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( votes)Premessa
La questione pratica e la sua risoluzione da parte del Consiglio di Stato con la sentenza n. 7456 depositata il giorno 6 settembre 2024.
La sentenza che si intende proporre all’attenzione del lettore presenta una certa complessità ed importanza in quanto individua tre principi di diritto applicabili alla delicata questione dei casi di non aggiudicazione della concessione di un servizio pubblico da parte di una stazione appaltante. Il primo di essi ha riguardo al contenuto materiale del provvedimento di non aggiudicazione sotto l’aspetto della sua motivazione, il secondo invece ha riguardo alla pubblicazione delle condizioni di esercizio del potere di non aggiudicazione riconosciuto alla stazione appaltante, il terzo ed ultimo invece riguarda aspetti più strettamente processuali inerenti la natura del potere riconosciuto alla stazione appaltante di pronunciare la non aggiudicazione ed agli eventuali rimedi giudiziari esperibili da parte di coloro che in qualche modo siano stati lesi da tale provvedimento.
Si tratta di tre principi di diritto destinati ad assolvere all’interno del sistema giudiziario una grande importanza. Infatti, anche se non possiamo dimenticare la mancanza nell’ordinamento italiano del principio del precedente giudiziario vincolante, tuttavia, dall’autorevolezza dell’organo dal quale essi promanano, non potrà che derivare una loro funzione di criteri guida per i futuri casi giudiziari che riguardino le medesime fattispecie.
Il loro contenuto, in sintesi, come abbiamo detto riguarda un aspetto del rapporto che si realizza tra la stazione appaltante ed il soggetto concorrente nel corso di una procedura ad evidenza pubblica.
Vediamone in ogni caso più analiticamente gli aspetti attraverso la loro sintesi:
1) Il provvedimento che decide per la non aggiudicazione di un servizio pubblico deve contenere una motivazione piuttosto articolata. Essa, infatti, deve dare conto delle ragioni che costituiscono il fondamento della decisione che necessariamente dovranno presentare la natura di ragioni di tipo economico ovvero tecnico.
2) Il provvedimento di non aggiudicazione emesso da una stazione appaltante deve basarsi sulla facoltà prevista dall’ art. 95 comma 12 del d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) tuttavia della presenza di tale facoltà deve essere data comunicazioni ai potenziali destinatari tramite una specifica dicitura che dovrà essere contenuto nel testo del bando di gara ovvero nella lettera di invito.
3) La decisione di non aggiudicazione non costituisce manifestazione del potere di autotutela di cui sono dotate le amministrazioni bensì espressione di un attività caratterizzata da un ampio margine di discrezionalità. Da cio’ conseguono importanti conseguenze pratiche in ordine alla tutela giurisdizionale in quanto il potere del giudice amministrativo si presenta in tali casi come piuttosto limitato, esso infatti potrà avere ad oggetto solo due ambiti del provvedimento di non aggiudicazione che potrà essere valutato sotto l’aspetto della sua ragionevolezza ovvero sotto l’aspetto della logicità della sua motivazione.
Circa la natura dei principi di diritto espressi da parte dei giudici del Consiglio di Stato con la sentenza qui in commento è possibile compiere alcune considerazioni preliminari.
Si tratta di principi che in un certo senso cercano di mediare tra le opposte esigenze espresse da una parte dall’ente che assume la veste della stazione appaltante e dall’altra dal soggetto che concorre all’aggiudicazione.
Infatti, osservandone il contenuto si nota facilmente come l’obbligo di adeguata motivazione e quello della pubblicazione in capo alla stazione appaltante del potere di non aggiudicazione nel caso in cui ricorrano determinati presupposti tuteli la posizione del concorrente nella gara, garantendogli una più compiuta tutela del suo diritto di difesa. Al contrario, la limitazione dei poteri del giudice amministrativo nei confronti del provvedimento tramite il quale la stazione appaltante decide la non assegnazione costituisce un principio che si pone senza ombra di dubbio a tutela della posizione dell’ente che ha emesso il provvedimento.
1. Il caso concreto
Per potere cogliere in maniera più approfondita le ragioni che hanno portato i giudici del Consiglio di Stato ad elaborare la motivazione della sentenza qui in commento è necessario dapprima esaminare la situazione concreta che ha dato origine al procedimento ed alla decisione qui in commento. Il fatto storico che costituisce la base della procedura giudiziaria è costituito dall’emissione di una determinazione da parte della stazione appaltante tramite la quale veniva disposta la non aggiudicazione dell’affidamento della concessione di un servizio pubblico al concorrente ad una gara. La decisione emessa da parte dei funzionari della Stazione appaltante trovava la propria ragione di essere nell’esiguità dell’offerta economica presentata da parte del concorrente il cui importo era di poco superiore a quello previsto come base d’asta.
L’impresa concorrente a seguito del provvedimento di non aggiudicazione ritenendosi danneggiata da una decisione illegittima reputata come lesiva dei propri diritti, dava corso ad un’azione giudiziaria al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento emesso da parte della stazione appaltante. Deduceva nella propria tesi difensiva, l’evidente difetto di ragionevolezza che caratterizzava la decisione di non aggiudicazione dell’affidamento che manifestava altresì una evidente carenza anche sotto l’aspetto del suo contenuto in quanto la motivazione che la corredava era del tutto illogica in quanto non rispondente ai canoni previsti dalla normativa per la sua redazione. Da ultimo la tesi difensiva rappresentava a sostegno delle proprie ragioni la mancanza di altri concorrenti alla gara, circostanza che avrebbe dovuto portare ad una valutazione di maggiore favore dell’unica offerta effettivamente presentata.
Il giudice amministrativo di primo grado prendeva una posizione favorevole alla stazione appaltante qualificando la sua decisione come legittima e rigettava il ricorso del concorrente escluso.
Alla base della loro decisione i componenti del Tribunale Amministrativo adito ponevano due ordini di motivazioni ricavate dai principi contenuti nella normativa vigente in materia di appalti pubblici.
Dall’esame della legislazione vigente nel settore, infatti, potevano essere ricavati due precisi dati fondamentali di per sé idonei a risolvere a favore della stazione appaltante la questione portata al loro esame da parte del concorrente escluso.
La delibera di non aggiudicazione, osservano i giudici amministrativi, trova un sicuro sostegno normativo all’interno della legislazione vigente nel contenuto dell’art. 95 comma 12 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici). Tale disposizione con l’evidente fine di tutelare l’interesse pubblico disciplina l’esercizio di un potere specifico da parte della Stazione appaltante operante, tuttavia, nei soli casi di scarsa convenienza dell’offerta o della sua inidoneità tecnica. Inoltre, prosegue la motivazione della sentenza, ad ulteriore sostegno della posizione della stazione appaltante gioca una diversa considerazione basata in questo caso sulla natura del potere di non aggiudicazione. Si tratta di una facoltà che rappresenta l’esercizio di un potere caratterizzato da un ampio margine di discrezionalità come tale sindacabile solo entro margini molto ridotti da parte del giudice amministrativo. Il procedimento faceva ulteriore corso innanzi ai giudici amministrativi di secondo grado. Anche innanzi al Consiglio di Stato venivano rappresentate le medesime motivazioni difensive dedotte nel corso del giudizio innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale. Il procedimento dopo la sua discussione portava all’emissione della sentenza n. 7456/ 2024.
Vediamo ora i tre importanti principi di diritto individuati e contenuti nella motivazione della sentenza.
2. Provvedimento di non aggiudicazione possibile nel solo caso di ragioni economiche o tecniche
La prima delle questioni risolte da parte dei giudici del Consiglio di Stato ha ad oggetto il contenuto della motivazione di un provvedimento di non aggiudicazione. La parte motivazionale del provvedimento di non aggiudicazione costituisce una parte molto rilevante dell’atto tramite il quale la stazione appaltante decide di non procedere alla aggiudicazione. La sua redazione dovrà seguire caratteristiche particolari individuate nella normativa vigente. Le fonti normative in particolare sono contenute nelle disposizioni previste in via generale per tutti i provvedimenti amministrativi, che vengono integrate da quelle previste invece in forma specifica per i provvedimenti emessi dalle stazioni appaltanti nel corso delle procedure ad evidenza pubblica.
Cominciamo l’analisi della motivazione con una considerazione circa la natura del provvedimento tramite il quale una stazione appaltante decida di rifiutare l’aggiudicazione di una concessione. Si tratta di un provvedimento che determina una riduzione perlomeno potenziale dei diritti del soggetto che ha partecipato alla procedura e che abbia presentato la richiesta di affidamento della concessione del servizio pubblico. La stazione appaltante nel caso in cui assuma la natura di soggetto pubblico agirà attraverso atti che presentano una denominazione di tipo diverso, quale ad esempio quella di delibera o di determinazione ma che manifestano la medesima natura giuridica, che determina ben precise conseguenze in ordine alle caratteristiche del loro contenuto all’interno del quale rientra anche la motivazione.
La delibera di non aggiudicazione, infatti, indipendentemente dalla sua denominazione formale, nel caso in cui la funzione di stazione appaltante venga assunta da un soggetto, che presenti una natura pubblica potrà senza ombra di dubbio essere qualificata quale provvedimento amministrativo. Si tratta di un atto dotato di una particolare caratteristica che lo contraddistingue dagli altri. Il provvedimento amministrativo, infatti, può modificare le situazioni giuridiche dei soggetti terzi destinatari dell’azione dell’amministrazione anche senza il loro consenso. Siamo in presenza di una caratteristica di grande importanza e che comporta effetti di non poco conto in quanto il provvedimento che costituisce esercizio del potere di non aggiudicazione si manifesta all’esterno tramite un atto di per sé idoneo ad assumere efficacia nei confronti dei suoi destinatari anche in assenza di un loro consenso. Alla delibera di non aggiudicazione data la sua indiscutibile natura di provvedimento amministrativo dovranno pertanto essere applicate tutte le disposizioni contenute nell’ordinamento poste a tutela di coloro che entrino in contatto con l’amministrazione e che subiscano gli effetti dei suoi provvedimenti.
Concentriamo la nostra attenzione sulle disposizioni di carattere generale ed in particolare sul contenuto della legge 7 agosto 1990 n. 241 intitolata:” Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso”. Si tratta di una vera e propria legge quadro che prevede una serie di forme di tutela per coloro che entrano in contatto con le amministrazioni. Tra di esse rientrano anche quelle inerenti alle modalità di redazione della motivazione del provvedimento. L’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi assume un carattere generale attraverso l’articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241. L’onere di corredare il provvedimento di una motivazione adeguata è comunque applicabile in assenza di espresse esclusioni a tutti i provvedimenti amministrativi. Alle delibere di non aggiudicazione sarà pertanto applicabile il generale obbligo di motivazione previsto per tutti i provvedimenti amministrativi che verrà inoltre integrato con quello indicato dalla normativa in materia di contrattazione pubblica.
L’art. 95 comma 12 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 testualmente dispone: “Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere alla aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente od idonea in relazione all’oggetto del contratto.”
Dall’esame del contenuto della disposizione possono essere tratte due conclusioni. La prima è quella costituita dalla titolarità da parte della stazione appaltante di un potere di non procedere alla aggiudicazione, la seconda invece riguarda le modalità ed i casi in cui sia consentito l’esercizio di tale potere. Il suo esercizio, infatti, in base a quanto espressamente previsto dal comma 1 della disposizione di cui sopra sarà possibile solo nel caso in cui si realizzi una delle due casistiche previste dalla disposizione. Si tratta di due ipotesi entrambe dirette a garantire l’interesse pubblico presente nel caso concreto che sicuramente non potrebbe essere perseguito nel caso di offerte non convenienti ovvero carenti dei requisiti tecnici necessari in modo tale da non essere in grado di soddisfare le esigenze della stazione appaltante. Da tali requisiti del potere di non procedere alla aggiudicazione deriva che un atto appartenente a tale categoria per potere essere considerato come legittimo dovrà essere esercitato secondo le condizioni previste nella normativa vigente.
La presenza di condizioni di scarsa convenienza ovvero della mancanza di requisiti di carattere tecnico è in ogni caso obbligatoria ed in loro assenza, il provvedimento non potrà essere considerato come legittimo la loro presenza dovrà essere verificata caso per caso. L’accertamento di tali requisiti per potere essere accertata dovrà essere descritta nel contenuto del provvedimento di non aggiudicazione. In particolare, le ragioni per cui si sia ritenuto di non procedere alla aggiudicazione dovranno essere descritte nel contenuto della motivazione che dovrà illustrare le ragioni economiche o tecniche che hanno costituito il fondamento della non aggiudicazione.
L’art. 95 comma 12 del d.lgs. 50/2016 non contiene in ogni caso ulteriori specificazioni. Pertanto, in considerazione dell’assenza di espressi elementi nel testo della disposizione le ragioni che possono determinare la non aggiudicazione potranno assumere le forme più diverse purché riguardino in ogni caso la convenienza dell’offerta ovvero la sua adeguatezza alle esigenze della stazione appaltante, potranno essere ritenute valide motivazioni quali l’eccessivo prezzo contenuto nell’offerta ovvero la scarsa qualità della prestazione offerta. Sempre dall’esame del contenuto dell’art. 95 comma 12 del d.lgs. 50/2016 emerge un ulteriore dato inequivocabile che consente di compiere una ulteriore precisazione circa il contenuto della motivazione che deve corredare il provvedimento di non aggiudicazione. Tale elemento può essere ricavato dai termini impiegati nella disposizione che utilizza, in relazione al termine offerta, l’impiego della locuzione “Non conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto” per definire le situazioni che consentano alla stazione appaltante di procedere alla non aggiudicazione.
Si tratta di due motivazioni distinte che fanno riferimento a situazioni di fatto di tipo del tutto eterogeneo esse, tuttavia, vengono impiegate in forma alternativa. Dall’utilizzo di tale forma lessicale emerge la possibilità che le motivazioni di fatto e diritto poste alla base della delibera di non aggiudicazione possano appartenere ad una sola delle due categorie individuate nella normativa non è necessario, infatti, al fine di consentire l’esercizio che la situazione di fatto che ha costituito il presupposto per l’emanazione del provvedimento di non aggiudicazione presenti problematiche di tipo tecnico ed economico in maniera contestuale.
In sintesi, per riassumere quanto sino ora esposto si possono trarre le seguenti conclusioni circa il contenuto della motivazione di un provvedimento di non aggiudicazione emesso da parte di una stazione appaltante. Esso, infatti, per potere essere considerato legittimo e conforme ai canoni previsti dalla normativa vigente deve contenere contemporaneamente i due seguenti elementi:
1) Presenza di una motivazione che indichi le ragioni di fatto e diritto sulle quali esso si fonda,
2) Appartenenza degli elementi di fatto e diritto che hanno determinato la non aggiudicazione a ragioni di tipo economico ovvero tecnico.
3. Le ragioni della decisione di non aggiudicazione e la loro espressa previsione nel contenuto del bando ovvero nella lettera di invito
Passiamo ora all’esame del secondo dei principi individuati nel contenuto della motivazione della sentenza emessa da parte da parte del Consiglio di Stato. Esso, parimenti al precedente, ha la funzione di tutelare il concorrente in una gara pubblica. La garanzia per il contraente costituisce la ragione anche del secondo dei principi di diritto contenuti nella motivazione della sentenza qui in commento, tuttavia, differisce dal primo in relazione all’aspetto specifico ed all’ambito particolare in cui esso è destinato ad operare. Tale diversità la si coglie sulla base di una considerazione apposita, infatti, se il primo dei principi di diritto ha ad oggetto l’ambito specifico della motivazione del provvedimento, il secondo, come invece vedremo, ha ad oggetto le modalità concrete dell’esercizio della facoltà di non procedere alla aggiudicazione. Pertanto, nel caso del primo dei principi di diritto ci si trova in presenza di un enunciato riguardante un fase avanzata della procedura che già aveva visto l’emissione di un provvedimento, mentre nel secondo caso ci si trova dinanzi ad un principio che riguarda la fase precedente all’emissione del provvedimento di non aggiudicazione. Ma vediamo quali sono gli aspetti del secondo principio. Il ragionamento seguito da parte dei giudici del Consiglio di Stato trae le proprie mosse da una constatazione derivante dalla lettura della normativa vigente basato sul contenuto del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 (codice dei contratti pubblici) ci si riferisce a quanto previsto dall’art 95 comma 12 che testualmente dispone: “Le Stazioni appaltanti possono decidere di non procedere alla aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente od idonea in relazione all’oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito.”
La facoltà di non procedere alla aggiudicazione, osservano i giudici del Consiglio di Stato, è espressamente prevista dalla normativa, tuttavia, al fine di poterne beneficiare la stazione appaltante dovrà eseguire lo specifico adempimento previsto dalla legislazione. Della presenza della facoltà di non procedere alla aggiudicazione, infatti, deve essere espressamente fatta menzione all’interno di uno dei due documenti indicati dalla norma. La facoltà, infatti, dovrà essere espressamente indicata nel contenuto del bando di concorso ovvero nella lettera di invito. Il loro contenuto garantirà al soggetto che viene a contatto con la stazione appaltante nel corso di una gara un diritto all’informazione anche se di contenuto sommario del contenuto effettivo dei poteri della parte pubblica. Passiamo ora all’esame delle conseguenze dell’inosservanza del predetto onere. Come abbiamo visto l’obbligo di pubblicità trae origine da una previsione legislativa, pertanto, assume senza ombra di dubbio un carattere vincolante per la stazione appaltante che dovrà in ogni caso ottemperarvi. Nel caso di una sua violazione è previsto per i soggetti che si ritengano lesi il diritto di potere adire all’autorità giudiziaria.
Una volta accertato che la stazione appaltante non ha dato corso a quanto previsto dalla normativa l’intera procedura non potrà che essere considerata invalida in assenza dei requisiti previsti dalla normativa per la sua esecuzione. Agli effetti che si producono sul piano più strettamente amministrativo potranno accompagnarsi anche conseguenze di tipo risarcitorio a favore del potenziale concorrente che si è visto escludere da una procedura sulla base dell’esercizio di un potere il cui esercizio non era consentito nel caso concreto in assenza della forme prescritte dalla normativa vigente.
4. La tutela giurisdizionale nei confronti del provvedimento di non aggiudicazione
Il terzo ed ultimo dei principi individuati nel contenuto della motivazione della sentenza qui in commento riguarda gli aspetti più strettamente procedurali ed in particolare quelli del contenuto del controllo giurisdizionale al quale è sottoposta la stazione appaltante che decida di non procedere ad una aggiudicazione.
Si tratta, come abbiamo visto, di un provvedimento amministrativo che trae il proprio fondamento in un espressa disposizione normativa. Il ragionamento dei giudici amministrativi trae le proprie mosse dalla natura di tale potere che condiziona anche le modalità del controllo giurisdizionale. Si tratta di un potere che si estrinseca in una attività ben distinta da quella esercitata dall’amministrazione in sede di esercizio del potere di autotutela. L’ordinamento, infatti, in ragione della necessità di garantire in maniera più efficace l’interesse pubblico consente all’amministrazione Asulla base di una rinnovata valutazione delle esigenze pubbliche presenti nel caso concreto di procedere all’annullamento di un proprio atto precedentemente posto in essere. Si tratta di un potere ben diverso da quello esercitato dalla stazione appaltante nel caso in cui essa deliberi la non aggiudicazione dell’affidamento di un servizio pubblico tale potere infatti non può essere qualificato quale forma di autotutela in quanto a differenza dei provvedimenti che costituiscono manifestazione del potere di autotutela non agisce su di un provvedimento già in essere, bensì su di una situazione in fieri in quanto priva il concorrente di potere assumere la qualità di parte in un contratto con la stazione appaltante in modo da potere divenire titolare di veri e propri diritti nei confronti di quest’ultima. Chiarito tale presupposto, i giudici amministrativi compiono alcune precisazioni, il potere previsto dall’art 95 comma 12 del d.lgs. 50 2016 si estrinseca in una attività caratterizzata da un elevato grado di discrezionalità. Alla stazione appaltante, infatti, è lasciata la competenza di effettuare la valutazione delle proprie esigenze e dell’interesse pubblico presenti nel caso concreto. Tale definizione e collocazione del potere di provvedere alla non aggiudicazione determina un effetto di non poco conto sugli aspetti relativi alla eventuale fase giurisdizionale conseguente ad un ricorso della parte interessata nei confronti del provvedimento di non aggiudicazione. Il ricorso al giudice amministrativo, infatti, non potrà che assumere un aspetto piuttosto limitato. Compete, infatti, al giudice amministrativo una valutazione limitata del provvedimento di non aggiudicazione a due soli aspetti dell’atto. Esso, infatti, potrà essere oggetto di giudizio sotto gli aspetti della ragionevolezza e della logicità della sua motivazione. Tale facoltà sia pure piuttosto limitata in ragione della natura del potere attribuito dalla normativa appaltante deve in ogni caso essere garantita al giudice amministrativo al fine di evitare eventuali aspetti di arbitrarietà nel provvedimento emesso da parte della stazione appaltante.