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( votes)Premessa
Sull’onda degli eventi che hanno recentemente funestato il mondo del lavoro, specie il settore delle costruzioni, con incidenti mortali nei cantieri, il legislatore è intervenuto con importanti disposizioni inserite nell’articolo 29 del decreto 2 marzo 2024, n.19, peraltro principalmente dedicato al PNRR, convertito in questi giorni con legge numero 56, del 29 aprile.
Va detto in premessa che trattasi di norme volte in principio a regolare il campo dei lavori privati, ambito prioritariamente interessato dagli eventi evocati rimasto senz’altro indietro sul piano delle tutele dei lavoratori rispetto a quanto previsto per i contratti pubblici. La scelta, quindi, tende ad equiparare i due contesti andando, di riflesso, a rinforzare lo stesso versante pubblicistico da tempo presidiato, tanto sul piano della salute e sicurezza quanto su quello del trattamento economico e normativo di chi vi opera, con un quadro di tutele che il decreto legislativo 30 marzo 2023, n. 36 ha pienamente confermato e che richiedono solo di essere correttamente applicate.
Sicurezza sul lavoro: settore privato finora meno tutelato di quello pubblico?
Ciò, nonostante le osservazioni che, a più riprese, vengono formulate rispetto ai contenuti del nuovo Codice dei contratti pubblici, specie sotto il profilo della cosiddetta liberalizzazione dei subappalti, ancor più rilevante per il fatto di aver legittimato, su input europeo, la formula cosiddetta “a cascata”, oggi prevista dal comma 17 dell’articolo 119.
Dalla prospettiva pubblicistica intendiamo, quindi, in questa sede, esaminare come le più recenti innovazioni apportate principalmente rispetto ai contenuti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la cosiddetta legge Biagi, ed al decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, si riverberino in detto contesto, con i relativi effetti.
1. La patente a crediti
Il primo profilo di rilievo riguarda senz’altro la riscrittura dell’articolo 27 del decreto legislativo 81, che, con operatività 1° ottobre 2024, prevede l’introduzione di un Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi tramite crediti, definito anche con l’appellativo di Patente a crediti o come qui preferiamo dire, rammentando un’iniziativa del tutto analoga risalente nel tempo e riguardante in modo diretto il settore pubblico, Patente a punti.
Il possesso della patente come condizione indispensabile per poter operare
Trattasi di un documento rilasciato dall’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) subordinatamente al possesso, da parte del richiedente, di una serie di pre requisiti, indispensabile per poter operare all’interno dei cantieri temporanei o mobili di cui all’articolo 89, comma 1, lettera a), del d.lgs. 81/08, la cui mancanza comporta, oltre ad una sanzione amministrativa pari al 10 per cento del valore dei lavori e, comunque, non inferiore a euro 6.000, l’esclusione dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, per un periodo di sei mesi.
Inoltre, contrariamente all’originaria versione del decreto, che esentava dalla patente a punti gli operatori in possesso dell’attestazione SOA, la versione finale del provvedimento prevede che detta esenzione riguardi le sole imprese qualificate dalla terza classifica (compresa) in poi, rendendola quindi necessaria per tutte le imprese abilitate ad operare solo entro i 516.000 euro (semmai incrementato del 20% ai sensi dell’articolo 2 dell’all.II.12 al Codice dei contratti pubblici), ambito che si aggiunge a quello delle cosiddette partite IVA già incluso nell’obbligo.
La patente si applica anche nei contratti pubblici
Attraverso questa, ancorché limitata, finestra, la legge di conversione del decreto 19/2024 sposta dunque in modo importante l’asse delle innovazioni verso i contratti pubblici al solo considerare che l’obbligo della patente a punti riguarderà tutti coloro che opereranno nei cantieri, subappaltatori e lavoratori autonomi inclusi, a qualsiasi livello si collochino nella filiera realizzativa, evocando la responsabilità di chi li utilizza.
Oltre alle imprese attestate SOA nei limiti predetti, esclusi dall’obbligo sono solo coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale, con la precisazione che per le imprese e i lavoratori autonomi stabiliti in uno Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia o in uno Stato non appartenente all’Unione europea è sufficiente il possesso di un documento equivalente rilasciato dalla competente autorità del Paese d’origine e, nel caso di Stato non appartenente all’Unione europea, riconosciuto secondo la legge italiana.
La patente viene rilasciata in formato digitale, come già detto dall’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) subordinatamente al possesso da parte del richiedente di specifici requisiti quali l’iscrizione alla camera di commercio, l’avvenuto adempimento degli obblighi formativi di cui al d.lgs. 81/2008 per datori di lavoro, dirigenti e preposti, nonché prestatori di lavoro e lavoratori autonomi, il possesso del documento unico di regolarità contributiva in corso di validità; si aggiungono, laddove previsti dalla legge, il documento di valutazione dei rischi, la certificazione di regolarità fiscale di cui all’articolo 17-bis, commi 5 e 6, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (il cosiddetto DURF) e l’avvenuta designazione di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Dotazione iniziale di 30 crediti a scalare in caso di violazioni della normativa su salute & sicurezza sul lavoro
La patente prevede un punteggio iniziale di trenta crediti e consente di operare laddove se ne posseggano almeno quindici; il punteggio, infatti, subisce decurtazioni correlate alle risultanze dei provvedimenti definitivi, quali sentenze passate in giudicato o ordinanze-ingiunzione divenute definitive, emanati nei confronti dei datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese, ovvero dei lavoratori autonomi, relativamente ad eventi indicati in un apposito allegato al decreto che fissa anche la misura della penalizzazione in funzione della gravità dell’evento.
Peraltro, ed al di là del punteggio detenuto, è sempre possibile portare a termine le attività in corso di esecuzione, quando i lavori eseguiti superano il 30% del valore del contratto, salva l’adozione dei provvedimenti sospensivi di cui all’articolo 14 del d.lgs.81/08, riguardanti la presenza in cantiere di almeno il 10 % di lavoratori che al momento degli accessi ispettivi risultino occupati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, ovvero inquadrati come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni previste, nonché in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
Sospensione cautelare fino a 12 mesi in aggiunta alla decurtazione per violazioni gravi
Nell’ambito delle gravi violazioni delle norme sulla prevenzione, per il caso di infortuni ai quali consegua la morte del lavoratore è comunque prevista la decurtazione di venti crediti; quindici per l’inabilità permanente assoluta; dieci per le malattie professionali; otto per l’inabilità parziale. In tutti gli altri (25) casi, che vanno dall’omessa elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi, del piano di emergenza ed evacuazione, di quello operativo di sicurezza, all’omessa formazione e addestramento ecc. le penalizzazioni sono comprese tra uno a cinque crediti. Nei casi più gravi l’Ispettorato nazionale del lavoro può comunque anche in questo caso sospendere, in via cautelare, la patente fino a dodici mesi.
Le modalità di presentazione della domanda e i contenuti informativi della patente sono dalla legge rinviati ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi sentito l’Ispettorato nazionale del lavoro, fermo restando che il possesso dei suindicati requisiti è autocertificato ai sensi del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 e che, nelle more del rilascio della patente, è comunque consentito lo svolgimento delle attività, salva diversa comunicazione notificata dall’INL.
2. La verifica di congruità della manodopera
Ciò detto della patente a punti, questione che comunque evoca la necessità di controlli da parte delle stazioni appaltanti tanto in fase di esecuzione che in sede di accesso degli operatori economici alle procedure di affidamento, specie se di modesto importo, ulteriore elemento recato dall’articolo 29 del decreto-legge 19, rilevante anche per il comparto dei contratti pubblici, riguarda la mancata verifica della congruità circa l’incidenza della manodopera sull’opera complessiva realizzata.
Al riguardo dispone il comma 10 per il quale, negli appalti pubblici e privati che prevedono la realizzazione di lavori edili, prima di procedere al saldo finale dei lavori il responsabile del progetto negli appalti pubblici, cioè il RUP, o il Responsabile del procedimento per a fase di esecuzione, e il committente nel caso degli appalti privati, verificano la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva, nelle ipotesi e secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui all’articolo 8, comma10-bis, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n.120.
Nuove conseguenze nel caso di mancata verifica negli appalti pubblici pari o superiori a 150.000 euro
Trattandosi di adempimento non nuovo, ciò che rileva è la previsione di cui al successivo comma 11 secondo la quale negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a 150.000 euro, fermi restando i profili di responsabilità amministrativo-contabile, l’avvenuto versamento del saldo finale da parte del responsabile del progetto in assenza di esito positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte dell’impresa affidataria dei lavori, è considerato dalla stazione appaltante ai fini della valutazione della performance dello stesso.
È, inoltre, disposto che l’esito dell’accertamento di detta violazione venga comunicato all’ANAC, anche ai fini dell’esercizio dei poteri di vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti pubblici ad essa attribuiti, ai sensi dell’articolo 222, comma 3, lettera b), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n.36.
Rilievo nella valutazione di performance e segnalazione all’ANAC
In sostanza, la mancata verifica della congruità della manodopera e della conseguente eventuale regolarizzazione della posizione dell’operatore economico prima del pagamento del saldo, implica per il personale dell’amministrazione preposto al controllo, penalizzazioni di natura anche economica oltre alla segnalazione del fatto all’ANAC.
Contratti collettivi nazionali per il trattamento economico e normativo dei lavoratori.
Ulteriore previsione che, nell’ottica considerata, apporta chiarimenti e modifiche alla disciplina vigente riguarda l’identificazione del contratto di lavoro rilevante ai fini del corretto trattamento economico dei lavoratori impiegati nei contratti pubblici lungo l’intera filiera.
Dispone il comma 2 dell’articolo 29 del decreto legge 19, integrando con un nuovo comma 1 bis l’articolo 29 della legge Biagi, che al personale impiegato nell’appalto di opere (recius: lavori) o servizi e nel subappalto, spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto.
Rilevano i CCNL stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
Al riguardo è importante soprattutto la modifica apportata al testo in sede di conversione, nel senso che la norma considera, ora, i contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in luogo di quelli maggiormente applicati nel settore e per la zona.
Trattasi di una precisazione non di poco conto che riporta in evidenza il tema del maggior rilievo, in termini di tutele da riconoscere agli esiti della contrattazione collettiva operata dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative, a livello nazionale, rispetto a quelli scaturenti da una contrattazione di rilievo puramente locale o comunque meno rappresentativa, confermando e/o di fatto integrando numerose previsioni del codice dei contratti riferite al tema.
Modifica legislativa che rileva, in via interpretativa, anche nell’applicazione del Codice dei contratti pubblici.
In questo senso è l’articolo 11 del decreto legislativo n.36/23 che, in aderenza a quanto in tal senso previsto anche dalla relativa legge delega, espressamente dispone, al comma 2, che il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione, che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti ad indicare nei bandi e negli inviti, è quello, riferito all’attività da svolgere, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più̀ rappresentative sul piano nazionale (i c.d. contratti leader).
A tale obbligo ne corrisponde uno a carico degli operatori economici, che possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente; alla luce delle evocate previsioni del decreto-legge n.19/2024, si ritiene che il differente contratto prescelto non possa che rientrare tra quelli definiti leader.
La questione del contratto applicabile si estende all’intera filiera realizzativa anche nell’ipotesi di subappalti a cascata, posto che, in base al comma 6 dell’articolo 119 del Codice dei contratti, l’appaltatore principale è responsabile in solido con il subappaltatore per gli obblighi retributivi e contributivi, con espresso richiamo all’articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, deve allo scopo osservare, secondo il successivo comma 7, il trattamento economico e normativo di cui ai contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni secondo le previsioni dell’articolo 11 e nel rispetto delle disposizioni del comma 12 che richiama anche il direttore dell’esecuzione al fine di verificare l’effettiva applicazione di detta normativa.
Il comma 12 prevede infatti che il subappaltatore, da leggersi come di qualsiasi livello, per le prestazioni affidate in subappalto, debba garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto, e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, dovendo altresì applicare i medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro del contraente principale qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto, oppure riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale.
Nell’ottica di cui il decreto-legge 19 è portatore, l’evocato richiamo ai contratti collettivi nazionali non può che leggersi come riferito ai contratti leader, come peraltro conferma il successivo comma 14 dell’articolo 119, dove è detto che per contrastare il fenomeno del lavoro sommerso irregolare, il documento unico di regolarità̀ contributiva è comprensivo della verifica della congruità della incidenza della mano d’opera relativa allo specifico contratto affidato. Tale congruità, per i lavori edili, è verificata dalla Cassa edile in base all’accordo assunto a livello nazionale tra le parti sociali firmatarie del contratto collettivo nazionale comparativamente più rappresentative per l’ambito del settore edile ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; per i lavori non edili è verificata in comparazione con lo specifico contratto collettivo applicato.
Le nuove norme dovrebbero, dunque, contribuire a circoscrivere il problema del riferimento, da parte degli operatori economici, a contratti collettivi con minori garanzie rispetto al trattamento riveniente dalle condizioni indicate dalle stazioni appaltanti, vincolate dall’inizio all’indicazione dei contratti leader.
Al di là dell’innegabile portata innovativa che il decreto legge 19 riveste in termini di tutela della sicurezza e delle altre garanzie a favore dei lavoratori impegnati nei cantieri privati, le integrazioni della disciplina recate anche sul versante pubblicistico testimoniano della necessità di procedere, ad un anno dalla sua adozione, su questo e su altri fronti, ad alcuni aggiustamenti delle previsioni del nuovo codice dei contratti che, senza snaturarne impostazione, logiche e principi, chiarisca quei punti che, dall’applicazione pratica, emergano come abbisognevoli di chiarimento operativo.
Iniziative in questo senso sembrano peraltro previste solo nella seconda metà dell’anno.