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E’ in vigore dallo scorso agosto il Regolamento con cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha disciplinato l’esercizio dei poteri di impugnazione ad essa attribuiti dal legislatore in relazione agli atti amministrativi ritenuti lesivi delle norme sui contratti pubblici[1].
Il D.lgs. 50/2016 («Codice») riconosce infatti all’Autorità il potere di impugnare in giudizio bandi ed atti di gara illegittimi per violazione delle regole in materia di appalti pubblici. Una legittimazione peculiare poiché́ basata su un interesse pubblico e generale alla legalità delle procedure di gara. Ed è lo stesso Codice a prevedere che l’ANAC individui preventivamente, con apposito regolamento, i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercitare i poteri di impugnazione (art. 211, comma 1-quater).
Il Regolamento è stato quindi adottato all’esito di una procedura di consultazione pubblica conclusasi il 24 gennaio scorso e sulla base delle osservazioni rese dal Consiglio di Stato con parere n. 1119 del 4/4/2018.
1. La nuova disciplina
La titolarità in capo all’ANAC del potere di impugnazione degli atti ritenuti lesivi trova fondamento legislativo nell’art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del Codice (commi introdotti dal D.L. 50/2017 come modificato dalla legge di conversione L. 96/2017).
Il «vuoto» da colmare voleva essere quello aperto dal d.lgs. n. 56/2017 con l’abrogazione del comma 2 dei citato art. 211 che disciplinava il c.d. potere di «raccomandazione vincolante» dell’ANAC. Una fattispecie che, di fatto, non aveva incontrato il favore del Consiglio di Stato: in più di un parere, il Giudice amministrativo aveva infatti evidenziato le criticità dell’istituto prediligendo, in suo luogo, lo strumento della vigilanza dinamica o collaborativa[2] mediante potere di impugnazione, modello già utilizzato per le Autorità amministrative indipendenti (in primis per l’Autorità Garante della Concorrenza, dotata del potere di impugnare, previa diffida, gli atti amministrativi ritenuti illegittimi e lesivi delle norme a tutela della concorrenza ai sensi dell’art. 21-bis, comma 2, della Legge 10 ottobre 1990, n. 287)[3].
In sede di conversione del d.l. n. 50/2017 si è andati quindi ben oltre il modello della raccomandazione vincolante, inserendo, in luogo dell’abrogato comma 2 dell’art. 211 del Codice, una disposizione che attribuisce all’ANAC un vero e proprio potere impugnatorio. Il nuovo art. 211 apporta sostanziali modifiche all’istituto della «raccomandazione vincolante», legittimando l’ANAC ad agire in giudizio per l’impugnazione di atti e provvedimenti viziati da violazioni della normativa in materia di contratti pubblici e attribuendo ad essa, altresì, il potere di adottare pareri motivati, qualora reputi che la stazione appaltante abbia adottato provvedimenti viziati da gravi violazioni del Codice dei contratti pubblici.
Gli artt. 3 e 4 del Regolamento disciplinano, in particolare, le due diverse fattispecie delineate dai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 211, prevedendo nello specifico:
– il «ricorso diretto» (art. 211, comma 1-bis) che legittima l’ANAC ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;
– il «ricorso previo parere motivato» (art. 211, comma 1-ter) in base al quale, qualora la stazione appaltante non si conformi al parere motivato dell’ANAC entro il limite massimo di sessanta giorni dalla trasmissione del parere, l’ANAC ha la facoltà̀, entro i successivi trenta giorni, di presentare ricorso dinanzi al giudice amministrativo.
Attenendosi al dettato normativo, che ha codificato due distinti poteri, il Regolamento prevede quindi i) una ipotesi generale di legittimazione al ricorso non subordinata a particolari regole procedurali e che consente di esercitare un potere di impugnazione veloce e snello, e ii) una distinta ipotesi speciale, azionabile nel caso di gravi violazioni e contraddistinta dalla adozione in via prodromica di un parere motivato da parte dell’Autorità.
Su questa base si articolano i quattro Capi del Regolamento, così ripartiti:
a) Capo I – Disposizioni generali (artt. 1 e 2);
b) Capo II – Potere di cui all’articolo 211, comma 1-bis – Ricorso diretto (artt. 3,4 e 5);
c) Capo III – Potere di cui all’articolo 211, comma 1-ter – Ricorso previo parere motivato (artt. 6,7,8,9 e 10);
d) Capo IV- Disposizioni comuni, finali e transitorie (artt. 11,12,13,14,15).
Sul piano costituzionale, come chiarito dal Consiglio di Stato nel citato parere, il Regolamento ha natura mista, essendo, in parte, attuativo della delega legislativa contenuta nel Codice (artt. 3,4,6,7), in parte organizzativo (artt. 5, 8-15), laddove disciplina il procedimento da seguire nell’esercizio dei poteri conferiti dal Codice.
2. Fattispecie legittimanti il «ricorso diretto»
L’art 52-ter della legge n. 96 del 2017, a seguito del c.d. «correttivo appalti», ha introdotto il potere dell’ANAC di impugnare direttamente e autonomamente l’atto amministrativo. L’Autorità è, in altri termini, legittimata ad agire direttamente in giudizio, senza previa interlocuzione con la Stazione appaltante, senza necessità di segnalazione di terzi.
Sul piano procedurale, ciò che occorre ai fini del «ricorso diretto» è una delibera del Consiglio dell’ANAC, su proposta dell’Ufficio competente, nei termini di legge, contenente la motivazione sulla ricorrenza dei presupposti legittimanti il ricorso. In casi di particolare urgenza il ricorso è proposto tramite modalità più snelle, sulla base di una decisione del Presidente dell’ANAC, richiedendosi successivamente la ratifica da parte del Consiglio (art. 5 del Regolamento).
L’impugnazione diretta si esercita solo nei confronti di atti relativi a contratti che siano «di rilevante impatto» senza necessità che ricorra una grave violazione.
Si intendono «di rilevante impatto», secondo la tipizzazione contenuta nel Regolamento, i contratti:
- che riguardino, anche potenzialmente, un ampio numero di operatori;
- relativi ad interventi in occasione di grandi eventi di carattere sportivo, religioso, culturale o a contenuto economico, ad interventi disposti a seguito di calamità naturali, di interventi di realizzazione di grandi infrastrutture strategiche;
- riconducibili a fattispecie criminose, situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti;
- relativi ad opere, servizi o forniture aventi particolare impatto sull’ambiente, il paesaggio, i beni culturali, il territorio, la salute, la sicurezza pubblica o la difesa nazionale;
- aventi ad oggetto lavori di importo pari o superiore a 15 milioni di euro ovvero servizi e/o forniture di importo pari o superiore a 25 milioni di euro[4].
«L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio in via diretta per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture («ricorso diretto»)».
Gli atti impugnabili dall’Autorità con «ricorso diretto» sono di due tipologie:
- regolamenti e atti amministrativi di carattere generale, quali bandi, avvisi, sistemi di qualificazione degli operatori economici istituiti dagli enti aggiudicatori nei settori speciali, atti di programmazione, capitolati speciali di appalto, bandi-tipo adottati dalle stazioni appaltanti, atti d’indirizzo e direttive che stabiliscono modalità partecipative alle procedure di gara e condizioni contrattuali[5];
- provvedimenti quali delibere a contrarre, ammissioni ed esclusioni dell’operatore economico dalla gara, aggiudicazioni, validazioni e approvazioni della progettazione, nomine del RUP, nomine della commissione giudicatrice, atti afferenti a rinnovo tacito, provvedimenti applicativi della clausola revisione prezzi e dell’adeguamento dei prezzi, autorizzazioni del Responsabile del procedimento e/o approvazioni di varianti o modifiche, affidamenti di lavori, servizi o forniture supplementari.
L’azione può proporsi quindi solo avverso atti autoritativi, rientranti nella procedura di affidamento, e non – si legge nella Relazione illustrativa al Regolamento – avverso comportamenti o atti non provvedimentali della stazione appaltante, in fase esecutiva. L’Autorità̀ non può, cioè, intervenire per denunciare violazioni che incidono sulla fase di esecuzione del contratto e che appartengono alla cognizione del giudice ordinario o degli arbitri. Fanno eccezione gli atti adottati nella fase esecutiva che si traducono in una violazione della normativa sugli appalti, sostanziandosi, di fatto, nell’affidamento di nuovi contratti pubblici in assenza delle garanzie procedurali dell’evidenza pubblica (ad esempio, varianti o affidamento di lavori/servizi supplementari in assenza dei presupposti di legge o rinnovi taciti) qualora sindacabili avanti al giudice amministrativo. Da escludere sono anche «gli atti normativi», non sottoponibili all’esercizio dei poteri (amministrativi) di vigilanza e di controllo dell’Autorità e al connesso esercizio del diritto di azione innanzi al giudice amministrativo.
Il termine per l’esercizio del «ricorso diretto» decorre, per gli atti soggetti a pubblicità legale o notiziale, dalla data di pubblicazione dell’atto stesso; per gli altri atti invece esso decorre dall’acquisizione della notizia, da parte dell’Autorità, dell’emanazione dell’atto. Ai fini della rapida verifica degli elementi di conoscenza contenuti nella notizia, l’Ufficio competente può chiedere ulteriori informazioni all’amministrazione che ha adottato l’atto. Tale richiesta non sospende i termini per la proposizione del ricorso.
L’ANAC nell’impugnare il provvedimento ritenuto illegittimo dovrà evocare in giudizio l’amministrazione resistente e i controinteressati, trovando applicazione sul piano procedurale il rito di cui all’art. 120 del Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 («codice del processo amministrativo»).
3. Il ricorso «previo parere motivato»
Il comma 1-ter dell’art. 211 del Codice prevede l’ulteriore potere dell’ANAC di ricorrere «in via indiretta», cioè adottando preventivamente un parere motivato cui il destinatario deve adempiere. Il parere in questo contesto va considerato alla stregua di una condizione di procedibilità ai fini dell’impugnazione: il fine – si legge nella Relazione illustrativa cit. – è di assicurare un momento di interlocuzione preventiva dell’Autorità con l’amministrazione emanante l’atto ritenuto illegittimo, allo scopo di stimolare uno spontaneo adeguamento anche in applicazione del principio di leale collaborazione.
L’articolo 6 del Regolamento disciplina l’iter procedurale di questa tipologia di ricorso, che è notevolmente semplificato rispetto alle fasi proprie del procedimento amministrativo di cui alla L. 241/1990, non prevedendosi particolari garanzie partecipative né l’instaurazione di un formale contraddittorio.
Si individuano, in particolare, tre fasi temporalmente successive:
1) l’acquisizione della notizia della grave violazione e l’adozione del parere (art. 8);
2) la trasmissione del parere alla stazione appaltante (art. 9);
3) la decisione in ordine alla proposizione del ricorso (art. 10).
Condizione fondamentale per l’esercizio di tale potere è la gravità della violazione di legge. Il potere di impugnare è previsto, infatti, solo in caso di gravi violazione delle norme in materia di contratti pubblici, che legittimano l’Autorità ad emettere un parere motivato e, solo in caso di esito negativo, a ricorrere al giudice amministrativo.
«L’ANAC, se ritiene un provvedimento della stazione appaltante viziato da gravi violazioni del Codice, emette, entro 60 giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a 60 giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi 30 giorni, innanzi al TAR (ricorso «previo parere motivato»)»
Sono considerate gravi le seguenti violazioni:
- affidamento di contratti pubblici senza previa pubblicazione di bando o avviso nella GUUE, nella GURI, sul profilo di committente della stazione appaltante e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l’Autorità, laddove tale pubblicazione sia prescritta dal codice;
- affidamento mediante procedura diversa da quella aperta e ristretta fuori dai casi consentiti, e quando questo abbia determinato l’omissione di bando o avviso ovvero l’irregolare utilizzo dell’avviso di pre-informazione di cui all’articolo 59, comma 5 e all’articolo 70 del codice;
- atto afferente a rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
- modifica sostanziale del contratto che avrebbe richiesto una nuova procedura di gara ai sensi degli articoli 106 e 175 del codice;
- mancata o illegittima esclusione di un concorrente nei casi previsti dall’articolo 80 e dall’articolo 83, comma 1, del codice[6];
- contratto affidato in presenza di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’UE in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 del TFUE;
- mancata risoluzione del contratto nei casi di cui all’articolo 108, comma 2 del codice;
- bando o altro atto indittivo di procedure ad evidenza pubblica che contenga clausole o misure ingiustificatamente restrittive della partecipazione e, più in generale, della concorrenza[7].
Quanto agli atti impugnabili nell’esercizio di tale potere, si tratta degli stessi atti che possono essere impugnati dall’ANAC con ricorso diretto sopra indicati.
Entro 60 giorni dall’acquisizione della notizia, il Consiglio dell’Autorità, su proposta dell’Ufficio competente, emette un parere motivato, nel quale sono segnalate le violazioni riscontrate e indicati i rimedi da adottare per eliminarle. In caso di urgenza il parere motivato è emesso dal Presidente, salva ratifica del Consiglio. Il termine ha natura perentoria, nell’ottica di garantire certezza ed effettività alla scansione procedimentale[8].
La seconda fase del procedimento, in un’ottica deflattiva del contenzioso, è preordinata a promuovere la preventiva interlocuzione con la stazione appaltante, allo scopo di stimolarne lo spontaneo adeguamento. Il parere è quindi trasmesso alla stazione appaltante, con contestuale assegnazione del termine, non superiore a sessanta giorni, entro il quale la stessa è invitata a conformarsi alle prescrizioni in esso contenute. Il parere non è invece da trasmettere agli eventuali controinteressati (a differenza di quanto prospettato inizialmente nella bozza di Regolamento). In sintesi il parere, che contiene l’invito a rimuovere i vizi di legittimità riscontrati dall’Autorità, è volto a sollecitare il potere di autotutela della stazione appaltante circa la volontà di conformarsi, totalmente o parzialmente, ovvero di non conformarsi alle prescrizioni dell’Autorità, indicando motivatamente le ragioni del rifiuto. In entrambi i casi, l’amministrazione deve tenere informata l’Anac, entro il termine assegnatole per l’adeguamento, delle azioni che ha intrapreso a seguito della ricezione del parere. In tal senso, la mancata comunicazione della decisione, entro il termine perentorio assegnato, equivale, ai fini della proposizione del ricorso dinanzi al giudice amministrativo, alla manifestazione della volontà di non conformarsi al parere (art. 10, comma 2).
La terza fase è finalizzata ad assumere una determinazione in ordine alla proposizione del ricorso dinanzi al giudice amministrativo. L’ufficio competente, preso atto delle azioni intraprese dalla stazione appaltante ovvero della mancata conformazione della medesima al parere, rimette al Consiglio dell’Autorità la decisione sulla proposizione del ricorso avverso l’atto che si assume illegittimo.
Il ricorso, previa deliberazione del Consiglio dell’Autorità, è proposto entro 30 giorni dalla ricezione della risposta della stazione appaltante, ovvero, in caso di mancata risposta, dallo scadere del termine di cui all’articolo 9, comma 1 (il dies a quo coincide con il giorno della comunicazione, da parte della stazione appaltante, della volontà̀ di non conformazione o conformazione in misura parziale al parere, ove questo sia precedente allo spirare del termine di 60 giorni assegnato alla stazione appaltante). In caso di urgenza il ricorso è proposto previa decisione del Presidente, salva ratifica del Consiglio.
4. Differenze rispetto al parere di precontenzioso
Il Regolamento lascia fermo l’ampio potere consultivo dell’ANAC che si concreta nell’adozione di pareri (vincolanti o non vincolanti). L’adozione da parte dell’ANAC di pareri con carattere vincolante trova fondamento normativo nel comma 1 dell’art. 211 del Codice che attribuisce all’ANAC il compito di esprimere parere vincolante, su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti e previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara.
BOX: «Resta fermo il potere dell’ANAC di adottare parere vincolante in funzione precontenziosa, su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta (art. 211, comma 1, del Codice)»
Con il nuovo Codice la proposta di soluzione emessa dall’ANAC – da atto di mera moral suasion – diventa atto con valore vincolante qualora le parti vi acconsentano e viene introdotto il termine di 30 giorni dalla ricezione della richiesta affinché l’Autorità si pronunci sulla questione sottoposta a parere. In tali ipotesi l’Autorità, in qualità̀ di terzo rispetto alle parti litiganti, esercita una funzione conciliativa di Alternative Dispute Resolution, su base volontaria, alternativa al ricorso giurisdizionale, preordinata all’emissione di un parere che tramite, il vincolo facoltativo a conformarsi a quanto in esso disposto, è in grado di incidere efficacemente sull’illegittimità eventualmente riscontrata. Modalità di presentazione dell’istanza (singola o congiunta), ordine di trattazione delle istanze, istruttoria, riesame e modalità di non adeguamento sono fissate dal Regolamento emanato dall’ANAC il 5 ottobre 2016[9].
Le parti che hanno optato per l’emissione del parere sono, in altri termini, tenute ad attenervisi, fatto salvo il potere di impugnativa giurisdizionale ai sensi dell’art. 120 del codice del processo amministrativo. Da un lato, pertanto, il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il vincolo non riguarda, certo, eventuali altri concorrenti (che si porrebbero come controinteressati), che potrebbero avere interesse a opporsi alla soluzione precontenziosa tra la stazione appaltante e un solo concorrente. Dall’altro lato, il parere vincolante è impugnabile innanzi ai Giudice ammnistrativo ai sensi dell’art. 120 cit. che riguarda per l’appunto la speciale procedura di impugnazione degli atti delle procedure di affidamento, ivi compresi i provvedimenti dell’ANAC ad essi riferiti. Come ribadito in giurisprudenza il parere di precontenzioso, quando abbia effetti vincolanti, deve essere impugnato nel termine decadenziale di trenta giorni soltanto dalle parti che abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi ad esso poiché è nei loro confronti che il parere assume un contenuto pre-decisorio immediatamente lesivo. Viceversa il concorrente che non abbia accettato di vincolarsi alla pronuncia dell’Autorità non è tenuto ad impugnare in via immediata il parere di precontenzioso nel termine decadenziale decorrente dalla sua pubblicazione, bensì può chiederne al giudice amministrativo l’annullamento unitamente al provvedimento applicativo della stazione appaltante, ove da questo riceva un effettivo pregiudizio[10].
Per rafforzare l’impegno delle parti al rispetto del parere a cui esse stesse abbiano preventivamente acconsentito e scongiurare liti temerarie è previsto che, in caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice è tenuto a valutare il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 del citato codice del processo amministrativo, riguardante le spese di lite[11].
Il parere previsto dal primo comma dell’art. 211 va distinto da quello previsto dal comma 1-ter dello stesso articolo, sopra analizzato. Solo in quest’ultimo caso infatti l’ANAC ha la facoltà di agire autonomamente e rilasciare un parere motivato (ove ritenga che la stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da “gravi” violazioni del codice).
Resta altresì confermata la generale funzione che l’ANAC svolgeva anche nel vigore del precedente Codice, prevista dall’art. 6 comma 7 lett. n del D.lgs. 163/2006[12]. La giurisprudenza ha infatti più volte evidenziato che l’Autorità, oltre alle funzioni sanzionatorie, è munita di un generale potere di vigilanza sui contratti pubblici, che si esplica anche in atti, di carattere non provvedimentale, indirizzate ai vari soggetti interessati, nell’ambito dei contratti pubblici, sia operatori economici che amministrazioni (atti che assumono la natura di pareri e raccomandazioni)[13].
5. Norme comuni.
5.1 L’acquisizione della notizia della violazione
Il Regolamento dedica un capo specifico (IV) alle disposizioni comuni alle due fattispecie di ricorso. Il primo comma dell’art. 11 circoscrive l’oggetto della notizia della violazione, precisando che la stessa deve contenere elementi di fatto e ragioni di diritto tali da consentire all’Autorità di rinvenire i vizi dell’atto e valutare la sussistenza del requisito del rilevante impatto del contratto e la gravità della violazione riscontrata.
L’acquisizione della notizia di un atto illegittimo avviene di regola d’ufficio da parte dell’Autorità, nell’esercizio della propria attività istituzionale ed esiste una priorità nella valutazione, in ragione del soggetto che trasmette la notizia (articolo 11, comma 2). Ciò – si legge nella cit. Relazione illustrativa – al fine di scongiurare rischi di strumentalizzazione da parte di operatori economici direttamente lesi dall’atto oggetto di censura in un’ottica deflattiva del contenzioso, accogliendo il suggerimento del Consiglio di Stato.
L’ANAC può però assumere la decisione di ricorrere a seguito di segnalazioni pervenute da parte di soggetti qualificati quali giudici amministrativi, P.M., Avvocatura di Stato, altre amministrazioni o autorità pubbliche (compresa le magistrature contabile e ordinaria); in quel caso la segnalazione viene valutata con priorità. E’ questo il caso delle segnalazioni trasmesse dai soggetti elencati al comma 3 dell’articolo 11 quali:
a) autorità giudiziaria amministrativa, ai sensi dell’art. 1, comma 32 -bis, della legge 6 novembre 2012, n. 190; b) pubblico ministero, ai sensi dell’art. 129, comma 3, delle disp. att. c.p.p.; c) Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 19, comma 5, lettera a -bis) del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90; d) ogni altra amministrazione o autorità pubblica, ivi compresa quella giudiziaria ordinaria e contabile.
Vengono infine in rilievo le segnalazioni di terzi o di privati, le quali tuttavia possono essere valutate solo in considerazione delle risorse disponibili, tenendo conto in via prioritaria della gravità delle violazioni e della rilevanza degli interessi coinvolti dall’appalto. La disposizione – non prevista in sede di consultazione – è volta chiaramente ad evitare il proliferare di segnalazioni che rischierebbero di ingessare l’attività dell’ANAC e l’efficacia dell’azione.
5.2 I rapporti con gli altri procedimenti
L’articolo 12 regola i rapporti con altri procedimenti di ANAC, disponendo che l’esercizio dei poteri di cui agli articoli 3 (ricorso diretto) e 6 (ricorso previo parere motivato) determina la sospensione dei procedimenti di vigilanza nonché dei procedimenti di precontenzioso preordinati all’emissione di pareri non vincolanti in corso presso gli Uffici dell’Autorità, aventi il medesimo oggetto. La ratio della norma è da rinvenirsi nella maggiore incisività del potere di impugnazione e dei suoi effetti rispetto alla più limitata efficacia del potere di raccomandazione non vincolante. La sospensione prende a decorrere:
– dalla notifica del ricorso nel caso di «ricorso diretto»; – dall’emanazione del parere di precontenzioso e si protrae per tutta la durata del processo (amministrativo).
Diversa è l’ipotesi in cui ANAC sia chiamata, su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti, a esprimere parere vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara: l’Autorità in tal caso non può dunque né impugnare direttamente ai sensi del comma 1-bis né emettere un parere di precontenzioso ai sensi del comma 1-ter dell’art. 211.
«Quando è chiamata ad esprimere parere vincolante di precontenzioso relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara (art. 211, comma 1, del Codice), l’ANAC non può esercitare il potere di impugnazione né direttamente né previo parere motivato»
La ratio risiede nella sostanziale inutilità del ricorso da parte dell’ANAC ai poteri di impugnazione quando il soggetto avverso i cui atti si dovrebbero esercitare i detti poteri è comunque obbligato ad attenersi al parere (vincolante) dell’Autorità.
5.3 Pubblicità
Le decisioni assunte dall’Autorità̀, sia in merito alla possibilità̀ di agire direttamente in giudizio ex art. 5, comma 1, sia in merito alla decisione assunta a seguito del mancato adeguamento da parte della stazione appaltante, vengano portate nell’immediato a conoscenza degli interessati. L’immediata conoscenza è, altresì, garantita, relativamente alla delibera del Consiglio dell’Autorità̀ con la quale viene disposto il ricorso ex art. 11, comma 2. Di tali atti è data pubblicazione in una apposita sezione del sito dell’Autorità̀. Scompare, invece, dal testo finale del Regolamento l’articolo sull’accesso agli atti, a norma del quale l’accesso di cui alla L. n. 241/90 e D.L. n. 33/2013, poteva essere differito fino all’adozione della delibera con la quale viene disposto il ricorso ed eventualmente, per tutta la durata della fase processuale nella misura in cui fosse necessario ai fini della tutela del diritto alla difesa in giudizio dell’Autorità.
5.4 Norme transitorie
Ai sensi dell’articolo 14 del Regolamento, l’ANAC avvierà i procedimenti relativi al ricorso diretto e a quello previo parere motivato sulla base delle notizie acquisite alla data del 1 agosto 2018, utili ai fini dell’adozione degli atti impugnabili con tali ricorsi. Il 1 agosto 2018 è la data di entrata in vigore del Regolamento, quindici giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 17 luglio 2018.
[1] ANAC, Regolamento sull’esercizio dei poteri di cui all’articolo 211, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. in https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?id=dc6adca10a778042625228e541fc8eea («Regolamento»).
[2] De Nictolis I., «I poteri dell’ANAC dopo il correttivo» in www.giustizia-amministrativa.it
[3] L’art. 21-bis della L. n. 287/1990 prevede che: «1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato. 2. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l’Autorità può presentare, tramite l’Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni. 3. Ai giudizi instaurati ai sensi del comma 1 si applica la disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.».
[4] I tetti fissati sono stati ridotti a seguito di quanto osservato dal Consiglio di Stato: pur condividendo l’impostazione volta a qualificare i contratti di rilevante impatto sia con riferimento all’aspetto qualitativo sia con riferimento a quello quantitativo, il Giudice amministrativo, con riferimento a quest’ultimo aspetto, ha ritenuto che i tetti inizialmente indicati (25 milioni di euro per i lavori e 50 milioni di euro per servizi e forniture) fossero troppo elevati, svuotando di contenuto pratico la stessa previsione regolatoria e limitando la legittimazione straordinaria a situazioni minimali. Si è quindi ritenuto, a seguito di una rivalutazione dei dati a disposizione, di modificare la disposizione prevedendo quali tetti massimi 15 milioni di euro per lavori e 25 milioni di euro per servizi e/o forniture.
[5] Il comma 1-bis dell’art. 211, a differenza dell’art. 21-bis L. n. 287/1990 (cd. «Legge Antitrust») che usa l’espressione «atti generali amministrativi», non qualifica ulteriormente la categoria degli atti generali, che è stata dunque intesa dall’ANAC nel suo significato più ampio come comprensiva non solo degli atti generali amministrativi, ma anche degli atti generali normativi sindacabili avanti al giudice amministrativo e quindi dei regolamenti.
[6] Con riferimento a tale previsione è stato accolto il suggerimento del Consiglio di Stato, teso a dare maggiore coerenza alla disposizione, che prevedeva di estendere l’ipotesi di grave violazione, oltre al caso di mancata esclusione nei casi previsti dall’articolo 80 e dall’articolo 83, comma 1, del codice, anche al caso di illegittima esclusione.
[7] Rispetto alla bozza di Regolamento, posta in consultazione, sono state omesse le fattispecie di cui alle lettere da h) a p) (“h) artificioso frazionamento del contratto quando comporti la disapplicazione o elusione della normativa sui contratti pubblici; i) applicazione della clausola revisione prezzi e dell’adeguamento dei prezzi in violazione dei limiti di cui alla normativa vigente; j) ipotesi in cui sia configurato come contratto di partenariato pubblico-privato o di concessione un contratto che non presenti le caratteristiche di trasferimento del rischio operativo sul soggetto privato; k) ipotesi di ricorso alla disciplina derogatoria prevista per i casi di somma urgenza e di protezione civile in contrasto con le disposizioni del Codice; l) affidamenti in house in violazione delle previsioni di cui all’art. 5 co. 1 e 192 del Codice; m) conclusione di accordi tra amministrazioni in mancanza dei presupposti di cui all’art. 5, co. 6 del Codice; n) nomina dei commissari di gara in violazione degli art. 77 e 78 del Codice; o) procedure bandite in violazione degli obblighi di centralizzazione degli acquisti, nonché di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza; p) mancato utilizzo dei prezzi di riferimento pubblicati dall’Autorità”), sintetizzate in una nuova formulazione della lettera h). La versione definitiva del Regolamento contiene inoltre un generico riferimento a fattispecie lesive dei principi della partecipazione e della concorrenza (art. 2 del Codice), che non era previsto nella bozza.
[8] Quanto all’ individuazione del dies a quo, si è ritenuto di accogliere il rilievo formulato dal Consiglio di Stato in ordine alla opportunità̀ che il termine per l’emissione del parere decorra, per gli atti soggetti a pubblicità legale o notiziale, dalla data della pubblicazione, mentre per gli altri atti dall’acquisizione della notizia dell’emanazione dell’atto. Ciò al fine di evitare di spostare in un tempo indefinito l’emissione del parere e, conseguentemente, la proposizione del ricorso giurisdizionale, in contrasto con i principi di certezza che devono sovraintendere alle procedure ad evidenza pubblica.
[9] Regolamento per il rilascio dei pareri di precontenzioso di cui all’art. 211 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (G.U. Serie Generale n. 245 del 19-10-2016) su www.anticorruzione.it
[10] Cfr. Tar Piemonte, sez. II, n. 483/2018 secondo cui tale conclusione risponde ad esigenze sistematiche ed innanzitutto al principio di effettività della tutela nella materia degli appalti, che porta ad escludere interpretazioni delle norme processuali da cui scaturiscano per le imprese concorrenti oneri di impugnazione eccessivamente gravosi e sproporzionati rispetto alle finalità perseguite dal rito accelerato (si noti che il parere di precontenzioso dell’ANAC nel caso di specie era giunto a quasi un anno dall’istanza della parte, sicché sarebbe risultato del tutto irragionevole esigere dall’impresa interessata la proposizione del ricorso avverso il parere entro il termine breve di trenta giorni); inoltre, secondo il TAR, il parere di precontenzioso conserva il carattere di atto endoprocedimentale privo di immediata lesività, così da escludere la necessità che ne sia proposta impugnazione autonoma a pena d’inammissibilità, poiché la stazione appaltante ben potrebbe, in astratto, adottare provvedimenti differenti (ad esempio, sulla base di fatti sopravvenuti nel corso della procedura, ovvero in considerazione di elementi che non erano ancora stati valutati al momento della richiesta di parere), incidendo in via autoritativa sulla prosecuzione o sull’esito della gara, senza tuttavia prendere in considerazione il responso dell’Autorità.
[11]V. art. 26 cit.: «Quando emette una decisione, il giudice provvede anche sulle spese del giudizio, secondo gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile, tenendo anche conto del rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità di cui all’articolo 3, comma 2. In ogni caso, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati. 2. Il giudice condanna d’ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio. Nelle controversie in materia di appalti di cui agli articoli 119, lettera a), e 120 l’importo della sanzione pecuniaria può essere elevato fino all’uno per cento del valore del contratto, ove superiore al suddetto limite. …».
[12] Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da altre norme, l’Autorità: «…… n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione; si applica l’articolo 1, comma 67, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;». V. Regolamento sul procedimento per la soluzione delle controversie ai sensi dell’art. 6, comma 7, lettera n), del D.Lgs. n. 163/2006.
[13] TAR Lazio Roma, sez. III, 12/1/2012 n. 280 secondo cui «Quale organismo di regolazione del sistema dei contratti pubblici, la detta Autorità, oltre gli atti tipici previsti dalla normativa, può adottare anche atti di «moral suasion», i quali pur non corrispondendo ad una specifica potestà attribuita dalla legge, sono espressivi della stessa posizione che l’Autorità riveste nell’ambito dell’ordinamento di settore (cfr. altresì Consiglio di stato, sez. IV, 12 settembre 2006 , n. 5317)».