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La legittimità dell’istituto della cooptazione si rinviene nell’art. 68 comma 12, d.lgs. 36/23. Tale istituto è caratterizzato dalla possibilità di far eseguire lavori nei limiti del 20% dell’importo complessivo anche a imprese qualificate per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, senza acquisire la posizione di concorrente, costituendo una vera e propria deroga alla disciplina degli appalti pubblici. Il regime normativo dei beni sottoposti a tutela prevede necessariamente che le imprese atte ad eseguire lavori in tale ambito, siano specificamente qualificate. Giurisprudenza costituzionale, con sentenza n. 91 del 11/04/2022, ha evidenziato che ” soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica può eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per sé assicura loro una effettiva e adeguata tutela”.

Sulla base di tale principio il Tar Sicilia Catania, Sez. I, 10.06.2024, con sentenza n. 2174, ha sancito che “nello specifico caso di contratti concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché relativi all’esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei di cui al Titolo III della Parte VII del d.lgs. n. 36/2023, il principio di concorrenza e del conseguente favor partecipationis è in parte attenuato alla luce del bilanciamento con gli interessi di cui all’art. 9 Cost., cosicché soltanto le imprese appositamente specializzate possono intervenire direttamente su tali beni. La disposizione in argomento, così interpretata, operando una ragionevole e proporzionata limitazione del favor partecipationis orientata alla tutela di beni protetti espressamente dalla Costituzione, appare immune da ogni dubbio di costituzionalità.”

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Redazione MediAppalti
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