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( votes)La società d’ambito costituita nella forma di società per azioni per svolgere, secondo criteri di economicità, le funzioni in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasferite alla stessa da enti pubblici territoriali, è soggetta alla normativa in materia di responsabilità da reato degli enti. Si applicano anche alle società partecipate da capitale pubblico le disposizioni in tema di responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001, rispetto al quale sono esonerati solamente lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli “altri enti pubblici non economici”. La natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente, all’esonero dalla disciplina in discorso, dovendo altresì concorrere la condizione che l’ente medesimo non svolga attività economica. Ogni società, in quanto tale, è costituita pur sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di dividerne gli utili (v. art. 2247 cod. civ.), a prescindere da quella che sarà – poi – la destinazione degli utili medesimi, se realizzati.
Questo il principio espresso in una recente sentenza della Cassazione Penale, Sezione Seconda del 10 gennaio 2011 n.234, che merita un approfondimento, in un periodo storico durante il quale le società pubbliche stanno vivendo una stagione di trasformazione radicale ad opera del D.R.P. 168/10.
Il fatto.
Un Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale, con la quale è stata rigettata la richiesta diretta all’applicazione ad una s.p.a. pubblica delle misure cautelari della sanzione interdittiva dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi e la revoca di quelli già concessi, ed in via subordinata della nomina di un commissario giudiziale per la durata di un anno e dell’ordinanza emessa dal g.i.p. con cui è stato revocato il sequestro preventivo, funzionale alla successiva confisca, di somme di denaro, beni o altra utilità della s.p.a., , disposto con decreto del medesimo G.I.P., a seguito di responsabilità amministrativa per diverse ipotesi di reato di cui agli articoli del codice civile in materia di comunicazioni socieli, e dei conseguenti illeciti amministrativi derivanti dai suddetti reati ex art. 24 e 25 ter d.lgs. n. 231/2001.
II ricorrente lamenta che il Tribunale, pur riconoscendo alla s.p.a. la natura di ente pubblico economico, ha ritenuto la stessa non soggetta al d.lgs. n. 231/2001, attraverso un’erronea interpretazione dell’art. 1, comma 3 del d. lgs. N. 231/2001, basando l’esclusione con riferimento allo svolgimento di funzioni pubbliche proprie degli enti territoriali, a seguito del trasferimento da parte dei Comuni della provincia interessata delle loro funzioni appunto all’A.T.O. di riferimento.
Secondo il P.M. ricorrente in questo modo il Tribunale avrebbe ingiustificatamente ampliato il novero dei soggetti esclusi dall’applicazione del citato d.lgs. n. 231/01, in violazione dell’art. 15, comma 1 lett. a) d.lgs. citato,che prevede la possibilità di nomina dì un commissario giudiziale, nell’ipotesi in cui l’applicazione della misura interdittiva possa determinare una interruzione di un pubblico servizio o di un servizio di pubblica necessità con grave pregiudizio per la collettività; sarebbe stato violato inoltre l’art. 45, comma 3, d.lgs. n. 231/2001 che disciplina l’applicazione di misure cautelari nei confronti di un ente che svolge un servizio pubblico o di pubblica necessità. L’articolo, infatti, richiama la disposizione contenuta nell’art. 15 d.lgs. citato, prevedendo la possibilità per il giudice, cui è stata richiesta una misura cautelare interdittiva, di nominare un commissario giudiziale, come richiesto in via subordinata dallo steso P.M., richiesta rigettata dal G.i.p. e dal Tribunale.
Una responsabilità senza legge: l’estensione in via pretoria della responsabilità amministrativa e la diversa struttura della responsabilità societaria.
In materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche da ricondurre nell’alveo del diritto pubblico con veste di società sono intervenute alcune importanti sentenze, prima tra tutte quella della Corte Costituzionale n. 466/92 (su conflitto di attribuzione sollevato dalla Corte dei Conti contro il Governo sulla privatizzazione di IMI, ENI, ed ENEL), per comprendere che la “pubblica amministrazione vestita da società” è inevitabilmente condannata ad esser sottoposta ad una duplice sequenza di controlli e ad un continuo rinvio a norme che disciplinano sia il profilo civilistico che amministrativo ma che sul piano penale portano all’applicazione, nei confronti degli amministratori societari, dei reati del pubblico ufficiale e, nei confronti della società, pur pubblica, la responsabilità amministrativa della persona giuridica privata.
A partire dalla nota sentenza n. 466 del 1993, la Corte Costituzionale ha fatto proprio l’orientamento sostanzialista connettendo al permanente carattere pubblico degli enti trasformati in società per azioni la sussistenza del controllo esercitato dalla Corte dei conti tramite la presenza di un magistrato alle riunioni dei consigli di amministrazione.
Nel corso del tempo, anche la Corte di Cassazione ha riconosciuto il controllo della Corte dei Conti sulle società per azioni pubbliche costituite per legge, in virtù della distinzione del fenomeno della “privatizzazione” da quelli che sono gli ordinari strumenti previsti dal codice civile per le società per azioni.
Nel caso ENELPOWER la giurisdizione della Corte dei Conti è stata però limitata al solo danno diretto all’immagine del Ministero causato da condotte illecite di amministratori/dirigenti dell’ente in questione. Invero in presenza di danni al patrimonio della S.p.a. partecipata sussiste secondo la Cassazione la cognizione del Giudice ordinario pur subendo comunque anche il Ministero indirettamente tali danni per effetto della diminuzione del pacchetto azionario detenuto.
Nel caso RAI, invece, è esemplare la definizione data dalla Corte di Cassazione, che ha riconosciuto “la natura sostanziale di ente assimilabile ad una amministrazione pubblica … nonostante l’abito formale che riveste di società per azioni”, in quanto è concessionaria di un servizio pubblico, è soggetta ai poteri di vigilanza, è destinataria di un canone di abbonamento ed è tra gli enti soggetti al controllo della Corte dei Conti.
Infine, per quanto riguarda ENAV è stata affermata la giurisdizione della Corte dei Conti facendo riferimento non alla qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico ma sia alla natura del danno e degli scopi perseguiti, sia agli indici pubblicistici dell’ente che ha una partecipazione totalitaria statale e svolge un servizio pubblico essenziale.
Il problema della differenziazione delle conseguenze giuridiche da connettersi alla natura pubblica di un soggetto, si è posto, come è noto, a seguito della espansione della presenza pubblica in attività esulanti da quelle tradizionali delle pubbliche Amministrazione.
Tutto ciò comporta che, ove si resti nell’esercizio di funzioni pubbliche le quali non cessino di essere tali per il solo fatto che sono esercitate da un soggetto giuridico privato, la nozione di pubblica amministrazione rilevante sembra esser ampia e tale da ricomprendere l’insieme di tutti i soggetti ivi compresi i concessionari di pubblici servizi, le imprese pubbliche e gli organismi di diritto pubblico che sono chiamati ad operare, in relazione all’ambito considerato, nell’esercizio della funzione pubblica.
Ed ecco, la nascita dell’altro fronte di responsabilità, quello societario. A differenza della responsabilità amministrativa, responsabilità societaria è finalizzata a fornire tutela a coloro i cui interessi possono essere pregiudicati dalla gestione senza, però, disincentivare l’assunzione di rischi, in quanto l’attività d’impresa è per sua natura caratterizzata da rischi ed incertezze, anche nella forma della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, da non confondere con quella sopra esaminata.
La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche applicata ad una s.p.a. pubblica.
La normativa di riferimento è costituita dal dlgs. n 231/01. In base al dato normativo, possano essere esonerati dall’applicazione del d. lgs. n. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici (art. 1, u.c. d.lgs. 231/2001).
Appare, dunque, evidente che la natura pubblicistica dì un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente per l’esonero dalla disciplina in questione: deve necessariamente essere presente anche la condizione dell’assenza di svolgimento di attività economica da parte dell’ente medesimo. Da ciò consegue che, nelle ipotesi delle società pubbliche, che, anzi, proprio in ragione della sua struttura societaria evidenziano la presenza di una tale caratteristica, la norma non può che trovare applicazione. A nulla rileva, la considerazione spesso addotta, secondo cui quella società sarebbe esente da questa responsabilità in quanto nei confronti di queste si ha in buona sostanza un mero trasferimento di funzioni dall’ente territoriale alla società ad uopo costituita. La ratìo dell’esenzione è, infatti, quella di escludere dall’applicazione delle misure cautelari e delle sanzioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 enti non solo pubblici, ma che svolgano funzioni non economiche, istituzionalemente rilevanti, sotto il profilo dell’assetto costituzionale dello Stato amministrazione. In questo caso, infatti, verrebbero in considerazione ragioni dirimenti che traggono la loro origine dalla necessità di evitare la sospensione di funzioni essenziali nel quadro degli equilibri dell’organizzazione costituzionale del Paese. Nel caso delle società pubbliche, proprio la preminente, se non esclusiva, attività di impresa che deve essere riconosciuta a queste non può essere messa in dubbio dallo svolgimento di una attività, che ha sicuramente ricadute indirette su beni costituzionalmente garantiti, quali ad esempio il diritto alla salute (art. 32 cost.), il diritto all’ambiente (art. 9 cost.), ma che innanzitutto si caratterizza per una attività e per un servizio che, per statuto, sono impostati su criteri di economicità, ravvisabili nella tendenziale equiparazione tra i costi ed i ricavi, per consentire la totale copertura dei costi della gestione integrata ed integrale del ciclo dei rifiuti. Non si tratta, dunque, di avallare un criterio “formale” di applicazione della norma, ma di individuare attraverso una lettura strutturale della norma medesima, il suo corretto ambito applicativo, quale emerge anche dal dato letterale. L’attribuzione di funzioni di rilevanza costituzionale, quali sono riconosciute agli enti pubblici territoriali, come i comuni, non possono surrettiziamente essere riconosciute a soggetti che hanno la struttura dì una società per azioni, in cui la funzione di realizzare un utile economico,è comunque un dato caratterizzante la loro costituzione. Una conclusione diversa porterebbe all’inaccettabile conclusione, sicuramente al di fuori sia della volontà del legislatore delegante che del legislatore delegato, di escludere dall’ambito dì applicazione della disciplina in esame un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore dello smaltimento dei rifiuti,e quindi con attività in cui viene in rilievo, come interesse diffuso, il diritto alla salute e all’ambiente, ma anche là dove viene in rilievo quello all’informazione, alla sicurezza antinfortunistica, all’igiene del lavoro, alla tutela del patrimonio storico e artistico, all’istruzione e alla ricerca scientifica, in sostanza in tutti i casi in cui vengono ad essere coinvolti, seppur indirettamente, dall’attività degli enti interessati, i valori costituzionali di cui alla parte prima della Costituzione (v. anche Cass., sez. II, 9 luglio 2010, n. 28699, C.E.D. cass.,n. 247669).
Conclusione.
L’applicazione della responsabilità amministrativa – istituto previsto dalla legge di contabilità di Stato con specifico riferimento al rapporto fra il dipendente pubblico e l’amministrazione – alle società in partecipazione pubblica e, in particolare, ai loro amministratori, è il sintomo della parabola che la società pubblica ha conosciuto nel nostro ordinamento, trasformandosi da modello di azione con proprie regole e sostanza a mero strumento neutrale. L’applicazione della responsabilità amministrativa di natura penale alle medesime società è l’inizio di un nuovo ordine di idee.