, indipendentemente se si tratti di imprese con capitale a prevalenza pubblica o privata, riescono a trarre utili dalla gestione senza bisogno di contributi pubblici, mentre i gestori degli aeroporti di minori dimensioni (di regola soggetti pubblici) sopportano perdite e necessitano di aiuti pubblici per sopravvivere.
Sebbene i risultati di bilancio da soli non siano sufficienti per concludere nel senso della natura industriale o commerciale di un’attività appare comunque evidente che le analisi condotte hanno
mostrato che per la gestione degli aeroporti di dimensioni ridotte è assolutamente necessaria la corresponsione di un aiuto pubblico. Viceversa, gli aeroporti di dimensioni maggiori, per quanto sottoposti ad una rigida regolamentazione, sono in grado di generare utili così come dovrebbe fare qualsiasi impresa presente sul mercato.
In definitiva, ai fini della qualificazione giuridica dei gestori sembra potersi affermare che non occorre considerare tanto la composizione societaria (pubblica o privata) degli stessi, quanto piuttosto la dimensione del traffico passeggeri/merci degli aeroporti in gestione. Tale conclusione è analoga a quella cui è giunta la Commissione Europea in diverse occasioni».
Sulla base delle analisi condotte nell’indagine l’AVCP ha tratto le seguenti conclusioni in merito alla natura giuridica dei gestori aeroportuali: le imprese che gestiscono aeroporti con un ridotto numero di passeggeri devono essere considerate come organismi di diritto pubblico, sia perché il loro capitale è totalmente o quasi totalmente pubblico, sia perché non possono operare senza sussidi pubblici; tra le imprese che gestiscono aeroporti di maggiori dimensioni, il cui capitale è prevalentemente pubblico, vi sono numerosi elementi che possono indurre a considerare tali soggetti come imprese pubbliche; per le imprese che gestiscono aeroporti di maggiori dimensioni, il cui capitale è prevalentemente privato, vi sono numerosi elementi che possono indurre a considerare tali soggetti come imprese che operano in base a diritti speciali ed esclusivi loro concessi. In ogni caso, appare difficile individuare con esattezza quale sia il livello minimo di passeggeri necessario per poter classificare un gestore aeroportuale come impresa pubblica o impresa che opera in base a diritti speciali ed esclusivi e non come organismo di diritto pubblico, dovendosi al riguardo procedere caso per caso. Il mancato riconoscimento della natura di organismo di diritto pubblico non appare sufficiente per escludere l’obbligo in capo ai gestori aeroportuali di affidare i contratti o le sub concessioni per una parte consistente dei servizi aviation e non aviation oggetto di indagine nella presente analisi con procedure di evidenza pubblica. Sembrerebbe che, con l’attuale legislazione che liberalizza il servizio di handling, solo la gestione di tale attività potrebbe essere affidata senza gara nei casi in cui il gestore è scelto dal vettore aereo; tuttavia, gli spazi nel sedime aeroportuale dovrebbero essere concessi sulla base di criteri certi, trasparenti e non discriminatori. L’indagine condotta ha permesso di rilevare come tutti gli attuali gestori siano stati scelti senza alcuna procedura ad evidenza pubblica, per affidamenti particolarmente lunghi, di regola di durata pari a 40 anni. Inoltre, anche le sub concessioni da parte di questi ultimi sono state sempre rilasciate senza alcuna procedura di evidenza pubblica, in violazione della normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti.
[1] Il comma 25 dell’art. 3 del Codice statuisce “le amministrazioni aggiudicatrici sono: le amministrazioni dello Stato; gli Enti pubblici territoriali; le amministrazioni dello Stato; gli Enti pubblici territoriali; Enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico. …”.
[2] Si veda Cons. St., Sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2919, T.A.R. Lazio, 5 febbraio 2008, n. 951; id. 5 novembre 2007, n. 10893; T.A.R. Parma, 28 maggio 2007 n. 315, T.A.R. Milano, 15 febbraio 2007, n. 266.
[3] Cass. Civ., S.U., 29 maggio 2012, n. 8511.
[4] M.P. Chiti, G. Greco, Trattato di Diritto Amministrativo europeo, Parte Speciale, 2007, p. 541.
[5] T.A.R. Parma cit. 315/2007, nonché AVCP, Parere sulla normativa del 27/01/2011 – rif. AG 36/2010.
[6] Cfr. Indagine AVCP sulle gestioni aeroportuali.
[7] E segnatamente, oltre alla gestione totale, si ha la gestione parziale; la gestione parziale a titolo precario; gestione diretta.
[8] Tale modello gestionale è stato applicato, da specifici provvedimenti legislativi, ai maggiori aeroporti nazionali, c.d. “ex lege” Roma-Fiumicino e Ciampino, Milano-Linate e Malpensa, Torino-Caselle, Venezia, Genova e Bergamo-Orio al Serio.
[9] Per tale classificazione cfr. AGCM, provvedimento n. 16247 del 14.12.2006, nonché AGCM, provvedimento 26.11.2008, n. 60.
[10] Orbene con riguardo alle “attività aviation” e, cioè, alle attività connesse alle infrastrutture centralizzate, ai beni in uso esclusivo ed ai beni in uso comune, il d.lgs. 13 gennaio 1999, n. 18[10] detta una specifica e dettagliata regolamentazione volta, tra l’altro, a garantire il libero accesso dei servizi di assistenza a terra agli utenti. Mentre con riferimento alle “attività non aviation”, non si rinviene una simile disciplina, dacché sussistono maggiori incertezze interpretative in ordine al regime giuridico di queste ultime.
[11] Combinato disposto art. 4, comma 1 e art. 6 del d.lgs. 18/1999.
[12] Non paiono invece possibili limitazioni ai restanti servizi, di cui all’Allegato A al d.lgs.18/1999, non rientranti nelle fattispecie di cui al comma 2 del d.lgs. 18/99, ossia: assistenza amministrativa a terra e supervisione; assistenza passeggeri; assistenza merci e posta per gli aspetti diversi dal loro trattamento fisico, in arrivo, in partenza ed in transito tra l’aerostazione e l’aeromobile; assistenza pulizia e servizi di scalo; assistenza manutenzione dell’aereo; assistenza operazioni aeree e gestione degli equipaggi; assistenza trasporto a terra; assistenza ristorazione (catering).
[13] G. Guidarelli, op. ult. cit., 47.
[14] Si veda a tal proposito M.P. Chiti, La gestione aeroportuale tra diritto comune e attività amministrativa in senso oggettivo, in Foro Amm. T.A.R., 1, 2003, 323 e ss, il quale, muovendo un’acuta critica alle sentenze del T.A.R. Sardegna, 6 dicembre 2002, n. 1777 e T.A.R. Lombardia, Milano, III, 25 settembre 2002, n. 1960, con riferimento alla gestione di servizi di pubblicità all’interno dello scalo aeroportuale afferma che detti servizi, non riguardando un servizio informativo al pubblico, “non hanno palesemente nulla a che vedere con i servizi oggetto delle richiamate direttive europee. Non si tratta di prestazioni di cui i soggetti gestori degli aeroporti hanno necessità per realizzare la missione assunta e codificata nella convenzione con lo Stato, quanto attività per rendere profittevole la gestione aeroportuale …”.
[15] Si veda ad esempio IELO-ROTELLI, Commento all’art. 213, in RUGGERI ed altri, Codice dei contratti pubblici, Giuffrè, 2007, secondo cui oggetto della attività di “messa a disposizione” degli aeroporti ai vettori aerei è rappresentato dalla struttura aeroportuale nel suo complesso, ossia: “a) qualsiasi terreno appositamente predisposto per l’atterraggio, il decollo e le manovre di aeromobili; b) gli impianti annessi che esso può comportare per le esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili; c) gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali…”.
[16] In tal senso AVCP, Parere AG 36/2010 27 gennaio 2011. Da ultimo Indagine AVCP sulle Gestioni aeroportuali, in http://www.avcp.it/.
[17] Cfr. Art. 3, comma 5 del Codice, per cui i settori speciali dei contratti pubblici sono solamente quelli individuati nominativamente dal legislatore, ossia “i settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla Parte III”.
[18] T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 6107/07.
[19] In tal seno si è espressa anche la Corte di Appello di Milano che, con ordinanza sez. I, 6 febbraio 2007 (nel giudizio R.G. 4075/06), in ordine alle comuni attività commerciali che vengono svolte a livello meramente accessorio all’interno del sedime aeroportuale, come l’attività di ristorazione, di vendita di spazi pubblicitari e di prodotti destinati ai normali consumatori ha chiarito che la SEA “è libera di affidare la gestione e l’esercizio della suddetta tipologia di servizi commerciali a partners di suo gradimento senza particolari vincoli, come non ha particolari vinvoli chi, essendo proprietario di una certa area, decida di concederla a terzi per l’esercizio di un’attività commerciale”; l’ordinanza, confermata in sede di riesame con ord. 31 maggio 2007 (Nel giudizio iscritto R.G. 615/07)ha sottolineato la distinzione tra il mercato dei sevizi aeroportuali e quello delle attività commerciali liberamente svolte sul sedime, riconoscendo di conseguenza l’autonomia di SEA in ordine all’affidamento di spazi per l’impacchettamento dei bagagli all’interno dell’aerostazione.
[20] Il giudice amministrativo ha, ad esempio, ritenuto annoverabile nella categoria degli organismi di diritto pubblico una società deputata alla gestione di aeroporti (Aeroporto D’Annunzio di Brescia Montichiari S.p.A.) affermando che l’attività svolta è di carattere generale (in quanto dell’infrastruttura beneficia una pluralità di soggetti) e che il carattere non industriale o commerciale non è escluso dal metodo imprenditoriale utilizzato nella gestione né dalla presenza di altri soggetti operanti nel mercato di riferimento (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 26 marzo 2004, n. 254 ). Di opposto avviso, da ultimo, l’AVCP con parere 20 febbraio 2013 AG/ 3/13 ha qualificato la Società Aeroporto di Verona Valerio Catullo S.p.A., invece, come impresa pubblica e, dunque, ente aggiudicatore che applica le disposizioni di cui alla Parte III del codice, nei limiti espressamente previsti dalla medesima parte III (art. 213).
[21] Conclusasi il 19 dicembre
2013. L’indagine è stata effettuata su un campione rappresentativo (vedi
tabella allegata) compresi tutti quei soggetti che gestiscono gli aeroporti con
un traffico di passeggeri superiore ai 3 milioni all’anno.