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( votes)La Corte di Cassazione Sezione Unite ci offre uno spunto per una riflessione in merito a ciò che oggi debba intendersi per discrezionalità amministrativa e merito tecnico.
Nel caso portato all’attenzione della Corte, una sentenza del Consiglio di Stato, nei confronti della quale si lamentava che i giudici fossero andati oltre quello che è il loro mandato cioè avessero invaso la sfera delle valutazione discrezionali di una stazione appaltante.
In particolare, nel caso di specie, la stazione appaltante aveva proceduto all’esclusione dalla gara di un partecipante perché in due diversi contratti questi si era manifestato inadempiente sino a giungere alla risoluzione del contratto.
Il Tar adito dall’escluso aveva rigettato il ricorso, mentre il Consiglio di Stato in sede di appello ribaltava il risultato con argomentazioni che scendevano nel merito della risoluzione adottata in precedenza a seguito di una complicatissima Consulenza Tecnica.
La stazione appaltante a questo punto impugna la sentenza in Cassazione, sostenendo che il consiglio avesse travalicato nella sfera del rapporto sottostante spettante alla Giurisdizione Ordinaria.
La Cassazione, interviene precisando che nella fattispecie non si tratta di giurisdizione, bensì di ampiezza di potere del giudice amministrativo relativamente al “deficit di fiducia” posto alla base di una esclusione.
Il c.d. “deficit di fiducia” è frutto di una valutazione discrezionale della P.A. e sulla quale il controllo del giudice deve essere svolto ab extrinseco, e diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di simulazione (dissimulante una odiosa esclusione), ma non mai sostitutivo (come si accusa nella specie abbia fatto il Consiglio di Stato).
La eventuale sostituzione da parte del Giudice amministrativo della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione costituisce ipotesi di “sconfinamento” vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla P.A., quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronunzia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto, è approdo indiscutibile nella giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite (S.U. 137 del 1999, 19604 del 2003, 28263 del 2005, 9443 del 2011 e 23302 del 2011).
Il non aver il partecipante adempiuto ad un precedente contratto è fondato secondo il modello normativo, da dati esterni al rapporto contrattuale quali la mala fede, la grave colpa o la grave carenza di professionalità e si è altrettanto chiaramente posto in risalto come il bene protetto dalla predetta clausola di esclusione è quello dell’elemento fiduciario a sostegno della proseguibilità del rapporto committente-appaltatore, quindi un elemento a carattere squisitamente soggettivo, quello della affidabilità.
Si è affermato che la inequivocità di significato degli scarni parametri offerti dal legislatore attesta la scelta di riconoscere in capo all’appaltante un ampio spazio di apprezzamento circa la permanenza del requisito della affidabilità.
Si è altrettanto esattamente ricordato che là dove la norma esige che tale esercizio di discrezionalità sfoci in una motivata valutazione della stazione appaltante, si sottrae la detta valutazione di frattura dell’elemento fiduciario dall’area dell’arbitrio e se ne consente il tradizionale sindacato giurisdizionale esteso a tutte le ipotesi riconducibili all’eccesso di potere onde rilevare eventuali vizi.
La malafede o l’errore sono un criterio aperto ad una lettura soggettiva che ne sconsiglia la utilizzabilità come sintomo del censurabile eccesso di potere le volte in cui l’ambito valutativo riservato alla P.A. non sia segnato da regole tecniche delle quali sia possibile controllare la coerenza e la adeguatezza, ma sia qualificato da evidenti riserve di soggettività della scelta (come nel caso del più volte citato deficit di fiducia delineato dall’art. 38 c. 1 lett. F del d.lgs. 163 del 2006), riserve il cui rispetto è limite anche all’esercizio della giurisdizione.
La Corte conclude che, in presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell’Impresa – in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze di professionalità emergenti dal passato aziendale – il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto debba prendere atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente.
Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appagante come ragioni del rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa (ove si recepiscano, come ha fatto il giudice amministrativo, le considerazioni esposte dal consulente).
Il non condividere quello che la stazione appaltante ha statuito, infatti, comporta una sostituzione nel momento valutativo riservato all’appaltante, determina non già un mero errore di giudizio (insindacabile in questa sede), ma uno sconfinamento nell’area ex lege riservata all’appaltante stesso e quindi vizia, per ciò, solo, la decisione, tale sconfinamento essendo ravvisabile secondo la più qualificata dottrina e la giurisprudenza delle Sezioni Unite, anche assai lontana nel tempo, anche quando il giudice formuli direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e gli accertamenti demandati all’amministrazione.
Alla luce della presente pronuncia, quindi i TAR e il Consiglio di stato non potranno più sostituirsi nelle valutazioni alla stazione appaltante come nel caso dell’anomalia dell’offerta o dell’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ove si dovranno fermare alla valutazione formale della logicità di quanto ricostruito dalla stazione appaltante.