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1. Premesse

Il Decreto-legge 13 maggio 2011 n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011 n. 106 (di seguito per brevità “Decreto Sviluppo”), con l’aggiunta del comma 1-bis all’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006 (di seguito per brevità anche “Codice dei contratti pubblici”) ha introdotto nel nostro ordinamento il principio di tassatività delle cause di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica e, quindi, il contestuale divieto di inserire nel bando o nella lettera di invito altre cause di esclusione che non siano quelle connesse alle seguenti fattispecie:

  1. mancato adempimento alle prescrizioni stabilite dal Codice dei contratti pubblici e dal relativo Regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 207/2010 o alle prescrizioni disposte da altre norme di legge vigenti;
  2. incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali;
  3. non integrità del plico contenente la domanda di partecipazione o l’offerta o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere secondo le circostanze concrete che vi sia stato violato il principio di segretezza delle offerte.

Occorre sin da subito evidenziare che il principio di tassatività delle cause di esclusione, secondo le regole introdotte dal Decreto Sviluppo, sia rafforzato dalla disposizione dello stesso art. 46 comma 1-bis che sancisce la nullità di ogni altra previsione introdotta, a pena di esclusione, nei bandi e nelle lettere di invito predisposte dalle stazioni appaltanti.

Una formulazione così circoscritta e puntuale del principio di tassatività, pur presente in termini generali nel nostro ordinamento giuridico e confermata dagli orientamenti giurisprudenziali che è possibile rinvenire in merito, si presta a diverse interpretazioni: in particolare, a seguito dell’introduzione della predetta norma, la giurisprudenza e le pubbliche amministrazioni direttamente coinvolte si sono dedicate alla ricerca di tutte quelle disposizioni del Codice dei contratti pubblici e, in generale, di ogni disposizione vigente, che sia munita della sanzione dell’esclusione dalla gara in ipotesi di violazione.

Il D.L. 13 maggio 2011 n. 70 convertito dalla legge di conversione 12 luglio 2011 n. 106, con l’aggiunta del comma 1-bis all’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006 ha introdotto nel nostro ordinamento il principio di tassatività delle cause di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica

2. La ratio della novella

Occorre, innanzitutto, ricercare la ratio sottesa alla norma di cui al comma 1-bis dell’art. 46 del Codice dei contratti.

A tal riguardo, è possibile rinvenire la finalità della suddetta norma nell’intento del legislatore di garantire il rispetto dei principi di massima partecipazione e concorrenza nelle procedure di gara, evitando così quelle sempre più frequenti esclusioni dalle procedure di gara disposte dalle stazioni appaltanti a seguito della violazione di prescrizioni meramente formali.

In particolare, finalità ultima della novella è proprio il rispetto di quanto espresso dal comma 1 dello stesso Decreto Sviluppo, ovvero la semplificazione delle procedure di affidamento e la riduzione del contenzioso che spesso si instaura su questo tema.

In termini generali, il divieto di aggravamento degli oneri amministrativi deriva dall’art. 1, comma 2 della Legge n. 241/1990 secondo cui ”La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”.

Il legislatore, dunque, in linea con quanto disposto dall’art. 1, comma 2 sopra citato, con l’introduzione del comma 1-bis all’art. 46 del Codice dei contratti, ha definitivamente codificato l’intento di “restringere” l’area della discrezionalità delle stazioni appaltanti nella redazione degli atti che compongono la lex specialis di gara, che si estrinseca, appunto, mediante l’introduzione di una varietà di cause di esclusione. Fine ultimo di tale scelta legislativa è stato quello di evitare la previsione nei bandi o nelle lettere di invito di quegli eccessivi formalismi che possono determinare un’ingessatura dell’intera procedura di gara e, in particolare, di disincentivare nella fase di verifica della regolarità della documentazione relativa alla partecipazione alla gara, la ricerca spasmodica dell’errore commesso dal singolo concorrente nella predisposizione della documentazione ai fini della partecipazione alla gara.

Dunque, la novella di cui al comma 1-bis dell’art. 46 del Codice dei contratti pubblici si configura come l’esito di un percorso interpretativo nell’ambito della quale sia giurisprudenza, che dottrina, che prassi hanno assunto un orientamento univoco nel senso del divieto di aggravio del procedimento con oneri formali non legittimi, in quanto non coperti da alcuna previsione di legge.

Ancor prima dell’introduzione del comma 1-bis all’art. 46 del Codice dei contratti pubblici, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto illegittime le cause di esclusione non supportate da una chiara previsione della lex specialis di gara: nell’intento di evitare inutili appesantimenti della procedura di gara, il canone dell’utilità delle clausole di esclusione è stato definito come il metodo operativo irrinunciabile dei contratti pubblici (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 1245/2011).

E ancora, in ambito giurisprudenziale si rinviene il principio secondo cui la portata delle singole clausole munite di sanzione espulsive deve essere valutata alla stregua dell’interesse pubblico che la singola norma che si considera violata è volta a tutelare: quindi, nel caso in cui non sia ravvisabile un interesse pubblico rilevante, il principio del favor partecipationis deve trovare la massima tutela, con la contestuale applicazione del principio – di matrice europea – di sanabilità delle irregolarità formali (cfr. Tar Valle d’Aosta n. 26/2010).

A tal riguardo l’AVCP al paragrafo 2 del Documento di consultazione del 2 agosto 2011 “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro”, ha evidenziato che “Con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 46, la legittimità dell’esclusione viene ancorata non più all’espressa previsione del bando o ad un’indagine  successiva sull’utilità e ragionevolezza della clausola violata, ma ad un giudizio preventivo e generale che si esprime, una volta per tutte, con la codificazione di regole puntuali da parte del legislatore e, nei termini più avanti chiariti, con la redazione dei cd. bandi-tipo da parte dell’Autorità. La sanzione di nullità, in luogo di quella classica dell’annullabilità dell’atto amministrativo, induce a ritenere che le clausole di bandi e lettere invito, che prevedano cause di esclusione non consentite, siano automaticamente inefficaci e vadano disapplicate dal seggio di gara, senza necessità di annullamento giurisdizionale […] l’introduzione del principio di tassatività vale a sancire ex lege il divieto per le stazioni appaltanti di prevedere cause di esclusione legate ad irregolarità formali difformi o aggiuntive rispetto a quelle previste dalle norme applicabili ed individuate nei bandi-tipo, pena la nullità delle stesse e fatte salve le limitate e motivate ipotesi di deroga ammissibili”.

Stante quanto sopra, è bene chiarire che la nuova disposizione di cui all’art. 46, comma 1-bis del D. Lgs. n. 163/2006 non ha eliminato o attenuato la discrezionalità della stazione appaltante nella previsione dei requisiti speciali di partecipazione alla procedura di gara: la stazione appaltante può dunque stabilire discrezionalmente i requisiti di partecipazione, diversi dai requisiti di ordine sostanziale, purché gli stessi non siano manifestamente irragionevoli, sproporzionati, illogici, lesivi della concorrenza (cfr. AVCP parere n. 39/2009 e  AVCP parere 188/2008).

A tal riguardo si evidenzia una pronuncia giurisprudenziale secondo cui è possibile circoscrivere ai soli adempimenti formali l’operatività dei limiti del comma 1-bis dell’art. 46 del Codice dei contratti pubblici, non estendibili ai requisiti di partecipazione alla gara: “l’art. 46 comma 1.bis non appare interdire la facoltà della stazione appaltante di richiedere alle imprese partecipanti requisiti specifici e rigorosi a comprova della capacità tecnica, purchè non esorbitanti o eccessivi rispetto all’oggetto di gara” (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza n. 3932/2011).

La ratio legis della norma di cui all’art. 46 comma 1-bis del D.Lgs. n. 163/2006 risiede nell’intento di garantire il rispetto dei principi di massima partecipazione e concorrenza nelle procedure di gara

3. Il mancato adempimento alle prescrizioni stabilite dal Codice dei contratti pubblici, dal relativo Regolamento di attuazione e dalle altre norme di legge vigenti.

La prima ipotesi di esclusione prevista dal comma 1-bis dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006 fa riferimento al “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti”.

L’indeterminatezza della suddetta norma consente di poter operare due tipi di interpretazione: infatti, tale ipotesi di esclusione potrebbe essere riferita, in senso restrittivo, alle sole violazioni del Codice dei contratti pubblici, del Regolamento di attuazione e delle altre disposizioni di legge che espressamente prevedono la sanzione dell’esclusione in caso di loro violazione, oppure, in senso ampio, a qualunque norma che prescrive un adempimento a carico dei concorrenti.

A riguardo, si rinviene in giurisprudenza l’orientamento secondo cui “l’art. 46, comma 1-bis […] pur non essendo stato formulato in maniera chiarissima, sembra sottendere la volontà del legislatore di restringere l’area della discrezionalità delle stazioni appaltanti, allorchè redigono la legge di gara e predeterminano le clausole di esclusione” (cfr. Tar Liguria, sez. I, n. 1396/2011).

Nel predetto Documento di consultazione del 2 agosto 2011 “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro”, l’AVCP si sofferma, inoltre, sull’opportunità leggere l’art. 46, comma 1-bis del D. Lgs. n. 163/2006 congiuntamente al successivo art. 64, comma 4-bis: dal combinato disposto delle due norme, risulta, infatti, che “la redazione dei bandi-tipo consente, infatti, di supplire alla mancanza di una norma ricognitiva della violazioni comportanti l’esclusione dalle gare e costituisce, pertanto, un parametro certo con cui misurare la correttezza dell’operato delle stazioni appaltanti, tenute a motivare espressamente le deroghe alle previsioni dei bandi tipo”.

Dunque, è possibile sostenere che l’esclusione è legittima e opera automaticamente, essendo sanzionata con la nullità, nel caso in cui la violazione commessa attenga ad una prescrizione espressamente sanzionata con l’esclusione dalla gara, come ad esempio dall’art. 75, comma 8 del Codice dei contratti pubblici).

BOX: La prima ipotesi di esclusione prevista dal comma 1-bis dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006 è il “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti”

4. L’incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta

Il legislatore al comma 1-bis dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006 ha previsto un’ulteriore ipotesi di esclusione dalla procedura di gara in caso di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta per “difetto di sottoscrizione”.

La prima domanda che occorre porsi è se il legislatore abbia voluto riferirsi alla mera assenza di sottoscrizione  ovvero a tutti i casi di difformità della stessa: la norma è, infatti, passibile sia di un’interpretazione in senso restrittivo che di un’interpretazione in senso estensivo, portando, dunque, a ricomprendere nella causa di esclusione solo la totale mancanza di sottoscrizione oppure qualsiasi ipotesi in grado di inficiare la sottoscrizione.

Dal dato letterale si evince che l’ipotesi di esclusione in parola opera “nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali”: e dunque, potendosi argomentare che l’esclusione derivi dall’impossibilità di attribuire l’offerta a un determinato soggetto-concorrente, si potrebbe sostenere che per “difetto di sottoscrizione” sia possibile intendere tutte quelle ipotesi che non consentono di ricondurre in modo chiaro ed univoco l’offerta a un soggetto-concorrente.

A tal riguardo, si evidenzia l’orientamento giurisprudenziale antecedente l’entrata in vigore della novella introdotta dal Decreto Sviluppo, secondo cui “la mancata sottoscrizione […] non può essere considerata in via di principio una irregolarità formale sanabile nel corso del procedimento perché fa venire meno la certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1832/2010).

E ancora, sul punto si rileva la recentissima pronuncia secondo cui “l’offerta presentata dal concorrente in una gara pubblica è una proposta contrattuale […] e proprio in quanto la sottoscrizione esprime la volontà di assurgere l’impegno, la sua mancanza è causa di inesistenza della proposta contrattuale”; dunque, un’eventuale esclusione per difetto di sottoscrizione “è doppiamente conforme al dettato dell’art. 46, comma 1-bis […] una prima volta perché quest’ultima norma stabilisce che “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice”, e una seconda perché è essa stessa a sanzionare espressamente con l’esclusione dalla gara il “difetto di sottoscrizione” dell’offerta” (cfr. Tar Veneto, sez. I, n. 226/2012).

Accanto all’ipotesi dell’incertezza del contenuto o della provenienza dell’offerta per difetto di sottoscrizione, l’art. 46, comma 1-bis del D. Lgs. n. 163/2006 prevede l’ipotesi dell’incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta per “difetto di altri elementi essenziali”.

Con riferimento a tale ipotesi, la giurisprudenza più recente ha posto in evidenza che “nessuna disposizione normativa impone di allegare la carta d’identità agli atti aventi natura di proposta contrattuale, quali sono le offerte tecniche ed economiche proposte dai concorrenti che partecipano alle gare pubbliche (cfr, TAR Lombardia Brescia, sez. II, 26 marzo 2012 n. 530). Siffatto obbligo, in base all’art. 38, comma 3, del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, è difatti previsto solo per le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà e per le istanze rivolte all’amministrazione […]. In secondo luogo, non può ritenersi che la mancata introduzione della copia della carta d’identità del firmatario nella busta contenente l’offerta tecnica determini incertezza assoluta sulla provenienza dell’offerta stessa. Ciò in quanto la busta che contiene l’offerta tecnica è contenuta nell’unica busta contenente a sua volta anche quella in cui è inserita l’istanza di partecipazione alla gara, la quale sì deve essere corredata, in base al citato art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 445/2000, della copia della carta d’identità del firmatario. La funzione di garanzia della certezza sulla provenienza dell’offerta è dunque assicurata da questa formalità; sicché ogni altra prescrizione in tal senso si rivela inutile e, di conseguenza, contraria alle disposizioni di cui al citato art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006. La clausola contenuta negli atti di gara che impone la prescrizione avversata è dunque da considerarsi nulla ai sensi del ridetto art. 46, comma 1 bis; e pertanto l’esclusione della ricorrente, disposta in applicazione di essa, va considerata illegittima.

Un’ulteriore ipotesi di esclusione è prevista nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali

5. Non integrità dei plichi o irregolarità relative alla chiusura degli stessi

Un’altra clausola di esclusione introdotta dal legislatore del Decreto Sviluppo, come indicato nei paragrafi che precedono, fa riferimento alla “non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte”.

In termini generali, la verifica della integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario ivi contenuto trovi correttamente ingresso nella procedura di gara.

Con riferimento a tale spetto, è stato osservato dalla giurisprudenza che nel caso in cui la lex specialis di gara prescriva determinate modalità di sigillatura dei plichi e il concorrente non le osservi, qualora sia comunque garantita una chiusura ermetica tale da impedire ogni accesso o da rendere evidente ogni tentativo di apertura, la stazione appaltante non può disporre l’esclusione del concorrente in questione: in caso contrario l’esclusione sarà illegittima.

Secondo il predetto orientamento,“la chiusura tramite sigillatura di un plico, pur in un’ottica estensiva ed attenta al perseguimento delle finalità sostanziali sottese alle prescrizioni formali, deve comunque consistere in una modalità di chiusura ermetica, tale da assicurare l’integrità del plico ed impedirne l’apertura senza lasciare manomissioni o segni apprezzabili, al fine di assicurare il raggiungimento delle finalità per cui tale adempimento è richiesto (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. VI, 17 luglio 2008 n. 3599 e 20 aprile 2006 n. 2000; Sez. V, 18 marzo 2004 n. 1411). Ed invero, la previsione del bando di gara che impone la presentazione da parte dei concorrenti di plico e buste sigillati e controfirmati sui lembi di chiusura risponde alla ratio di garantire, oltre ogni ragionevole dubbio o interpretazione discrezionale, la genuinità e paternità della domanda di partecipazione e della documentazione a questa allegata, la quale può essere assicurata solo se la sigillatura sia tale da impedire che il plico possa essere aperto senza che ne resti traccia visibile e possa essere anche solo teoricamente manomesso” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1553/2011).

L’art. 46, comma 1-bis del Codice dei contratti pubblici ha individuato un’altra clausola di esclusione nei casi di non integrità del plico contenente la domanda di partecipazione o l’offerta o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi

6. Il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante

A seguito dell’introduzione della novella legislativa, l’operatore del diritto deve preliminarmente soffermi sull’applicazione della disposizione di cui all’art. 46 comma 1 del D. Lgs. n. 163/2006, secondo cui “Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”.

Con la suddetta previsione, il legislatore del 2006 ha voluto formalizzare nel modo più puntuale possibile i generali principi del favor partecipationis e del giusto procedimento come già esplicitati nell’art. 3 della L. n. 241/1990, i quali sono rivolti ad orientare l’azione amministrativa in merito all’effettiva verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti a una procedura di evidenza pubblica.

A tal riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di indicare che “l’art. 46, co. 1-bis, del d. lgs. n. 163 del 2006, come modificato dalla legge n. 106 del 2011, applicabile alla procedura in esame, prevede la nullità delle clausole di bando comportanti cause di esclusione dalla gara di concorrenti che non trovano specifico riscontro in prescrizioni dettate dalla normativa di rango primario. È  quindi da escludere l’applicabilità delle disposizioni del bando che impongono la esclusione nel caso di mancata produzione di un documento, laddove se necessario la stazione appaltante, in base all’art. 46, co. 1, del d. lgs. n. 163 del 2006, deve piuttosto invitare i concorrenti, come ha fatto, a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto della documentazione presentata per la partecipazione alla gara, nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45 del medesimo codice dei contratti pubblici” (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. I, n. 2751/2012).

Quello che viene definito il “soccorso istruttorio” soggiace, tuttavia, ai limiti che la giurisprudenza ha via via elaborato a riguardo e tra questi, in particolare, al limite degli elementi essenziali: la regolarizzazione postuma, infatti, non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda di partecipazione e dell’offerta.

A riguardo, l’AVCP al paragrafo 4 del predetto Documento di consultazione del 2 agosto 2011 “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro”, ha  evidenziato che “tale limite dovrebbe ritenersi persistente anche a seguito delle modifiche apportate al Codice dal d.l. n. 70/2011 ed impedisce che si possano specificare, rettificare, precisare, ovvero mutare sostanzialmente gli elementi negoziali costitutivi dell’offerta, anche perché una simile possibilità violerebbe il limite della perentorietà del termine per la sua presentazione. Non si rinviene, al contrario, una posizione comune con riguardo al limite inerente il rispetto del principio di par condicio tra i concorrenti”.

Dunque, ai sensi dell’art. 46 del Codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante con il potere di soccorso istruttorio non può comunque sostituirsi al legislatore sopperendo alle lacune del sistema legislativo alla totale mancanza di una prescrizione della lex specialis di gara. Il potere della stazione appaltante, infatti, di richiedere chiarimenti e/o integrazioni a un concorrente deve trovare applicazione solo nel caso in cui esista un dubbio circa l’esistenza di un requisito richiesto dalla lex specialis di gara ovvero nel caso in cui da un documento sia possibile ricavare una prova circa il possesso dello stesso requisito da parte del concorrente: nel caso in cui sussiste un indizio del possesso dei requisiti richiesti, la stazione appaltante non può emettere un provvedimento di esclusione dalla gara, in quanto è tenuta a richiedere al concorrente stesso l’integrazione della documentazione già acquisita – pur se carente – o un dovuto chiarimento a riguardo (cfr. Tar Veneto, sez. I, n. 1687/2011). Al contrario, nel caso in cui la documentazione sia del tutto mancante, la stazione appaltante non può far ricorso al potere istruttorio, dovendo, quindi, provvedere all’esclusione del concorrente.

A seguito dell’introduzione della novella legislativa, occorre soffermarsi anche sull’operatività della disposizione di cui all’art. 46 comma 1 del D. Lgs. n. 163/2006 (cd. potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante)

7. La casistica giurisprudenziale: in particolare, l’irregolarità della cauzione provvisoria

Varie sono le ipotesi relative alla materia di cui si sta discorrendo  in riferimento alle quali la giurisprudenza si è di recente espressa, fra le quali di notevole interesse, a parere di chi scrive, sono sembrate quelle concernenti la presentazione della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 75 del D. Lgs. n. 163/2006.

A mente dell’art. 75 comma 8 del Codice dei contratti pubblici, “L’offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall’impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, di cui all’articolo 113, qualora l’offerente risultasse affidatario”. Dunque, la sanzione dell’esclusione del concorrente dovrebbe essere disposta dalla stazione appaltante solo nel caso di mancata prestazione della fidejussione definitiva, senza che tale previsione sia tassativamente indicata né estesa all’ipotesi di irregolarità della cauzione provvisoria.

In particolare, a seguito dell’introduzione della norma di cui al comma 1-bis dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006, in materia di incompletezza ed irregolarità della cauzione provvisoria è possibile registrare un radicale mutamento nell’orientamento giurisprudenziale: oggi la giurisprudenza è, infatti, orientata ad escludere il concorrente in ipotesi di cauzione provvisoria incompleta o irregolare.

Prima della novella introdotta dal Decreto Sviluppo la giurisprudenza, ritenendo la cauzione provvisoria un elemento idoneo a garantire la serietà dell’offerta, riteneva che la stessa costituisse parte integrante la stessa offerta e non un elemento di corredo, che la stazione appaltante potesse discrezionalmente richiedere: dunque, anche se non era espressamente comminata la sanzione dell’esclusione per il mancato deposito della cauzione provvisoria, la sanzione espulsiva veniva ugualmente comminata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 3747/2009).

L’introduzione del comma 1-bis dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006 impone “una diversa interpretazione anche dell’art. 75, valorizzando la diversa formulazione letterale del comma 6, in relazione al comma 8, e rendendo evidente l’intento di rendere sanabile o regolarizzabile la mancata prestazione della cauzione provvisoria, al contrario della cauzione definitiva, che garantisce l’impegno più consistente della corretta esecuzione del contratto e giustifica l’esclusione dalla gara” (cfr. Tar Veneto, sez. I, n. 1376/2011; Tar Liguria, sez. II, n. 1396/2011; Consiglio di Stato, sez. III, n. 493/2012).

E ancora, secondo altra giurisprudenza, la disposizione dell’art. 75, comma 6 del D. Lgs. n. 163/2006 deve essere intesa nel senso che l’Amministrazione non può disporre l’esclusione del concorrente che abbia presentato una cauzione caratterizzata da incompletezza e/o irregolarità: in applicazione della norma di cui al comma 1-bis dell’art. 46 del Codice dei contratti pubblici, deve essere consentita la regolarizzazione della relativa documentazione, ove tempestivamente depositata, ovvero l’integrazione della cauzione insufficiente (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, n. 2308/2012).

La giurisprudenza più recente, sulla base del suindicato iter logico, ha ritenuto illegittima l’esclusione di una ditta in ragione della presentazione di una cauzione provvisoria che rechi l’indicazione di un importo garantito inferiore a quello dovuto in base al bando, peraltro esattamente indicato nel modulo utilizzato, nel caso in cui tale inesatta indicazione dell’importo sia espressione di un evidente errore materiale: in tal caso, infatti, a fronte dell’oggettiva incertezza interpretativa della norma recentemente introdotta dal legislatore può essere invocato, ai fini della legittima ammissione alla gara della stessa ditta, il principio del favor partecipationis (cfr. Tar Veneto, sez. I, n. 1376/2011; Tar Liguria, sez. II, n. 1396/2011; Tar Veneto, sez. I, n. 1659/2011).

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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