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( votes)1. Premesse
In un periodo di forte riduzione delle risorse economiche come quello che sta interessando il nostro Paese la semplificazione e l’efficientamento della Pubblica Amministrazione appaiono misure fondamentali sia per l’oggi che per favorire la crescita delle future generazioni.
L’efficienza si raggiunge razionalizzando la spesa, ovvero migliorando il rapporto tra il risultato ottenuto e le risorse impiegate nella Pubblica Amministrazione. Uno dei campi in cui lo spazio di manovra in tal senso è enorme è quello degli acquisti di beni e servizi da parte delle singole amministrazioni. Ebbene è proprio in tale prospettiva che si inserisce l’istituto delle centrali di committenza, strumento di centralizzazione degli acquisti e quindi di razionalizzazione della spesa pubblica, che consente di evitare l’atomizzazione delle procedure ed ottenere, su acquisti di maggiori dimensioni, risparmi sia in termini di prezzi che di costi di gestione della procedura (per personale, per pubblicazioni, per contenzioso, etc.).
Nel prosieguo del presente contributo verranno delineate le caratteristiche principali di questo nuovo modello organizzativo che, come si vedrà, dovrà essere obbligatoriamente adottato dai piccoli Comuni per le procedure di affidamento volte all’acquisizione di lavori, servizi e forniture bandite dopo il 31 marzo 2013.
Le centrali di committenza sono uno strumento di centralizzazione degli acquisti che consentono di evitare l’atomizzazione delle procedure ed ottenere, su acquisti di maggiori dimensioni, risparmi sia in termini di prezzi che di costi di gestione della procedura.
2. La norma e la sua ratio
L’art. 33 comma 3-bis del D. Lgs. n. 163/2006 (di seguito anche “Codice dei Contratti Pubblici” o “Codice”) dispone che “I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici”.
Il predetto comma 3-bis è stato introdotto dall’art. 23 comma 4 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella L. 22 dicembre 2011, n. 214 (di seguito per brevità anche “Decreto Salva Italia”).
La disposizione introdotta dal Decreto Salva Italia, a seguito della proroga di 12 mesi introdotta dall’art. 29, comma 11-ter del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 convertito con modificazioni dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, entrerà in vigore in data 31.03.2013: a partire da tale data, dunque, i piccoli Comuni non potranno più bandire gare ma avranno – in luogo della facoltà per le stazioni appaltanti di far ricorso a centrali di committenza ai sensi del comma 1 dello stesso art. 33 del Codice dei Contratti Pubblici – l’obbligo di far ricorso a centrali di committenza.
La ratio sottesa alla predetta norma è, nell’intento del legislatore di razionalizzare la spesa pubblica, quella di prevedere l’accentramento della gestione delle procedure ad evidenza pubblica al fine di eliminare alcuni costi connessi alla frammentazione tra i piccoli Comuni della fase di acquisizione di lavori, servizi e forniture. Come precisato dalla Relazione tecnica al Decreto Salva Italia, la finalità di tale disciplina è, infatti, superare il sistema di frammentazione degli appalti pubblici e ridurre i costi di gestione delle procedure ad evidenza pubblica, in virtù delle conseguenti economie di scala.
La disposizione di cui all’art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici ha come primo effetto quello di precludere ad alcune Amministrazioni territoriali – ovvero i Comuni con meno di 5.000 abitanti – la qualifica di “amministrazione aggiudicatrice” di cui all’art. 3, comma 25 dello stesso Codice dei Contratti Pubblici il quale dispone che “Le “amministrazioni aggiudicatrici” sono: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”.
La definizione di centrale di committenza è contenuta nell’art. 3, comma 34 del D. Lgs. n. 163/2006 ai sensi del quale “è un’amministrazione aggiudicatrice che: – acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o – aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori”.
Il nostro legislatore, mediante la predetta norma, ha recepito il XV considerando della Direttiva 2004/18, che evidenzia la necessità di definire tale nozione, prendendo atto dello sviluppo di una prassi di aggiudicazione centralizzata, potenzialmente virtuosa per la concorrenza. Come si desume dal XVI considerando della stessa Direttiva 2004/18, si tratta, però, di un istituto a recepimento facoltativo: “al fine di tener conto delle diversità esistenti negli Stati membri, occorre lasciare a questi ultimi la facoltà di prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere ad accordo quadro, a centrali di committenza, ai sistemi dinamici di acquisizione (…)”. Seguendo questa impostazione, infatti, l’art. 11 della Direttiva 2004/18 dispone che “1. Gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di acquistare lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza. 2. Le amministrazioni aggiudicatrici che acquistano lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza nei casi di cui all’art. 1, paragrafo 10, sono considerate in linea con la presente direttiva a condizione che detta centrale l’abbia rispettata”.
Con l’introduzione dell’art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici, al contrario, il nostro legislatore ha trasformato tale facoltà in un modello organizzativo obbligatorio, la cui ratio è intimamente connessa – come visto – non tanto alle esigenze di valorizzazione della concorrenza ma alle straordinarie esigenze della finanza pubblica in questo momento storico.
Tralasciando questo aspetto, in termini generali, la centrale di committenza rappresenta, dunque, un modello organizzativo gestionale con natura associativa o consortile attraverso cui vengono gestite diverse commesse nell’interesse di diverse stazioni appaltanti: il principio su cui si fonda questo istituto risiede nell’aggregazione della domanda la quale consente di ridurre i costi di gestione da una parte e potenziare l’iter di aggiudicazione dall’altra.
Spetta alla centrale di committenza la cura della fase della procedura ad evidenza pubblica che va dalla pubblicazione del bando di gara all’aggiudicazione definitiva, durante la quale, ovviamente, la centrale di committenza deve operare nel rispetto delle norme del Codice dei Contratti Pubblici. Rimangono, invece, in capo agli enti locali la fase della programmazione e della scelta di lavori, servizi e forniture da acquisire e la fase della stipula del contratto, salvo espressa deroga anche con riferimento a quest’ultima fase.
Ai sensi dell’ art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici a partire dal 31 marzo 2013 i piccoli Comuni non potranno più bandire gare ma avranno l’obbligo di far ricorso a centrali di committenza.
3. Profili operativi e ambito di applicazione
Sotto il profilo soggettivo l’art. 33, comma 3-bis del Codice si riferisce:
- dal punto di vista soggettivo, ai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti;
- dal punto di vista territoriale, ai Comuni appartenenti alla stessa Provincia (è quindi esclusa la gestione associata tra Comuni appartenenti a diverse Province pur se limitrofi).
Per quanto concerne i profili organizzativi, l’art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici prevede, in particolare, due forme:
- l’unione di comuni di cui all’art. 32 del TUEL, ove già esistente;
- l’accordo consortile.
Due sono le ipotesi che si potrebbero realizzare al 31 marzo 2013:
- qualora l’unione di comuni fosse già costituita, l’obbligo di costituzione della centrale di committenza graverà direttamente sull’unione di comuni stessa: spetterà all’unione di comuni istituire un proprio ufficio qualificato di committenza;
- qualora invece l’unione di comuni non fosse già costituita, graverà sugli stessi Comuni l’obbligo di far sorgere questa stazione appaltante centralizzata stipulando l’“accordo consortile” a cui la norma fa riferimento ovvero una convenzione per la gestione associata delle funzioni fondamentali.
A tal riguardo occorre, infatti, evidenziare che il riferimento ai consorzi appare in netta contraddizione con quanto espresso dal legislatore all’art. 2, comma 186 lett. e) della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Legge Finanziaria 2010) che alla lettera e) prevede la “soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali”. Alla luce di quanto appena evidenziato, dunque, occorre interpretare il riferimento (probabile un refuso, o quanto meno un riferimento non di carattere tecnico) agli “accordi consortili” di cui all’art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici in coerenza con la normativa sulla gestione associata dei servizi per la quale sono previste due sole forme, ovvero l’unione di comuni e la convenzione.
In conformità alla predetta logica di sopprimere i consorzi di funzioni tra gli enti locali, si potrebbe, dunque, sostenere che per i piccoli Comuni non discenderebbe dunque l’obbligo di istituire un consorzio, quanto, piuttosto semplicemente l’obbligo, attraverso un atto convenzionale, di istituire una centrale di committenza. La centrale di committenza può essere costituita di conseguenza mediante accordo convenzionale ex art. 30 del D.Lgs. n. 267/2000 (cd. TUEL), utilizzando il modello della delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
Si segnala, inoltre, l’ulteriore possibilità, al fine di razionalizzare la spesa degli enti locali, di associare l’ufficio acquisti: facoltà questa che per i piccoli Comuni diverrà un obbligo dal 1 gennaio 2014 in quanto ai sensi dell’art. 14 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, entro tale data i Comuni interessati dovranno esercitare obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali di cui al comma 27 del citato art. 14, fra le quali rientra l’”organizzazione generale dell’amministrazione”.
Per quanto concerne i profili organizzativi, l’art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici prevede due forme: l’unione di comuni di ove già esistente o l’accordo consortile.
Con riferimento all’ambito di applicazione della previsione normativa di cui si sta discorrendo, si evidenzia che l’art. 23 comma 5 del Decreto Salva Italia prevede che l’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. n. 163/2006 – contenente l’obbligo per i piccoli Comuni di istituire le centrali di committenza – si applica “alle gare bandite successivamente” al 31 marzo 2012, termine – come detto – poi prorogato al 31 marzo 2013.
Come già evidenziato, spetta alla centrale di committenza curare la fase della procedura ad evidenza pubblica che va dalla pubblicazione del bando di gara fino all’aggiudicazione definitiva, mentre rimangono in capo ai singoli enti locali sia la fase della programmazione e della scelta di lavori, servizi e forniture da acquisire e sia la fase della stipula del contratto, salvo espressa deroga anche con riferimento a quest’ultima fase.
A tale riguardo, la Corte dei Conti per il Piemonte – Sez. controllo delibera n. 271/2012, rileva che la disciplina della centrale di committenza è collocata al Titolo I, “contratti di rilevanza comunitaria”, della Parte II “contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari” del Codice dei Contratti Pubblici, applicabile ai sensi dell’art. 121 del Titolo II dello stesso Codice anche ai contratti sotto soglia.
Ad avviso dei giudici contabili, dunque, le disposizioni in tema di centrale di committenza trovano applicazione a tutte le procedure a prescindere dal loro valore, fatte salve le specifiche deroghe contenute nello stesso Titolo II, tra le quali si ricorda l’art. 125 in tema di affidamenti in economia.
A tal riguardo nella citata delibera si legge che questa ricostruzione sistematica vale già di per sé ad escludere la possibilità di una interpretazione meramente letterale dell’art. 33, comma 3-bis del Codice, tesa ad includere tutte le acquisizioni di lavori, servizi e forniture, senza distinzione di valore o tipologia procedurale. “Ferma, infatti, l’applicazione ai contratti di rilevanza comunitaria, le previsioni di cui all’art. 33, comma 3-bis (al pari delle altre contenute nella parte II del Codice), si applicano anche ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria, solo ove non risultino derogate dalle disposizioni di cui al titolo II, rubricato “contratti sotto soglia comunitaria”.
La Corte dei Conti, al fine di valutare se la disciplina di cui all’art. 125 del Codice dei Contratti Pubblici sia derogatoria rispetto a quella di cui al l’art. 33, comma 3-bis dello stesso Codice, compie una lunga disamina sulla differenza della procedura di cottimo fiduciario e la procedura in economia mediante amministrazione diretta nell’ambito della soglia comunitaria di 40.000 Euro. Ad avviso dei giudici contabili:
- la procedura di cottimo fiduciario è assoggettabile all’obbligo di ricorso alla centrale di committenza in quanto è il Codice stesso che per tale tipologia di procedura negoziata prevede l’indizione di una gara informale: trova applicazione l’obbligo di indizione della centrale di committenza in quanto la procedura informale presuppone comunque una valutazione comparativa delle offerte;
- la procedura in economia mediante amministrazione diretta ex art. 125, commi 8 e 11 del Codice dei Contratti Pubblici, potrebbero essere escluse dall’applicazione dell’obbligo di istituire la centrale di committenza in quanto non si rinviene in tale tipologia di procedura un aspetto concorrenziale: “In tale ipotesi le acquisizioni sono effettuate con strumenti propri o appositamente acquistati o noleggiati dall’amministrazione, e con personale proprio della stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per l’occasione, sotto la direzione del responsabile del procedimento. Si tratta, pertanto, di fattispecie non pienamente compatibili con il ricorso a una centrale di committenza e comunque, in assenza di vere e proprie procedure concorrenziali non rispondenti alla ratio della norma”. I singoli Comuni potrebbero, dunque, continuare a gestire tali tipi di procedure applicando i relativi regolamenti per gli affidamenti in economia.
L’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. n. 163/2006 si applica “alle gare bandite successivamente” al 31 marzo 2013 e in particolare, come chiarito dalla Corte dei Conti per il Piemonte – Sez. controllo delibera n. 271/2012, a tutte le procedure a prescindere dal loro valore, fatte salve le specifiche deroghe contenute nel Titolo II della Parte II del Codice dei Contratti Pubblici.
4. La Stazione Unica Appaltante (S.U.A.)
Al fine di individuare e specificare le competenze delle centrali di committenza pare utile esaminare per relationem la disciplina della Stazione Unica Appaltante (cd. S.U.A.) introdotta dall’art. 13 della legge 13 agosto 2010 , n. 136 (cd. Piano straordinario contro le mafie) ai sensi del quale è prevista l’adozione di un regolamento per la definizione delle “modalità per promuovere l’istituzione, in ambito regionale, di una o più stazioni uniche appaltanti (SUA), al fine di assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei contratti pubblici e di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose”.
Dalla disciplina della S.U.A., modello organizzativo che, a differenza della centrale di committenza, non è obbligatorio istituire, possono desumersi elementi utili a identificare le competenze della centrale di committenza.
Il Regolamento attuativo di tale istituto è il DPCM 30 giugno 2011, il quale, all’art. 2 dispone che possono aderire alla S.U.A. le Amministrazioni dello Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, da essi costituiti, gli altri soggetti di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 163/2006 nonché le imprese pubbliche e i soggetti che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente secondo le norme vigenti.
Lo stesso art. 2 del D.P.C.M. citato riconosce alla S.U.A. natura giuridica di centrale di committenza ai sensi dell’art. 3, comma 34 del Codice dei Contratti Pubblici e dispone che la S.U.A. “cura, per conto degli enti aderenti, l’aggiudicazione di contratti pubblici per la realizzazione di lavori, la prestazione di servizi e l’acquisizione di forniture, ai sensi dell’articolo 33 del medesimo decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, svolgendo tale attività in ambito regionale, provinciale ed interprovinciale, comunale ed intercomunale”.
L’art. 3 del D.P.C.M. dispone che la S.U.A., nel curare la gestione delle procedure di gara, svolge le attività ivi elencate, ovvero:
- collabora con l’ente aderente alla corretta individuazione dei contenuti dello schema del contratto, tenendo conto che lo stesso deve garantire la piena rispondenza del lavoro, del servizio e della fornitura alle effettive esigenze degli enti interessati;
- concorda con l’ente aderente la procedura di gara per la scelta del contraente;
- collabora nella redazione dei capitolati di cui all’art. 5, comma 7 del D.Lgs. n. 163/2006;
- collabora nella redazione del capitolato speciale;
- definisce, in collaborazione con l’ente aderente, il criterio di aggiudicazione ed eventuali atti aggiuntivi;
- definisce in caso di criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, i criteri di valutazione delle offerte e le loro specificazioni;
- redige gli atti di gara, ivi incluso il bando di gara, il disciplinare di gara e la lettera di invito;
- cura gli adempimenti relativi allo svolgimento della procedura di gara in tutte le sue fasi, ivi compresi gli obblighi di pubblicità e di comunicazione previsti in materia di affidamento dei contratti pubblici e la verifica del possesso dei requisiti di ordine generale e di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa;
- nomina la commissione giudicatrice in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
- cura gli eventuali contenziosi insorti in relazione alla procedura di affidamento, fornendo anche gli elementi tecnico-giuridici per la difesa in giudizio;
- collabora con l’ente aderente ai fini della stipulazione del contratto;
- cura, anche di propria iniziativa, ogni ulteriore attività utile per il perseguimento dell’obiettivo di rendere più penetrante l’attività di prevenzione e contrasto ai tentativi di condizionamento della criminalità mafiosa;
- trasmette all’ente aderente le informazioni.
Dalla disciplina della S.U.A. di cui all’art. 13 della L. n. 136/2010 possono desumersi elementi utili a identificare le competenze della centrale di committenza.
5. Conclusioni
Oggi l’esigenza delle amministrazioni di effettuare forti risparmi spesso si risolve in tagli lineari, indifferenti rispetto all’andamento di politiche e servizi, rendendo inutili gli sforzi sul versante del monitoraggio e della valutazione degli interventi.
Un valido strumento per evitare azioni di tal genere ed efficientare la Pubblica Amministrazione è, come visto, la razionalizzazione della spesa: in vista di tale obiettivo il legislatore ha, infatti, previsto all’art. 33, comma 3-bis del Codice dei Contratti Pubblici l’obbligo per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti di istituire le centrali di committenza per gli acquisiti.
Ampi paiono sin da subito i margini di validità ed efficacia che l’introduzione della suddetta norma potrà far conseguire in termini di risparmio di risorse economiche.
Occorre tuttavia qui rilevare che la norma in questione non prevede alcuna sanzione nell’ipotesi in cui un piccolo Comune eluda dopo il 31 marzo 2013 la competenza della centrale di committenza e proceda ad un affidamento tramite una propria gara.
Alla luce di quanto appena evidenziato, a parere di chi scrive, sarebbe bene, dunque, rinviare l’analisi definitiva dell’impatto scaturente dall’introduzione di questo modello organizzativo al momento di reale operatività dello stesso.