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( vote)1. Principi e finalità
Con il D.L. 9.2.2012 n. 5, recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” (G.U. n. 33 del 9.2.2012 –Suppl.to Ord.rio n. 27), è stato varato dal Governo l’atteso provvedimento sulle semplificazioni, ribattezzato dal Presidente del Consiglio dei Ministri come “Decreto semplificaItalia“.
Dei “precedenti” normativi in tal senso si rinvengono nel D.L. 112/2008, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, e nel D.L. 200/2008, recante Misure urgenti in materia di semplificazione normativa.
Di più vasto raggio è però il D.L. 5/2012, in vigore dal 10.2.2012, che reca, nei tre titoli di cui si compone, un’ampia serie di misure di semplificazione generale, per i cittadini e per le imprese (titolo I), nonché specifiche disposizioni di sostegno e impulso allo sviluppo del sistema economico (titolo II), chiudendosi con disposizioni transitorie e abrogative (titolo III).
A giustificare la “straordinaria necessità ed urgenza” del nuovo Decreto vi è il “fine di assicurare, nell’attuale eccezionale situazione di crisi internazionale e nel rispetto del principio di equità, una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese e la crescita, dando sostegno e impulso al sistema produttivo del Paese” (Preambolo)[1].
La nuova disciplina riguarda i settori più disparati, introducendo, tra l’altro, disposizioni in materia di procedimento amministrativo (art. 1), credito di imposta (art. 5), circolazione stradale (art. 11), lavoro (artt. 15-19), appalti pubblici (artt. 20-21), ambiente (artt. 23-24), agricoltura (artt. 25 ss.), PEC (art. 37), privacy (art. 45), innovazione, ricerca, istruzione, turismo e infrastrutture energetiche (artt. 47 ss.)[2].
In questo quadro, le conclamate finalità di semplificazione e di sviluppo del sistema si pongono come “filo conduttore” dell’intero provvedimento, cui le citate disposizioni fanno tutte richiamo.
In attesa di una conferma del testo del Decreto in sede di conversione, considerando peraltro che numerose disposizioni hanno carattere meramente ricognitivo di altre vigenti e che molte altre rinviano a fonte secondaria l’adozione di misure con termini significativamente distanti nel tempo, si esprimono in questa sede alcune considerazioni con particolare riguardo alle novità introdotte in materia di procedimento amministrativo e di appalti pubblici.
2. Disposizioni generali di semplificazione
Il Titolo I, capo I, del Decreto in esame contiene varie disposizioni generali in materia di semplificazione, tra le quali, si segnalano le seguenti.
2.1. Novità in tema di procedimento amministrativo
L’art. 1 del c.d. D.L. 5/2012 apporta all’art 2, commi 8 e 9, della L. 241/90 in materia di procedimento amministrativo, alcune modifiche ed integrazioni, di seguito in breve riportate[3].
L’obiettivo principale è quello di accelerare i tempi medi di conclusione dei procedimenti amministrativi.
a) Ad integrazione della precedente formulazione della norma (art. 2, comma 8, L. 241/90) che si limitava a stabilire che “La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo”, il Decreto in esame prevede che “Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti” (dunque non solo le pronunce sul risarcimento del “danno da ritardo”[4]). Scopo della norma sembra essere quello di agevolare l’accertamento dei profili di responsabilità contabile che siano connessi a condotte della P.A. già sanzionate dal Giudice amministrativo, in evidente funzione di deterrenza e responsabilizzazione dell’agire amministrativo nonché di raccordo e collaborazione tra le due giurisdizioni.
La predetta “segnalazione” alla giurisdizione contabile – peraltro “telematica” in linea con l’attuale informatizzazione della giustizia amministrativa – costituisce, infatti, un obbligo che fa capo direttamente al giudice amministrativo, non essendo dunque più rimesso unicamente all’iniziativa autonoma del Procuratore regionale, di privati interessati (mediante esposti) o delle stesse Amministrazioni[5].
b)
In sostituzione del precedente comma 9 dell’art. 2 L. 241/90, ai sensi del
quale “La mancata emanazione del
provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della
responsabilità dirigenziale”, è oggi previsto che “la mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini
costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di
responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del
funzionario inadempiente”.
Il riferimento è evidentemente alla valutazione della performance individuale
di cui D.Lgs. 150/2009 in tema di verifica dell’attività dei funzionari e dei
dirigenti amministrativi nonché all’art. 7 e 21, comma 1-bis, e nell’art. 23,
comma 3 della L. 69/2009[6].
c) Di
particolare rilievo è il nuovo comma 9-bis dell’art. 2 L. n. 241/90, secondo
cui “L’organo di governo individua,
nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui
attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa
individuazione il potere sostitutivo si considera attribuito al dirigente
generale o, in mancanza, al dirigente preposto all’ufficio o in mancanza al
funzionario di più elevato livello presente nell’amministrazione”.
La norma sopra riportata è volta a ravvisare all’interno della stessa PA – non
già quindi nell’ambito degli organi di indirizzo politico – i soggetti preposti
all’esercizio dei descritti poteri sostituitivi (soggetti stesso diverso da quello responsabile dell’inadempimento) in
funzione di tutela del cittadino e di deflazione del contenzioso in materia di
ricorso avverso il silenzio della PA (artt. 31 e 117 c.p.a.)[7].
d) Il successivo nuovo comma 9-ter dell’art. 2 L. n. 241/90 prevede che, una volta vanamente decorso il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato possa “rivolgersi al responsabile di cui al comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario”.
e) Proprio al fine di rafforzare le “garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa” (ex art. 29, comma 2, L. n. 241/90), il nuovo comma 9–quater dell’art. 2 L. n. 241/90, dalla valenza prettamente organizzativa e programmatica, fa obbligo al responsabile, individuato ai sensi del precedente comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ciascun anno, di comunicare all’organo di governo i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, in ordine ai quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsto dalla legge o dai regolamenti. All’attuazione del comma in questione le amministrazioni provvedono “con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
f) Un successivo nuovo comma, il comma 9-quinquies, impone infine all’Amministrazione di indicare nel provvedimento il termine entro cui la stessa ha il dovere di provvedere e quello effettivamente impiegato per l’emanazione[8].
E’ appena il caso di rammentare poi che, al fine di evitare duplicazioni normative, il nuovo Decreto, all’art. 62, abroga il comma 1-ter dell’art. 21-quinquies L. 241/1990, dal tenore identico a quello del comma 1-bis, che resta vigente[9].
2.2. Introduzione del c.d. regulatory budget
Al fine di regolare e ridurre gli oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, il Decreto in esame, modificando l’art. 8, comma 2, del D.Lgs. 180/2011 (Statuto delle imprese), vi introduce norme che complessivamente delineano un nuovo sistema di monitoraggio dell’agire amministrativo[10]. In particolare, si fa obbligo alle amministrazioni statali di redigere una relazione periodica, da trasmettere, entro il 31 gennaio di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio, contenente un bilancio complessivo degli oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, introdotti ed eliminati nell’anno, ivi compresi quelli derivanti da atti normativi non sottoposti ad AIR (art. 8, comma 2). Sulla base di tali relazioni, il Dipartimento della funzione pubblica predispone, in contraddittorio con le associazioni di categoria, una “relazione complessiva” che evidenzi il risultato con riferimento a ciascuna amministrazione (art. 8, comma 2-bis). In caso di “saldo negativo” (quando, cioè, gli oneri introdotti sono superiori a quelli eliminati), il Governo è obbligato ad adottare, entro 90 giorni dalla pubblicazione della relazione da ultimo citata, uno o più regolamenti con finalità di semplificazione, secondo criteri tassativamente indicati dal legislatore (art. 8, comma 2-ter)[11]. A tali attività, tuttavia, “(…) le amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (art. 8, comma 2-sexies)[12].
Il D.L. 5/2012 mira ad accelerare la conclusione dei procedimenti amministrativi, a tutela dei privati, cittadini e imprese, agevolando altresì l’accertamento da parte del giudice contabile della responsabilità per inerzia o ritardo della P.A. e l’individuazione dei soggetti responsabili nonchè potenziando il sistema di monitoraggio complessivo dell’azione amministrativa.
3. Misure di semplificazione per le imprese
Le disposizioni del Titolo I, Capo III, il più consistente, sono volte all’alleggerimento degli oneri burocratici gravanti specificatamente sulle imprese.
3.1. Autorizzazioni per l’esercizio delle attività economiche e controlli sulle imprese
La sezione I contiene norme di portata generale, che, da un lato, si limitano ad enunciare “criteri direttivi” di massima finalizzati alla semplificazione in materia di procedimenti amministrativi e di controllo sulle imprese[13] e, dall’altro, rimettono la concreta attuazione dei principi in esse enunciati all’emanazione di futuri regolamenti o decreti governativi (art. 12, 14). I regolamenti di semplificazione di cui all’art. 12, in particolare, sono adottati entro il 31 dicembre 2012, previo parere dell’AGCM (silenzio-assenso), e devono tener conto di quanto disposto dai regolamenti che interverranno a dare attuazione di quanto disposto dal D.L. 1/2012 (cd. “Decreto Liberalizzazioni”), nel prevedibile tentativo di ricondurre le ultime consistenti manovre “anticrisi” del Governo ad un disegno coerente[14]. L’art. 12 citato, peraltro, rimette ai suddetti regolamenti anche la disciplina delle “attività sottoposte ad autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) con asseverazioni o a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) senza asseverazioni ovvero a mera comunicazione e quelle del tutto libere”.
Sono direttamente operanti, invece, le modifiche introdotte dall’art. 13 del D.L. 5/2012 al Testo Unico di Pubblica Sicurezza e al relativo regolamento di esecuzione, al fine di ridurre gli adempimenti burocratici, ridimensionare le prerogative della pubblica autorità e contemperare le esigenze della sicurezza pubblica con i principi di cui all’art. 41, comma 2, della Costituzione.
3.2. Semplificazioni in materia di appalti pubblici
La spinta incalzante della semplificazione a favore delle imprese non poteva esimersi dal riguardare la materia degli appalti pubblici (Sezione III, “Semplificazioni in materia di appalti pubblici”), ove, più che in ogni altro settore, sono hanno peso rilevante, spesso decisivo, le esigenze di celerità e snellezza procedurale.
Il D.L. 5/2012 (artt. 20, 21, 22) apporta, infatti, modifiche alla disciplina di cui al D.Lgs. 163/2006 (“Codice dei contratti”) riguardanti i seguenti profili.
a) L’art. 20, comma 1, lettere a) ed f), del nuovo Decreto introduce l’art. 6-bis al Codice dei Contratti Pubblici, rubricato “Banca dati nazionale dei contratti pubblici”, ai sensi del quale, a partire dal 1 gennaio 2013, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici disciplinate dal citato Codice viene pertanto acquisita presso la “Banca dati nazionale dei contratti pubblici”, che viene a tal fine istituita presso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici (art. 6-bis, comma 1, cit.). Particolarmente rilevante è il ruolo attribuito al riguardo all’AVCP, chiamata a stabilire con propria delibera i dati di cui è obbligatoria l’inclusione nella Banca dati, nonché i termini e le regole tecniche per l’acquisizione, l’aggiornamento, l’integrazione e la consultazione degli stessi (art. 6-bis, commi 2 e 4, cit.).
La verifica sul possesso dei requisiti di partecipazione di cui agli artt. 38-42 del Codice da parte delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori sarà dunque esperita esclusivamente per mezzo della nuova Banca dati, con la conseguenza che i concorrenti sono esonerati dall’esibizione dei documenti, richiesti invece dalla vigente normativa a supporto e conferma delle dichiarazioni in autocertificazione relative ai predetti requisiti (art. 6-bis, comma 3, cit.) prodotte in sede di qualifica. In via residuale, ove la lex specialis richieda, invece, il possesso di requisiti diversi da quelli di cui è prevista l’inclusione nella Banca dati, la verifica degli stessi avviene sulla base delle vigenti disposizioni del Codice e del relativo regolamento attuativo di cui al D.P.R. n. 207/2010.
In altri termini, le modifiche in esame non pongono in dubbio l’onere per le stazioni appaltanti di verificare il possesso de requisiti[15], bensì comportano unicamente un mutamento nelle modalità di acquisizione della documentazione necessaria al fine della comprova del possesso dei requisiti stessi, la quale continuerà ad avvenire nei confronti dei soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 48, il cui testo, in questa parte, resta immutato[16]. Qualche perplessità permane con riguardo all’operatività del termine perentorio, peraltro confermato dalla giurisprudenza, e delle relative sanzioni di cui all’art. 48[17].
Tali misure sembrano costituire più in generale attuazione di uno dei principi cardine dell’agire amministrativo, quello secondo cui la P.A. non può più richiedere al singolo dati che già possiede o che sono disponibili presso altre amministrazioni, in omaggio al più ampio principio di non aggravamento del procedimento amministrativo di cui all’art. 1, L. 241/90[18]. L’obiettivo che nel complesso si intende perseguire appare duplice: per un verso, la stazione appaltante avrà la possibilità di consultare rapidamente il fascicolo elettronico relativo alla singola impresa ed effettuare al riguardo i controlli necessari, riducendo notevolmente gli oneri e le tempistiche connessi alla precedente procedura; per altro verso, si avrà una riduzione dei costi connessi alla gestione amministrativa da parte delle imprese partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici[19]. Dal 1° gennaio 2013, il controllo del possesso dei requisiti da parte delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori sarà possibile esclusivamente per mezzo della nuova Banca dati
Il nuovo art. 6-bis del Codice, inoltre, amplia la sfera dei dati suscettibili di comunicazione all’AVCP, stabilendo che l’esenzione di cui all’art. 6, comma 10, del Codice stesso (relativa al “segreto d’ufficio” sui dati riguardanti gli operatori economici oggetto di istruttoria da parte dell’Autorità) non opera con riguardo ai dati – di carattere contabile e finanziario – scambiati “a fini istituzionali” con la diversa Banca dati delle amministrazioni pubbliche istituita dall’art. 13 L. 196/2009 (cd. “Legge di contabilità e finanza pubblica”).
b) L’art. 20 del Decreto in commento modifica inoltre l’art. 38, comma1-ter, del Codice relativo all’ipotesi di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione: in tal caso l’AVCP dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalla procedura “fino ad un anno” (nella versione precedente:“per un periodo di un anno”), decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia[20].
c) In materia di contratti di sponsorizzazione, all’art. 26, comma 1, del Codice, in luogo delle parole “spese dello sponsor” sono inserite le seguenti “per importi superiori a quarantamila euro“, cosicché le amministrazioni sembrano legittimate a scegliere in modo “informale” lo sponsor per i contratti di valore inferiore; è, inoltre, aggiunto, all’art. 26, il comma 2–bis secondo cui “Ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture aventi ad oggetto beni culturali si applicano altresì le disposizioni dell’articolo 199-bis del presente codice“. Il citato art. 199-bis detta una disciplina specifica delle procedure per la selezione di sponsor nel settore dei beni culturali[21], che lasciano spazio ad un contratto di “puro finanziamento”, anche mediante accollo, da parte dello sponsor, delle obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell’appalto dovuti dall’amministrazione, ovvero ad una “sponsorizzazione tecnica”, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor.
d) In materia di contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici, che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori, l’evidenza pubblica viene rafforzata mediante l’introduzione – nell’art. 27, comma 1, del Codice – della previsione secondo cui il relativo affidamento deve essere preceduto dall’invito di almeno cinque concorrenti.
e) Le modifiche apportate dall’art. 20, comma 3, del D.L. 5/2012 al regolamento attuativo del Codice riguardano:
- l’art. 73, comma 3, disciplinante le sanzioni nei confronti delle SOA, che viene modificato nel senso di specificare che la sanzione della sospensione si applica “in caso di violazioni commesse, secondo valutazione da parte dell’Autorità, con dolo o colpa grave”;
- l’art. 84, disciplinante i criteri di accertamento e di valutazione, ai fini della certificazione di esecuzione, dei lavori eseguiti all’estero,che viene interamente sostituito[22].
f) L’art. 21 del D.L. 5/2012 sostituisce il comma 2 dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 (“Legge Biagi”), in tema di responsabilità solidale negli appalti, precisando che “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, e i contributi previdenziali dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento“[23].
Mentre dunque resta invariata la responsabilità solidale fra committente e appaltatore in ordine agli obblighi retributivi e previdenziali, si prevede espressamente che l’obbligo retributivo comprende il TFR e che il committente non è responsabile in solido delle sanzioni civili comminate a carico dell’appaltatore in caso di inadempimento dei citati obblighi.
Per gli appalti privati, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e previdenziali, senza tuttavia obblighi solidali in relazione alle sanzioni civili.
g) L’art. 22 D.L. 5/2012 cit. modifica la disciplina in tema di adozione delle delibere CIPE e di salvaguardia delle procedure in corso per la stipula dei contratti di programma con le Società di gestione aeroportuali[24].
h) L’art. 61, comma 2, D.L. n. 5/2012 ha disposto che il comma 3, nono periodo, dell’art. 189 del Codice dei Contratti (in tema di qualificazione dei contraenti generali), ai sensi del quale “I certificati sono redatti in conformità al modello di cui all’allegato XXII.”, continua ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regolamentari attuative dello stesso (la nuova formulazione recherà: “I certificati sono redatti in conformità ai modelli definiti dal regolamento”). Il citato allegato sarà infatti abrogato a decorrere dalla suddetta data. Il Decreto ha, al riguardo, fatto salva la possibilità di definire, con provvedimento dell’AVCP, d’intesa con il Ministro delle infrastrutture, “modelli per la predisposizione dei certificati di esecuzione lavori del contraente generale” (aventi valenza transitoria, com’è dato desumere).
Conclusioni
Molti sono i “buoni propositi” enunciati nell’ennesimo provvedimento “anticrisi” del Governo, che così, in gran parte, si vincola all’adozione di successivi decreti attuativi. Ove pertanto l’effettiva attuazione dell’intervento normativo in questione non tradisca gli intendimenti iniziali e sia in grado di “reggere” all’impatto con l’attuale assetto strutturale e organizzativodei soggetti chiamati ad attuarlo, non mancheranno di prodursi i benefici ad esso collegati in termini di concreta riduzione degli oneri amministrativi nonché di maggiore efficacia, trasparenza e controllo in tempo reale dell’azione amministrativa.
[1]Si legge, inoltre, nella Relazione illustrativa DISEGNO DI LEGGE PER LA CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO LEGGE 9 FEBBRAIO 2012 N. 5, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE E DI SVILUPPO (disponibile in www.leggioggi.it/wp-content/uploads/2012/02/relazione.pdf ) che “Le analisi condotte dalle principali organizzazioni internazionali individuano nella complicazione burocratica una delle prime cause dello svantaggio competitivo dell’Italia nel contesto europeo e nell’intera area Ocse. Il recente rapporto del World Bank Institute “Doing business in a more transparent world” segnala – al pari delle precedenti edizioni – il ritardo dell’Italia, che scende, rispetto allo scorso anno, dall’83° all’87° posto su 183 paesi e si colloca al 25° posto su 26 paesi dell’Unione europea (penultima prima della Grecia).”. Si rammenta, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza costituzionale, “la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione del predetto atto, di modo che l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura in primo luogo un vizio di illegittimità costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell’ambito applicativo costituzionalmente previsto, e (…) il difetto di presupposti, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge, dovendosi escludere l’eventuale efficacia sanante di quest’ultima” (sentenza n. 128/2008).
[2] Sotto questo profilo qualche perplessità potrebbe riguardare il rispetto dell’art. 15, comma 3 L. n. 400/1988, secondo cui “i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”. Cfr. anche Corte Costituzionale, 16.2.2.1012 n. 22, che ha annullato disposizioni inserite dalle Camere in un D.L. di conversione, sulla base della necessità di stretta attinenza alle finalità e al contenuto originari del D.L..
[3]Come emerge nella relazione al D.L., la ratio delle novità introdotte è rinvenibile nella “previsione generalizzata di poteri sostitutivi, facilmente attivabili a richiesta dei privati, in caso di inerzia dell’amministrazione, con conseguente previsione di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile per chi ha posto in essere il comportamento omissivo”. Ai sensi del comma 2 dell’art. 1 del D.L. 5/2012 le norme contenute nel citato articolo 1 si applicano a tutti gli atti amministrativi cui si applica la L. 241/1990 con esclusione dei procedimenti tributari e del settore dei giochi pubblici, per i quali restano ferme le particolari norme che li riguardano.
[4] Sulla responsabilità della P.A. per “danno da ritardo” cfr. Consiglio di Stato del 28.2.2011, n. 1271 e 2.3.2009, n. 1162.
[5] Per una più approfondita analisi sul punto cfr. TARULLO S., Il meccanismo di sostituzione interna per la conclusione dei procedimenti amministrativi introdotto dal D.L. semplificazione n. 5/2012, in www.giustamm.it, il quale osserva che “Trattandosi di adempimento demandato al Giudice amministrativo e curato dalle Segreterie (che devono peraltro correttamente individuare il termine di passaggio in giudicato), esso avrebbe forse trovato migliore collocazione in seno al Codice del processo amministrativo (ciò che potrebbe ancora avvenire, in vista dell’adozione del secondo correttivo)”.
[6] L’art. 7, comma 2, della L. 69/2009, infatti, già prevedeva letteralmente: “Il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti; di esso si tiene conto al fine della corresponsione della retribuzione di risultato. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, adotta le linee di indirizzo per l’attuazione del presente articolo e per i casi di grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere entro i termini fissati per ciascun procedimento”.
[7]La legislazione più recente ha abbandonato tale impostazione, inquadrando l’illecito da silenzio e da ritardo nell’ambito della ordinaria tutela risarcitoria, dapprima con la l. n. 69/2009 (cfr. il nuovo art. 2-bis l. 241/90, comma 1), e successivamente con il c.p.a. del 2010 (cfr. artt. 30, comma 4, e 117, comma 6).
[8] Ai sensi del citato comma 9-quinquies, “Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte è espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all’articolo 2 e quello effettivamente impiegato”.
[9]Il richiamato comma 1-bis così recita: “Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico”.
[10]Cfr. sul punto Coco G., IL REGULATORY BUDGET: LA NUOVA FRONTIERA NEI LIMITI ALLA DISCREZIONALITÀ DEL GOVERNO SUGLI ONERI DA REGOLAMENTAZIONE, in www.astrid-online.it, secondo cui “Ad un livello estremo di generalità un Regulatory Budget è uno strumento per imporre un vincolo complessivo ai costi che il sistema regolatorio nel suo complesso può imporre alla società civile.”.
[11]Il Decreto in esame, in sostituzione dell’art. 8, comma 2, dello Statuto delle imprese, vi introduce nuovi commi (commi da 2 a 2-septies). Il testo originario del comma 2 si limitava a prevedere quanto segue:
“2. Per la finalità di cui al comma 1, fermo restando quanto previsto dall’articolo 14, commi da 1 a 11, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e’ obbligatoria una specifica valutazione preventiva degli oneri previsti dagli schemi di provvedimenti normativi e amministrativi. La suddetta valutazione deve, altresì, individuare altri oneri regolatori, informativi o amministrativi previsti dalle norme già in vigore, da ridurre o eliminare allo scopo di garantire l’invarianza degli oneri sui privati connessi alle nuove norme o prescrizioni.”.
Le nuove disposizioni prevedono più dettagliatamente, tra l’altro, quanto segue:
“2. Entro il 31 gennaio di ogni anno, le amministrazioni statali trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una relazione sul bilancio complessivo degli oneri amministrativi, a carico di cittadini e imprese, introdotti e eliminati con gli atti normativi approvati nel corso dell’anno precedente, come valutati nelle relative analisi di impatto della regolamentazione (AIR), in conformità ai criteri di cui all’articolo 6, comma 3. Per gli atti normativi non sottoposti ad AIR, le Amministrazioni utilizzano i medesimi criteri per la stima e la quantificazione degli oneri amministrativi introdotti o eliminati. Per oneri amministrativi si intendono i costi degli adempimenti cui cittadini ed imprese sono tenuti nei confronti delle pubbliche amministrazioni nell’ambito del procedimento amministrativo, compreso qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione. (…)”.
[12]Cfr. COMUNICATO STAMPA DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI del 27 gennaio 2012, in cui si legge che “Il Dipartimento della Funzione pubblica ha stimato in oltre 23 miliardi di euro all’anno gli oneri amministrativi relativi ad 81 procedure particolarmente rilevanti per le imprese, selezionate con la collaborazione delle associazioni imprenditoriali. Gli effetti della norma consentiranno di tagliare i costi della burocrazia per le imprese e disboscare la giungla delle procedure”.
[13] Quanto ai regolamenti in tema di controllo sulle imprese di cui all’art. 14, gli stessi devono, tra l’altro, ispirarsi alla “soppressione o riduzione dei controlli sulle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione per la qualità (UNI EN ISO-9001), o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea ai sensi del Regolamento 2008/765/CE, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento (IAF MLA).” (art. 14, comma 4, lett. f, D.L. 5/2012).
[14] Sono esclusi, invece, dall’ambito di applicazione degli artt. 12 e 14, i servizi finanziari, come definiti dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 59/2010, nonché i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano. Considerando quindi che sono esclusi in ogni caso i suddetti controlli in materia fiscale e finanziaria, è dato temere che i benefici derivanti alle imprese da tali nuove disposizioni siano sostanzialmente scarsi.
[15] Come osservato di recente dal Consiglio di Stato (sentenza 16.2.2012, n. 850), l’art. 48 del Codice, “al fine di tutelare la correttezza e speditezza del procedimento di gara, tende a preservare la gara stessa dalla partecipazione di imprese non adeguate, per mancanza dei requisiti richiesti, all’oggetto della gara, e sanziona, come si è detto, il comportamento dell’impresa che non fornisce o fornisce in modo insufficiente a confermare il possesso dei requisiti, di modo che tale evenienza tanto può riferirsi a requisiti la cui mancanza è già prevista a pena di esclusione, tanto ad altri requisiti per i quali tale previsione non sussiste”.
[16]Al contempo, le novità introdotte hanno reso necessario la parziale modifica degli artt. 42 e 48 del Codice dei Contratti Pubblici in tema di controllo sul possesso dei requisiti. Dal testo attuale degli artt. 42 e 48 viene oggi ad essere stralciato il riferimento alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici come “prevista dall’articolo 62-bis del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”, ad oggi rimasta inattuata,e sostituitodal riferimentoalla Banca dati nazionale dei contratti pubblici “di cui all’articolo 6-bis del presente Codice.”.
[17]Ai sensi dell’art. 48, comma 3, infatti, “La richiesta di cui al comma 1 è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell’offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione.”.
[18]Trattasi di un principio già recepito, tra gli altri, dalla L. 212/2000 (“Statuto del Contribuente”), dal D.P.R. 445/2000 (Testo unico sulla documentazione amministrativa), dal D.Lgs. 150/2009 (“Riforma Brunetta”).
[19]Nella Relazione illustrativa al Decreto, sopra citata, si stima che le modifiche introdotte comporteranno un risparmio per le piccole e medie imprese pari a circa 140 milioni di euro l’anno. Va, tuttavia, precisato che ai sensi dell’art. 20, comma 4, del D.L. 5/2012 “quanto previsto dall’articolo 6 -bis del decreto legislativo n. 163 del 2006, introdotto dal comma 1, lettera a), del presente articolo, le amministrazioni provvedono con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.”.
[20]La modifica lascerebbe intravedere, quindi, la possibilità di procedere ad una sorta di “graduazione” in relazione alla gravità della dichiarazione resa. Cfr. Comunicato ANCE Decreto “Semplifica Italia”: le semplificazioni per gli appalti pubblici”, 10.2.2012 n. 85.
[21]Cfr. sul punto Mattalia M., Il decreto semplificazione e sviluppo innova anche le sponsorizzazioni, in www.appaltiecontratti.it secondo il quale le descritte modifiche alla disciplina della sponsorizzazione tengono in parte conto delle osservazioni formulate in argomento dall’AGCM (Adunanza del 14 dicembre 2011- Boll. n. 2 del 30.1.2012).
[22] Mentre rimane fermo il comma 1, viene invece modificato il comma 2 dell’art. 84 cit. che ora prevede che la certificazione venga rilasciata, su richiesta dell`interessato e a sue spese, da un tecnico di fiducia del consolato o del Ministero degli affari esteri, e che dalla stessa risulteranno i lavori eseguiti secondo le diverse categorie, il loro ammontare, i tempi di esecuzione, indicazioni utili relative all`incidenza dei subappalti per ciascuna categoria nonche` la dichiarazione che i lavori sono stati eseguiti regolarmente e con buon esito. La certificazione dovrà, tra l’altro, essere rilasciata secondo modelli “semplificati” individuati dall`AVCP.
[23]Il precedente testo del citato comma 2 si limitava a disporre: “In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”.
[24]In particolare, si prevede che la durata dei predetti contratti sia fissata nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia e dei rispettivi modelli tariffari (art. 22). L’introduzione di tale ultima norma risponde all’esigenza di colmare il vuoto legislativo determinatosi, nelle more dell’operatività del nuovo regime, in ordine alla disciplina delle procedure in corso per la conclusione dei contratti di programma tra l’ENAC e le società di gestione aeroportuali, senza peraltro incidere negativamente sull’entrata in vigore della normativa comunitaria, che viene anzi salvaguardata mediante la previsione di un termine finale certo di definizione delle procedure in corso (cfr. Relazione Illustrativa cit.).