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( votes)Il 12 febbraio sono entrate in vigore le misure antimafia contenute nel Decreto Legislativo n. 218 del 2012. Gli appalti pubblici sono sottoposti ad una più fitta rete di controlli: più lunga la lista di situazioni che lasciano trasparire i casi di infiltrazione mafiosa; più ampia la possibilità di eseguire controlli sui soggetti e sui loro congiunti perché le nuove disposizioni prevedono che questi possano estendersi anche ai familiari conviventi oltre che a soci, sindaci e direttore tecnico dell’impresa fornitrice della Pubblica Amministrazione.
Novità di rilievo introdotta nel Codice degli Appalti è l’effetto che produce un provvedimento interdittivo: bloccherà in ogni caso la stipula del contratto e ne provocherà la risoluzione se in fase esecutiva. In passato era la stazione appaltante a poter decidere in maniera discrezionale come procedere.
La presenza pesante di organizzazioni mafiose che riescono ad infiltrarsi nel tessuto delle Pubbliche Amministrazioni con lo scopo di lucrare dagli appalti pubblici è un fenomeno che negli ultimi anni si sta affrontando con un vigore senza precedenti. Depurare il sistema da questo cancro non è un’impresa semplice, gravata dalla corruzione di soggetti che operano dove le decisioni vengono assunte o dalle intimidazioni che a questi possono essere destinate. Più semplicemente le criminalità organizzate possono controllare la distribuzione delle disponibilità finanziarie ed economiche delle PPAA allocando persone a loro vicine nei luoghi e nei ruoli di rilievo delle stesse PPAA e, il settore degli appalti pubblici è storicamente il settore più alettante per lo scopo.
Le ultime disposizioni dunque provano a stringere il campo d’azione delle mafie, ad innalzare una barriera più solida e impermeabile ai tentativi di infiltrazione. Non ci si illuda, non sarà facile debellare definitivamente il problema o semplicemente infliggere un colpo decisivo in questa direzione. La lotta è lunga e sarà caratterizzata da mosse e contromosse. Il concetto è espresso chiaramente nell’ultima Relazione sulla Politica dell’Informazione per la Sicurezza redatto dai servizi dell’intelligence italiana: “L’esigenza di infiltrarsi efficacemente ove vi siano flussi di finanziamenti pubblici – si legge sulla relazione – spinge le consorterie a ricercare sempre nuove modalità per aggirare i controlli di legalità, soprattutto riguardo alle certificazioni antimafia e alle attività interdittive”.
L’analisi dei servizi segreti conferma la solidità della presenza della criminalità nelle PPAA. Nel rapporto si legge che “secondo le indicazioni raccolte, i gruppi criminali continuano a ricercare contatti collusivi nell’ambito dell’Amministrazione Pubblica, funzionali ad assicurarsi canali privilegiati in grado di agevolare il perseguimento dei loro obiettivi economici e strategici, quali il controllo di interi settori di mercato e il condizionamento dei processi decisionali, specie a livello locale”.
Con questo non si vuole diffondere un senso di impotenza e di resa davanti alla capacità della criminalità organizzata di tenere sotto scacco il sistema. Si vuole solo avvertire che l’impegno da parte di tutti ai vari livelli del processo di funzionamento della PA perché la legalità e la trasparenza possano prevalere deve essere solido e costante.
Mediappalti si sofferma sulle novità in tema con l’articolo di Rinaldo Alvisi e Alessandro Faggiani. Gli autori ricordano che “tra le finalità del ddl anti-corruzione vi è, senza dubbio, quella di allineare l’Italia agli standard europei […]”. L’articolo compie una ricognizione sulle forme di corruzione e sul processo di formazione delle norme appena entrate in vigore. Il cuore del contributo è nell’attenzione dedicata ai “profili del provvedimento che interessano la prevenzione e la repressione della corruzione nella Pubblica Amministrazione”.
Buona Lettura.