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( vote)1. Premessa
La recente sentenza del Tar Lombardia, n. 1178/2024 è pronuncia di estrema rilevanza perché chiarisce che l’affidamento diretto – come oggi previsto nell’articolo 50 del nuovo codice e con definizione innestata nell’allegato I.1 -, è una fattispecie semplice che non richiede particolari articolazioni ma, si potrebbe dire, esclusivamente, un comportamento istruttorio corretto, nel senso di rispettoso delle minime richieste contenute nell’articolo 50 e trasparente (con la pubblicazione degli atti o dell’atto unico conseguente nella sezione trasparenza).
Altro, ovvio accorgimento, è che anche nel caso dell’affidamento diretto – a prescindere dal fatto che si tratti o meno di micro importo – il RUP deve utilizzare le piattaforme di approvvigionamento certificate mentre, solo nell’ambito degli affidamenti diretti, infra 5 mila euro, è possibile utilizzare le piattaforme digitali anche non certificate, ora, fino al 31 dicembre 2024 (come da provvedimento del Presidente dell’autorità di recente pubblicazione nel mese di giugno).
Circa l’ultima annotazione è bene citare anche un recente parere del MIT n. 2525/2024 in cui – alla domanda se per gli affidamenti di importo inferiori ai 5mila euro sia ancora possibile – dopo il 1° gennaio 2024 – procedere con l’affidamento extra mercati elettronici e quindi senza l’utilizzo delle piattaforme digitali, il MIT esclude questa ipotesi.
Più nel dettaglio, nel riscontro si legge che “A decorrere dal 1° gennaio 2024, anche per le procedure sotto-soglia vi è l’obbligo di procedere tramite piattaforma ai sensi degli artt. 25 e 26 del d.lgs. 36/2023. Si veda il Comunicato del Presidente Anac del 10 gennaio 2024, “Indicazioni di carattere transitorio sull’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici in materia di digitalizzazione degli affidamenti di importo inferiore a 5.000 euro” (raggiungibile al seguente link: https://www.anticorruzione.it/-/comunicato-del-presidente-del-10-gennaio-2024 ) – il quale specifica che “al fine di favorire le Amministrazioni nell’adeguarsi ai nuovi sistemi che prevedono l’utilizzo delle piattaforme elettroniche e garantire così un migliore passaggio verso l’amministrazione digitale, sentito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ritiene in ogni caso necessario chiarire che allo scopo di consentire lo svolgimento delle ordinarie attività di approvvigionamento in coerenza con gli obiettivi della digitalizzazione, l’utilizzo dell’interfaccia web messa a disposizione dalla piattaforma contratti pubblici – PCP dell’Autorità, raggiungibile al link https://www.anticorruzione.it/-/piattaforma-contrattipubblici, sarà disponibile anche per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro” ora, come detto, fino al 31/12/2024.
Pertanto, la deroga riguarda solo l’acquisizione del solo CIG che per importi predetti può avvenire esternamente alla piattaforma di approvvigionamento tramite l’applicativo predisposto dall’ANAC.
2. La sentenza
Il caso trattato dal giudice risulta, almeno in apparenza, abbastanza semplice. In particolare, le ragioni delle censure sono due: la prima è che la stazione appaltante – meglio sarebbe dire il RUP – non si sarebbe attenuto ai propri vincoli fissati autonomamente (in particolare sugli aspetti dell’eventuale verifica dell’anomalia).
La seconda questione, in realtà quella di maggior rilievo pratico operativo è che la stazione appaltante (il RUP) avrebbe articolato il procedimento di affidamento diretto simulando (nascondendo) un’autentica proceduta di aggiudicazione. Ciò avrebbe avuto delle conseguenze specifiche in particolare, semplificando, un maggior rigore nell’assegnazione ed il rispetto di ulteriori disposizioni.
Nel dettaglio, su questa censura si legge (dalla sentenza) che, “al di là della qualificazione indicata negli atti impugnati, la procedura espletata sarebbe, in realtà, una procedura di gara negoziata di cui all’art. 50, comma 1, lett. e) d.lgs. n. 36/2023 e non un affidamento diretto ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023, come sarebbe dimostrato: dal fatto che è stato dato avvio ad una procedura di affidamento mediante l’adozione di una determinazione a contrarre e la trasmissione di una lettera invito a cinque operatori; dalla richiesta del possesso di specifici requisiti di ordine speciale, mentre nessuna indicazione sarebbe stata chiesta rispetto al possesso di documentate esperienze pregresse previste dall’art. 50, comma 1, lett. b), d.Lgs. n. 36/2023; dalla richiesta di formulazione di una vera e propria offerta, composta da una parte tecnica ed una parte economica, e non di un preventivo; dalla previsione di criteri di valutazione delle offerte, rimessi alla discrezionalità del RUP, sulla base del criterio – per quanto non espressamente richiamato -dell’offerta economicamente più vantaggiosa; dalla previsione di un sopralluogo obbligatorio, “al fine della presentazione dell’offerta”.
In pratica, secondo il ricorrente, nel procedimento amministrativo risultavano innestati ben 7 “elementi” che rendevano un procedimento definito come affidamento diretto in una procedura autentica di selezione (una procedura negoziata) che avrebbe richiesto, come anticipato, una attività istruttoria molto più intensa e rigorosa.
Il giudice, condivisibilmente, non condivide la censura evidenziando, in particolare, che in realtà gli elementi richiamati rientrano comunque a pieno titolo anche nel procedimento amministrativo dell’affidamento diretto che è risultato, quindi, ben presidiato dal RUP.
Prima di addentrarci nell’analisi della rigorosa riflessione espressa nella sentenza appare necessario esprimere alcune premesse di tipo pratico.
3. L’affidamento diretto nel nuovo codice
Il procedimento amministrativo dell’affidamento diretto non ha una rigorosa e precisa disciplina nell’ambito del codice visto che questo disciplina le procedure di selezione ed il primo – si ripete per espressa affermazione contenuta nell’allegato I.1 – non è (non sostanzia/concreta) una selezione tra le offerte/preventivi presentati. In pratica definita l’esigenza della stazione appaltante, il RUP si limita ad individuare – secondo una discrezionalità tecnica – con o senza indagine di mercato ad individuare la prestazione che può soddisfare le esigenze prospettate.
Ovviamente, la dinamica più congeniale è l’affidamento secondo il prezzo, soprattutto se le caratteristiche della prestazione da acquisire sono ben definite e/o standardizzate. Ma tale processo istruttorio di adeguamento (tra le prestazioni presenti nel mercato e le necessità della stazione appaltante) possono essere oggetto di adattamento come nel caso in cui, individuato il potenziale affidatario, si definiscono le altre condizioni oppure la dinamica di scelta può essere strutturata con la richiesta, ad operatori prescelti, di proporre la propria soluzione/preventivo per la prestazione da acquisire.
In pratica, e pertanto, il procedimento di affidamento diretto viene definito/configurato/costruito dal RUP che, sulla ipotesi in parola, ha estremo margine di azione sempre che rispetti il quadro “normativo” consacrato nell’articolo 50 del nuovo codice.
Nel dettaglio, infatti, l’articolo 50, comma 1 lett. a) e b) l’affidamento diretto avviene “anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante”.
A questo quadro si deve aggiungere l’obbligo di rispettare la rotazione (ai sensi dell’articolo 49 del codice) e l’esigenza di tenere sempre a mente il principio del risultato (art. 1) ovvero il RUP deve raggiungere l’obiettivo (il risultato) dell’affidamento e della corretta/tempestiva esecuzione del contratto.
L’aspetto, probabilmente, di maggior carico istruttorio per il RUP è, rimane, la certificazione della congruità del prezzo. Solo quando è complesso certificare tale congruità allora il RUP può integrare la propria istruttoria magari previamente verificando ulteriori condizioni di mercato, attivare un confronto con più preventivi ma senza che ciò sostanzi una gara vera e propria: il confronto che il RUP deve attivare è certo un raffronto, ad esempio, tra i prezzi e prestazioni proposte ma soprattutto rispetto alla necessità/fabbisogno della stazione appaltante. A condizione che sia chiaro fin dall’avvio, è indispensabile che il RUP chiarisca – se del caso – ad esempio, che il prezzo non sarà determinante nell’affidamento visto che si privilegerà l’organizzazione del servizio proposto (nel caso in cui ovviamente si tratti di servizio) ma non confrontando le organizzazioni proposte ma confrontandole, si ripete, con le necessità della stazione appaltante.
Questo deve essere previamente chiarito e, soprattutto, deve essere chiaro che non insistono aspetti di valutazione discrezionale (perché altrimenti sarebbe necessaria una autentica valutazione di offerta) che imporrebbero l’esigenza di innestare la commissione di gara. L’innesto della commissione di gara, ovviamente, avrebbe per effetto di trasformare l’affidamento diretto un’autentica gara.
Queste indicazioni appena sintetizzate sono state chiaramente esplicitate nella determinazione (decisione) di avvio del procedimento dell’affidamento diretto da parte del RUP (ciò non emerge solo dalla sentenza ma dalla lettura della determinazione in parola). La decisione a contrarre adottata – fin dall’oggetto – chiariva che si intendeva procedere con affidamento diretto con confronto (con il RUP) tra diversi preventivi.
Nell’affidamento diretto articolato, pertanto, come ben chiarisce il giudice, uno degli aspetti fondamentali è che il RUP abbia ben chiarito come intende condurre la propria istruttoria. Nel momento in cui questo è chiaro gli operatori chiamati a presentare i preventivi intendono immediatamente che non è una gara e che non si costituiranno posizioni soggettive specifiche (ad esempio, quella del secondo classificato visto che nell’affidamento diretto non esiste graduatoria).
Ed ecco, come si vedrà più avanti, il giudice risponde negativamente alla pretesa del dogliante secondo cui dall’articolazione/innesto nel procedimento amministrativo dell’affidamento diretto sarebbe stata simulata una procedura negoziata con conseguente obbligo del RUP “di rispettare le regole che disciplinano le procedure negoziate, ivi comprese quelle afferenti al procedimento di verifica di congruità delle offerte”.
4. Come si fa l’affidamento diretto?
Nel ragionamento espresso in sentenza è chiaro come il RUP debba procedere nel momento in cui utilizza il procedimento amministrativo dell’affidamento diretto.
Il giudice, in primis, evidenzia che dalla decisione a contrarre emerge chiaramente la volontà del RUP di “individuare l’operatore cui affidare il servizio previo confronto di preventivi chiesti a cinque operatori”.
La sottolineatura successiva – anche indicata nella decisione a contrarre – appare fondamentale anche per guidare gli operatori nella decisione (o meno) di presentare un proprio preventivo.
In sentenza si rammenta, infatti, che con la decisione a contrarre il responsabile del servizio ha deciso (appunto) di “di affidare al RUP la valutazione complessiva di carattere qualitativo ed economico dei preventivi, valutazione che verrà” – prosegue la sentenza -, “descritta in apposito verbale redatto dallo stesso, senza generare nessun tipo di graduatoria tra gli operatori partecipanti”. Queste preziose indicazioni poi “sono ribadite nella lettera d’invito”.
Come emerge dalla segnalazione in sentenza, il momento fondamentale che consente di distinguere il procedimento da una procedura (e quindi l’affidamento diretto da una autentica selezione/concorso tra operatori economici) è “la previsione di un mero confronto tra preventivi e l’assenza di una commissione giudicatrice nominata per la valutazione delle offerte, per cui l’individuazione del preventivo ritenuto più conveniente per l’amministrazione è effettuata direttamente dal R.U.P., senza le formalità della seduta pubblica e senza l’elaborazione di una graduatoria finale tra le diverse proposte, palesano la volontà dell’amministrazione di ricorrere ad una modalità di affidamento diretto e non ad una procedura di carattere comparativo (cfr., analogamente, Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 2968/2023)”.
È su questo aspetto che la decisione dell’operatore (compreso il ricorrente) avrebbe dovuto esplicitarsi: fin dall’avvio del procedimento la valutazione risultava rimessa al RUP il quale era tenuto, esclusivamente, ad non assumere decisioni arbitrarie, illogiche o manifestamente sproporzionate (situazioni/carenze/difetti/errori che l’operatore, per sconfessarne l’operato, avrebbe dovuto adeguatamente dimostrare. Ed invece si è limitato ad evidenziare la presenza di elementi/innesti ritenendoli non propri dell’affidamento diretto (in realtà, dice il giudice, neanche questa affermazione era corretta).
Secondo il giudice, dalla decisione a contrarre non si palesava alcuna volontà di indire una procedura negoziata. Questo non si può sostenere per il fatto di aver coinvolto 5 operatori economici visto che è lo stesso codice (allegato I.1) a consentire l’interpello tra più operatori economici. In realtà, non è stato innestato un elemento classico della procedura negoziata ma piuttosto la decisione discrezionale (nell’affidamento diretto) di consultare il mercato (visto che la norma non obbliga a tale consultazione). Del resto, continua il giudice, già la giurisprudenza ha affermato che una mera procedimentalizzazione non snatura l’affidamento diretto in altre fattispecie.
E, non a caso, in sentenza si legge che “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti; cfr. il par. 4.1.2 sull’avvio della procedura), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze” (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 23.04.2021 n. 3287; in termini, TAR Venezia, Sez. I, 13.06.2022 n. 981; TAR Basilicata, Sez. I, 11.02.2022 n. 108; TAR Marche, Sez. I, 07.06.2021 n. 468)”.
5. La richiesta di offerte tecnico/economiche nell’affidamento diretto
Non snatura il procedimento in procedura neppure “la richiesta di un’offerta tecnica e un’offerta economica, da formularsi previa effettuazione di un sopralluogo, l’indicazione di un importo “a base d’asta” e la predeterminazione di criteri di valutazione”.
Su questa affermazione occorre soffermarsi: nel momento in cui il RUP utilizza l’affidamento diretto con interpello deve avere delle “ragioni” tecniche. Decide di avere più preventivi nel caso in cui, ad esempio, il mercato possa determinare proposte differenti. In pratica, non ha gli elementi necessari e sufficienti per affermare immediatamente la congruità.
Da qui la scelta dell’interpello ed è chiaro che il preventivo richiesto potrà più o meno essere articolato a seconda della prestazione da eseguire. Ma ciò che potrebbe snaturare il procedimento amministrativo fino a renderlo in realtà una procedura non è tanto la richiesta formale e come questa viene denominata ma l’intensità di valutazione che alla presentazione segue.
Per intendersi, se il preventivo presentato implica una valutazione discrezionale – e quindi non solo un confronto tra l’esigenza della stazione appaltante ed il preventivo richiesto ma tra le proposte presentate – probabilmente siamo in presenza di una vera e propria selezione (e quindi fuori dall’affidamento diretto). Ma se il preventivo/offerta risulta a valutazione automatica/standardizzata è chiaro che a questo può procedere direttamente il RUP (dotato di esperienza in attività di questo tipo).
Pertanto, il solo nomen di per sé non è sufficiente a snaturare il procedimento ma caso mai ciò che realmente è accaduto durante lo stesso che deve essere adeguatamente evidenziato dal ricorrente.
Pensare di poter annullare un procedimento di acquisto basando le proprie censure esclusivamente su aspetti meramente formali contrasta, oggi, anche con il principio del risultato.
Principio del risultato che, ora, impone anche al giudice un approccio sostanziale piuttosto che meramente formale (fermo restando ovviamente il rispetto delle norme codicistiche).
Allo stesso modo il giudice, correttamente, evidenzia che il procedimento di affidamento diretto era tale e non una selezione, anche nel caso di previsione di richiesta di requisiti non solo generali ma anche di qualificazione.
In questo senso, sempre nella sentenza, si legge che “Non trasforma certo l’affidamento diretto in una procedura di gara neppure la richiesta del possesso, in capo agli operatori, di requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che è, anzi, conforme a quanto previsto all’art. 17, c. 2, d.lgs. n. 36/2023 in forza del quale, in caso di affidamento diretto, la decisione di contrarre “individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale”.
L’affidamento diretto, quindi, in certi casi – come quello in esame – richiedeva una taratura anche sotto il profilo di requisiti di qualificazione (del resto ciò emerge dalla stessa norma codicistiche che impone un minimo di esperienza nell’operatore prescelto nell’affidamento diretto) per meglio rispondere alle esigenze palesate dalla stazione appaltante.
Pertanto, se è vero che il RUP deve attentamente evitare riferimenti formali alla procedura negoziata (se intende effettuare un affidamento diretto) è altrettanto vero che l’eventuale formalismo non può determinare l’annullamento del procedimento (o lo snaturamento in termini di procedura negoziata) salvo che si dimostri una azione (del RUP) “manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti”.