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( votes)L’estinzione del reato oggetto della sentenza di patteggiamento non opera ipso iure, ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione
Secondo un consolidato indirizzo della giurisprudenza penalistica, l’estinzione del reato già oggetto della sentenza di patteggiamento per effetto del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445, comma 2, c.p.p. (cioè la mancata commissione nel termine di cinque anni ovvero di due anni di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera ipso iure, ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 676 c.p.p. (Cass, pen. IV, 27 febbraio 2002, n. 11560; sez. I, 24 novembre 2009, n. 49987), dovendo in particolare il giudice attivare, anche d’ufficio, tutti gli accertamenti occorrenti e diretti a verificare se siano state o meno pronunciate nei confronti dell’interessato sentenze irrevocabili di condanna per delitti commessi entro cinque anni dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza di applicazione della pena, non rilevando la sola commissione di reati da cui non sia conseguita una condanna definitiva (Cass. pen., sez. I, 9dicembre 2010, n. 44567; 27 ottobre 2006, n. 38043; 7 luglio 2005, n. 32801.
Da ciò deriva l’inconsistenza della tesi sostenuta dai ricorrenti in ordine al carattere meramente ricognitivo della dichiarazione di estinzione dei reati che, a loro avviso retroagirebbe quanto meno al 1993, con conseguente non valutabilità degli stessi ai fini dell’articolo 38 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, laddove invece tale estinzione, proprio sulla scorta del ricordato indirizzo giurisprudenziale, non può che produrre effetti dalla data di pubblicazione della relativa sentenza e cioè dal 15 maggio 2008.
Tale data è cronologicamente successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte per la gara.