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  1. Premessa

L’affidamento diretto (e la relativa micro-disciplina prevista nel codice) non viene direttamente inciso dal decreto legislativo 209/2024 (nel prosieguo solo correttivo) ma solo attraverso degli innesti di carattere – si potrebbe dire – più generale non direttamente riferiti alla struttura essenziale dell’assegnazione diretta.

E’ bene evidenziare, però, che anche i micro innesti – non per rilevanza –,  consentono di meglio definire la fattispecie specifica dell’affidamento diretto oggi confusa, sotto il profilo pratico/operativo, con una procedura di affidamento procedimentalizzata (che “prende”, in realtà, in prestito elementi/istituti tipici della procedura negoziata) che come si vedrà più avanti, in realtà non si può affatto definire come affidamento diretto se non per il nomen che, impropriamente, utilizza il RUP.

  • L’affidamento diretto ed il riferimento al contratto collettivo (applicato al personale coinvolto nella prestazione affidata)

La prima questione che ha chiarito l’estensore del correttivo – come anche evidenziato nel numero di febbraio della rivista con l’articolo (S. Usai “Il nuovo allegato I.01 introdotto dal decreto legislativo 209/2024”) -, è l’ovvia e piena applicabilità delle disposizioni in tema di applicazione dei contratti collettivi al personale impegnato nell’esecuzione della prestazione affidata direttamente.

Il fatto che anche l’affidamento diretto – al netto di affidamento di prestazioni intellettuali o forniture senza posa in opera -, soggiace agli obblighi della c.d. tutela lavoristica (con cui tanto si è inciso anche con il nuovo correttivo) non doveva, evidentemente, essere messo in dubbio dal RUP.

Il RUP, quindi, nella fase istruttoria e nel successivo preventivo richiesto al potenziale affidatario deve, in primis, preoccuparsi del contratto applicato e dell’importo degli oneri della manodopera. Evitando, evidentemente, di procedere ad una assegnazione diretta senza una previa verifica e/o, peggio ancora, in caso di plateale disinteresse su queste tematiche. 

Come anticipato, grazie all’articolo 2 del correttivo, l’attuale comma 2 dell’articolo 11 impone l’obbligo al RUP (tenuto a predisporre la decisione di affidamento diretto e/o a firmarla nel caso in cui coincida con il dirigente/responsabile del servizio abilitato alla firma esterna) di indicare nella decisione di affidamento che si colloca a valle del procedimento di affidamento diretto (e che conterrà anche il CIG che si acquisisce solo dopo l’affidamento virtuale sulla PAD e la verifica dei requisiti) il contratto collettivo da applicare al personale dell’appaltatore coinvolto nell’esecuzione della prestazione.

L’estensore del correttivo, pertanto, se da un lato ha omologato l’affidamento diretto – ma, si ripete, non c’era bisogno vista l’ovvietà -, alle procedure di gara per quanto concerne l’obbligo di applicare le tutele lavoristiche, d’altra parte suggerisce anche un elemento pratico/operativo che riguarda la fattispecie dell’assegnazione diretta.

Mentre nelle procedure di gara, ovviamente, l’indicazione del contratto collettivo da applicare risulta preventivamente indicato dal RUP (e d’altra parte all’operatore – ex comma 3 dell’articolo 11 -, è consentito in applicazione dei costituzionali la possibilità di proporre un contratto diverso purché con previsione di uguali tutele economico/normative del contratto richiesto dal RUP), nell’affidamento diretto, sotto il profilo formale, l’indicazione è, praticamente, postuma ovvero avviene con l’affidamento.  

Considerato che l’affidamento diretto “deve” – secondo l’estensore -, essere definito con un unico atto (e quindi con la decisione di affidamento a valle) c’è da chiedersi in che modo viene concertata/verificata l’applicazione del contratto collettivo corretto/idoneo/appropriato.

Il contratto collettivo da applicare, quindi, viene “svelato” in fase istruttoria ovvero nel dialogo negoziale con l’operatore interpellato. Una volta chiarito questo aspetto, nel preventivo richiesto e/o direttamente sulla PAD verrà indicato il contratto collettivo da applicare.

Una problematica particolare può sorgere nel caso in cui, in fase di interpello/dialogo negoziale, l’operatore interpellato proponga un contratto diverso da quello che il RUP ritenga essere più appropriato.

A questo punto sorge il dubbio se il RUP debba (possa) continuare le “trattative” negoziali o possa ritenersi legittimato ad interromperle per evitare un aggravio del procedimento ed una previa verifica sull’appropriatezza del contratto proposto dall’interpellato.

Si è indotti a ritenere che il RUP debba fare applicazione rigorosa del principio di buona fede che induce a ritenere vietate le interruzioni improvvise delle trattative negoziali.

È altresì vero, però, che nella fase istruttoria e, quindi, prima ancora di avviare una trattativa negoziale con l’operatore, il RUP dovrebbe aver acquisito dati sufficienti e necessari per comprendere in che modo opera l’interpellato in relazione all’applicazione corretta dei contratti collettivi.  

In sostanza, prima ancora di avviare le trattative il RUP deve aver ben chiaro che tipo di approccio prospetterà l’operatore. È chiaro, poi, che le interruzioni della trattativa (che in nessun caso, comunque, vincolano la stazione appaltante a condizione, si ripete, che vengano condotte in buona fede) dovranno ritenersi legittime/lecite nel caso in cui l’operatore interpellato insista per l’applicazione di un contratto collettivo diverso da quello indicato dal RUP senza però dimostrare/provare stesse equivalenze tecnico/economiche (come oggi impone l’allegato I.01).

Con la modifica apportata all’articolo 11 – ed imposizione dell’indicazione del contratto collettivo applicato al personale interessato dalla prestazione nella decisione di affidamento – si può dire che sotto il profilo delle tutele lavoristiche sia stato completamente omologato ai più classici procedimenti di gara/aggiudicazione.

  • L’affidamento procedimentalizzato

Se nell’affidamento diretto – così come strutturato dagli estensori nel codice dei contratti – l’indicazione del contratto collettivo da applicare è, per così dire, postuma visto che non viene indicata in nessun atto amministrativo precedente, diverso è il ragionamento per il cd. affidamento procedimentalizzato.

L’affidamento procedimentalizzato – come sta emergendo in tanta recente giurisprudenza – viene definito “diretto” solo nel nomen (nel senso che viene chiamato in questo modo dal RUP) , in realtà è una “inedita” (visto che non è prevista nel codice) fattispecie di assegnazione dell’appalto ma previa adozione di atti di avvio (in certi casi un autentico avviso a manifestare interesse) con una micro (o a seconda dei casi macro) competizione tra operatori con tanto di graduatoria di merito.

Nel caso di specie, in realtà, si realizza una autentica procedura di gara (secondo la giurisprudenza, una piccola evidenza pubblica) caratterizzata anche, in certi casi, da atti a monte della procedura. E’ chiaro che se questa fattispecie – che prende dall’affidamento diretto solo il nome ma, soprattutto, prende dalle disposizioni in tema di procedura negoziata – ha degli atti amministrativi a monte è in questi che il RUP dovrà indicare il contratto collettivo che ritiene debba essere applicato e gli stessi oneri della manodopera.

Accade una situazione simile, pertanto, a quanto accade nella procedura di gara con la possibilità dell’operatore economico anche di formalizzare l’intento/volontà di applicare un contratto collettivo diverso, purché equivalente nelle tutele tecnico/economiche, dal cui confronto, il RUP non potrà assolutamente sottrarsi.

Mentre, si ripete, nell’attività istruttoria classica dell’affidamento diretto il RUP, purché nel rispetto della buona fede potrebbe anche sottrarsi per evitare lungaggini ed inutili aggravi (addirittura contenziosi) nell’assegnazione diretta del contratto. 

Ulteriore dimostrazione, pertanto, che nell’affidamento procedimentalizzato il RUP azzera/riduce drasticamente la discrezionalità invece riconosciuta nell’affidamento diretto dallo stesso estensore (come si precisa nell’allegato I.1, art. 3 nella definizione dell’affidamento diretto come procedimento senza procedura di gara/selezione). 

L’affidamento diretto negli intenti degli estensori ha una struttura molto semplice ed è priva di selezione/confronto tra operatori. Articolare come gara/competizione l’affidamento diretto espone il RUP al vaglio del giudice amministrativo. 

  • L’affidamento diretto e l’accesso agli atti

Una delle conseguenze della procedimentalizzazione dell’assegna del contratto nell’ambito delle micro soglie (si intende infra 140 mila euro per beni/servizi e infra 150 mila euro per lavori) riguarda la questione dell’accesso agli atti.

Come emerge dal Vademecum dell’ANAC dedicato all’affidamento diretto (del mese di agosto 2024), nell’ambito del procedimento amministrativo correlato – e quindi nel caso dell’indagine di mercato informale – gli operatori eventualmente interpellati non hanno alcuna “posizione” giuridica da far valere. A titolo esemplificativo, ad esempio, non possono dolersi di non essere stati invitati a presentare il preventivo, non possono dolersi del fatto di non essere risultati affidatari e, pertanto, non hanno neppure diritto ad accedere agli atti correlati (fatta salva, evidentemente, la sola possibilità dell’accesso civico che, però, compete a tutti i consociati a prescindere da posizioni giuridiche).  

Nel dettaglio, nel documento dell’ANAC si evidenzia che l’affidamento diretto non “abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze (cfr. Cons. Stato sez V, sentenza n 503 del 15.01.2024 Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 3287 del 2021)”.

Questa situazione, di assenza di posizioni specifiche visto che non esistono in concreto competitori è abbastanza chiara nel caso in cui il RUP, proceda avviando il dialogo negoziale/istruttoria, ad esempio, sempre nel rispetto della rotazione, con un operatore attinto da proprie banche dati, banche dati di altre stazioni appaltanti, dall’albo interno, dal mercato elettronico (PAD) e con operazioni simili.

Una situazione completamente diversa, invece, accade nel caso in cui il RUP operi una procedimentalizzazione facendo competere due o più preventivi. La situazione diventa ancora di maggior difficile presidio nel caso in cui, addirittura, il procedimento di (autentica) selezione – pur con il nomen di affidamento diretto – venga condotta con l’utilizzo della PAD.

In questo caso, in realtà, si sta operando, come sopra evidenziato, con una procedura di gara/selezione che obbliga il RUP ad applicare il micro sistema normativo in tema di accesso agli atti (secondo le disposizioni contenute negli artt. 35 e 36 del codice dei contratti.

Il riscontro in parola, ad esempio, viene fornito sia dal MIT ma dalla stessa, recentissima giurisprudenza.

L’ufficio di supporto legale si è espresso sul tema con il parere n. 2809/2024. Nel caso di specie, al supporto viene posto il seguente quesito “Si chiede se alle procedure di affidamento diretto ex art. 50, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. 36/2023 effettuate previa consultazione mediante piattaforma digitale certificata di più operatori economici siano applicabili le disposizioni di cui all’art. 36, comma 2, del d.lgs. 36/2023”.

Pertanto, non può sfuggire, il procedimento è stato condotto dal RUP attraverso la piattaforma. È chiaro che in un caso simile, in realtà, la procedimentalizzazione ha generato una autentica selezione/procedura di scelta.

Difficilmente, nel caso trattato, si poteva sostenere che i “competitori” non avessero posizioni giuridiche ben definite.

Non a caso il MIT risponde affermativamente al quesito evidenziando che in un caso simile, anche se viene utilizzato il nome di affidamento diretto il RUP è obbligato ad applicare le disposizioni di cui agli artt. 35 e 36 e quindi a consentire – ai primi 5 classificati – la conoscenza simmetrica delle offerte.

Sembra superfluo sottolineare che in un caso simile, in realtà, è stata avviata una autentica procedura di gara ed i partecipanti hanno i diritti/posizioni giuridiche classiche dei partecipanti ad una classica evidenza pubblica.

Altri utili elementi, per il RUP, si possono trarre, come anticipato, dalla recente giurisprudenza ed in specie dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 1353/2025.

Nel caso di specie, il RUP ha limitato gli inviti a due preventivi e le richieste di accesso agli atti (che la stazione appaltante ha pur, parzialmente, ammesso) provenivano da soggetto non coinvolto nella micro competizione.

In questo caso il giudice ha rilevato come in una situazione simile non ricorreva alcun “interesse qualificato all’esibizione dei dati dell’offerta, oscurati in quanto riferiti a segreti tecnici e commerciali, in chiaro, non ricorrendo, come correttamente ritenuto dal comune, i presupposti per l’accesso difensivo ex art. 53 d.l.gs. n. 50 del 2016, cui deve essere riferito il diritto di accesso difensivo in materia di contratti pubblici, costituente declinazione del più generale accesso difensivo di cui alla l. 241 del 1990”.

Nel caso di specie, in pratica, il RUP non ha avviato una autentica procedura di gara, pertanto, chi non è stato convolto nel procedimento non ha “alcun interesse qualificato e differenziato” ad avere conoscenza “dell’offerta tecnica della controinteressata in forma non oscurata”.

In modo più chiaro, quindi, il giudice precisa (secondo anche l’orientamento giurisprudenziale dello stesso Consiglio di Stato, cfr della V sezione del 02 maggio 2024 n. 3979), che  l’eventuale “ostensione al non concorrente delle informazioni comunicate dai partecipanti all’Amministrazione è idonea a incrinare la fiducia riposta dal concorrente nell’Amministrazione, in quanto esorbita dal rischio assunto da quest’ultimo quando ha reso partecipe la stazione appaltante dei dati afferenti alla propria attività, cioè quello che le informazioni imprenditoriali possano essere comunicate agli altri candidati, esposti al medesimo rischio”.

Si tratta di dinamiche, quindi, che non devono essere complicate dal RUP il quale è tenuto ad evitare che giunga a compilare/articolare un procedimento semplice (qual è l’affidamento diretto) in una procedura di selezione/gara mascherata.

Da notare che tali articolazioni vengono sviluppate/avviate dai RUP al fine di precostituire la motivazione sull’affidamento mentre l’articolo 50 del codice non chiede una particolare motivazione ma solo le ragioni che hanno portato ad affidare al dato operatore (e quindi il riscontro sul possesso dei requisiti, la congruità del prezzo della prestazione e, come detto, la certificazione di aver rispettato la rotazione, ovvero una motivazione semplice non aggravata).  

La recente giurisprudenza e i pareri del MIT dimostrano che se non viene effettuata una competizione direttamente sulle PAD gli articolo 35 e 36 (microsistema normativo in tema di accesso) non operano in relazione all’affidamento diretto (se questo è realmente tale)

  • L’irrigidimento delle disposizioni tema di rotazione 

Ulteriori aspetti che riguardano l’affidamento diretto, si possono leggere anche nelle modifiche apportate con il correttivo all’articolo 49 del codice ovvero in tema di rotazione.

L’articolo 17 del correttivo, infatti, sostituisce il comma 4 dell’articolo 49 (in cui si disponeva che “n casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”). 

Oggi, l’attuale previsione – in vigore dal 31 dicembre 2024 -, limita ulteriormente la possibilità del riaffido con la precisazione che “In casi motivati, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, previa verifica dell’accurata esecuzione del precedente contratto nonché della qualità della prestazione resa, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto”.

È del tutto evidente che il RUP viene direttamente responsabilizzato nel momento in cui ritenesse praticabile il riaffido.

Da notare che la previsione in argomento viene innestata in un micro sistema normativo ben più rigoroso della precedente posizione espressa dall’ANAC (con le linee guida n.4).

L’attuale impianto normativo innestato nell’articolo 49 (ed è sufficiente una semplice lettura del primo comma) vieta il riaffido al pregresso affidatario (a prestazioni analoghe).

Anche con l’innesto, quindi, il legislatore ha suggerito al RUP attenta ponderazione nel momento in cui non applichi (o stia per decidere di non applicare il criterio dell’alternanza).  

Il RUP, nella fase istruttoria, quindi, deve attentamente valorizzare il controbilanciamento alla discrezionalità tecnica consentita nell’affidamento diretto determinato dalla esigenza/necessità che il pregresso affidatario si avvantaggi – in maniera in propria rispetto agli altri competitori -, della posizione di vantaggio acquisita durante la pregressa gestione del contratto.

Da notare che la giurisprudenza di primo grado (in particolar modo il Tar Puglia, sentenza n. 138) e lo stesso MIT (3225/2025) ed il servizio di consulenza della Provincia autonoma di Trento (parere 473/2025) hanno chiarito che, in primo luogo, l’avviso pubblico è strumento della sola procedura negoziata e che solo in questa – proprio per effetto di quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 49 del codice -, è consentito l’avviso aperto alla partecipazione di ogni operatore in possesso dei requisiti con conseguente inapplicabilità (salvo debite motivazioni) della rotazione.   

L’avviso sostanzialmente aperto, invece, non essendo “strumento” dell’affidamento diretto non consente di evitare la rotazione.

Il correttivo rende meno semplice il riaffido in caso di assenza di alternative nel mercato visto che il RUP deve adeguatamente certificare la bontà della prestazione resa dal pregresso affidatario. 

  • L’affidamento diretto e la forma del contratto

Altra modifica che interessa anche l’affidamento diretto è quella apportata con l’articolo 6 del correttivo che apre alla possibilità, anche nel sottosoglia, di utilizzare forme meno semplificate del contratto d’appalto.

Pertanto, anche nell’affidamento diretto, ad esempio, potrebbe essere utilizzata la forma pubblico/amministrativa con rogito del segretario o notarile. 

A parere di chi scrive, poco cambia secondo anche l’impostazione precisata dal MIT in cui si evidenzia che compete al RUP scegliere la forma del contratto (allegato I.2). È chiaro che per rendere più spedito il procedimento, il RUP potrebbe anche optare per una forma ultra semplificata (come lo scambio di pec/corrispondenza).

È bene annotare, infatti, che l’aggravio della forma del contratto, richiedendo magari tempi meno tempestivi potrebbe determinare ulteriori aggravi sull’esecuzione della prestazione.

È altresì vero che nell’intero sottosoglia, il RUP potrebbe – senza obbligo di motivazione – valutare la consegna anticipata della prestazione (previa verifica dei requisiti).

Con il correttivo, e quindi con la modifica dell’articolo 18, si può sostenere che anche nel sottosoglia – e quindi anche per l’affidamento diretto – la forma contrattuale sia libera (presidiata solo dal rispetto del principio del risultato)

  • L’affidamento diretto e gli incentivi (dopo il correttivo)

Disposizione, invece, sicuramente di maggior favore è quella contenuta nell’articolo 92 del correttivo che modifica – in realtà fornisce un importante chiarimento – l’articolo 32 dell’allegato II.14 ovvero la disposizione fondamentale in tema di incentivi.

L’attuale impianto normativo oggi consente, in primis per le forniture, di ritenere erogabile l’incentivo nell’ipotesi in cui pur per un importo inferiore ai 500 mila euro venga nominato un DEC distinto dal RUP e certificata la complessità dell’appalto.

Detta possibilità la si prevede anche per i servizi, nel caso in cui questi evidentemente non rientrino nell’elenco dell’articolo 32 (considerati complessi anche nel sottosoglia direttamente dall’estensore con imposizione di nomina di un DEC distinto dal RUP).

Si amplia pertanto la prerogativa degli incentivi ammessi, oramai è piuttosto noto, anche nell’affidamento diretto direttamente dall’articolo 45 considerato che questo contiene un riferimento (per il calcolo del 2% di incentivi) alla base di affidamento e non più alla base di gara come invece disponeva il pregresso codice dei contratti (imponendo, quindi, sempre una competizione per poter accendere agli incentivi).  

Per i servizi e forniture, ovviamente, rimane imprescindibile la nomina di un DEC distinto dal RUP. 

Con il nuovo codice dei contratti -art. 45 – non si deve più dubitare dell’accesso agli incentivi anche nel caso di affidamento diretto sempre che si rispetti il dettato dell’articolo 32 dell’allegato II.14 e, per beni/servizi, venga nominato un DEC distinto dal RUP

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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