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La recente entrata in vigore della legge 12 novembre 2012 n. 183 – legge stabilità – e la successiva entrata in vigore del D.L. 9 febbraio 2012 n.5 – D.L. semplificata Italia – ha determinato una situazione di confusione in ordine a quali stati siano autocertificati e quali, invece, debbano esser dimostrati con la presentazione di un certificato.

Ulteriore questione è quella legata alla possibilità di presentare certificati in gara e in fase di aggiudicazione da parte dell’impresa.

Ma andiamo con ordine. L’art. 15 della L. 183/2011 interviene su alcune disposizioni del Testo Unico sulla documentazione amministrativa T. U. 445/00.

In particolare, si rafforza una disposizione ben nota, quella secondo cui è possibile produrre dichiarazioni sostitutive di certificati e atti di notorietà.

La vera novità è che, nei confronti della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici esercizi, l’impresa deve presentare solo dichiarazione in quanto, il possesso dei requisiti dichiarati in gara, dovrà essere comprovato da un certificato ma non prodotto dall’impresa bensì dalla amministrazione precedente.

Questa norma poi dispone che i certificati rilasciati non potranno esser utilizzati presso le p.a., in quanto recheranno la precisazione che il loro uso è solo consentito tra privati.

Il tutto, sanzionato per il pubblico ufficiale che ancora richiedesse i certificati all’impresa con illecito disciplinare.

L’impatto della norma sulle procedure di gara è stato immediato per quanto concerne l’applicazione dell’art. 38, 2° comma e dell’art. 48.

Entrambe queste disposizioni, individuano gli adempimenti che, in corso di gara e in fase di aggiudicazione/affidamento, debbano essere posti in essere per restare in gara ed esser aggiudicatario.

L’art. 48 dispone che almeno il 10% dei partecipanti alla gara venga sorteggiato e che, nel termine di 10 giorni, comprovi il possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico – organizzativi dichiarati.

In tal caso, il concorrente, pena l’esclusione dalla gara, l’incameramento della cauzione e il deferimento all’Autorità, deve produrre una documentazione a comprova del dichiarato.

Quale documentazione?

I requisiti economico-finanziari non vedono certificati bensì referenze bancarie, bilancio o copia e dichiarazione IVA: il fatturato richiesto in gara è documentato dal bilancio.

Quindi, poiché il bilancio non è un certificato rilasciato da p.a., può essere richiesto e il concorrente lo deve produrre.

I requisiti tecnico-organizzativi, invece, vedono almeno due certificati: la certificazione di qualità e i certificati dei servizi e forniture rese nel triennio precedente presso p.a.

Orbene, la norma impatta su questa parte della comprova in quanto il privato che va dalla stazione appaltante a ritirare il certificato di ultimazione della prestazione non lo può produrre perché quel certificato è spendibile solo tra privati.

E’ veramente così? No. I certificati di ultimazione, certificati di verifica di conformità e di attestazione di regolare esecuzione, sicuramente potranno esser richiesti sino al 1 gennaio 2013, data entro cui diverrà operativa la Banca Nazionale dei Contratti Pubblici di cui oggi all’art. 6 bis del Codice come modificato e integrato dal D.L., ha disposto che sino al 1 gennaio 2012 le verifiche verranno effettuate secondo la normativa vigente.

Pertanto, sino alla data indicata, continuerà ad operare l’art. 38 e l’art. 48.

Il D.L. semplifica Italia, in altri termini, ha dettato una norma speciale rispetto alla legge di stabilità normativa che tale è davvero perché in materia di contratti pubblici, mai è stata applicata la disposizione della dichiarazione sostitutiva se non temporaneamente sostitutiva: in gara dichiari, poi in fase di sorteggio o aggiudicazione acquisisci i certificati e quanto serve per la comprova; in aggiudicazione la comprova è data dalla certificazione.

Ciò che cambia solo per alcune ipotesi di requisiti forse è il soggetto che è tenuto a chiedere i certificati.

Ma andiamo con ordine.

Il legislatore ci ha detto che le certificazioni non possono esser richieste, tutto è dichiarabile e non più certificabile, solo quegli Status che possiamo definire immodificabili: data di nascita, titolo di studio e iscrizioni agli albi.

Altri Status non sono autocertificabili con una semplice dichiarazione perché sono situazioni che debbono esser accertate e dichiarate da p.a. che detengono quel dato: i carichi pendenti, il casellario giudiziale, la certificazione di regolarità contributiva e fiscale tributaria e il certificato antimafia. Questi sono stati che si possono dichiarare solo in gara ma vanno poi accertati presso chi detiene il dato.

Come osservato giustamente dal Ministero del Lavoro in ordine al DURC, in una nota del 16 gennaio scorso, va infattisottolineato che la nozione di certificato che emerge dall’art. 40 citato fa sempre e comunque riferimento a “stati, qualità personali e fatti” come oggetto di certificazione e di autocertificazione.

Intale nozione, quindi, rientrano elementi di fatto oggettivi riferiti alla persona e che non possono non essere dalla stessa oggetto dì sicura conoscenza.

Proprio sulla base di tale principio, infatti, si basa l’autocertificabilità di detti elementie la conseguente sanzionabilità penale in caso di mendaci dichiarazioni.

Cosa del tutto diversa, invece, è la certificazione relativa al regolare versamento,la mera certificazione dell’effettuazione di una somma a titolo di contribuzione (come lascia intendere l’art. 46 lett.p, del D.P.R, n.445/2000) ma una attestazione dell’Istituto previdenziale circa la correttezza della posizione contributiva di una realtà aziendale effettuata dopo complesse vantazioni tecniche di natura contabile derivanti dalla applicazione di discipline lavoristiche, contrattuali e previdenziali.

Ciò premesso, l’art. 44 bis del D.P.R. n.445/2000 stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e gestione del DURC senza però intaccare in alcun modo il principio secondo cui le valutazioni effettuate da un Organismo tecnico (nel caso di specie Istituto previdenziale, assicuratore o Casse edili) non possono essere sostituite da una autodichiarazione che non insiste, evidentemente, né su fatti, né su “status”, né tantomeno su qualità personali.

Se così è, abbiamo raggiunto un primo traguardo: in gara si può dichiarare tutto ma in sede di aggiudicazione tutto deve esser “giustificato” con i necessari certificati che non saranno più prodotti dall’aggiudicatario, ma acquisti dalla stazione appaltante.

La ricostruzione è chiara d’ora in poi ogni certificato che comprova un requisito sarà richiesto e acquisito direttamente dalla stazione appaltante.

A questo punto c’è da chiedersi: siamo sicuri che sia una semplificazione?

Per le imprese, forse, per la stazione appaltante che non potrà mai rispettare i termini del procedimento di aggiudicazione in quanto gli operatori sanno perfettamente che la Camera di Commercio è restia per non dire contraria a rilasciare gratuitamente alla p. a. certificati, la Prefettura per la certificazione antimafia non risponde in media prima di 60 giorni, il Casellario è sicuramente più solerte, quanto il funzionario preposto sa di cosa si sta parlando, e risponde in media in 35 giorni, il DURC arriva sempre oltre i 30 giorni, l’ufficio provinciale del lavoro e l’Agenzia delle Entrate non rispondono; solo Equitalia è solerte in 7 giorni.

Questo è il quadro sconsolante in cui sentiamo parlare di semplificazione nell’era della amministrazione digitale.

Invero, la situazione mi pare sia più vicina al quadro dato dal Prof. M. S. Giannini in un suo documento della “informatizzazione” della p. a. del 1958 che dal nostro legislatore che non si confronta con la quotidianità degli appalti che per lo più sono di modico valore e purtroppo sono considerati come appalti di milioni di euro.

Ecco la semplificazione che dovrebbe cimentarsi in questa impresa: snellire adempimenti e intensificare controlli laddove vi è necessità.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Francesca Petullà
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
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