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( votes)Il D.P.R. n. 207/2010 reca una disciplina attuativa in tema di esecuzione di lavori pubblici che, per taluni profili, innova il regime previgente.
Soffermando la disamina sugli istituti delle varianti, riserve, consegna dei lavori e compensazione dei prezzi, le novità introdotte si limitano a conferire un assetto più organico alla specifica regolamentazione di settore, esaurendosi nell’adeguamento a contesti normativi sopravvenuti (es. stand still) e nel recepimento sia degli indirizzi applicativi dettati da circolari amministrative (che assurgono così a rango di fonte regolamentare), sia delle disposizioni di dettaglio contenute nel precedente capitolato generale di appalto di opere pubbliche (D.M. n. 145/2000).
Pochi, invece, gli elementi con portata sostanzialmente innovativa, di cui si darà contezza in queste pagine.
Varianti in corso d’opera: quinto d’obbligo e varianti in diminuzione
Com’è noto, l’istituto delle varianti soggiace ad una disciplina rigorosa, compendiata nell’art. 132 del D.Lgs. m. 163/2006, il quale, al comma primo, enuclea le ipotesi tassative che rendono ammissibili le modifiche in corso d’opera.[1]
È altrettanto noto che detta norma, enunciativa di un principio generale, rinviene la propria finalità nell’esigenza di impedire variazioni indiscriminate nelle condizioni contrattuali per l’affidamento di lavori pubblici, sia prima che dopo l’aggiudicazione, le quali, se liberamente disposte o concordate, integrerebbero una violazione delle regole di concorrenza e di parità di condizioni tra i partecipanti alle gare, oltre a determinare aumenti esponenziali dei costi.
Le varianti in corso d’opera, per poter essere legittimamente applicate nei rapporti con l’appaltatore, postulano però non solo la ricorrenza delle condizioni tipizzate ex lege, che giustificano il c.d. jus variandi dell’amministrazione,ma anche la coerenza al limite del c.d. quinto d’obbligo, fissato ab origine dall’art. 344 della L. n. 2248/1865 (all. F).[2]
Tale previsione, infatti, non è stata abrogata dall’art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 163/2006, ma è venuta meno solo per effetto della vigenza del D.P.R. n. 207/2010 e, in particolare, dell’art. 358, comma 1, lett. a).
Il nuovo regolamento, nel ridefinire i contenuti precettivi ed i limiti di operatività dell’istituto, ha riscritto l’art. 344 della L. n. 2248/1865.
Infatti, l’art. 161 comma 12 del D.P.R. n. 207/2010 stabilisce che per le sole ipotesi previste dall’art. 132 comma 1 del codice, la stazione appaltante durante l’esecuzione dell’appalto può ordinare una variazione dei lavori fino alla concorrenza di un quinto dell’importo dell’appalto, e che l’esecutore è tenuto ad eseguire i variati lavori agli stessi patti, prezzi e condizioni del contratto originario (salva l’eventuale applicazione del comma 6 del medesimo art. 161 o dell’art. 163 del regolamento), e che non ha diritto ad alcuna indennità ad eccezione del corrispettivo relativo ai nuovi lavori.
Al di là del mero dato formale che riproduce – pur con diverse modulazioni lessicali – l’abrogato disposto in materia di “quinto d’obbligo”, l’effettiva innovazione è rappresentata dal comma 14 del citato art. 161, il quale specifica il criterio utilizzabile ai fini del computo del limite anzidetto, disponendo che, ai fini della determinazione del quinto, l’importo dell’appalto è formato dalla somma risultante dal contratto originario, aumentato dell’importo degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi per varianti già intervenute, nonché dell’ammontare degli importi, diversi da quelli risarcitori, riconosciuti in sede di transazione o di accordo bonario.
Le varianti diminutive proposte dall’appaltatore, invece, rinvengono il referente normativo nell’art. 162 del D.P.R. n. 207/2010, nel quale risulta trasfuso l’art. 11 del D.M. n. 145/2000, recante, com’è noto, il capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici[3].
L’unico tratto differenziale è che, mentre l’ultimo comma dell’art. 11 del D.M. n. 145/2000 prescriveva che le economie risultanti dalla proposta migliorativa approvata fossero – in ogni caso – “ripartite in parti eguali tra la stazione appaltante e l’appaltatore”, il nuovo regolamento, al comma 7 dell’art. 162, subordina l’ammissibilità del suddetto riparto ad una clausola previsionale ad hoc inserita nel capitolato speciale.
Riserve
L’istituto delle riserve, come ben noto, è finalizzato a rendere tempestivamente e compiutamente edotta l’amministrazione in ordine ai fattori suscettibili di incidere sul costo dell’opera.
L’onere della riserva, più in particolare, trae giustificazione dall’esigenza di garantire la tutela degli interessi pubblicistici di cui è portatrice la stazione appaltante, la quale deve essere sempre posta in grado di compiere ogni verifica utile a valutare l’opportunità di mantenere il contratto o di recedervi.
Le nuove disposizioni regolamentari, contenute negli artt. 191 e 190 comma 3 del D.P.R. n. 107/2010, reiterano il regime decadenziale scandito, su basi temporali e fasi procedimentali, dall’art. 31 del D.M. n. 145/2000.[4]
Il primo comma del menzionato art. 191, infatti, riproduce la regola generale secondo cui l’esecutore è sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili.
Il secondo comma dell’art. 191 conferma l’originaria disciplina del regime decadenziale, stabilendo quanto segue:
- le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell’appalto idoneo a riceverle, successivo all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio dell’esecutore;
- in ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve sono iscritte nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole;
- le riserve non espressamente confermate sul conto finale si intendono abbandonate.
Il terzo comma dell’art. 191 affronta il tema relativo alle modalità esplicative e alla determinazione quantitativa delle riserve, disponendo – senza ancora una volta discostarsi dal previgente sistema ordina mentale – che esse devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali si fondano, nonché contenere a pena di inammissibilità la precisa quantificazione delle somme che l’esecutore ritiene gli siano dovute.
Il quarto comma dell’art. 191 ribadisce, infine, che la quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all’importo iscritto.
Con maggiore grado di dettaglio rispetto alla formulazione dell’art. 31 comma 3 del D.M. n. 145/2000, l’art. 190 comma 3 del D.P.R.n. 207/2010 chiarisce che se l’esecutore ha firmato con riserva, qualora l’esplicazione e la quantificazione non siano possibili al momento della sua iscrizione, egli esplica, a pena di decadenza, nel termini di quindici giorni, le proprie riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità e indicando con precisione le cifre di compenso cui crede di aver diritto, nonché le ragioni di ciascuna domanda.
Consegna dei lavori
L’art. 153 del D.P.R. n. 207/2010, rubricato “giorno e consegna dei lavori”, prevede, al comma 1, che il responsabile del procedimento autorizza il direttore dei lavori alla consegna dei lavori dopo che il contratto è divenuto efficace.
Tal norma deve essere posta in correlazione con l’art. 11 comma 11 del D.Lgs. n. 163/2006, secondo cui il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva dell’esito positivo dell’eventuale approvazione o degli altri controlli previsti dalla stazione appaltante, di cui al successivo art. 12 del codice.
Il primo comma dell’art. 153 del D.P.R. n. 207/2010, dispone altresì che il responsabile del procedimento autorizza, ai sensi dell’art. 11 comma 9 del codice, il direttore dei lavori alla consegna dei lavori subito dopo che l’aggiudicazione definitiva è divenuta efficace.
Quest’ultima norma deve essere interpretata sia in termini sistematici, coordinandola con l’art. 11 comma 8 del D.Lgs. n. 163/2010 che condiziona l’efficacia dell’aggiudicazione definitiva alla verifica circa il possesso dei requisiti prescritti dalla legge di gara; sia in termini evolutivi, con riferimento alla modifica dei commi 9 e 10 e all’aggiunta del comma 10 ter del medesimo art. 11 del codice, intervenute per effetto del D.Lgs. n. 53/2010, che ha introdotto il divieto generalizzato di esecuzione d’urgenza anticipata – cioè prima della stipulazione del contratto – dei lavori (al pari dei servizi e delle forniture) durante il termine dilatorio per la stipulazione del contratto[5] e in pendenza della sospensione obbligatoria del medesimo termine conseguente alla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva[6], salve le eccezioni espressamente previste[7].
Compensazione dei prezzi
La compensazione è notoriamente uno degli strumenti volti a ristabilire l’equilibrio tra le prestazioni contrattuali che venga alterato a causa dell’aumento imprevisto del costo dei singoli materiali.
La disciplina primaria di riferimento, recata nei commi da 4 a 8 dell’art. 133 del D.Lgs. n. 163/2006, si fonda su un duplice e concorrente presupposto.
Innanzitutto, occorre che la variazione di prezzo, relativa a singoli materiali da costruzione, si attesti, in aumento o in diminuzione, su una percentuale che ecceda il 10% rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta. Inoltre, vi deve essere disponibilità di specifiche risorse per far fronte a tali aumenti di costi.
Nella prospettiva da ultimo evidenziata, il citato art. 133 contempla riserve finanziarie adeguate cui attingere per far fronte alla compensazione (somme per imprevisti da accantonare in misura non inferiore all’1 per cento del totale dell’opera, somme a disposizione per il medesimo intervento, residui da ribasso d’asta, economie rinvenienti da lavori ultimati, previa autorizzazione del CIPE qualora si tratti di opere finanziate dal CIPE stesso).
Al fine di aggiornare i valori, il medesimo art. 133 stabilisce che le amministrazioni provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezziari.[8]
Ciò posto con riferimento al codice, il regolamento detta la disciplina attuativa dell’istituto all’art. 171, recependo le indicazioni operative delineate nella circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 871 del 4 agosto 2005.
L’art. 171 prevede, innanzitutto, che nell’istanza di compensazione – che deve essere presentata a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto ministeriale di rilevazione delle variazioni percentuali annuali – l’esecutore indica i materiali da costruzione per i quali ritiene siano dovute le eventuali compensazioni.
Ricevuta l’istanza, il responsabile del procedimento dispone che il direttore dei lavori individui i materiali di costruzione per i quali siano dovute le eventuali compensazioni. Entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta dell’esecutore, il direttore dei lavori effettua i conteggi relativi alle compensazioni e li presenta alla stazione appaltante.
La compensazione è determinata dal direttore dei lavori secondo la seguente procedura.
- “Fase A”: la variazioni in percentuale che eccede il dieci per cento è applicata al prezzo del singolo materiale da costruzione rilevato, nei decreti ministeriali annuali, nell’anno solare di presentazione dell’offerta;
- “Fase B”: la variazione di prezzo unitario determinata secondo la procedura di cui alla fase a) è applicata alle quantità del singolo materiale da costruzione contabilizzate nell’anno solare precedente.
Il direttore dei lavori provvede poi ad accertare le quantità del singolo materiale da costruzione cui applicare la variazione di prezzo unitario, determinata secondo la procedura di cui alla “fase A”, sia per le opere contabilizzate a misura che per quelle contabilizzate a corpo e a determinare l’ammontare della compensazione secondo la procedura di cui alla “fase B”.
Lo stesso direttore dei lavori individua, quindi, la quantità del singolo materiale da costruzione, ove detto materiale risulti presente come tale in contabilità, riscontrando nel registro di contabilità, per le opere contabilizzate a misura, le quantità contabilizzate, e per le opere contabilizzate a corpo, le percentuali di avanzamento cui corrispondono le quantità determinate sulla base delle previsioni progettuali. Qualora il singolo materiale da costruzione sia ricompreso in una lavorazione più ampia, il direttore dei lavori provvede a ricostruirne la relativa incidenza quantitativa sulla base della documentazione progettuale e degli elaborati grafici allegati alla contabilità.
La stazione appaltante verifica, sempre tramite il direttore dei lavori, l’eventuale effettiva maggiore onerosità subita dall’esecutore, il quale deve fornirne la prova mediante adeguata documentazione: dichiarazione di fornitori o subcontraenti o altri idonei mezzi probatori relativi alle variazioni, per i materiali da costruzione, del prezzo elementare pagato dall’esecutore, rispetto a quello documentato dallo stesso con riferimento al momento dell’offerta. Laddove la maggiore onerosità provata dall’esecutore sia relativa ad una variazione percentuale inferiore a quella riportata nel decreto ministeriale annuale, la compensazione è riconosciuta limitatamente alla predetta inferiore variazione per la parte eccedente il dieci per cento. Ove sia provata dall’esecutore una maggiore onerosità relativa ad una variazione percentuale superiore a quella riportata nel predetto decreto, la compensazione è riconosciuta nel limite massimo pari alla variazione riportata nel decreto ministeriale annuale per la parte eccedente il dieci per cento.
E’ altresì precisato che prezzi riportati nei decreti ministeriali assumono unicamente un valore parametrico e non interferiscono con i prezzi contrattuali dei singoli contratti.
Per quanto concerne l’ipotesi in cui il prezzo di un singolo materiale da costruzione non risulti essere stato rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta – non essendo state rilevate le circostanze eccezionali di cui all’articolo 133 comma 4 del codice – il direttore dei lavori fa riferimento al prezzo rilevato nel primo decreto ministeriale annuale disponibile successivo all’anno di presentazione dell’offerta.
Altre puntualizzazioni riguardano:
- l’esclusione dalla compensazione dei lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta;
- l’applicazione per intero della variazione di prezzo riportata nei decreti ministeriali annuali ai lavori contabilizzati in un periodo di tempo inferiore all’anno solare, diversi da quelli contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta;
- la non assoggettabilità della compensazione al ribasso d’asta:
- la non applicabilità alle eventuali compensazioni dell’istituto della riserva.
Sul piano procedurale, è stabilito che termine di quarantacinque giorni decorrente dalla presentazione dei conteggi da parte del direttore dei lavori, il responsabile del procedimento o il dirigente all’uopo preposto, provvede a verificare la disponibilità di somme nel quadro economico di ogni singolo intervento, nonché a richiedere alla stazione appaltante l’utilizzo di ulteriori somme disponibili o che diverranno tali. Entro lo stesso termine il responsabile del procedimento provvede, verificati e convalidati i conteggi effettuati dal direttore dei lavori ad emettere, ove esista la disponibilità dei fondi, il relativo certificato di pagamento.
La normativa regolamentare disciplina infine l’ipotesi in cui la procedura sia avviata d’ufficio dalla stazione appaltante: ciò avviene in presenza di materiali da costruzione che abbiano subito variazioni in diminuzione entro sessanta giorni dalla avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del decreto ministeriale annuale. In tal caso, il responsabile del procedimento accerta con proprio provvedimento il credito della stazione appaltante e procede ad eventuali recuperi.
Infine, qualora il direttore dei lavori riscontri, rispetto al cronoprogramma, un ritardo nell’andamento dei lavori addebitabile all’esecutore relativo a lavorazioni direttamente incidenti sui materiali soggetti a compensazione, non si applicano le compensazioni in aumento dovute al protrarsi dei lavori stessi oltre l’anno solare entro il quale erano stati previsti nel predetto cronoprogramma.
[1] Si rammenta che non costituiscono tecnicamente varianti le modifiche disposte dal direttore dei lavori necessarie per la corretta esecuzione dell’opera, purché non comportino aumento di spesa e non eccedano il 10% delle categorie di lavori attinenti al recupero, ristrutturazione, manutenzione, restauro, oppure il 5% per le altre categorie.
[2] “Occorrendo in corso di esecuzione un aumento o una diminuzione di opere, l’appaltatore è obbligato ad assoggettarvisi fino a concorrenza del quinto del prezzo di appalto alle stesse condizioni del contratto. Al di là di questo limite egli ha diritto alla risoluzione del contratto. In questo caso sarà all’appaltatore pagato il prezzo dei lavori a termini del contratto”.
[3] L’art. 11 del D.M. n. 145/2000 è stato abrogato dall’art. 358 comma 1 lett. e del D.P.R. n. 207/2010.
[4] L’art. 31 del D.M. n. 145/2000 è stato abrogato dall’art. 358 comma 1 lett. e del D.P.R. n. 207/2010.
[5] Trentacinque giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva.
[6] Se è proposto ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro detto termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva.
[7] Si tratta delle procedure in cui la normativa vigente non prevede la pubblicazione del bando di gara, ovvero dei casi in cui la mancata esecuzione della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari.
[8] Si rammenta che è illegittimo il bando che non ponga a base di gara un prezziario non aggiornato: T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 1 ottobre 2009, n. 5130; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 9 marzo 2009, n. 131; T.A.R. Veneto, sez. I, 17 marzo 2008, n. 670.