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Inquadramento dell’istituto. La natura della responsabilità precontrattuale (contrattuale, extracontrattuale) e l’onere probatorio. L’elemento soggettivo e l’errore scusabile. I rapporti tra il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale e l’indennizzo ex art. 21 quinquies L. 241/1990. Lo stato del procedimento e l’obbligo di motivazione. Il risarcimento del danno nei limiti del c.d. interesse negativo. La giurisdizione.

Inquadramento dell’istituto

La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, che trova fondamento normativo negli artt. 1337 e seguenti del codice civile, è stata oggetto di una lunga evoluzione. Secondo la tesi più tradizionalista, ancorata ad un modello autoritativo, ormai superato, dei  rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione, non poteva configurarsi tale tipologia di responsabilità, in capo all’amministrazione, sulla base dell’assunto che l’attività amministrativa è funzionale al perseguimento dell’interesse pubblico e pertanto la stessa non potrebbe compiere atti illeciti. Altro ostacolo all’affermazione dell’istituto in esame era rappresentato dal merito  dell’attività amministrativa; ammettere una responsabilità dell’amministrazione avrebbe comportato un’indebita ingerenza del giudice nell’ambito dell’azione amministrativa introducendo un sindacato sulle modalità di esercizio di poteri discrezionali, in violazione del principio di separazione dei poteri e di riserva di amministrazione.

A partire dagli anni sessanta tale tipologia di responsabilità è stata invece affermata con riferimento alla sola fattispecie della trattativa privata, escludendola nelle altre procedure di scelta del contraente quali il pubblico incanto e la licitazione privata, oggi procedura aperta e ristretta secondo la terminologia introdotta dal codice contratti, d.lgs. 163/06. Solo nel caso della trattativa privata, infatti, la contrattazione  si svolgerebbe su un piano di sostanziale parità; l’amministrazione spogliandosi dei poteri pubblicistici, in tale ipotesi opererebbe come qualunque altro contraente.

Una volta estesa la responsabilità nell’ipotesi su indicata, la problematica si è, quindi, successivamente incentrata sulla possibilità di affermare tale responsabilità anche nelle procedure aperte e ristrette, nella fase procedimentale di scelta del contraente.

L’articolazione di una procedura ad evidenza pubblica, come noto, si snoda attraverso due momenti fondamentali. La prima fase pubblicistica, di scelta del contraente, che si caratterizza per la natura provvedimentale  degli atti, inizia con la c.d. determina a contrarre e si conclude con la determina di aggiudicazione definitiva. La seconda fase, che culmina con la stipula del contratto, gli atti avrebbero invece natura negoziale. Secondo la teoria degli atti amministrativi negoziali, per contro, non sarebbe possibile scindere nettamente gli atti di natura pubblicistica da quelli c.d. privatistici, poiché gli stessi atti avrebbero in realtà una duplice valenza. Secondo tale tesi dunque, il procedimento amministrativo sarebbe parte integrante delle trattative quale strumento di formazione progressiva del consenso. In tale contesto si inserisce la storica pronunzia dell’Adunanza Plenaria n. 6/2005 con la quale è stata affermata la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per il comportamento tenuto nella fase antecedente alla stipula del contratto, pur in presenza di un atto legittimo di revoca[1]. L’amministrazione nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica deve tenere un comportamento corretto su due fronti, da un lato  garantendo la tutela dell’interesse pubblico, dall’altro, in qualità di corretto contraente, deve porre in essere tutte le condizioni necessarie affinché la fattispecie a formazione progressiva, costituita dal procedimento di aggiudicazione di una gara, avvenga nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza, buona fede. Come affermato da autorevole dottrina[2] una cosa è il potere discrezionale dell’amministrazione, altro è l’agire arbitrario della P.A., in violazione degli obblighi di sicurezza e buona fede. Al di fuori dei momenti puramente pubblicisti di esercizio dell’attività amministrativa, il contraente ha ragione di aspettarsi che la stazione appaltante si comporti come un contraente privato. Il rispetto delle norme specifiche sulla selezione del contraente presuppone, infatti, l’osservanza delle norme di carattere più generale che statuiscono l’obbligo di correttezza e di buona fede. La clausola di buona fede in senso oggettivo ha infatti una portata generale[3] e si esplica in una serie puntuale di doveri quali quello di informazione, inteso quale dovere di comunicare alla controparte le cause di invalidità, inefficacia, inadempimento o inutilità del contratto, e quello di realizzazione degli adempimenti necessari per garantire la validità, l’efficacia o l’utilità del rapporto negoziale. La misura della diligenza richiesta all’amministrazione sarebbe, quindi, definita dalle regole che governano lo stesso procedimento amministrativo e in relazione allo stato dello stesso.

L’Adunanza Plenaria nella pronunzia richiamata chiarisce quale sia il momento in cui assume rilievo la violazione dei doveri di buona fede. Una volta intervenuta la revoca dell’aggiudicazione assumerebbero rilievo i comportamenti tenuti dalla stazione appaltante nella fase preliminare alla conclusione del contratto.

La violazione delle regole di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. assume rilevanza e significato solo dopo[4] che gli atti della fase pubblicistica attributivi degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi effetti si siano trasformati in affidamenti rimasti senza seguito. Dopo la revoca, caducatoria dell’aggiudicazione e degli altri atti del procedimento, resterebbe infatti il fatto incancellabile degli “affidamenti”[5] suscitati nell’impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi.

Non sono mancate delle critiche alla ricostruzione delineata sulla base dell’assunto che ipotizzare la responsabilità precontrattuale una volta intervenuta l’aggiudicazione significherebbe riconoscere tale tipologia di responsabilità al di fuori del normale ambito di operatività dell’art. 1337 c.c..

 I parametri cui fare riferimento per verificare il ricorrere di tale tipologia di responsabilità sono costituiti, in particolare, dal decorso del tempo e dal comportamento complessivo tenuto dall’amministrazione successivamente all’aggiudicazione definitiva. Dall’analisi della giurisprudenza amministrativa in tema di responsabilità precontrattuale emerge frequentemente la comunicazione non tempestiva della revoca o dell’annullamento degli atti, per vizi inerenti alla legittimità degli stessi, e il comportamento della stazione appaltante che ingenera un indebito affidamento nella conclusione del contratto. La stazione appaltante può far  sorgere un affidamento, in capo all’operatore economico,  con la richiesta della cauzione provvisoria, o con la pretesa che l’operatore economico, antecedentemente alla conclusione del contratto, ponga  in essere degli adempimenti preliminari e le attività prodromiche all’esecuzione dello stesso contratto.

La natura della responsabilità precontrattuale (contrattuale, extracontrattuale e terzium genus) e l’onere probatorio. L’elemento soggettivo e l’errore scusabile.

In ordine alla natura della responsabilità precontrattuale si sono affermate essenzialmente due teorie, la prima  riconduce tale responsabilità all’interno della responsabilità contrattuale, la seconda nell’alveo della responsabilità extracontrattuale. Secondo una prima ricostruzione il partecipante ad un procedimento amministrativo si troverebbe in una posizione differenziata rispetto al quisque de populo, determinando la stessa gara d’appalto un contatto qualificato[6] tra concorrente e stazione appaltante.

La pubblica amministrazione, rispetto al privato, leso nel suo interesse legittimo, non è nella posizione del “passante” o del chiunque; a seguito del contatto che si instaura tra Amministrazione e cittadino nel corso del procedimento amministrativo sorge un rapporto giuridico destinato ad escludere quell’estraneità che costituisce il presupposto della responsabilità extracontrattuale[7]. Si tratta di una fattispecie destinata a collocarsi a confine tra torto e contratto; in questo caso manca, infatti, l’elemento centrale del rapporto obbligatorio, la prestazione, essendo presenti, per contro, obblighi di protezione idonei a salvaguardare la sfera giuridica della controparte.  Si tratterebbe, in sostanza, di un’ipotesi di tutela di una posizione giuridica indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse finale.

Da tale impostazione consegue l’inquadramento della responsabilità della P.A. per attività provvedimentale all’interno della responsabilità contrattuale, con le conseguenti implicazioni in tema di prescrizione decennale, onere della prova e colpa. L’onere della prova, ex art. 1218 c.c., graverebbe sull’amministrazione, liberando il privato dalle difficoltà cui potrebbe incorrere considerata la posizione impari nella quale lo stesso si trova.

Gli argomenti a sostegno di questa tesi si fondano, tra l’altro, sull’art. 1173 del c.c. che sancisce il carattere aperto delle fonti delle obbligazioni, sulla legge sul procedimento amministrativo e sull’art. 328 del codice penale che valorizzando l’obbligo di concludere il procedimento, impongono, all’amministrazione specifici doveri di protezione, dal rito speciale contro il silenzio dell’amministrazione, di cui agli artt. 31 e 117 del d.lgs. 104/2010, nonché dalle più recenti tendenze di espansione delle regole civilistiche anche nell’ambito del diritto amministrativo[8]. Tale ricostruzione è stata criticata dalla dottrina per le difficoltà di ipotizzare in capo alla P.A. l’obbligo di emanare un certo tipo di provvedimento e sulla base dell’assunto che l’intento di semplificazione probatoria, a favore del soggetto privato, su cui si fonda, può essere raggiunto anche rimanendo entri i confini della responsabilità extracontrattuale.

Alla teoria della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale si contrappone un diverso e prevalente orientamento che sostiene la natura aquiliana[9] di tale tipologia di responsabilità. Un elemento che ha favorito tale ricostruzione è sicuramente il famoso revirement della Cassazione che con la sentenza 500/99 ha ammesso, secondo una nuova ricostruzione della nozione di danno ingiusto, il risarcimento dell’interesse legittimo. La responsabilità aquiliana, ex art. 2043 c.c. comporta quale corollario la prescrizione quinquennale e l’onere della prova in capo al danneggiato. Secondo tale ricostruzione il contatto tra amministrazione e concorrente non costituirebbe di per sé un contratto e pertanto fino alla conclusione dell’accordo di cui all’art. 1321 c.c. il rapporto intersoggettivo sarebbe regolato dalla clausola generale di cui all’art. 2043 c.c. Il procedimento amministrativo di scelta del contraente privato sostituirebbe, mediante una procedura predeterminata e funzionalizzata[10], i contratti preliminari che avvengono, tra le parti, nell’ambito del diritto comune. La conclusione della procedura ad evidenza pubblica viene equiparata ai contratti preliminari, versati in una procedura di diritto amministrativo, con il conseguente corollario che non essendo ancora intervenuta la rituale stipulazione si tratterebbe di una responsabilità pre-contrattuale di natura aquiliana. In questo caso l’onere della prova ricadrebbe sul danneggiato dovendo comprovare la violazione di regole obiettive concernenti il rispetto dei criteri di correttezza e buona fede in senso oggettivo. La giurisprudenza tuttavia, consapevole delle difficoltà probatorie cui incorre l’operatore economico, considerata l’ineguaglianza delle parti, limita l’onere probatorio gravante sul ricorrente.

In particolare la giurisprudenza afferma che il suddetto onere probatorio sarebbe alleggerito attraverso il ricorso alle presunzioni relative di cui agli artt. 2727 e 2729 del c.c., assumendo quali indici di colpevolezza della pubblica amministrazione la gravità della violazione, il carattere vincolato dell’azione amministrativa, l’univocità del dato normativo e la rilevanza dell’apporto partecipativo del privato al procedimento. La recente giurisprudenza del Consiglio di Stato sembra infatti operare, in ordine all’elemento soggettivo, un ritorno al passato[11]superando l’impostazione della storica sentenza  della Cassazione n. 500/99. Nella stessa pronunzia il supremo consesso, superando la tradizionale impostazione che riteneva si potesse far derivare la prova della colpa del soggetto agente dalla dimostrazione dell’illegittimità dell’atto amministrativo (culpa in re ipsa), ha affermato che la dimostrazione della colpa dell’apparato   amministrativo costituisce condizione necessaria per accedere alla tutela risarcitoria. La colpa della P.A intesa quale apparato sarebbe configurabile nel caso in cui l’esecuzione dell’atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione cui deve ispirarsi l’esercizio dell’attività amministrativa.

La giurisprudenza amministrativa ricorrendo alla presunzione relativa di colpa e identificando quest’ultima nella violazione degli obblighi procedimentali torna ad un concetto oggettivo di colpa, affermando che la stessa deve ritenersi sussistente ogni volta che la stessa amministrazione abbia disatteso le prescrizioni che si era data, affermando che nessun dato attinente all’elemento psicologico può esentarla dalle proprie responsabilità[12]. Il limite della colpevolezza della P.A. è costituito dal ricorrere del c.d. errore scusabile che si riscontra in presenza di situazioni caratterizzate da un elevato profilo di complessità quali ad esempio circostanze di fatto particolarmente complesse, orientamenti giurisprudenziali contrastanti, non univocità della normativa di riferimento.

In ordine alla connotazione dell’elemento soggettivo è stato determinante l’apporto da parte della giurisprudenza comunitaria che, in tema di responsabilità, delle istituzioni dell’Unione Europea e delle pubbliche amministrazioni dei paesi membri, derivante da un atto giuridico contrario a norme comunitarie sovraordinate richiede la valutazione della gravità della violazione desumibile da una serie di indici sintomatici. Una recente sentenza della Corte di Giustizia[13], intervenuta in materia di appalti pubblici, ha escluso la necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito, affermando perentoriamente[14] che il risarcimento del danno non può essere subordinato ad una violazione colpevole della disciplina sugli appalti pubblici da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. La connotazione oggettiva della responsabilità della P.A., seguita peraltro anche dal Consiglio di Stato[15], secondo un recente orientamento[16], dovrebbe trovare applicazione, puntuale e rigorosa, per il solo ambito indicato dal giudice comunitario[17], senza possibilità di effetto espansivo ad ogni fenomeno di condotta illecita posta in essere dall’Amministrazione. Nell’ipotesi di responsabilità risarcitoria da atto legittimo, per violazione dei generali doveri di correttezza e buona fede nel corso delle trattative negoziali, continuerebbe ad assumere rilievo l’elemento della colpa. In questo caso infatti, a differenza della controversia oggetto della pronunzia della Corte di Giustizia richiamata, non verrebbe in rilievo la violazione diretta della disciplina in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, bensì un comportamento colpevole dell’amministrazione che abbia ingenerato un legittimo affidamento nella controparte. Tale ricostruzione si fonda da un lato sull’art. 30 del d.lgs 104/2010 che ribadisce, in materia di responsabilità del danno da ritardo, la regola l’imputazione soggettiva dell’illecito aquiliano; dall’altro sull’assunto che per lo svolgimento di funzioni amministrative, non  ricorrono i presupposti tipici della responsabilità civile senza colpa, vale a dire lo svolgimento di un’attività pericolosa o di un’attività dalla quale si tragga una particolare utilità[18]. Deve essere richiamata anche quella giurisprudenza che suggerisce quale parametro di imputazione della responsabilità quello di cui all’art. 2236 c.c. che contempla un’attenuazione della responsabilità in presenza di problemi tecnici di particolare complessità.

In conclusione l’orientamento prevalente è quello secondo cui, pur essendo riconducibile la responsabilità precontrattuale nell’alveo della responsabilità aquiliana, al privato non sarebbe richiesto un particolare sforzo probatorio potendo invocare l’illegittimità dell’atto quale presunzione semplice della colpa o allegare circostanze ulteriori idonee a dimostrare che non si è trattato di un errore scusabile.

Per completezza occorre ricordare, in ordine alla natura della responsabilità dell’amministrazione un’altra teoria che configurerebbe la responsabilità dell’amministrazione come un terzium genus non riconducibile né all’interno della responsabilità contrattuale né di quella extracontrattuale. Secondo tale ricostruzione l’esercizio del potere autoritativo, per ragioni storiche, normative ed istituzionali non può essere assimilato né alla condotta delle parti in un rapporto contrattuale, caratterizzato da diritti ed obblighi, né alla condotta di chi, con un comportamento materiale, attivo od omissivo, o negoziale cagioni un danno ingiusto a cose, persone, diritti, posizioni di fatto o altre posizioni tutelate, ai fini risarcitori erga omnes dal diritto privato.

I rapporti tra il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale e l’indennizzo ex art. 21 quinquies L. 241/1990

Prima di analizzare il danno risarcibile appare opportuno analizzare i rapporti tra risarcimento del danno conseguente alla violazione dei doveri di correttezza e buona fede e l’indennizzo ex art. 21 quinquies L. 241/1990. Quest’ultimo prevede la corresponsione di un indennizzo nell’ipotesi di revoca di un provvedimento amministrativo. Tale previsione non preclude il configurarsi di una responsabilità precontrattuale della P.A. La previsione di un indennizzo, ex art. 21 quinquies della L. 241/1990, non elimina la necessità che la pubblica amministrazione, nel procedimento di selezione del contraente, si comporti secondo buona fede. La legge sul procedimento amministrativo contempla quindi un’ipotesi di responsabilità da fatto lecito dannoso che si differenzia dall’ipotesi di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale[19]. Secondo il criterio di quantificazione dell’indennizzo, introdotto con la L. 15/2005, lo stesso sarebbe limitato al c.d. danno emergente, ossia alle eventuali spese sostenute facendo affidamento sull’efficacia del provvedimento revocato.

Lo stato del procedimento e l’obbligo di motivazione

Lo stato del procedimento assume una particolare rilevanza non solo al fine di valutare il rilievo dell’affidamento e l’accertamento della responsabilità precontrattuale ma anche in relazione all’onere motivazionale e agli obblighi di comunicazione di avvio del procedimento. La valutazione in ordine alla responsabilità precontrattuale richiede un’analisi  accurata alla luce dei fatti contingenti. La giurisprudenza ha  ad esempio escluso tale tipologia di responsabilità qualora la stazione appaltante abbia revocato la gara in costanza del termine di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione[20]. In altri casi tuttavia è stata configurata la responsabilità precontrattuale in capo ad una stazione appaltante, pur in presenza del solo provvedimento di aggiudicazione definitiva, per un comportamento incauto da parte della stessa amministrazione  per non aver ponderato una lacuna originaria della lex specialis e per non aver assicurato il rispetto dei susseguenti obblighi di comunicazione di cui all’art. 79 del d.lgs 163/06[21].

L’aggiudicazione provvisoria, per consolidata giurisprudenza, costituisce un atto endoprocedimentale con effetti interinali, che determinerebbe  la nascita di una mera aspettativa alla conclusione del procedimento[22]. Secondo consolidata giurisprudenza in caso di aggiudicazione provvisoria l’onere motivazionale dei c.d. atti di ritiro o di secondo grado è fortemente attenuato essendo sufficiente indicare gli elementi concreti ed obiettivi sulla base dei quali si è deciso di non dare ulteriormente corso al procedimento. Diversamente, nell’ipotesi in cui sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva la motivazione deve essere “rafforzata”[23] dovendosi soffermare sui profili di illegittimità dell’atto e sulle ragioni di interesse pubblico sottostanti al ritiro.

In ordine alla comunicazione di avvio del procedimento, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di revoca d’ufficio di un atto endoprocedimentale non sarebbe richiesta alcuna comunicazione in ordine all’avvio del procedimento, dovendosi ritenere che la stazione appaltante sia obbligata al rispetto delle garanzie partecipative solo quando l’esercizio di autotutela abbia ad oggetto l’aggiudicazione definitiva, in ragione della posizione di vantaggio che solo quest’ultima costituisce in capo all’impresa aggiudicataria.

Il risarcimento del danno nei limiti del c.d. interesse negativo

Nell’ipotesi della responsabilità precontrattuale il danno risarcibile,  limitato al c.d. interesse negativo, comprendente il danno emergente e il  lucro cessante, inteso quale mancate occasioni di guadagno per aver confidato nella procedura successivamente annullata o revocata. In ordine  all’onere probatorio relativo al danno emergente, la giurisprudenza dapprima più propensa ad ammettere tale voce di danno appare di recente più rigorosa richiedendo che l’operatore economico dimostri con il dovuto rigore la perdita di occasioni favorevoli.

L’esigenza di un’attenuazione dell’onere della prova viene meno infatti con riguardo alla prova dell’an e del quantum dei danni azionati in via risarcitoria. Con riferimento agli stessi i fatti oggetto di prova attengono alla sfera soggettiva della parte che si assume lesa e le fonti di prova si trovano normalmente nella sfera di disponibilità della parte lesa. L’accertamento del danno ingiusto comporta un distinguo a seconda della natura della gara.

L’operatore economico deve dimostrare che la mancata conclusione di altri accordi negoziali sia stata causata dall’impegno derivante dalla presentazione dell’offerta che gli ha impedito di impiegare mezzi e manodopera per partecipare ad altre gare d’appalto. La  pretesa risarcitoria esige, quindi, l’allegazione di documenti concreti e specifici da cui desumere, secondo un criterio di valutazione oggettiva, l’esistenza e l’entità del pregiudizio subito, il quale non può essere ritenuto sussistente in re ipsa, né può essere consentito l’automatico ricorso alla liquidazione equitativa. Il Consiglio di Stato in più occasioni ha affermato che il danno da perdita di chance[24] inteso non quale danno futuro della perdita dell’aggiudicazione di un contratto, ma quale danno attuale della perdita della possibilità di conseguirlo deve essere dimostrato. pur se in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate. Il concorrente deve quindi dimostrare almeno alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato[25].

Tale tutela risarcitoria va chiaramente differenziata, come ricordato, sulla base dello stato del procedimento. La giurisprudenza maggioritaria distingue, infatti, a seconda che sia stata adottata la sola aggiudicazione provvisoria o quella definitiva. L’aggiudicazione provvisoria, come ricordato, sarebbe, infatti, un atto endoprocedimentale, per sua natura inidoneo a radicare una situazione di stabile affidamento nel destinatario.[26]

La giurisdizione

In ordine all’autorità competente a conoscere le questioni risarcitorie attinenti alla responsabilità precontrattuale la giurisprudenza, partendo dal presupposto che la posizione giuridica soggettiva consti in un diritto soggettivo alla correttezza del comportamento precontrattuale, in applicazione del disposto di cui all’art.7 del d.lgs. 104/2010, afferma la giurisdizione del giudice ordinario, fatte salve le ipotesi di giurisdizione esclusiva[27], quale quella, che interessa nella fattispecie analizzata, di cui all’art. 133[28] del d.lgs. 104/2010 che devolve al giudice amministrativo la competenza in materia di controversie relative a procedure di affidamento dei contratti pubblici.

Come noto, il legislatore con l’art. 35 d.lgs. 80/1998, come sostituito dall’art. 7 l. 205/2000, ha attribuito al giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, anche la tutela risarcitoria. La Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 204/2004 ha chiarito che con tale disposizione il legislatore ha inteso rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, concentrando innanzi al giudice amministrativo non solo la fase del controllo di legittimità dell’azione amministrativa, ma anche, ove configurabile, quella del risarcimento del danno, evitando la necessità per lo stesso di ricorrere ad un separato giudizio. Il risarcimento del danno non costituisce quindi una nuova materia, bensì uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio[29].

Deve darsi atto, tuttavia, di un recente intervento delle Sezioni Unite della Cassazione[30] che si è pronunziata con tre distinte ordinanze[31], in ordine alla giurisdizione in tema di risarcibilità delle posizioni soggettive riconosciute dalla pubblica amministrazione attraverso un provvedimento favorevole, successivamente annullato. In particolare il caso oggetto di una delle pronunzie attiene proprio alla materia degli appalti pubblici. In fase di esecuzione del contratto la stazione appaltante provvedeva all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva per non aver prodotto, l’operatore economico, il certificato in ordine all’ottemperanza della normativa relativa ai disabili.

Secondo la ricostruzione effettuata dalla Cassazione[32] sussisterebbe la giurisdizione amministrativa qualora il danno di cui si chiede il risarcimento sia conseguenza diretta ed immediata dell’illegittimità dell’atto amministrativo. Si tratterebbe, in sostanza, di un potere concesso in vista ed al fine di contribuire ad eliminare le conseguenze di quell’agire amministrativo che si è risolto in sacrificio illegittimo dell’interesse sostanziale del destinatario dell’atto. Diversamente nel caso in cui la lesione sia derivata non da un provvedimento amministrativo essendo lo stesso favorevole, ma dal comportamento dell’amministrazione che a seguito dell’emanazione dello stesso abbia ingenerato un legittimo affidamento in capo al privato. In questo caso la giurisdizione apparterrebbe al giudice ordinario dovendo il concorrente essere risarcito per la lesione di un diritto soggettivo determinata dal comportamento colposo dell’amministrazione che, a seguito dell’emanazione di un provvedimento favorevole, l’ha indotta a confidare nella prosecuzione del rapporto sino alla scadenza del termine.

Tale ricostruzione è stata criticata dalla dottrina[33] per i riflessi sul piano dell’effettività della tutela, sulla base dell’assunto che il provvedimento favorevole, sarebbe comunque espressione del potere pubblico e di conseguenza il danno che arreca alle posizioni soggettive dei privati deve essere ricondotto, nelle materie di giurisdizione esclusiva[34] alla cognizione del giudice amministrativo[35].

La responsabilità precontrattuale in pillole….

Che cos’è la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante?

In base a consolidati principi, nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, l’esercizio di poteri di autotutela da parte dell’amministrazione appaltante, benché legittimo, può determinare la lesione dell’affidamento dei concorrenti negli atti revocati o annullati, facendo insorgere obblighi risarcitori.

Costituisce principio generale che la responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione è configurabile in tutti i casi in cui l’ente pubblico, nelle trattative e nelle relazioni con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza anch’essa è tenuta.

Il comportamento dell’amministrazione per la lesione degli affidamenti contrasta con le regole di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ. e determina l’obbligo di risarcire il danno a titolo di responsabilità precontrattuale, che deve essere limitato all’interesse negativo, costituito dal danno emergente, ossia dalle spese inutilmente sopportate per la partecipazione alla gara, e dal lucro cessante inteso quale mancate occasioni di guadagno per aver confidato nella procedura successivamente annullata o revocata.

Consiglio St. sez. V – sentenza 30 dicembre 2011 n. 7000 (contra Consiglio St. sez. VI sentenza 19 gennaio 2012 n. 195) Cons. St. Ad Pl. 5.9.2005, n. 6; Sez. VI, 23.6.2006, n. 3989.T.A.R. Genova  Liguria  sez. II  07 aprile 2011 n. 569.

Che cos’è l’autotutela?

L’autotutela è una delle tre aspetti dell’attività amministrativa accanto all’autonomia ed all’autarchia.

La p.a. ha la possibilità di fasi giustizia da sé, di risolvere i conflitti, attuali o potenziali, con altri soggetti, in relazione ai suoi provvedimenti o alle sue pretese, senza necessità di ricorrere al giudice per il processo di esecuzione o di cognizione.

Feliciano Benvenuti, Scritti giuridici, Volume I, V&P, 2006

Quali sono le manifestazioni tipiche del potere di autotutela?

Sia l’(auto)annullamento che la revoca costituiscono entrambi esercizio di autotutela, ossia di quel potere generale ed immanente riconosciuto all’Amministrazione “di tornare sui propri passi”, e, quindi, di modificare la propria azione, avvalendosi di quello che è stato qualificato come una sorta di “jus poenitendi” di natura pubblica.

B. Fuoco, Manuale dell’autotutela decisoria, Maggioli

Qual è la differenza tra revoca ed annullamento?

L’art. 21-quinques della legge n. 241/90 ha accolto una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi, che legittimano l’adozione di un provvedimento di revoca:

a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;

b) per mutamento della situazione di fatto;

c) per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (ius poenitendi) Esempio: revoca in autotutela di una procedura di project financing per la ristrutturazione di un immobile di proprietà di un comune a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario volta a conferire una diversa destinazione all’ immobile. (CDS sez V, sentenza n. 39/2012  CDS, VI, 17.3.2010 n. 1554)

Il provvedimento amministrativo, per contro, è annullabile, ex art. 21octies L. 241/90, in caso di:

a)violazione di legge;

b)eccesso di potere;

c)incompetenza relativa

Quando il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, ex art. 21 nonies L.241/90?

L’annullamento d’ufficio non può fondarsi sul mero ripristino della legalità.

1) Deve sussistere un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto, prevalente rispetto alla conservazione dello stesso (principio di proporzionalità).

2) Devono essere valutate le situazioni dei destinatari dell’atto che hanno confidato sulla validità dello stesso e degli eventuali contro interessati.

3) L’annullamento deve avvenire entro un termine ragionevole.

Quale termine può essere considerato ragionevole?

La ragionevolezza del termine deve essere valutata caso per caso, tenendo conto non semplicemente del decorso del termine dall’emanazione dell’atto, ma anche dello stato di fatto e della situazione che si è determinata in capo al privato successivamente all’emanazione del provvedimento.

Che cosa dovrebbe fare la Stazione Appaltante per non incorrere in una responsabilità precontrattuale?

Deve adempiere ad una serie puntuale di doveri quali :

  1. dovere di informazione: comunicare alla controparte le cause di invalidità, inefficacia, inadempimento o inutilità del contratto;
  2. dovere di porre in essere tutti gli adempimenti necessari per garantire la validità, l’efficacia o l’utilità del rapporto negoziale.

La casistica

Con particolare riferimento alle procedure di evidenza pubblica, la responsabilità precontrattuale della P.A. può configurarsi sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti della sequenza procedimentale, sia nell’assodato presupposto della loro validità ed efficacia ed in particolare:

a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara;

b) per impossibilità di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento;

c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all’inizio della procedura (mancata verifica della fattibilità dell’opera o del servizio Tar Lombardia, 2007, n. 1170);

d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi.

Consiglio Stato  sez. V 07 settembre 2009  n. 5245

Come deve motivare la stazione appaltante?

La motivazione deve essere differenziata a seconda che sia intervenuta o meno l’aggiudicazione.

Qualora l’amministrazione non annulla in autotutela un’ aggiudicazione, ma interrompe la procedura di gara, trattandosi di una revoca d’ufficio di un atto endoprocedimentale, la stazione appaltante ha un onere di  motivazione fortemente attenuato circa le ragioni di interesse pubblico, essendo sufficiente che sia reso palese il ragionamento seguito per giungere alla determinazione negativa attraverso l’indicazione degli elementi concreti ed obiettivi, in base ai quali si ritiene di non dare corso ulteriore al procedimento.

Occorre, per contro, una motivazione “rafforzata”, che si soffermi sui profili di illegittimità dell’atto e sulle ragioni di interesse pubblico sottostanti al ritiro, nell’ipotesi in cui sia intervenuta l’aggiudicazione.

 Il provvedimento dovrà indicare:

  1. la sussistenza di specifici vizi;
  2. la gravità delle violazioni riscontrate;
  3. l’incidenza delle violazioni sul procedimento di gara;
  4. il concreto interesse pubblico

Tar Lazio – Roma sez. i bis – sentenza 7 luglio 2003, n. 5991


[1] Nel caso oggetto della pronunzia, la stazione appaltante aveva disposto l’aggiudicazione definitiva e successivamente aveva revocato la stessa per  mancanza di fondi, non essendosi adoperata al fine di garantirne la conservazione.

[2] Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Giannini, Attività amministrativa, in Enc dir. III, Milano 1958, 998 ss.

[3] CDS sezione V, n. 5245 2009.

[4] Tar Palermo Sicilia, sez I, sentenza 4 fenbbraio 2011, n.210: “responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione ex art. 1337 c.c. non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente, nella fase, cioè, in cui gli interessati non hanno ancora la qualità di futuri contraenti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione, mentre non sussiste una relazione specifica di svolgimento delle trattative. Conseguenzialmente si è ritenuto che non sussiste il diritto al risarcimento del danno ex art. 1337 c.c. a favore dell’impresa, che abbia presentato domanda di partecipazione a una procedura ad evidenza pubblica, che la stazione appaltante abbia revocato, adducendo motivi finanziari (ex plurimis Consiglio Stato, V, 8 settembre 2010 , n. 6489 e 28 maggio 2010, n. 3393).”

[5] CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA – sentenza 5 settembre 2005 n. 6: “affidamenti che sono perdurati fino a quando non è stata comunicata alla parte privata la revoca degli atti”.

[6] Tar Firenze Toscana, sezII, sentenza 28 ottobre 2008, n. 2418.

[7] Per un approfondimento si rinvia a : “ La responsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione” di Sergio Conti, in www.amcorteconti.it

[8] Per un approfondimento si rinvia a : “ La responsabilità civile della stazione appaltante, a cura di Serafino Rusica, Giuffré editore 2011. 

[9] Alberto Adrizzi, Rapporti tra ritiro in autotela degli atti di gara e culpa in contraendo della P.A., in Giur. Merito, 2010, 10, 2621.

[10] Tar Genova Liguria, sez II, 7 aprile 2011 , n. 569.

[11] Per un approfondimento si rinvia a : “Spunti di riflessione sulle prospettive di responsabilità civile della P.A.”,di Serafino Rustica,  in www.justowin.it, 21 aprile 2010.

[12] Consiglio Stato  sez. V,  23 ottobre 2007,  n. 5583. “Quanto al requisito della colpa, il Collegio reputa che questa sussista tutte le volte in cui (come è nel nostro caso) la stazione appaltante disattenda prescrizioni che essa stessa si è data. In questo caso, invero, nessun dato che si attenga al cd. elemento psicologico può esentare l’amministrazione dalle proprie responsabilità.

[13] Corte Giust. CE, sent. 30 settembre 2010, C-314/09: “ l’accertamento della fondatezza di una domanda di risarcimento proposta dall’offerente pretermesso a seguito dell’annullamento di tale decisione da parte di un giudice amministrativo non può, per parte sua, essere subordinato – in contrasto con il tenore, l’economia sistematica e la finalità delle disposizioni della direttiva 89/665 contemplanti il diritto ad ottenere tale risarcimento – ad una valutazione del carattere colpevole del comportamento dell’amministrazione aggiudicatrice chiamata in causa….la direttiva 89/665 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata .“ (tar puglia recente escluso la necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito, affermando perentoriamente che la direttiva 89/665/CE, che coordina le disposizioni sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa processuale nazionale che subordini il diritto ad ottenere il risarcimento, in relazione ad una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’ordinamento nazionale preveda una presunzione di colpevolezza in capo all’Amministrazione ovvero l’impossibilità, per quest’ultima, di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione

[14] Corte Giust. CE, sent. 30 settembre 2010, C-314/09. “la direttiva 89/665/CE, che coordina le disposizioni sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa processuale nazionale che subordini il diritto ad ottenere il risarcimento, in relazione ad una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice, al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’ordinamento nazionale preveda una presunzione di colpevolezza in capo all’Amministrazione ovvero l’impossibilità, per quest’ultima, di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione”.

[15] Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2011 n. 1193

[16] TAR PUGLIA – BARI, SEZ. I – sentenza 19 ottobre 2011 n. 1552

[17] TAR PUGLIA – BARI, SEZ. I – sentenza 19 ottobre 2011 n. 1552: “solo nel settore degli appalti di rilevanza comunitaria appare giustificabile una forma di responsabilità aggravata in capo al committente pubblico, perché in questo settore l’ordinamento comunitario persegue la tutela dell’interesse oggettivo alla concorrenza, che assume così rango primario e viene anteposto all’interesse pubblico particolare facente capo alla stazione appaltante. Qui, secondo autorevole dottrina, la responsabilità oggettiva viene a configurarsi come una sanzione contro lo Stato che tiene un comportamento anticomunitario”

[18] Attività, che nella prospettiva dell’analisi economica del diritto giustificherebbero la socializzazione del rischio da illegittimità amministrativa, secondo un’ottica general-preventiva e redistributiva

[19] Tar Puglia, Bari, sez I , sentenza 24 febbraio 2011, n.320: “Non costituisce ostacolo al riconoscimento della responsabilità pre-contrattuale dell’ente la reiezione della domanda di annullamento del provvedimento di revoca, poichè è provato che l’elusione delle aspettative dell’a.t.i. ricorrente, seppure non intenzionale, è colposa e contraria ai canoni di correttezza e buona fede nella formazione del contratto. La responsabilità pre-contrattuale per la revoca della gara può infatti sempre ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato attraverso un comportamento obbiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa (in tal senso la più recente giurisprudenza amministrativa: Cons. Stato, Ad. plen., 5 settembre 2005 n. 6; Id., sez. V, 30 novembre 2007 n. 6137; Id., sez. V, 8 ottobre 2008, n. 4947; Id. sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245; TAR Campania, Napoli, sez. I, 8 febbraio 2006 n. 1794; TAR Lazio, sez. II-quater, 2 aprile 2010 n. 5621; TAR Puglia, Bari, sez. I, 14 settembre 2010 n. 3459).”

[20] Consiglio di Stato, sez. V. 8 settembre 2010, n. 6489.

[21] Tar L’Aquila Abruzzo, sez I, 15 novembre 2011 n. 528.

[22] Diversamente nell’ipotesi di annullamento del provvedimento di non approvazione del verbale di aggiudicazione provvisoria non può trovare accoglimento la domanda di  risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale, poiché a seguito della decisione di annullamento torna ad essere efficace il verbale di aggiudicazione provvisoria con il conseguente obbligo della stazione appaltante di concludere il procedimento di gara con l’aggiudicazione definitiva e la reintegrazione dell’interessata nella posizione che aveva acquistato in virtù dell’aggiudicazione provvisoria, Tar Laina, Lazio, sez I, 17 maggio 2007 n. 375.

[23] Tar  Palermo Sicilia sez I 4 02.2011 /210

[24] Consiglio di Stato sez. vi – sentenza 13 gennaio 2012, n. 115: “La perdita di chance va rapportata in termini percentuali all’utile in astratto conseguibile in ipotesi di aggiudicazione della gara ed esecuzione dell’appalto: utile che, secondo un consolidato criterio, va presuntivamente stimato nel 10% dell’importo posto a base d’asta, ribassato dall’offerta presentata (Cons. Stato, V, 8 luglio 2002, n. 3796; IV, 6 luglio 2004, n. 5012). Tale quantificazione va qui poi congruamente ridotta, sia perché si tratta di risarcire una mera chance di aggiudicazione, sia perché l’interessata non ha dimostrato di essere stata nell’impossibilità di utilizzare, durante il tempo di esecuzione del servizio per cui è giudizio, mezzi e maestranze per l’espletamento di altri e diversi servizi (Cons. Stato, V 24 ottobre 2002, n. 5860; VI, 9 novembre 2006, n. 6607). Invero, come di recente rilevato da questa Sezione (Cons. Stato, VI, 18 marzo 2011, n. 1681), ad evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa locupletare un effetto finanziario addirittura migliore rispetto a quello in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito, dal decimo dell’importo così stimato va detratto quanto percepito dall’impresa grazie allo svolgimento di attività lucrative diverse, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione”.

[25] Consiglio di Stato, sez VI, 3 novembre 2010 n. 7744

[26] Consiglio di Stato, sezione III, n. 1968/11

[27] Cass. Sez. un., 9 novembre 2009, n. 23667«« la giurisdizione esclusiva ritenersi limitata, in conformità del principio di cui all’art. 103 cost. e alle indicazioni contenute in C. cost. 6 luglio 2004 n. 204, cit., ai soli casi in cui sia in discussione un atto che sia espressione della funzione pubblica e che sia adottato nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato non dalla posizione di parità dei soggetti, secondo lo schema diritti-doverii, ma da una relazione asimmetrica, sintetizzata nella formula potere-soggezione»

[28] DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2010 , n. 104 art 133: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: e) le controversie:

1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative;

[29] SULLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA coordinato da Maria Alessandra Sandulli e Marco Lipari Parte I Segnalazioni e commenti QUESTIONI ATTUALI IN UN DIBATTITIO TRADIZIONALE: LA GIURISDIZIONE NEI CONFRONTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (di Roberto Caponigro), inForo amm. TAR 2011, 03

[30] Spunti di riflessione sulle prospettive di responsabilità civile della P. A, di Serafino Rusica, in www.justowin.it.

[31] Per un approfondimento Stop della Cassazione alla concentrazione della giurisdizione a senso unico, di Antonio Lamorgese, in Giust. civ. 2011, 5, 1217

[32]Cassazione civile  sez. un. Ordinanza  23 marzo 2011 n. 6596: “osserva il Collegio che in base agli artt. 103 e 113 Cost., il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela contro gli atti della Pubblica Amministrazione;che la giurisdizione amministrativa è quindi ordinata per apprestare tutela (cautelare, cognitoria ed esecutiva) contro l’agire pubblicistico della Pubblica Amministrazione quale si è concretato nei confronti della parte, che in conseguenza del modo in cui il potere è stato esercitato ha visto illegittimamente impedita la realizzazione del proprio interesse sostanziale o la sua fruizione;che fra i poteri spettanti al giudice amministrativo per la tutela degli interessi sacrificati dall’agire illegittimo della Pubblica Amministrazione rientra, a partire dal D.Lgs n. 80 del 1998, in poi, anche quello di pronunciare condanna al risarcimento del danno in forma di completamento o sostitutiva;che trattasi, pertanto, di un potere concesso in vista ed al fine di contribuire ad eliminare le conseguenze di quell’agire amministrativo che si è risolto in sacrificio illegittimo dell’interesse sostanziale del destinatario dell’atto; che il caso in questione non prospetta un’esigenza di tutela quale quella sopra indicata perchè la parte che ha agito in giudizio non è stata destinataria di un provvedimento sfavorevole o di un diniego espresso o tacito di cui avrebbe potuto postulare l’illegittimità e richiedere la caducazione con ogni consequenziale statuizione ma, tutt’al contrario, di un atto positivo e, cioè, dell’aggiudicazione dell’appalto che non ha certo messo a rischio o diminuito, ma semmai incrementato il suo patrimonio;che una tale situazione di fatto non era in grado di far affiorare alcun bisogno di tutela che, infatti, si è manifestato soltanto in seguito per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione da parte del TAR adito dalla concorrente ..; che l’esigenza di ottenere un risarcimento – e solo esso – non è in altre parole derivata dall’emanazione del provvedimento, ma dall’affidamento da esso ingenerato, com’è d’altro canto dimostrato dal fatto che la Eutourist non si è certo lamentata dell’aggiudicazione nè ha chiesto al giudice ordinario di accertarne la illegittimità (che, semmai, aveva interesse a contestare nel precedente giudizio amministrativo), ma si è limitata ad imputare al Comune ..di averla indotta a sostenere delle spese nel ragionevole convincimento della prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del termine quadriennale previsto dal contratto stipulato a seguito della gara; che così argomentando la Eutourist non ha rimproverato al Comune un esercizio illegittimo del potere, consumato in suo confronto con sacrificio del corrispondente interesse sostanziale, ma una colpa consistita nell’averla orientata verso una determinata condotta che, aveva dovuto interrompere; che si verte, pertanto, in materia di (asserita) lesione di un diritto soggettivo, del quale deve necessariamente conoscere il giudice ordinario;

[33] Il danno da revoca del provvedimento illegittimo, ma favorevole: il problema del riparto di giurisdizione, di Claudia Ruggiu, in La responsabilità civile della stazione appaltante, Giuffrè , settembre 2011.

[34] Al di fuori dell’ambito di giurisdizione esclusiva, l’individuazione del giudice competente passa necessariamente attraverso la soluzione del problema della natura giuridica della posizione soggettiva di affidamento, ricostruendo lo stesso in termini di diritto soggettivo la tutela risarcitoria spetterebbe al giudice ordinario.

[35]Per altra dottrina Lamogese citato: “La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si caratterizza per il noto intreccio tra interessi legittimi e ««anche […] diritti soggettivi» (art. 103, comma 1, cost.) che si ha quando i primi sono incisi da provvedimenti autoritativi, situazione che innesca la necessità di una doppia tutela davanti a giurisdizioni diverse che è possibile evitare, concentrando la tutela dinanzi al giudice amministrativo, in materie particolari indicate dalla legge. È però evidente che una simile situazione presuppone l’esistenza di una reale (e non virtuale) commistione tra diritti e interessi che si ha, appunto, quando il privato per tutelare il proprio diritto ««debba» tutelare ««anche» il proprio interesse legittimo mediante l’impugnazione del provvedimento di cui deduca l’illegittimità.

Questa situazione non ricorre quando concretamente manca un atto o provvedimento amministrativo della cui illegittimità il privato (che ne è destinatario) possa dolersi impugnandolo davanti al giudice amministrativo, come nel caso in cui contesti la violazione da parte della pubblica amministrazione non di norme (c.d. ««di azione») del procedimento amministrativo che regolano le modalità di esercizio del potere, ma solo di norme o principi generali di comportamento (di tutela dell’affidamento, rispetto della buona fede e correttezza ecc.) alla cui osservanza è ugualmente tenuto qualunque soggetto giuridico, sia esso pubblico o privato, a protezione della controparte e degli interessi generali

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Michela Deiana
Esperta in appalti pubblici
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