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( votes)1. Premessa
L’art. 15 del nuovo Codice del 2023 (Codice) ha introdotto la figura del Responsabile Unico del Progetto, il c.d. “RUP”. Il mantenimento del medesimo acronimo utilizzato dal Codice del 2016 per il Responsabile Unico del Procedimento (anch’esso RUP) non deve, tuttavia, indurre in errore giacché si tratta di una figura che presenta rilevanti profili di novità rispetto al passato e che deve essere necessariamente letta alla luce della gerarchia di principi stabilita dalla Parte I del Codice, con riferimento ai canoni di risultato (o realizzativo) e di fiducia, destinati “a guidare il processo ermeneutico delle disposizioni rilevanti nel caso concreto” [1].
La disciplina del “nuovo” RUP è contenuta all’art. 15 del Codice, nonché nel suo allegato 1.2 e nei successivi artt. 51 e 93, che riguardano i profili di incompatibilità nell’ambito delle commissioni giudicatrici.
Già la rubrica dell’art. 15 del Codice (“Il responsabile unico del progetto (RUP)”) comparata a quella dell’art. 31 del precedente Codice (“Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni”) comporta un primo elemento di novità giacché individua una nuova figura non coincidente con quella del responsabile del procedimento già prevista dall’ordinamento (artt. 4–6, L. n. 241/1990).
Invero la complessa figura del Responsabile Unico del Progetto ha caratteri innovativi.
È una persona fisica (in ciò si distingue dal responsabile del procedimento che, nella L. n. 241/1990, è inteso sia come ufficio, unità organizzativa, sia come funzionario persona fisica) e il suo incarico è obbligatorio (come in precedenza) talché, in mancanza della sua designazione, le relative funzioni devono essere svolte dal responsabile dell’unità organizzativa titolare del potere di spesa.
La natura fulcrale del RUP impone che detto ruolo sia affidato a dipendenti dotati di competenze professionali adeguate all’incarico da svolgere previste dall’All. n. I.2 (per evitare il più costoso ricorso ad incarichi esterni), anche se non è necessario che il designato sia un tecnico in possesso di tutte le competenze necessarie. Il RUP può anche non essere in possesso di tutti i requisiti professionali richiesti dal contratto ma, se necessario, dovrà reperire tutte le nozioni necessarie da altri dipendenti della stessa Amministrazione o, in caso di impossibilità, ricorrere a soggetti esterni [2]. Solo in via eccezionale è previsto che il RUP debba essere in possesso di tutti i requisiti professionali necessari, segnatamente per i lavori e i servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura.
Qualora il RUP non sia in possesso di tutte le competenze professionali per ogni fase del progetto/intervento pubblico, il Codice prevede plurimi rimedi. In primo luogo il RUP si avvale in via ordinaria delle competenze e professionalità dell’intera struttura interna all’ente di appartenenza. Ove queste risultino inadeguate rispetto alla natura del progetto, il RUP può avvalersi del supporto di altri dipendenti dell’ente di appartenenza o anche di altri enti, previa eventuale stipulazione di accordi intersoggettivi tra amministrazioni.
Nell’ipotesi in cui il RUP e gli uffici (dell’ente o di altre Amministrazioni, anche legate da un accordo pubblicistico) non dispongano di professionalità adeguate, sono previsti ulteriori strumenti organizzativi: da un lato le stazioni appaltanti possono istituire un’apposita struttura di supporto con presenza di personale tecnico e specializzato e, dall’altro, possono destinare risorse fino all’1% dell’importo posto a base di gara affinché il RUP si avvalga – mediante affidamenti diretti – di soggetti esterni muniti delle specifiche competenze richieste. Tale ultima previsione ha suscitato alcune critiche giacché, negli interventi di maggior entità il valore degli incarichi affidati in via diretta potrebbe superare la soglia prevista per l’affidamento diretto dei servizi, ma si deve considerare che tali fattispecie costituiscono strumenti eccezionali previsti per poter fronteggiare con celerità situazioni di particolare complessità, non compatibili con i tempi di una procedura selettiva ad hoc.
Il RUP normalmente è unico per tutte le fasi dell’intervento pubblico.
Ferma restando la presenza di un RUP “generale”, ai sensi dell’art. 9 dell’All. I.2 del Codice sono ammessi anche RUP particolari per singole fasi nei casi di acquisti aggregati, centralizzati o di accordi tra amministrazioni.
In particolare, per gli acquisti aggregati vi è un RUP per l’ente procedente per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione, ed un altro RUP per il modulo aggregativo per la fase dell’affidamento (oltre che per l’eventuale programmazione, progettazione ed esecuzione limitatamente alla fase dell’acquisto). Per quanto riguarda gli acquisti centralizzati è previsto un RUP dell’ente procedente ed un altro per la centrale di committenza, con attribuzioni limitate alle fasi di rispettiva competenza.
Le responsabilità del RUP “generale” e di quelli particolari per le singole fasi sono ripartite tra essi in base ai compiti rispettivamente svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP “generale” che deve garantire la presenza di un referente unico per l’intero progetto. L’art. 15, comma 4, del Codice introduce, pertanto, il principio di responsabilità complessiva del RUP e – per le singole fasi – degli eventuali ausiliari, in applicazione dei principi enucleati con la sentenza Corte cost. n. 166 del 2019 che ha ammesso la possibilità di nomina di responsabili per singole fasi senza che ciò contrasti con il principio di responsabilità unica del RUP [3].
2. Le attribuzioni del nuovo RUP.
In generale il nuovo Responsabile unico “coordina il processo realizzativo dell’intervento pubblico” (art. 6, comma 1, dell’All. I.2 del Codice) e, in particolare, svolge le plurime attività in tutte le 4 fasi del progetto ai sensi di quanto previsto in dettaglio all’All. I.2 oltre a quelle che siano comunque necessarie, se non di competenza di altri organi dell’ente (art. 15, comma 5, del Codice) [4].
Le plurime attribuzioni non sono previste in via tassativa atteso che è espressamente stabilito che “Il RUP esercita altresì tutte le competenze che gli sono attribuite da specifiche disposizioni del codice e, in ogni caso, svolge tutti i compiti relativi alla realizzazione dell’intervento pubblico che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti” (art. 6, comma 3, 7, comma 2 e 8, comma 5 dell’All. I.2 del Codice).
Per quanto concerne le specifiche attribuzioni, gli articoli da 6 a 9 dell’allegato I.2 disciplinano rispettivamente i compiti del RUP comuni a tutti i contratti e fasi, nonché i compiti specifici del RUP per la fase dell’affidamento, per quella di esecuzione e per gli acquisti aggregati, centralizzati e in caso di accordi tra Amministrazioni.
Per quanto concerne le attribuzioni comuni a tutti i contratti e fasi (art. 6 dell’allegato I.2) è previsto che tale organo “coordina il processo realizzativo dell’intervento pubblico” (comma 1) e tale attività rende evidente l’importanza che il Codice attribuisce alla figura in discussione quale punto di riferimento generalizzato per l’attuazione dell’intervento pubblico.
Il RUP svolge, tra gli altri, i seguenti compiti:
– formula proposte e fornisce dati e informazioni al fine della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e del programma triennale degli acquisti di beni e servizi e predispone l’elenco annuale;
– accerta la libera disponibilità di aree e immobili necessari e, in caso di lavori, la regolarità urbanistica dell’intervento pubblico o promuove l’avvio delle procedure di variante urbanistica;
– propone alla stazione appaltante la conclusione di un accordo di programma con altre amministrazioni;
– propone l’indizione o, ove competente, indice la conferenza di servizi, quando sia necessario o utile,
– verifica i progetti per lavori di importo inferiore a un milione di euro e sottoscrive la validazione del progetto posto a base di gara;
– attesta le condizioni che richiedono di non suddividere l’appalto in lotti;
– decide i sistemi di affidamento dei lavori, servizi e forniture, la tipologia di contratto da stipulare, il criterio di aggiudicazione da adottare;
– richiede alla stazione appaltante la nomina della commissione giudicatrice nel caso di affidamento con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
– promuove l’istituzione dell’ufficio di direzione dei lavori.
Per la fase di affidamento (art. 7 dell’All. I.2 del Codice) il RUP:
– effettua la verifica della documentazione amministrativa;
– verifica la congruità delle offerte in caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo;
– verifica l’anomalia delle offerte;
– dispone le esclusioni dalle gare;
– quando il criterio di aggiudicazione è quello del minor prezzo, il RUP può procedere direttamente alla valutazione delle offerte economiche;
– adotta il provvedimento finale della procedura quando, in base all’ordinamento della stazione appaltante, ha il potere di manifestare all’esterno la volontà della stessa.
Per la fase esecutiva (art. 8 dell’All. I.2 del Codice) il RUP:
– impartisce al direttore dei lavori, con disposizioni di servizio, le istruzioni occorrenti a garantire la regolarità degli stessi;
– autorizza il direttore dei lavori alla consegna degli stessi;
– svolge funzioni di coordinamento e vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro;
– trasmette al dirigente o ad altro organo competente della stazione appaltante, sentito il direttore dei lavori, la proposta del coordinatore per l’esecuzione dei lavori relativa alla sospensione, all’allontanamento dell’esecutore o dei subappaltatori o dei lavoratori autonomi dal cantiere o alla risoluzione del contratto;
– autorizza le modifiche dei contratti di appalto in corso di esecuzione anche su proposta del direttore dei lavori;
– approva i prezzi relativi a nuove lavorazioni originariamente non previste;
– irroga le penali per il ritardato adempimento;
– ordina la sospensione dei lavori per ragioni di pubblico interesse o necessità e dispone la loro ripresa;
– propone la risoluzione del contratto;
– rilascia il certificato di pagamento;
– rilascia all’impresa affidataria copia conforme del certificato di ultimazione dei lavori e il certificato di esecuzione dei lavori;
– svolge, nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di direttore dell’esecuzione del contratto.
Dal quadro sinteticamente tratteggiato (l’elencazione normativa è decisamente più ampia) emergono competenze vastissime in capo al RUP, alcune delle quali con inequivocabile efficacia esterna all’amministrazione di appartenenza, tra cui si possono segnalare (in via non esaustiva): l’esclusione dalle gare, l’adozione del provvedimento finale della procedura, l’autorizzazione alle modifiche al contratti, l’irrogazione delle penali, l’ordine di sospensione dei lavori e la ripresa degli stessi, i certificati di pagamento e lo svolgimento delle funzioni di direttore dell’esecuzione del contratto (DEC).
Il nuovo RUP si differenza dal precedente responsabile del “procedimento” il quale, ai sensi dell’art. 31 del precedente Codice n. 50/2016, aveva competenze più limitate, specie con riguardo a quelle a rilevanza esterna.
L’ampliamento delle attribuzioni è funzionale a nuovo ruolo del RUP concepito come punto di riferimento unitario per l’attuazione dell’intero progetto/intervento pubblico, con conseguente evoluzione da responsabile del procedimento a Project Manager.
3. Il RUP come Project Manager
Il ruolo del RUP fino ad ora tratteggiato mette in luce la volontà del Codice di dare piena attuazione del principio di risultato che “… costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti …” (art. 1, comma 4, del Codice).
Tale principio riguarda direttamente anche il RUP: in primo luogo, le disposizioni che lo riguardano dovranno essere interpretate alla luce del canone realizzativo (cfr. l’art. 4, del Codice); in secondo luogo, tale principio rappresenterà il criterio fondamentale dell’attività discrezionale svolta dal RUP. Si delinea una fondamentale innovazione rispetto al Codice del 2016 che era basato su un sistema di affidamento dei contratti pubblici contabilistico-burocratico connotato spesso da regole rigide ritenute più idonee a scongiurare fenomeni corruttivi o di aumento ingiustificato della spesa.
Il Codice, in diametrale contrasto con tale impostazione, propone il principio di risultato consistente nella capacità di conseguire rapidamente e con il migliore rapporto qualità/prezzo l’oggetto dell’appalto, valorizzando la discrezionalità esercitata da parte di soggetti dotati di idonea professionalità ed elevando il RUP a responsabile dell’intero intervento pubblico ossia – volendo utilizzare una terminologia fatta propria dal Codice stesso [5] – al pari di un vero e proprio Project manager.
In effetti i requisiti, i compiti e le modalità di svolgimento dell’attività del RUP devono ricalcare le linee fondamentali del c.d. “project management”, ossia del sistema in cui vi è un unico soggetto (persona fisica), dotato delle necessarie competenze professionali, che è preposto alla gestione di tutte le fasi che compongono un progetto (id est: della “organizzazione temporanea volta alla creazione di un prodotto o servizio”) e dispone di un’adeguata struttura di supporto denominata “Project management office” (P.M.O.). Tale manager, inoltre, ove non abbia competenze tecniche settoriali, dispone di un particolare potere di delega, potendosi avvalere del supporto di soggetti professionalmente adeguati, anche ricorrendo ad incarichi esterni.
Con il nuovo Codice, pertanto, l’intervento pubblico acquisisce alcune modalità e caratteristiche tipiche del progetto di stampo privatistico assimilando in parte il modus operandi sviluppato dalle scienze gestionali e affidando la gestione di tali aspetti ad un responsabile con funzioni e caratteristiche manageriali.
Tali profili inducono ad effettuare due considerazioni:
– in primo luogo è valorizzata la concezione privatistica dei contratti pubblici secondo cui essi sono qualificabili come contratti di diritto privato speciale, ai quali si applicano i principi dell’attività di diritto privato svolta dall’amministrazione ai sensi dell’art. 1, L. n. 241/1990, con alcuni correttivi di natura pubblicistica;
– sono previste modalità gestionali di carattere manageriale prive di norme procedurali rigide, ma modulate secondo il principio di risultato e di fiducia che orientano tutta l’attività del RUP.
In tale quadro il RUP-Project manager è chiamato ad applicare i principi generali previsti dal nuovo Codice in tutte le fasi delle gare pubbliche. Questa responsabilità comporta, ovviamente, anche il rischio che il RUP, che sarà prioritariamente individuato tra i dipendenti della stazione appaltante, potrebbe non avere la competenza necessaria e/o la corretta impronta manageriale, così rallentando o, peggio, ostacolando il perseguimento del risultato consistente nell’ottenere miglior bene al costo più basso e nel tempo minore possibile.
Per evitare tale pericolo occorre operare su più livelli, aumentando la formazione e la professionalità del personale, incrementando la retribuzione incentivante e garantendo un’efficace copertura assicurativa.
4. Il principio fiduciario del nuovo Codice e i riflessi sul RUP
Per il RUP assume importanza fondamentale il principio fiduciario secondo cui “l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici” (art. 2, comma 1, del Codice).
La finalità del nuovo Codice è quella di favorire le scelte discrezionali in quanto più elastiche e, quindi, meglio adattabili alla varietà delle situazioni concrete e preferibili per raggiungere in tempi brevi i risultati desiderati. In tale cornice il RUP deve affrancarsi dalla “paura della firma” ridimensionando il fenomeno della “burocrazia difensiva”.
I principi del risultato e della fiducia favoriscono l’autonomia decisionale del RUP che dovrà agire – pur nella legalità – con attenzione al risultato finale. Il rischio di errore – per quanto tendenzialmente minimizzato dalla formazione continua dei funzionari preposti alle funzioni di RUP – non è eliminabile, e dovrà pertanto essere accompagnato da una proporzionata copertura assicurativa dell’incaricato.
Quella prospettata dalla riforma è, dunque, un’Amministrazione dotata di competenze forti, capace di gestire gli interventi pubblici secondo schemi consolidati nelle scienze gestionali, e slegata da timori eccesivi e paralizzanti, che la indurrebbero, come è accaduto, a privilegiare le attività cautelativo-difensive piuttosto del risultato da raggiungere.
Al contempo, affinché detta fiducia non rimanga una mera dichiarazione di intenti, è necessario che l’Amministrazione medesima realizzi con celerità: a) idonee coperture assicurative (art. 2, comma 4, del Codice); b) incrementi di professionalità dei RUP; c) un’adeguata ed effettiva retribuzione incentivante.
Il RUP, in qualità di responsabile degli interventi pubblici, non può che essere al centro di questo mutamento di prospettiva che vede nella fiducia reciproca tra l’Amministrazione e gli operatori economici un presupposto fondamentale del principio realizzativo.
In tale rinnovato quadro fiduciario è inquadrabile anche l’art. 93, comma 3, del Codice, secondo cui “la commissione è presieduta da un dipendente della stazione appaltante ed è composta da suoi funzionari, in possesso del necessario inquadramento giuridico e di adeguate competenze professionali. Della commissione giudicatrice può far parte il RUP”.
L’incompatibilità assoluta tra i ruoli di RUP e di componente della commissione giudicatrice era già stata superata dal D.Lgs. n. 56 del 2017 (c.d. correttivo del D.Lgs. n. 50/2016), ma il Codice ha eliminato ogni dubbio esegetico chiarendo che il RUP non solo può far parte della commissione giudicatrice ma, nelle procedure sotto soglia di cui all’art. 51, comma 1 del Codice stesso, la può anche presiedere.
5. La necessità o meno di qualifica dirigenziale del RUP
Resta da esaminare, infine, la questione se il RUP privo di qualifica dirigenziale possa adottare atti conclusivi del procedimento con rilevanza esterna all’amministrazione procedente e se il Dirigente conservi la competenza ad esercitare singoli atti (a rilevanza esterna o meno) in luogo del RUP.
La questione si è posta innanzitutto sotto la vigenza del Codice del 2016, con riferimento all’ordinamento degli enti locali.
Ai sensi dell’art. 31, comma 3, del Codice del 2016 “Il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”. Inoltre l’art. 6, comma 1.e), L. n. 241/1990 stabilisce che il responsabile del procedimento “adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale …” e tale competenza spetta, di regola al dirigente. Infine l’art. 107 del Testo Unico degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000 – TUEL) attribuisce ai dirigenti degli enti locali (o ai sensi dell’art. 109, ai funzionari con responsabilità di una Struttura):
– la competenza per l’adozione dei “provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno” (comma 2);
– la “responsabilità delle procedure d’appalto” (comma 3).
In tale contesto si sono formati due orientamenti giurisprudenziali contrapposti. Da un lato alcune pronunce di primo grado hanno ritenuto che l’art. 31 del Codice del 2016 avesse attribuito al RUP una “competenza esclusiva” per talune funzioni, tanto da prevalere sulle norme settoriali attributive delle competenze all’interno delle stazioni appaltanti, come ad esempio i citati artt. 107 e 109 del TUEL [6].
Il Consiglio di Stato, invece, ha recentemente precisato che “7.2 … – nell’ordinamento degli enti locali – l’art. 31 del codice dei contratti pubblici, che disciplina ruolo e funzioni del r.u.p. nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, deve essere necessariamente coordinato, per un verso, con l’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 (T.u.e.l.), che riserva ai dirigenti la responsabilità delle procedure d’appalto, come emerge dallo stesso testo dell’art. 31, comma 3, il quale assegna al r.u.p. ‘tutti i compiti relativi alle procedure di […] affidamento […] che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi e soggetti’; per altro verso, con il principio secondo cui gli atti che impegnano l’amministrazione all’esterno debbono essere adottati da organi dotati di qualifica dirigenziale (come, del resto, si ricava anche dall’art. 6, comma 1, lett. e), della legge n. 241 del 1990: il responsabile del procedimento ‘adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale […]’). Nel caso di specie è incontestato che il r.u.p. fosse privo di qualifica dirigenziale, per cui appare del tutto corretto che il dirigente del settore contratti pubblici abbia adottato il provvedimento di aggiudicazione definitiva.
Ciò posto, lo specifico profilo sollevato con il motivo esame attiene alla configurazione dei rapporti tra responsabile del procedimento e dirigente dell’unità organizzativa, muovendo dal presupposto che una volta nominato il responsabile unico della procedura di affidamento questi goda di una ‘competenza esclusiva’ (in particolare in ordine all’istruttoria procedimentale, per quel che rileva nel caso di specie), in conseguenza della quale il dirigente non potrebbe svolgere direttamente l’istruttoria procedimentale o singoli atti istruttori.
In questi termini, tuttavia, la tesi non può essere accolta, non potendosi aderire a una rigida distinzione, all’interno del procedimento amministrativo, tra la competenza per la fase istruttoria e quella per l’adozione del provvedimento finale.
Mantenendo il discorso nell’ambito dell’ordinamento degli enti locali, è sufficiente il richiamo alla generale responsabilità del dirigente per la gestione delle procedure di appalto di cui al citato art. 107 T.u.e.l., con il corollario della responsabilità dirigenziale per i ritardi o inadempimenti (cfr. art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990), ovvero della possibilità per gli interessati di rivolgersi al dirigente dell’unità organizzativa per sopperire a eventuali ritardi o inadempimenti del responsabile del procedimento (art. 2 cit., commi 9-bis e ss.); ipotesi normative che in linea di principio escludono l’esistenza di una preclusione all’adozione di atti dell’istruttoria, possibilità che deve essere riconosciuta al fine di consentire al dirigente di sottrarsi alle responsabilità che altrimenti graverebbero su di lui.
È pur vero che (per riprendere le parole dell’appellante) non si può giungere ad ammettere il ‘totale esautoramento del RUP’, il che comporterebbe la necessità di disporre la sostituzione del funzionario responsabile; tuttavia deve ritenersi consentito lo svolgimento di singoli atti istruttori, come avvenuto nel caso di specie, in cui il dirigente ha direttamente proceduto alla verifica dei requisiti dell’aggiudicatario” [7].
Tale recente approdo del supremo Consesso della giustizia amministrativa aveva conferito assetto definitivo alla questione sotto il precedente Codice.
La problematica, peraltro, si ripropone anche con il nuovo Codice il quale ha ribadito che “Il RUP assicura il completamento dell’intervento pubblico nei termini previsti e nel rispetto degli obiettivi connessi al suo incarico, svolgendo tutte le attività indicate nell’allegato I.2, o che siano comunque necessarie, ove non di competenza di altri organi” (art. 15, comma 5, del Codice).
Anche rispetto al Codice del 2023 si pone dunque la tematica dell’esistenza o meno di un nocciolo di attribuzioni “esclusive” del RUP (aventi anche rilevanza esterna) in deroga all’assetto di competenze dei dirigenti stabilito dagli artt. 107 e 109 del TUEL.
6. Conclusioni
Il nuovo Codice persegue dichiaratamente il fine della semplificazione e della prevalenza del risultato rispetto al modello attuale fondato su norme rigide che regolano minutamente ogni fase delle selezioni pubbliche.
Ne consegue la valorizzazione dell’efficacia dell’azione amministrativa, anche con l’audace incremento del tasso di discrezionalità dell’amministrazione, ritenuta più adeguata a garantire la necessaria flessibilità d’intervento nell’ottica del raggiungimento del risultato.
Ovviamente tale ambizioso obiettivo potrà essere attuato solo se, al di là delle formule e dei principi, muterà effettivamente l’approccio alle gare pubbliche da parte di tutti i soggetti coinvolti, specie delle stazioni appaltanti e dei RUP.
Note:
[1]L.R. Perfetti, Sul nuovo Codice dei contratti pubblici. In principio, Urbanistica ed Appalti.
[2]Circa tale, ultima, considerazione, l’allegato del Codice riprende le linee guida ANAC del 2016: “negli altri casi, la stazione appaltante può individuare quale RUP un dipendente anche non in possesso dei requisiti richiesti. In tale ultimo caso, è previsto che la stazione appaltante affidi lo svolgimento delle attività di supporto al RUP ad altri dipendenti in possesso dei requisiti carenti in capo al RUP o, in mancanza, a soggetti esterni aventi le specifiche competenze richieste”.
[3]“Ferma restando l’unicità del RUP e se questi lo richiede, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, ciascuno secondo il proprio ordinamento, nominano un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP”.
[4]“Il RUP assicura il completamento dell’intervento pubblico nei termini previsti e nel rispetto degli obiettivi connessi al suo incarico, svolgendo tutte le attività indicate nell’allegato I.2, o che siano comunque necessarie, ove non di competenza di altri organi”.
[5]Allegato I.2, art. 4, comma 4.
[6]Cfr. ex aliis: T.A.R. Veneto, Venezia, 27 giugno 2018, n. 695; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Trieste, 29 ottobre 2019, n. 450; T.A.R. Puglia, Lecce, 21 settembre 2021, n. 1373; T.A.R Campania, Napoli, Sez. VIII, 19 ottobre 2017, n. 4884.
[7] Cons. Stato, Sez. V, 10 maggio 2022, n. 3638.
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