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( votes)1. Principi e finalità della nuova legge
E’ in vigore dallo scorso 15 novembre la legge 11.11.2011, n. 180 recante “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese” (G.U. n. 265 del 14.11.2011).
La nuova legge – che “definisce lo statuto delle imprese e dell’imprenditore al fine di assicurare lo sviluppo della persona attraverso il valore del lavoro, sia esso svolto in forma autonoma che d’impresa, e di garantire la libertà di iniziativa economica privata in conformità agli articoli 35 e 41 della Costituzione” (art. 1) – riserva ampio spazio (l’intero Capo I) alla elencazione delle “finalità” e dei “principi” dalla stessa perseguiti, questi ultimi qualificati come “norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica“[1] (art. 1, comma 2).
Tra le molteplici finalità enucleate nei primi articoli del provvedimento citato si evidenziano in particolare:
- il riconoscimento del diritto dell’impresa di operare in un contesto normativo certo ed in un quadro che garantisca la tempestività e qualità nell’erogazione dei pubblici servizi, riducendo al minimo i margini di discrezionalità amministrativa (art. 1, comma 5, lett. b);
- l’esigenza di garantire maggiore equità nei sistemi sanzionatori vigenti connessi agli adempimenti a cui le imprese sono tenute nei confronti della pubblica amministrazione (art. 1, comma 5, lett. c);
- la necessità di provvedere alla progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle micro, piccole e medie imprese (art. 2, comma 1, lett. d)[2];
- la promozione di politiche in favore dell’aggregazione tra imprese attraverso il sostegno a distretti e reti d’imprese (art. 2, comma 1, lett. n);
- l’ampliamento dei poteri delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative, cui viene riconosciuta legittimazione ad agire in giudizio per la tutela degli interessi diffusi (articoli 3 e 4).
I principi dettati dal nuovo provvedimento presentano chiara impronta comunitaria: notevole peso al riguardo riveste la Comunicazione dellaCommissione europeadel 25 giugno, 2008COM(2008)394,recante “Una corsia preferenziale per la piccola impresa” – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno “Small Business Act” per l’Europa), espressamente richiamata all’art. 1. “In un contesto che cambia a livello globale segnato da continui mutamenti strutturali e da pressioni competitive sempre maggiori” – si legge nella Comunicazione citata, “, l’importanza delle PMI nella nostra società, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste nella corsa al benessere delle comunità locali e regionali, è ulteriormente aumentata. PMI dinamiche daranno all’Europa il vigore per resistere alle incertezze che genera l’odierno mondo globalizzato”.
2. Rapporti con le amministrazioni pubbliche
Nell’ambito della disciplina dei “Rapporti con le istituzioni”, cui è dedicato l’intero Capo II della legge in commento, il legislatore intende innanzitutto limitare significativamente l’agire discrezionale delle amministrazioni pubbliche, ponendo a carico delle stesse una serie di obblighi procedurali. In particolare, nel richiamare la legge 28 novembre 2005, n. 246 sulla semplificazione amministrativa, si specificano le modalità attuative della “procedura di valutazione” avente ad oggetto l’analisi dell’impatto, sulle imprese, delle iniziative legislative e regolamentari, anche di natura fiscale, che l’amministrazione intenda adottare, quale adempimento necessariamente preliminare rispetto all’adozione delle iniziative medesime (art. 6).
Secondo il “principio di compensazione” nei provvedimenti amministrativi di carattere generale non possono essere introdotti nuovi oneri regolatori, informativi ed amministrativi a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o eliminarne altri.
Nella stessa direzione si muovono le misure volte alla riduzione e alla trasparenza degli adempimenti amministrativi a carico di cittadini e imprese (art. 7) nonché la previsione del cd. “principio di compensazione”[3]. L’obbligo per le pubbliche amministrazioni di agire nell’ottica della semplificazione e della riduzione degli oneri formali e burocratici nei rapporti con le imprese – già peraltro previsti dagli artt. 43 e 49 D.L. 78/2010 conv. in L. 122/2010[4] (si parla a riguardo di “zone a burocrazia zero”) nonché dal recente art. 14 L. 183/2011 (“Legge di stabilità 2012”) – è ribadito all’art. 9[5], ai sensi del quale, tra l’altro, non possono essere addotte, tra i motivi che ostano all’accoglimento di una domanda del privato, inadempienze o ritardi che siano attribuibili all’amministrazione[6].
L’art. 10 delega il Governo ad adottare, entro il 15.11.2012 (con cinque mesi di anticipo quindi rispetto alla scadenza ivi prevista nel marzo 2013), un decreto legislativo volto all’integrale recepimento della Direttiva UE 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. I principi e criteri direttivi cui l’esecutivo dovrà ispirarsi sono:
a) contrasto degli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese;
b) il rafforzamento dei poteri dell’AGCM nel procedere ad indagini e intervenire con diffide e nell’irrogare sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese. [7]
3. Novità in tema di appalti pubblici
3.1. Gli articoli 12 e 13 della L. 180/2011 in commento disciplinano la materia degli appalti pubblici nell’ottica della tutela delle micro, piccole e medie imprese (di seguito anche “Mpmi”), al fine di facilitarne l’accesso al mercato e l’aggregazione. La definizione di “micro, piccole e medie imprese” è contenuta all’art. 5, comma 1, lett. a), della stessa legge ai sensi del quale “si definiscono «microimprese», «piccole imprese» e «medie imprese» le imprese che rientrano nelle definizioni recate dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. L 124 del 20 maggio 2003;”[8].
3.2. Con particolare riguardo agli appalti pubblici di lavori e servizi di progettazione,l’art. 12 della legge in esame modifica l’art. 91, comma 1, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (di seguito “Codice dei contratti pubblici”), relativo alle procedure di affidamento di incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori, di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo, aumentando la relativa soglia (nella versione precedente “pari o superiore a 100.000 euro”) ad un “importo pari o superiore alle soglie di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 28” (ossia, ai sensi del predetto art. 28, “a) 125.000 euro, per gli appalti pubblici di forniture e di servizi diversi da quelli di cui alla lettera b.2), aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell’allegato IV; b) 193.000 euro”) così uniformandola alle “soglie dei contratti pubblici di rilevanza comunitaria” di cui al citato art. 28 del Codice.
Per i servizi di progettazione è stata elevata da 100.000 a 193.000 euro la fascia di importo entro cui sono consentite le procedure di acquisizione in economia.
3.3. L’art. 13, recante “Disciplina degli appalti pubblici”, stabilisce al primo comma obblighi di informazione e pubblicità a carico di Stato, regioni e gli enti locali, i quali, attraverso i rispettivi siti istituzionali, devono rendere disponibili le informazioni sulle procedure di evidenza pubblica e, in particolare, sugli appalti pubblici di importo inferiore alle soglie stabilite dall’Unione europea nonchè sui bandi per l’accesso agli incentivi da parte delle micro, piccole e medie imprese. Tali disposizioni – riconducibili ai principi generali dell’azione amministrativa di cui all’art. 1 L. 241/1990 – non introducono alcuna novità in materia, integrando le norme del Codice relative alla pubblicità e alle comunicazioni (in particolare l’art. 66 e l’Allegato X).
3.4. Sempre al fine di favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese agli appalti pubblici, il comma 2 del citato art. 13 prescrive alla pubblica amministrazione e alle autorità competenti, – purchè ciò avvenga “a costo zero”, ossia non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari -, una serie di adempimenti più specifici da osservarsi in sede di predisposizione dei bandi e della documentazione di gara, di seguito riportati sinteticamente.
a) Suddivisione degli appalti in lotti o lavorazioni. L’art. 13, comma 2, lett. a) fa obbligo alla pubblica amministrazione e alle autorità competenti, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 29 del Codice dei contratti pubblici[9], di suddividerel’oggetto degli appalti in lotti o lavorazioni: legittimando un modus operandi largamente diffuso tra le stazioni appaltanti, soprattutto nelle ipotesi di interventi di notevoli dimensioni, il legislatore intende, da un lato, consentire alle micro, piccole e medie imprese la più ampia partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici; dall’altro, permettere l’avvio dell’esecuzione di opere sprovviste di una attuale copertura finanziaria integrale[10]. La suddivisione in lotti dovrà in ogni caso avvenire nel rispetto di quanto già previsto dal Codice dei contratti pubblici in materia (l’art. 128, comma 7, del Codice ad esempio, in tema di programmazione dei lavori, richiede “la funzionalità, fruibilità e fattibilità di ciascun lotto” e quindi una sua propria autonomia, affinchè non vi sia pericolo di un inutile dispendio di denaro pubblico per il caso che la restante parte dell’intervento non venga poi realizzata.)[11].
Al fine di facilitare l’accesso da parte delle micro, piccole e medie imprese, lo Statuto introduce l’obbligo per le stazioni appaltanti di suddividere l’oggetto degli appalti in lotti o lavorazioni dotati di autonomia.
Con riguardo al subappalto, la legge richiede alle stazioni appaltanti di evidenziare le possibilità di far ricorso a tale istituto e di garantire, in tal caso, la corresponsione diretta dei pagamenti in favore del subappaltatore. Il carattere innovativo della disposizione in commento emerge laddove si consideri quanto disposto in materia dall’art. 118 del Codice dei contratti pubblici, ai sensi del quale la scelta della stazione appaltante di ricorrere a tale modalità di pagamento diretto si configura in termini di mera facoltà[12]. Il predetto pagamento deve in ogni caso effettuarsi tramite bonifico bancario, riportando sullo stesso le relative motivazioni, nei vari stati di avanzamento. Nel suo complesso, la previsione legislativa appare ragionevolmente volta a riaffermare gli obblighi in materia di tracciabilità dei flussi finanziari connessi a pubblici appalti (di cui alla L. 136/2010 s.m.i.), tutelando, al contempo, il subappaltatore rispetto al rischio di insolvenza dell’appaltatore.
Ampliando la previsione dell’art. 118 del Codice, la norma impone di garantire la corresponsione diretta dei pagamenti in favore dei subappaltatori.
b) Semplificazione dell’accesso agli appalti. Alle stazioni appaltanti si richiede inoltre di procedere all’affidamento degli appalti pubblici in modo da facilitare l’accesso agli stessi da parte delle aggregazioni fra micro, piccole e medie imprese, privilegiando le associazioni temporanee di imprese, le forme consortili e le reti di impresa[13], come regolate dal Codice dei contratti pubblici agli artt. 34 e 37 (art. 13, comma 2, lett. b). Il legislatore riconosce dunque il valore proconcorrenziale dell’aggregazione tra imprese (nella forma non solo dell’ATI, bensì anche dei consorzi e delle reti) quale strumento idoneo ad accentuare il confronto concorrenziale e a consentire lo sfruttamento delle eventuali sinergie ed economie di scale, il miglioramento dell’offerta, nonchè il conseguimento di obiettivi strategici di sviluppo e crescita dimensionale. Tale ottica “incentivante” del legislatore – che forse pecca di eccessiva astrattezza – non deve indurre, tuttavia, a trascurare le limitazioni introdotte dalla giurisprudenza e dalla prassi in materia rispetto alla possibilità incondizionata di ricorso al modello in questione. Consapevoli del rischio di un uso distorto di tale strumento, queste ultime tendono, infatti, ad un approccio più “cauto”, suggerendo alle stazioni appaltanti la possibilità di inserire nei bandi di gara clausole di esclusione dei raggruppamenti costituiti da due o più imprese che già singolarmente posseggono i requisiti finanziari e tecnici per partecipare alla gara[14].
c) Appalti di servizi pubblici locali. L’esigenza difavorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese al mercato riguarda poi espressamente anche appalti pubblici di fornitura di servizi pubblici locali. Ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. c), infatti, le autorità affidanti tali servizi devonoimprontare la propria azione a principi di semplificazione dell’accesso da parte di tali imprese agli appalti cd. “sottosoglia”, ossia banditi dai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti per importi inferiori alle soglie stabilite dall’Unione europea di cui all’art. 28 del Codice dei contratti pubblici.
Più in generale, con riguardo all’intero comparto degli appalti di fornitura servizi pubblici locali, il legislatore, lungi dal limitarsi ad una mera enunciazione di principio, indica espressamente attraverso quali strumenti il più volte citato obiettivo di semplificazione deve essere in via privilegiata realizzato, quali in particolare:
1) l’affidamento tramite procedura ad evidenza pubblica ovvero gara “a doppio oggetto” in favore di società miste pubblico-private (in cui la selezione del socio privato avvenga cioè mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di generali regolanti l’azione amministrativa ed i contratti pubblici, le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione dell’appalto). La previsione in questione senza dubbio promuove, quale modello “virtuoso” per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, la procedura ad evidenza pubblica, ivi inclusa la cd. gara “a doppio oggetto”, configurata, secondo i canoni comunitari, come strumento volto a valorizzare la gestione pubblica tramite l’apporto operativo di un partner industriale e non meramente finanziatore[15].
Il legislatore si pone così in linea con l’attuale normativa generale disciplinante l’affidamento dei servizi pubblici di rilevanza economica, di cui all’art. 4 D.L. 138/2011 conv. in L. 148/2011 s.m.i., sebbene non espressamente richiamata nella disposizione in esame[16]: è a quest’ultima disciplina che occorrerà, tuttavia, guardare “a monte”, ossia al momento della scelta, da parte della stazione appaltante, della modalità di affidamento del servizio. Merita certamente rilievo al riguardo la circostanza che il legislatore abbia inteso affermare la centralità del principio concorrenziale (che richiede che l’affidamento avvenga preferibilmente tramite procedura ad evidenza pubblica) con riguardo all’intero comparto dei servizi pubblici locali, senza dunque distinguere – come avviene per la disciplina generale di cui al citato art. 4 – tra servizi aventi rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza. Del resto, si tratta di principi generali di libera concorrenza già ampiamente sanciti dal Codice dei contratti pubblici all’art. 2 e qui solo ribaditi.
In linea con le ultime riforme dei servizi pubblici locali, viene ribadito anche per i Comuni inferiori a 5.000 abitanti il principio di concorrenzialità nell’affidamento dei servizi.
2) l’individuazione,in sede di predisposizione degli atti di gara, di lotti che siano adeguati alla “dimensione ottimale del servizio pubblico locale” (espressione, questa, probabilmente mutuata dall’art. 14, comma 30, D.L. 78/2010 conv. in L. 122/2010[17]); il fine è evidentemente quello di impedire il frazionamento dell’oggetto della gara in singoli lotti che siano inadeguati e sprovvisti di “una propria funzione economica o tecnica” così eludendo la disciplina comunitaria sugli appalti pubblici[18];
3) l’individuazione di “ambiti di servizio compatibili con le caratteristiche della comunità locale”, con particolare riferimento ai servizi tradizionalmente volti a soddisfare esigenze della collettività locale, quali quello di raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti, trasporto pubblico locale, servizi di manutenzione e riparazione nelle filiere energetiche, illuminazione pubblica, servizi cimiteriali, riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico, manutenzione delle infrastrutture viarie e manutenzione delle aree verdi[19]. Un riferimento al territorio e alle esigenze della collettività servita è peraltro presente anche nell’art. 9 della Legge di stabilità 2012 che modificando l’art. 4 L. 148/2011, vi introduce un nuovo comma, il comma 33-ter, secondo cui la definizione delle modalità attuative degli obblighi di informazione gravanti in materia sugli enti affidanti i servizi in oggetto deve avvenire “anche tenendo conto delle diverse condizioni di erogazione in termini di aree, popolazioni e caratteristiche del territorio servito”.
d) Coinvolgimento delle micro, piccole e medie imprese nella realizzazione di grandi infrastrutture. Il legislatore richiama l’attenzione delle amministrazioni pubbliche sulla necessità di individuare modalità volte a garantire un adeguato coinvolgimento,nella realizzazione di grandi infrastrutture nonchè delle connesse opere integrative o compensative, delle imprese residenti nelle regioni e nei territori nei quali sono localizzati gli investimenti, con particolare attenzione alle micro, piccole e medie imprese (art. 13, comma 2, lett. c). Anche in tal caso quindi l’intento del legislatore è quella di ancorare irreversibilmente il principio “Pensare anzitutto in piccolo”[20] nei processi decisionali e apromuovere la crescita delle Mpmi aiutandole ad affrontare i problemi che continuano adostacolarne lo sviluppo. Tra gli strumenti utilizzati nella prassi a tal fine si rammentano le cd. “clausole di preferenza” (previste, ad esempio, in tema di concessione di costruzione e gestione, all’art. 146 del Codice)[21].
Per agevolare le imprese locali si prevede la possibilità di inserire “clausole di preferenza” nei bandi per grandi infrastrutture.
3.5. Requisiti di partecipazione
Al fine di adeguare l’intervento pubblico alle esigenze delle Mpmi il comma 3 dell’art. 13 prevede, inoltre, che le micro, piccole e medie imprese che partecipano alle gare di appalto di lavori, servizi e forniture possono presentare autocertificazioni per l’attestazione dei requisiti di idoneità[22]. Inoltre, le amministrazioni pubbliche e le autorità competenti non possono chiedere alle imprese documentazione o certificazioni già in possesso della pubblica amministrazione o documentazione aggiuntiva rispetto a quella prevista dal codice di cui al Codice dei contratti, come del resto già sancito in via generale dalla Legge 241/90 all’art. 2, che vieta l’ aggravamento del procedimento, se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria, a tutela dell’economicità e dell’efficacia dello stesso, e impone il minor sacrificio possibile degli interessi dei privati.
Sempre nell’ottica del divieto di aggravamento del procedimento l’art. 13, al comma 4, prevede che la pubblica amministrazione e le autorità competenti, nel caso di micro, piccole e medie imprese, debbano chiedere solo all’impresa aggiudicataria la documentazione probatoria dei requisiti di idoneità previsti dal Codice. Nel caso in cui l’impresa in questione non sia in grado di comprovare il possesso dei requisiti si applicano le sanzioni previste dalla L. 28 novembre 2005, n. 246, nonchè la sospensione dalla partecipazione alle procedure di affidamento per un periodo di un anno.
Tale previsione si pone in difficile coordinamento con quella di cui all’art. 48 del Codice dei contratti, in tema di controlli sul possesso dei requisiti, che dovrebbe ritenersi superata in questa parte per dare ad essa operatività concreta [23]
3.6. Principio di proporzionalità
L’ultimo comma dell’art. 13 in commento presenta carattere innovativo in quanto procede alla tipizzazione del principio, di elaborazione giurisprudenziale, di proporzionalità dei requisiti finanziari di partecipazione[24], sebbene solo con riguardo a tali ultimi requisiti. L’ampia portata del principio in parola risulta tuttavia sul piano soggettivo, stante il riferimento legislativo a tutti i soggetti definiti dal Codice dei contratti (pubblica amministrazione, stazioni appaltanti, enti aggiudicatori e soggetti aggiudicatori di cui all’art. 1 del Codice dei contratti pubblici), ai quali viene fatto quindi divieto di richiedere alle imprese che concorrono alle procedure di evidenza pubblica e, in particolare, agli appalti pubblici di importo inferiore alle soglie stabilite dall’Unione europea, requisiti finanziari che siano sproporzionati rispetto al valore dei beni e dei servizi oggetto dei contratti medesimi.
3.7. Contratti di fornitura con posa in opera
L’art. 15 della L. 180/2011, in via di interpretazione autentica, puntualizza il campo di applicazione dell’art. 118, comma 3, secondo periodo, del Codice dei contratti pubblici in materia di subappalto[25], specificando che lo stesso si applica anche alle somme dovute agli esecutori in subcontratto di forniture con posa in opera le cui prestazioni sono pagate in base allo stato di avanzamento lavori ovvero stato di avanzamento forniture. La disposizione va comunque interpretata alla luce della previsione sopra citata di cui all’art. 13, comma 2, lett. a), della legge in commento (che impone il pagamento diretto delle stazioni appaltanti in favore del subappaltatore).
[1]La nozione di “norme fondamentali di riforma economico-sociale” che, come la Corte Costituzionale ha numerose volte precisato, “deve essere determinata in relazione a indici di valutazione oggettivi, che vincolano lo stesso legislatore, cui non spetta un potere arbitrario di qualificazione in tali termini delle norme che pone (sentenza n. 349 del 1991) si ricava dall’esigenza di unità sotto il profilo delle scelte politiche fondamentali della Repubblica, alla difesa della quale tale limite è preordinato: dall’esigenza cioè che le grandi scelte riformatrici poste con la legge dello Stato non siano contraddette da orientamenti diversamente ispirati del legislatore regionale”. Della necessità di circoscrivere la nozione in questione alle sole leggi effettivamente dotate di contenuto riformatore, per non estenderla a ogni legge genericamente nuova, la giurisprudenza della Corte è sempre stata consapevole, avendo costantemente affermato che non qualsiasi modifica legislativa merita la qualificazione di “riforma economico-sociale”, ma solo quelle innovazioni che corrispondono a scelte di “incisiva innovatività” in settori qualificanti la vita sociale e, in particolare, quelle che mirano a strutturare tali settori attraverso istituzioni che, per la natura degli interessi che coinvolgono, non possono che valere su tutto il territorio nazionale (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 28 ottobre-8 novembre 2000 n. 447).
[2]Sorvolando sulla nutrita elencazione dei “principi generali” della legge contenuta all’art. 2, comma 1 (ampiamente riconducibili ai valori costituzionali della libertà di iniziativa economica e della tutela dell’impresa) non può non rilevarsi come la stessa sia seguita, al comma 3 del medesimo articolo, dalla precisazione secondo cui parte delle suddette norme di principio (precisamente le disposizioni di cui ai commi 1, lettere d), l), m), n) e o), e 2 dell’art. 2) si applicano “purchè non comportino nuovi o maggiori oneri finanziari e amministrativi”.
[3]In forza di tale principio negli atti normativi e nei provvedimenti amministrativi di carattere generale non possono essere introdotti “nuovi oneri regolatori, informativi ed amministrativi a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza contestualmente ridurne o eliminarne altri” (art. 8). A tal fine si prevede come obbligatoria una specifica valutazione preventiva degli oneri previsti dagli schemi di provvedimenti normativi e amministrativi. La suddetta valutazione deve, altresì individuare altri oneri regolatori, informativi o amministrativi previsti dalle norme già in vigore, da ridurre o eliminare allo scopo di garantire l’invarianza degli oneri sui privati connessi alle nuove norme o prescrizioni.
[4] Cfr. art. 49, comma 4-quater del citato D.l. secondo cui “Al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese, anche sulla base delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’ articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione, per la semplificazione normativa e dello sviluppo economico, sentiti i Ministri interessati e le associazioni imprenditoriali, volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni”.
[5]Art. 9, “Le pubbliche amministrazioni informano i rapporti con le imprese ai principi di trasparenza, di buona fede e di effettività dell’accesso ai documenti amministrativi, alle informazioni e ai servizi svolgendo l’attività amministrativa secondo criteri di economicità, di efficacia, di efficienza, di tempestività, di imparzialità, di uniformità di trattamento, di proporzionalità e di pubblicità, riducendo o eliminando, ove possibile, gli oneri meramente formali e burocratici relativi all’avvio dell’attività imprenditoriale e all’instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore privato, nonchè gli obblighi e gli adempimenti non sostanziali a carico dei lavoratori e delle imprese”.
[6]L’art. 9, comma 3, prevede infatti che “All’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all’accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione».
[7] L’art. 10, comma 2, “Al comma 3-bis dell’articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, l’abuso si configura a prescindere dall’accertamento della dipendenza economica».
Al comma 3 “La legittimazione a proporre azioni in giudizio, di cui all’articolo 4, comma 1, della presente legge, si applica anche ai casi di abuso di dipendenza economica di cui all’articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192, come modificato, da ultimo, dal comma 2 del presente articolo.”
[8] Ai sensi dell’art. 2 dell’Allegato I alla citata Raccomandazione, “1. La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR.
2. Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un
fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR.
3. Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.”.
[9] L’art. 29 del Codice stabilisce i “ Metodi di calcolo del valore stimato dei contratti pubblici”.
[10]Il legislatore del regolamento sulla contabilità generale dello Stato (R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 43), riteneva infatti che il frazionamento dell’opera pubblica in lotti successivi fosse una modalità di realizzazione di cui le stazioni appaltanti dovessero servirsi solo in casi eccezionali. L’AGCM (Parere 7 febbraio 2003) osserva invece come “la suddivisione in più lotti della fornitura sia coerente con l’obiettivo di garantire la partecipazione alla gara del maggior numero possibile di concorrenti; tuttavia, affinché si realizzi un effettivo confronto competitivo tra le imprese, appare indispensabile che il numero dei lotti sia determinato in modo tale da risultare sempre inferiore al numero dei partecipanti alla gara.” Questo meccanismo, infatti, consentendo un incremento del numero dei lotti messi a gara “riduce la dimensione minima d’impresa necessaria per accedere al confronto competitivo e, conseguentemente, offre la possibilità di accesso al mercato ad un numero notevolmente maggiore di imprese. Interessante, dal punto di vista concorrenziale, risulta inoltre la fissazione di un numero di lotti inferiore al numero dei partecipanti alla gara. Tale opzione, sottolinea l’AGCM, riduce drasticamente il rischio di pratiche collusive tra gli operatori telefonici nella formulazione delle offerte” (AGCM, segnalazione 27 febbraio 2006). Sui potenziali inconvenienti della suddivisione in lotti si v. AVCP, Determinazione 9.6.2005 n. 5 (G.U. 27/7/2005 n. 173) Frazionamento ed accorpamento di appalti di lavori pubblici, “la suddivisione in lotti se da un lato può consentire un più rapido completamento dell’opera, dall’altro presenta anche significativi inconvenienti, derivanti dalla necessità di stipulare una pluralità di contratti, dalla possibilità di un incremento del costo complessivo e dal frazionamento delle responsabilità contrattuali. Inoltre, da un punto di vista tecnico-organizzativo, la presenza di più imprese nel cantiere può generare problemi di coordinamento e quindi un maggior impegno per la stazione appaltante. Da ciò la necessità per le stazioni appaltanti di valutare in termini generali e globali la convenienza a procedere ad appalti separati anche in presenza di lotti autonomamente funzionali e fruibili”.
[11] Cfr. sul punto AVCP, Deliberazione del 23.2.2011 n. 23.
[12] L’art. 118 del Codice, invero, stabilisce: “Nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento.”. L’obbligo di corresponsione diretta è prevista solo dall’art. 37, comma 11, del Codice secondo cui “Qualora nell’oggetto dell’appalto o della concessione di lavori rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali, e qualora una o più di tali opere superi in valore il quindici per cento dell’importo totale dei lavori, se i soggetti affidatari non siano in grado di realizzare le predette componenti, possono utilizzare il subappalto con i limiti dettati dall’articolo 118, comma 2, terzo periodo; il regolamento definisce l’elenco delle opere di cui al presente comma, nonché i requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, che possono essere periodicamente revisionati con il regolamento stesso. L’eventuale subappalto non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso. In caso di subappalto la stazione appaltante provvede alla corresponsione diretta al subappaltatore dell’importo delle prestazioni eseguite dallo stesso, nei limiti del contratto di subappalto; si applica l’articolo 118, comma 3, ultimo periodo.”.
[13] Sul concetto di “contratto di rete” cfr. art. 3 del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 aprile 2009 n. 33, come modificata dall’art. 42 D.L. 31.5.2011 n. 78 conv. in L. 30 luglio 2010 n. 122 e D.M. 25-02-2011. Sul punto cfr. RETIMPRESA, “Guida pratica al Contratto di Rete d’Impresa”, novembre 2011.
[14]Cfr. Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), AS880 – CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI: TIPIZZAZIONE DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE DALLE PROCEDURE DI GARA E DETERMINAZIONE DELL’OFFERTA MIGLIORE, 28 settembre 2011. Già il Consiglio di Stato Sez. VI, 9 aprile 2009 n. 2206 osservava che “Non risulta neppure dimostrato che la vigente legislazione favorisca le aggregazioni tra imprese (deboli in tale direzione sono gli elementi che si traggono dall’art. 18, co. 3-ter, d.lgs. n. 422/1997 e dall’art. 23-bis, co. 7, d.l. n. 112/2008).”.
Con specifico riguardo ai servizi pubblici locali, il recente art. 4, comma 11, lett. d), D.L. 138/2011, dispone in effetti che il bando di gara o la lettera di invito possono escludere forme di aggregazione o di collaborazione tra soggetti che possiedono singolarmente i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara qualora, “in relazione alla prestazione oggetto del servizio, l’aggregazione o la collaborazione sia idonea a produrre effetti restrittivi della concorrenza sulla base di un’oggettiva e motivata analisi che tenga conto di struttura, dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento”. Benché tale disposizione sia stata proposta per i soli servizi pubblici locali, l’AGCM, nel sopra citato documento di consultazione, non manca di osservare che “la mancata estensione della ratio ad essa sottesa a tutti gli appalti pubblici appare contraria ai principi che informano l’ordinamento giuridico, e, in particolare, a quelli derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea: la norma, come già evidenziato, è espressione di un principio immanente e direttamente riconducibile all’applicazione delle disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea”.
[15]Nell’ottica comunitaria in materia, peraltro, l’approccio fondato sullo strumento del partenariato è idoneo a tutelare e incentivare lo sviluppo delle PMI (Cfr. “Piccole e medie imprese, essenziali per conseguire una maggiore crescita e rafforzare l’occupazione – Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI”, COM(2007) 592 def. del 4.10.2007).
[16]Con riguardo alla gara “a doppio oggetto” il richiamato art. 4, comma 12, L. 148/2011 cit. prevede che debba trattarsi di “procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio, al quale deve essere conferita una partecipazione non inferiore al 40 per cento, e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio”: in tali casi “ll bando di gara o la lettera di invito assicura che:
a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;
b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l’intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento;
c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.”.
[17]Ai sensi del citato comma 30, “La regione, nelle materie di cui all’articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, individua con propria legge, previa concertazione con i comuni interessati nell’ambito del Consiglio delle autonomie locali, la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni con dimensione territoriale inferiore a quella ottimale, delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 21, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42, secondo i principi di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, fermo restando quanto stabilito dal comma 28 del presente articolo. Nell’ambito della normativa regionale i comuni avviano l’esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata entro il termine indicato dalla stessa normativa. I comuni capoluogo di provincia e i comuni con un numero di abitanti superiore a 100.000 non sono obbligati all’esercizio delle funzioni in forma associata”.
[18] Cfr. AGCM, Bandi di gara in materia di appalti pubblici, Segnalazione del 17.12.1999 (AS187).
[19]Un riferimento all’esigenza di garantire “ambiti di servizio compatibili” si rinveniva nell’art. 23-bis, comma 7, L. 133/2008 s.m.i., secondo cui “Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono definire, nel rispetto delle normative settoriali, i bacini di gara per i diversi servizi, in maniera da consentire lo sfruttamento delle economie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento dei servizi, nonché l’integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi più redditizi, garantendo il raggiungimento della dimensione minima efficiente a livello di impianto per più soggetti gestori e la copertura degli obblighi di servizio universale”. Non sono presenti analoghe previsioni nell’attuale disciplina dei servizi pubblici locali di cui all’art. 4 L. 148/2011 cit. con la conseguenza dovrà farsi riferimento alle discipline di settore al fine di individuare la “dimensione ottimale” del servizio pubblico locale.
[20] Cfr. Commissione europea del 25 giugno, 2008COM(2008)394 cit.
[21] Tuttavia si veda Consiglio di Stato n. 28 dell’11 gennaio 2006 secondo cui “È illegittima la clausola del bando di gara che accorda una preferenza alle imprese aventi sede nel territorio della stazione appaltante. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, V sezione, con la decisione n. 28 dell’11 gennaio 2006.”; Tar Palermo n. 290 del 4.3.2008.
Cfr. altresì AVCP, Comunicato 20 ottobre 2010, OGGETTO: Bandi di gara e limitazioni di carattere territoriale. deliberazioni n. 45/2010, n. 43/2009, n. 245/2007, n. 314/2007, parere n. 83/2008) secondo cui“1. I bandi di gara non possono prevedere requisiti soggettivi dei concorrenti legati ad elementi di localizzazione territoriale, con effetti escludenti dalle gare pubbliche o con valore discriminante in sede di valutazione delle offerte, e non attinenti alle reali esigenze di esecuzione del contratto ma esclusivamente ai requisiti tecnico-organizzativi delle imprese. Simili clausole rappresentano, infatti, una violazione dei principi di uguaglianza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci. 2. Detti principi trovano applicazione sia per gli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria, sia per quelli di valore inferiore, stante il rinvio dell’art. 121 del Dlgs 163/2006 alla Parte I del Dlgs 163/2006 e, dunque, all’art. 2 sopra richiamato.”.
[22]La circostanza che i partecipanti possono, in sede di presentazione dell’offerta, autodichiarare il possesso dei requisiti richiesti è già prevista espressamente dal Codice dei contratti (cfr art. 38, comma 2, del Codice dei contratti pubblici nel senso che “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione”). Così l’art. 41 del Codice in tema di Capacità economica e finanziaria dei fornitori e dei prestatori di servizi” :
“1. Negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti: (comma così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 152 del 2008)
a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
b) bilanci o estratti dei bilanci dell’impresa, ovvero dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445;
c) dichiarazione, sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, concernente il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.”.
Sul punto anche l’art. 42 Capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi del predetto Codice:
“4. I requisiti previsti nel comma 1 del presente articolo possono essere provati in sede di gara mediante dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizione del d.P.R. del 28 dicembre 2000 n. 445; al concorrente aggiudicatario è richiesta la documentazione probatoria, a conferma di quanto dichiarato in sede di gara.”.
La “estensione del criterio di autocertificazione per la dimostrazione dei requisiti richiesti per l’esecuzione dei lavori pubblici” è altresì prevista dall’art. 4 D.L. 70/2011 conv. in L. 106/2011 (“Decreto Sviluppo”).
[23]Ai sensi dell’art. 48 del Codice dei contratti,
“1. Le stazioni appaltanti prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. (….) Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per i provvedimenti di cui all’articolo 6 comma 11. L’Autorità dispone altresì la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento.
1-bis. Quando le stazioni appaltanti si avvalgono della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, ai sensi dell’articolo 62, comma 1, richiedono ai soggetti invitati di comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando, in sede di offerta, la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito in originale o copia conforme ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. Non si applica il comma 1, primo periodo.”
(…)”.
[24]E’ infatti principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui la disciplina di gara ben può richiedere ai concorrenti requisiti di partecipazione e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché tali ulteriori prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza con riguardo alle specifiche esigenze imposte dall’oggetto dell’appalto, in modo da non limitare indebitamente l’accesso alla procedura delle imprese interessate (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2010 n. 426; Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 maggio 2007 n. 2304; TAR Lazio Roma, Sez. II, 9 dicembre 2008 n. 11147).
[25] Ai sensi di tale disposizione, nel bando di gara la stazione appaltante deve indicare che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari devono comunicare alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento.