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Il patrimonio pubblico che ha rappresentato in passato una forma di prestigio per lo Stato e per gli Enti Territoriali si è trasformato gradualmente in un capitolo di spesa non più sostenibile, da ridurre se non addirittura cancellare dai bilanci. Con l’avvento dell’ipotesi di dismissioni del patrimonio pubblico lo stesso ha subito un ulteriore evoluzione diventando oggi una risorsa economica sulla quale fondare una strategia indirizzata a fare cassa.

La manovra “Salva Italia” prevede che il debito pubblico possa essere alleggerito passando per la vendita degli immobili delle Pubbliche Amministrazioni. L’Agenzia del Demanio propone sul mercato, in nome e per conto dello Stato Italiano, alcuni beni che sono stati oggetto di valorizzazione.

In un contesto così inquadrato che si affaccia ad un futuro che porti le PPAA ad alleggerirsi dal peso di gestione di proprietà immobiliari si inserisce l’articolo 44 del Decreto Legislativo n. 1/2012. Il così detto Decreto Liberalizzazioni introduce nel Codice dei Contratti Pubblici il “contratto di disponibilità”.

A parlarne in questo numero di Mediappalti è Francesca Scura nell’articolo proposto nella sezione “In evidenza” dal titolo “Il contratto di disponibilità: novità in tema di partenariato pubblico-privato”.

Con la dismissione le PPAA potrebbero trovarsi in una situazione di deficit di spazi per poter ospitare attività già esistenti o attività che potrebbero essere avviate in futuro. La forma contrattuale esaminata da Scura arriva in soccorso a tali situazioni perché trattasi di un contratto con il quale si prevede “la costruzione e la messa a disposizione di un’opera di proprietà privata, destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a favore dell’amministrazione aggiudicatrice”. Il privato assicura la fruibilità del bene, garantendo manutenzione e soluzione di vizi anche sopravvenuti.

Si tratta di un ulteriore strumento a disposizione della PA per usufruire dell’apporto di capitale privato per realizzare opere di interesse pubblico. Una soluzione che specie nel contesto economico finanziario attuale favorisce lo snellimento delle spese pubbliche incentivando e premiando l’opera del privato.

Altro tema di attualità è legato ai rincari di beni e servizi. La benzina, nei dati diffusi dall’Istat, ad aprile è aumentata del 20,8% su base annua. Aumentano i prezzi dei trasporti e quindi dei beni trasportati e degli spostamenti delle persone. Rincari non prevedibili e che per chi opera nei tempi medio lunghi finiscono per influenzare le spese e i costi delle prestazioni. I dati sull’impennata del costo della benzina siano da esempio di un rincaro che seppur prevedibile resta incerto sull’entità. Un aumento definito “record” dai mass media. Che può modificare la nostre abitudini quotidiane.

Anche nell’appalto pubblico una modifica dei costi può essere rilevante. In questi casi interviene la “revisione dei prezzi” di cui si occupa l’articolo di Fabio Salierno.

L’appalto evidenzia l’autore è “un contratto ad esecuzione prolungata”, esposto a variazioni delle condizioni esistenti al momento della sua costituzione.

Se il codice civile prevede che la revisione dei prezzi scatti in caso di imprevedibilità e di variazione superiore al decimo del prezzo convenuto o ancora in caso di “sorpresa geologica, nell’appalto pubblico, evidenzia Salierno, si applica “a prescindere dalla prevedibilità o meno delle circostanze che hanno determinato le variazioni dei fattori di produzione”. 

Una disciplina speciale che trova la sua ragione nella tutela dei tempi di esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto pubblico, per evitarne rallentamenti se non interruzioni. 

L’articolo di Fabio Salierno viene proposto in un doppio appuntamento. In questo numero di Mediappalti soffermandosi sugli appalti di servizi e forniture. Nel prossimo approfondendo i lavori pubblici.

Buona Lettura.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.