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1. La qualifica di “organismo di diritto pubblico” e le disposizioni in materia di appalti

La qualifica di “organismo di diritto pubblico” è legata a tre concomitanti condizioni: il possesso di personalità giuridica, il finanziamento maggioritario da parte dello Stato od altri enti pubblici (ovvero soggezione al controllo di gestione di detti enti) e l’essere stato istituito per il soddisfacimento di “bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale”.

I tre requisiti, come precisa la Giurisprudenza  della Corte di Giustizia,  10 aprile 2008, causa C-393/06, Sez. Quarta, pres. K. Lenaerts, Avv. gen. D. Ruiz-Jarabo Colomer, parti Ing. Aigner / Fernwarme Wien GmbH  hanno natura cumulativa, di conseguenza la mancanza anche di uno solo di essi esclude lo status di organismo di diritto pubblico (con la disapplicazione, quindi, della normativa comunitaria sugli appalti pubblici). Si tratta di requisiti generici la cui applicazione ha creato non poche difficoltà di interpretazione, a fronte delle quali ha assunto importanza il ruolo dei giudici, soprattutto comunitari.

La giurisprudenza nazionale ha equiparato la nozione di organismo di diritto pubblico a quella di pubblica amministrazione al fine di estendere all’organismo di diritto pubblico la disciplina pubblicistica in materie del tutto estranee alle procedure di evidenza pubblica, non limitandosi, quindi, ad individuare gli organismi di diritto pubblico al solo fine dell’applicazione della normativa in tema di appalti pubblici. Un Ente va qualificato organismo di diritto pubblico, in ogni caso, con conseguente soggezione al diritto comunitario degli appalti, anche se svolge attività promiscue e molteplici, vale a dire sia attività volte a soddisfare un bisogno di interesse generale di carattere non commerciale o industriale, sia attività con tale carattere.

Per “bisogni di interesse generale” come precisato, tra l’altro, dalla Suprema Corte di Cassazione. SS.UU. n. 97/2000 e 2637/06, devono intendersi quelli riferibili ad una collettività di soggetti, di ampiezza e contenuto tali da giustificare la creazione di un apposito organismo, sottoposto all’influenza dominante dell’autorità pubblica, deputato alla loro soddisfazione. Le principali conseguenze derivanti dalla qualificazione di un soggetto all’interno della categoria degli organismi di diritto pubblico consistono:

  • nell’obbligo di conformarsi alle direttive comunitarie in tema di appalti e a ciò che ne consegue, in termini di istituti connessi;
  • nella sottoposizione alla disciplina sul diritto di accesso agli atti ex art. 22 L. 241/1990;
  • all’applicazione della disciplina penale della P.A., con riferimento all’attività svolta nella qualità di stazione appaltante che indice o gestisce una procedura di gara.

Nel settore degli appalti pubblici, ad esempio, ciò che fa dell’organismo di diritto pubblico, un soggetto equiparato alla pubblica amministrazione (e, quindi, sostanzialmente e funzionalmente un ente pubblico) è proprio la disciplina legislativa che espressamente lo sottopone al regime dell’evidenza pubblica.

Nel settore degli appalti pubblici, ad esempio, ciò che fa dell’organismo di diritto pubblico, un soggetto equiparato alla pubblica amministrazione (e, quindi, sostanzialmente e funzionalmente un ente pubblico) è proprio la disciplina legislativa che espressamente lo sottopone al regime dell’evidenza pubblica.

L’organismo di diritto pubblico diviene pubblica amministrazione (in maniera fissa e immutevole), solo nello svolgimento di “quel tratto di attività esplicitamente sottoposto ad una disciplina di diritto amministrativo. Il che, peraltro, consente di giustificare, anche sul piano costituzionale, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo che non avrebbe spazio se dovesse predicarsi la natura privatistica dell’organismo di diritto pubblico, perché si avrebbe una controversia tra due soggetti (il partecipante alla gara e la stazione appaltante) entrambi privati” (cfr. Consiglio di Stato Consiglio di Stato, Sez. VI, 11/7/2016 n. 3043).

Le principali conseguenze derivanti dalla qualificazione di un soggetto all’interno della categoria degli organismi di diritto pubblico consistono: nell’obbligo di conformarsi alle direttive comunitarie in tema di appalti e a ciò che ne consegue, in termini di istituti connessi;nella sottoposizione alla disciplina sul diritto di accesso agli atti ex art. 22 L. 241/1990; all’applicazione della disciplina penale della P.A., con riferimento all’attività svolta nella qualità di stazione appaltante che indice o gestisce una procedura di gara.

L’equiparabilità dell’organismo di diritto pubblico alla pubblica amministrazione non vale sempre e comunque. Si tratta al contrario, “di una equiparazione settoriale, funzionale e dinamica, perché strettamente legata all’affidamento dei contratti. Quando svolge altre attività, l’organismo di diritto pubblico dismette la sua veste pubblicistica e soggiace di regola al diritto privato. Esso è, quindi, un ente pubblico dinamico, funzionale e cangiante. Questa connotazione funzionale non caratterizza soltanto l’organismo di diritto pubblico, ma rappresenta ormai un connotato di molti altri soggetti. Quando un ente viene dalla legge sottoposto a regole di diritto pubblico, quell’ente, limitatamente allo svolgimento di quell’attività procedimentalizzata, diviene, di regola, “ente pubblico” a prescindere dalla sua veste formale. Deve essere ribadito che lo diviene non in maniera statica ed immutevole, ma dinamica e mutevole, perché dismette quella veste quando svolge altre attività non procedimentalizzate” (cfr. Consiglio di Stato Consiglio di Stato, Sez. VI, 11/7/2016 n. 3043).

Quando svolge attività diverse dalla gestione dell’attività contrattuale, l’organismo di diritto pubblico dismette la sua veste pubblicistica e soggiace di regola al diritto privato. Esso è, quindi, un ente pubblico dinamico, funzionale e cangiante.

Una volta acclarata la qualificabilità dell’ente come organismo di diritto pubblico, deve sempre ritenersi dovuto il rispetto della normativa comunitaria in tema di appalti, non solo per le attività volte a soddisfare un bisogno generale di carattere non commerciale o industriale, ma anche per le eventuali ulteriori attività propriamente commerciali o industriali. Infatti, gli organismi di diritto pubblico sono obbligati, nell’esercizio della propria attività contrattuale (anche al di fuori del limitato settore degli appalti pubblici) al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica. Infatti la Commissione europea ha chiarito che le regole e i principi dell’evidenza  pubblica, in quanto principi generali direttamente desumibili dalle disposizioni del Trattato, trovano applicazione non solo nelle ipotesi in cui una puntuale prescrizione del diritto comunitario derivato ne renda obbligatorio l’utilizzo ma, più in generale, in tutti i casi in cui un soggetto pubblico decida di individuare un contraente per l’attribuzione di un’utilitas di rilievo economico comunque contendibile fra più operatori del mercato (CdS n. 2280/2008 cit.).

2. Organismo di diritto pubblico e contenzioso

Le Sezioni unite hanno chiarito che «nelle procedure ad evidenza pubblica, aventi ad oggetto l’affidamento di servizi pubblici, la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell’aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula dei singoli contratti, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre nella successiva fase contrattuale riguardante l’esecuzione del rapporto la giurisdizione è attribuita al giudice ordinario» (Cass. Sez. U, 23/07/2013, n. 17858; conf.: Cass. Sez. U, 09/11/2012, n. 1939; 08/07/2015, n. 14188; 13/03/2009, n. 6068; 05/04/2012, n. 5446).

Principi analoghi si sono affermati nella giurisprudenza regolatrice delle Sezioni unite laddove si è ripetutamente affermato che l’azione di risarcimento del danno per responsabilità in relazione ad una procedura di affidamento di appalto di opere pubbliche per attività amministrativa non conforme a buona fede appartiene alla giurisdizione del comparto TAR – Consiglio di Stato, avendo pur essa per oggetto atti o provvedimenti della procedura concorsuale obbligatoria, nonché relativi all’individuazione del contraente a seguito dell’aggiudicazione, e comunque inerenti alla fase antecedente alla stipulazione del contratto di appalto (Cass., Sez. U, 30/07/2008, n. 20596; conf.: Cass., Sez. U, 27/02/2008, n. 5084; Cons. Stato, Ad. Plen., 05/09/2005, n. 6). Sono, dunque, comprese nella giurisdizione amministrativa anche le liti concernenti il risarcimento del danno da responsabilità). Pertanto, anche gli organismi di diritto pubblico, sono sottoposti a tali disposizioni.

In forza dall’art. 6 della legge n. 205/2000 sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavoro, di servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”.

Da questa norma è chiaro come sia stato superato il binomio provvedimento amministrativo – giudice amministrativo. Ciò che rileva ai fini della giurisdizione, quindi, non è più la natura del provvedimento emesso dal soggetto. Se la procedura di affidamento è seguita da un soggetto, anche formalmente privato, che rientri nella nozione di amministrazione aggiudicatrice, allora le controversie saranno decise dal giudice amministrativo. Con tale legge si supera quindi la tendenza secondo cui la procedura di evidenza pubblica sarebbe oggettivamente pubblica, chiunque la ponga in essere.

Ciò che rileva ai fini della giurisdizione, quindi, non è più la natura del provvedimento emesso dal soggetto. Se la procedura di affidamento è seguita da un soggetto, anche formalmente privato, che rientri nella nozione di amministrazione aggiudicatrice, allora le controversie saranno decise dal giudice amministrativo.

La possibilità di riconoscere carattere pubblicistico agli atti promananti da soggetto formalmente privato, o comunque di regola operante in base a canoni di diritto privato (enti pubblici economici), è stata ammessa dalla Corte di Cassazione (a partire dal notissimo arresto già diversi anni fa, di cui alla sentenza delle Sezioni unite 29 dicembre 1990, n. 12221), nell’ipotesi in cui lo stesso rivesta, ad esempio, i panni di concessionario (in particolare di concessionario di opera pubblica nelle plurime forme di concessione di committenza, di costruzione e gestione e di sola costruzione).

Va riconosciuta dignità sostanzialmente amministrativa agli atti posti in essere dall’organismo di diritto pubblico, nell’esercizio delle funzioni pubbliche.

Nell’ambito di detti atti vanno per certo annoverate le determinazioni pertinenti alla procedura per l’assegnazione degli appalti, trattandosi di una “tipica funzione dell’ente pubblico competente per la realizzazione della singola opera pubblica”. Di qui la conclusione, sul versante della natura oggettivamente amministrativa, relativa all’emersione di “un caso tipico di esercizio privato di pubbliche funzioni”, nel quale le funzioni non cessano di essere pubbliche per il solo fatto di essere assolte da privati (principio espresso già in CdS sez. VI n. 1478 1998).

La fungibilità delle forme giuridiche è fornita proprio dall’art. 1 della legge n. 241 del 1990. L’articolo che apre la disciplina generale del procedimento amministrativo prevede, infatti, al comma 1-bis, che: “La pubblica amministrazione, nell’adozione degli atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme del diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente” e al comma 1-ter, quasi simmetricamente, l’attività amministrativa procedimentalizzata svolta da soggetti privati: “I soggetti preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1”.

3. Organismo pubblico e trasparenza: Linee Guida Anac

Il campo di applicazione soggettivo dei regimi pubblicistici previsti dal legislatore è puntualmente delineato. In alcuni casi, infatti, il legislatore, anziché indicare analiticamente i soggetti sottoposti al campo di applicazione della relativa disciplina, fa rinvio ad una nozione generale di pubblica amministrazione. Ciò ha creato, tra l’altro, alcuni dubbi sull’applicazione del d.lgs. 33/2016 in tema di obblighi sulla trasparenza, con riferimento agli organismi di diritto pubblico.

Il campo di applicazione soggettivo degli obblighi in materia di trasparenza dettati dal decreto legislativo n. 33 del 2013 è, infatti, delineato dall’art. 11, comma 1, il quale fa rinvio alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, a sua volta, stabilisce: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

Quando il legislatore menziona l’ente pubblico come destinatario di una disciplina pubblicistica, senza fornire espliciti criteri per stabilire in che misura possano considerarsi, a quei fini, enti pubblici anche soggetti che, sebbene formalmente privati, presentano alcuni indici di pubblicità, sorgono le maggiori incertezze interpretative.

A tal fine risulta utile richiamare nuovamente la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 11/7/2016 n. 3043:

Un approccio meramente formalistico non pare adeguato all’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato la nozione di pubblica amministrazione. Risulta, al contrario, preferibile un criterio che, valorizzando opzioni ermeneutiche che hanno trovato spesso riscontro nella giurisprudenza comunitaria, nell’ambito della quale la nozione di “pubblica amministrazione” (spesso invocata dai trattati anche per delimitare il campo di operatività delle libertà fondamentali) si allarga e si restringe in funzione dalla ratio dell’istituto e dell’esigenza sostanziale da soddisfare, privilegiando più la sostanza che la forma e risolvendo i casi incerti dando rilievo centrale ai criteri teleologico e sistematico.

Senza che in ciò debba rilevarsi alcuna violazione in questo del principio di legalità sancito dall’ancora vigente art. 4 della legge n. 70 del 1975, perché tra i criteri di interpretazione della legge l’art. 12 delle preleggi richiamano espressamente, specie per sopperire a carenze del dato testuale/letterale, proprio il criterio teleologico (“l’intenzione del legislatore”) e il sistema normativo nel suo complesso (“secondo la connessione di esse”)”.

Da quanto sopra ne discende l’applicabilità agli organismi di diritto pubblico delle disposizioni in materia di trasparenza, tenuto conto che il principio medesimo, inteso come «accessibilità totale» alle informazioni che riguardano l’organizzazione e l’attività, è già presente nel Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, recante norme in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Tale finalità si realizza attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, ciò allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità.

L’articolo 2 – bis del decreto legislativo 33/2016 stabilisce che: “1. Ai fini del presente decreto, per “pubbliche amministrazioni” si intendono tutte le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ivi comprese le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.  2. La medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 si applica anche, in quanto compatibile:  a) agli enti pubblici economici e agli ordini professionali;
b) alle società in controllo pubblico come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Sono escluse le società quotate come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera p), dello stesso decreto legislativo, nonché le società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche;
(lettera così sostituita dall’art. 27, comma 2-ter, d.lgs. n. 175 del 2016, introdotto dall’art. 27 del d.lgs. n. 100 del 2017)
c) alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.

3. La medesima disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 si applica, in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, alle società in partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.

L’art. 2 bis fissa una disciplina organica (obblighi di pubblicazione e accesso generalizzato) applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni. Estende questo stesso regime anche ad altri soggetti di natura pubblica (enti pubblici economici e ordini professionali) e privata (società e altri enti di diritto privato in controllo pubblico). Stabilisce una diversa disciplina, meno stringente, per gli enti di diritto privato (società partecipate e altri enti) che svolgono attività di pubblico.

Con la delibera n. 1134 dell’8 novembre l’Autorità anticorruzione, in esito a un’apposita consultazione on line e dopo il parere favorevole del Cons. di Stato n. 1257 del 29 maggio 2017, ha approvato le nuove linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, da parte degli organismi partecipati e degli enti pubblici economici.

L’Autorità ha elaborato le nuove Linee Guida, di cui alla delibera n. 1134 dell’8 novembre, al fine di adeguare le indicazioni fornite con la determinazione n. 8/2015,alle modifiche introdotte dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97. Esse rispondono, quindi, all’esigenza di considerare il nuovo ambito soggettivo di applicazione della disposizioni in tema di trasparenza delineato all’art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, che individua accanto alle pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici, gli ordini professionali, le società a partecipazione pubblica, le associazioni, le fondazioni e altri enti di diritto privato, qualora ricorrano alcune condizioni. Con la formulazione dell’art. 2-bis vengono risolti in gran parte i dubbi interpretativi sorti in merito alle previgenti disposizioni, seppure limitando il perimetro applicativo del decreto.  

L’Autorità ha elaborato le nuove Linee Guida, di cui alla delibera n. 1134 dell’8 novembre, al fine di adeguare le indicazioni fornite con la determinazione n. 8/2015,alle modifiche introdotte dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97. Esse rispondono, quindi, all’esigenza di considerare il nuovo ambito soggettivo di applicazione della disposizioni in tema di trasparenza delineato all’art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, che individua accanto alle pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici, gli ordini professionali, le società a partecipazione pubblica, le associazioni, le fondazioni e altri enti di diritto privato

La trasparenza per gli organismi di diritto pubblico si esprime nella pubblicazione sui siti web dei dati e dei documenti soggetti a pubblicazione obbligatoria e nell’esercizio del diritto di accesso civico. La trasparenza deve essere assicurata, infatti, sia sull’attività, limitatamente a quella di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale e dell’Unione europea, sia sull’organizzazione

La trasparenza per gli organismi di diritto pubblico si esprime nella pubblicazione sui siti web dei dati e dei documenti soggetti a pubblicazione obbligatoria e nell’esercizio del diritto di accesso civico generalizzato.

Ai fini dell’attuazione del d.lgs. n. 33 del 2013, è quindi nominato il Responsabile della trasparenza, di norma coincidente con il Responsabile della prevenzione della corruzione.


S richiama, inoltre, la Legge n. 124/2017 ai comma 125-129 dell’art.1, la quale ha disposto che a decorrere dal 2018 gli enti – incluse tutte le Associazioni e le Onlus – che ricevono sovvenzioni e contributi, incarichi retribuiti e vantaggi economici di ogni genere da parte di pubbliche amministrazioni o da altri soggetti pubblici devono pubblicare sul proprio sito internet entro il 28 febbraio le informazioni (non meglio specificate) relative ai contributi pubblici ricevuti nell’anno precedente.
L’obbligo di pubblicazione non sussiste solo nel caso in cui l’importo dei contributi pubblici ricevuti nella annualità precedente sia inferiore a 10.000 euro.

La Legge n. 124/2017 ai comma 125-129 dell’art.1 ha disposto che a decorrere dal 2018 gli enti – incluse tutte le Associazioni e le Onlus – che ricevono sovvenzioni e contributi, incarichi retribuiti e vantaggi economici di ogni genere da parte di pubbliche amministrazioni o da altri soggetti pubblici devono pubblicare sul proprio sito internet entro il 28 febbraio le informazioni (non meglio specificate) relative ai contributi pubblici ricevuti nell’anno precedente.

Il nuovo ambito di applicazione assume rilievo anche ai fini dell’adozione delle misure di prevenzione della corruzione di cui alla legge n. 190/2012, laddove al comma 2-bis.dell’art. 1 si specifica che sia le pubbliche amministrazioni sia gli altri soggetti di cui all’art. 2-bis, co. 2, del d.lgs. 33 del 2013 sono destinatari delle indicazioni contenute nel Piano nazionale anticorruzione (PNA), seppure con un regime differenziato.

Sono tenuti ad integrare i modelli di organizzazione e gestione adottati ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 (secondo il modello 231, un modello organizzativo di gestione e controllo consistente in un sistema di gestione preventivo  dei rischi), i seguenti soggetti: enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico, associazioni, fondazioni e enti di diritto privato comunque denominati anche prive di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo, sia designata da pubbliche amministrazioni.

Sono tenuti ad integrare, ai fini del raggiungimento delle finalità in materia di prevenzione della corruzione, i modelli di organizzazione e gestione adottati ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 (secondo il modello 231, un modello organizzativo di gestione e controllo consistente in un sistema di gestione preventivo  dei rischi), tra l’altro, le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato.

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Questo articolo è stato scritto da...

Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria
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