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di Riccardo Gai

1. Il grave illecito professionale nel “vecchio” Codice dei contratti  

Il grave illecito professionale, potenzialmente ostativo alla partecipazione alle pubbliche gare d’appalto, è stato un tema oggetto, negli ultimi anni, di numerosi interventi di riforma normativa, oltre che di pronunce giurisprudenziali a volte contrastanti.  

Nell’ormai “vecchio” Codice dei contratti (d.lgs. 50/2016), l’originaria formulazione contenuta nell’art. 80, comma 5, lettera c), prevedeva che le stazioni appaltanti potessero escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico nel caso si fosse dimostrato con mezzi adeguati che lo stesso si sarebbe reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, recando la stessa norma una elencazione ben precisa:

– le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni;

– il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;

Secondo l’orientamento giurisprudenziale formatasi nella vigenza del d.lgs. 50/2016, l’elencazione dei gravi illeciti professionali è stata ritenuta meramente esemplificativa e non comportante una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante (cfr. Cds, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299)

– il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale inizialmente formatosi, rispetto al quale non sono tuttavia mancate pronunce di segno contrario, l’elencazione riportata nella citata norma è stata ritenuta meramente esemplificativa e non comportante una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante (cfr. Cds, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299); ciò si era, ovviamente, tradotto nella facoltà per la stazione appaltante di valutare discrezionalmente la gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, fossero tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente.

Secondo questo orientamento, la stazione appaltante era chiamata ad operare una valutazione discrezionale dell’idoneità del comportamento del concorrente, se tale o meno tale da porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente,  nel pieno esercizio del proprio potere discrezionale, effettuata con riferimento alle circostanze dei fatti, alla tipologia di violazione, alle conseguenze sanzionatorie, al tempo trascorso e alle eventuali recidive, il tutto in relazione all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.

Pertanto, la stazione appaltante doveva ritenersi onerata a dimostrare, con mezzi adeguati, l’incidenza dei fatti riportabili a tale categoria sull’integrità o affidabilità del concorrente. La categoria dell’illecito professionale veniva così a configurarsi come “aperta” e “astratta”, nel senso che qualunque fatto risultava – potenzialmente – suscettibile di integrarlo laddove, ragionevolmente, fosse tale da incidere sull’affidabilità dell’offerente in ordine alla corretta esecuzione del contratto da affidare.

Ad una maggiore estensione, potenzialmente indefinita, della categoria faceva da contraltare l’onere motivazionale posto in capo alla stazione appaltante, la quale era chiamata a valutare i fatti relativi al singolo concorrente suscettibili di integrare l’illecito professionale e motivare espressamente in relazione alla loro incidenza sull’integrità e sull’affidabilità del medesimo.

2. Le modifiche legislative in itinere

Le normative sopravvenute, che hanno nel tempo modificato l’art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016, avevano   sostanzialmente recepito l’orientamento giurisprudenziale prevalente che faceva del grave illecito professionale una fattispecie ad elencazione non tassativa.

Ed infatti, a partire dal cd. Decreto semplificazioni (DL 135/2018 convertito con la l. 12/2019), tutti quei comportamenti che la previgente disciplina di cui all’art. 80, co. 5, lett. c), faceva rientrare nel concetto di “grave illecito professionale”, secondo un’elencazione che, come abbiamo visto, era ritenuta di carattere esemplificativo dalla giurisprudenza prevalente, sono state individualmente tramutate in autonome cause di esclusione alle lettere c-bis) e c-ter), come segue:

– c-bis): <<l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione>>;

c-ter) <<l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa>>.

Alla lettera c), invece, rimaneva la causa di esclusione che fa riferimento a <<gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità>>.

Dalla previsione così riformata veniva, pertanto, meno l’elenco dei comportamenti valutabili dalla stazione appaltante alla stregua di un “grave illecito professionale”, che, mentre, come abbiamo visto sopra, nella primigenia formulazione codicistica erano indicati (ancorché in via meramente esemplificativa e non tassativa), a seguito della citata novella legislativa sono stati lasciati alla più ampia discrezionalità dell’Amministrazione.

Il “Decreto semplificazioni” (DL 135/2018 convertito con la l. 12/2019) aveva fatto venir meno l’elenco dei comportamenti valutabili dalla stazione appaltante alla stregua di un “grave illecito professionale”, che, mentre nella primigenia formulazione codicistica erano indicati (ancorché in via meramente esemplificativa e non tassativa), a seguito della citata novella legislativa sono stati lasciati alla più ampia discrezionale dell’Amministrazione.

Il criterio ispiratore della riforma descritta si rinveniva nell’esigenza di tutelare, oltre che l’interesse pubblico alla selezione di operatori che non si fossero resi protagonisti di gravi illeciti tali da comprometterne la credibilità e l’efficienza, anche il vincolo fiduciario tra stazione appaltante ed aspirante affidatario della commessa, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità fosse in grado di compromettere l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. Ogni condotta collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa poteva, pertanto, essere valutata come possibile causa di esclusione dalla stazione appaltante, anche in mancanza di un accertamento giudiziale definitivo.

Dall’analisi del dettato normativo poteva pertanto trarsi che in tema di grave illecito professionale fosse stato riconosciuto in capo alla stazione appaltante un ampio potere discrezionale e valutativo in ordine alla sussistenza dei requisiti di integrità o affidabilità dei concorrenti, che avrebbe potuto riguardare una molteplicità di condotte che la stessa stazione appaltante avrebbe potuto valutare attraverso il suo prudente apprezzamento, senza alcuna elencazione tassativa.

Ciò comportava indubbiamente, per i concorrenti, un onere aggiuntivo consistente nella necessità di dichiarare qualunque circostanza che potesse ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione. Infatti, la gravità dell’evento avrebbe dovuto essere ponderata solo ed esclusivamente dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico era tenuto a dichiarare situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali ed a rimettersi alla valutazione della medesima, non essendo configurabile in capo all’impresa partecipante ad una gara alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare e sussistendo, al contrario, l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare con piena cognizione di causa le valutazioni di sua competenza.

La disposizione, di portata così ampia – oltre a non individuare neanche un arco temporale di riferimento dei pregressi inadempimenti – offriva quindi numerosi spunti problematici e zone grigie, che la prassi applicativa e la giurisprudenza sugli inevitabili e numerosi contenziosi scaturiti dall’applicazione di essa avevano soltanto in parte contribuito a superare.

Tali incertezze, nell’intento del legislatore, dovrebbero ritenersi superate a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina sui contratti pubblici, la quale, come tra breve vedremo, ha previsto un’elencazione tassativa delle fattispecie dei gravi illeciti professionali, oltre che un preciso limite temporale, teoricamente volti a superare le indecisioni ingenerate dall’ampia formulazione della normativa previgente.

3. Il grave illecito professionale nel d.lgs. 36/2023

Abbiamo appena visto come l’illecito professionale grave del previgente d.lgs. 50/2016 rappresentava una fattispecie aperta ed ampia, potendo racchiudere svariate tipologie di condotte degli operatori economici ritenute sufficienti ad integrarlo. Per superare il disordine concettuale e i rallentamenti operativi creati da questa eccessiva ampiezza, il legislatore del 2023 ha ritenuto di dover disciplinare la materia del grave illecito professionale in maniera puntuale e tassativa, indicando il significato di illecito professionale grave, quando sussiste e quali sono i mezzi adeguati per dimostrarne l’esistenza.

L’istituto in esame appartiene alle cause di esclusione dalla gara “non automatiche”, secondo quanto previsto dall’art. 95 del d.Lgs. 36/2023, ovvero a tutte quelle ipotesi che non obbligano automaticamente la stazione appaltante ad escludere l’operatore economico, bensì ad avviare un iter di valutazione centrata sull’integrità ed affidabilità del concorrente. La fissazione di circostanze e metodologie chiare per l’esercizio di tale discrezionalità dovrebbe risultare non soltanto utile a circoscriverne la portata, ma altresì a ridurre la discrezionalità dell’amministrazione e quindi ad evitare errori scaturenti da un’eccessiva severità, di conseguenza evitando sproporzionate esclusioni.

Il legislatore del 2023 ha ritenuto di dover disciplinare la materia del grave illecito professionale in maniera puntuale e tassativa, indicando il significato di illecito professionale grave, quando sussiste e quali sono i mezzi adeguati per dimostrarne l’esistenza

Secondo quanto previsto dall’art. 98, comma 2, del d.lgs. 36/2023, per potersi configurare l’ipotesi di grave illecito professionale è necessaria la compresenza delle seguenti condizioni: a) Elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) Idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore economico; c) Presenza di adeguati mezzi di prova.  Va da sé che la motivazione alla base del provvedimento di esclusione deve istruire cumulativamente tutte le condizioni, in quanto, diversamente, il provvedimento non sarebbe da disporre.

La stazione appaltante desume il grave illecito professionale dal successivo comma 3, il quale prevede un elenco delle fattispecie che lo configurano, con il chiaro intento del legislatore oggettivizzare il più possibile la valutazione sull’integrità e affidabilità del concorrente, ravvisabile dalla tassatività che il comma 6 conferisce all’elenco di mezzi di prova adeguati a dimostrare le ipotesi configuranti il grave illecito professionale. 

L’art. 98, comma 3, del d.lgs. 36/2023 stabilisce, infatti, che “L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi:

a) sanzione esecutiva irrogata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore, rilevante in relazione all’oggetto specifico dell’appalto;

b) condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione;

c) condotta dell’operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili, derivanti da inadempienze particolarmente gravi o la cui ripetizione sia indice di una persistente carenza professionale;
d) condotta dell’operatore economico che abbia commesso grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori;

e) condotta dell’operatore economico che abbia violato il divieto di intestazione fiduciaria di cui all’articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, laddove la violazione non sia stata rimossa;

f) omessa denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’operatore economico persona offesa dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 416-bis.1 del medesimo codice salvo che ricorrano i casi previsti dall’articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato per i reati di cui al primo periodo nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all’ANAC, la quale ne cura la pubblicazione;

g) contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94;
h) contestata o accertata commissione, da parte dell’operatore economico oppure dei soggetti di cui al 
comma 3 dell’articolo 94, di taluno dei seguenti reati consumati:

1) abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell’articolo 348 del codice penale;
2) bancarotta semplice, bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare o ricorso abusivo al credito, di cui agli articoli 216, 217, 218 e 220 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

3) i reati tributari ai sensi del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i delitti societari di cui agli articoli 2621 e seguenti del codice civile o i delitti contro l’industria e il commercio di cui agli articoli da 513 a 517 del codice penale;
4) i reati urbanistici di cui all’
articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con riferimento agli affidamenti aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;
5) i reati previsti dal 
decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.

Una volta accertata l’esistenza dell’illecito professionale grave e il suo correlato mezzo di prova, la stazione appaltante non deve tout court provvedere all’esclusione del concorrente, ma è necessario che, caso per caso, valuti l’effettiva incidenza che quella condotta abbia sull’affidabilità e integrità delle sue potenziali prestazioni. A questo scopo, il successivo comma 4 funge da guida per la stazione appaltante, stabilendo che “la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa”. Sembra chiaro quindi che, tra gli altri elementi di valutazione, l’adozione da parte dell’operatore economico di misure dissociative rispetto alla condotta dei suoi collaboratori, che vadano anche a rimodulare il proprio assetto organizzativo, potrebbero risultare determinanti ai fini della clemenza della stazione appaltante. Il comma 4 conclude prevedendo che il committente pubblico dovrà considerare anche l’eventuale impugnazione fatta dall’operatore economico contro il provvedimento che l’ha macchiato di illecito professionale grave.

Particolare rilevanza assume, nel “nuovo” Codice, l’istituto del self cleaning, per cui il legislatore ha previsto un’estensione applicativa maggiore rispetto al trascorso codice del 2016.

In particolare, si prevede all’art.96, comma 2, del d.lgs n. 36/2023 che l’operatore che sia incorso nelle clausole di esclusione di cui all’art. 94 (quindi cause di esclusione “automatiche”) e di quelle di cui all’art. 95 (cause di esclusione “non automatiche”) non è escluso qualora abbia adottato le misure di ravvedimento previste dalla norma.

Nel caso in cui le fattispecie escludenti siano intervenute prima della presentazione dell’offerta, l’operatore economico, contestualmente all’offerta, deve comunicare ciò alla stazione appaltante, dovendo altresì dare prova di aver adottato le misure previste dall’art. 96 co. 6 d.lgs n. 36/2023. Ed invero, al fine di evitare l’esclusione, l’operatore dovrà dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.

Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito, nonché la tempestività della loro assunzione. Nel caso in cui l’operatore economico si trovi nell’impossibilità di poter adottare tali misure prima della presentazione dell’offerta, l’operatore economico fornirà prova di ciò alla stazione appaltante, dovendo poi assolvere successivamente al proprio onere di applicazione del self-cleaning.

Il comma 4 dell’art. 96 d.lgs n. 36/2023, in aderenza a quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza del 14 gennaio 2021, causa C‑387/19) e della successiva giurisprudenza nazionale (cfr. Cds, Sez. V, 30.05.2022, n. 4363), stabilisce che se la causa di esclusione si è verificata successivamente alla presentazione dell’offerta, l’operatore economico adotta e comunica le misure intraprese.

È stata inoltre inserita una disposizione di chiusura (v. comma 5) che mira ad evitare che la conclusione della procedura possa essere ritardata a cagione dell’adozione delle misure da parte dell’operatore economico, per cui “in nessun caso l’aggiudicazione può subire dilazioni a cagione dell’adozione delle misure”.

Se le misure adottate dall’operatore economico sono ritenute sufficienti e tempestive, lo stesso non è escluso dalla gara; in caso contrario, la stazione appaltante provvederà a comunicarlo al privato.

E’ lo stesso art. 96, peraltro, ad aver previsto, al comma 10, un preciso limite temporale alla rilevanza del grave illecito professionale, individuato in tre anni dalla commissione del fatto.

Il nuovo articolo 96 del d.lgs n. 36/2023 rappresenta, indubbiamente, un importante punto di arrivo di un percorso giurisprudenziale teso ad allineare la normativa nazionale a quella europea, inserendosi nel più ampio disegno che sorregge il nuovo codice appalti e cioè la stesura di un testo che sia aderente al diritto dell’Unione Europea e che superi i diversi dubbi e problemi interpretativi ed applicativi che afflitto il d.lgs n. 50/2016.

4. La delibera ANAC n. 397/2023 e i nodi ancora irrisolti

Anche se il legislatore, con l’adozione del nuovo Codice dei contratti (d.lgs. 36/2023) ha perseguito il lodevole intento di ampliare la platea dei concorrenti, attraverso un approccio normativo meno “severo” e maggiormente teso a rendere chiare, tassative e facilmente intellegibili – sia dalle stazioni appaltanti che dagli operatori economici – le cause di esclusione, rimangono tuttavia alcuni punti controversi.

Un particolare spunto di riflessione merita, in proposito, il cosiddetto principio del clare loqui, ossia il principio che obbliga i privati, nei rapporti con l’amministrazione appaltante, a non tralasciare alcuna informazione che li riguardi, anche quelle apparentemente più insignificanti, proprio per dare modo all’amministrazione stessa di poter discrezionalmente valutare se tali comportamenti possano o meno incidere sull’integrità e affidabilità dei concorrenti.

Tale principio aveva un rilievo determinante nella vigenza del vecchio codice, in ragione del fatto che, come detto anche nei paragrafi che precedono, non essendo ivi prevista una tassativa elencazione degli illeciti rilevanti, i concorrenti erano tenuti a dichiarare ogni precedente potenzialmente idoneo ad incidere sulla propria moralità professionale, ai fini della valutazione, per cui, secondo la giurisprudenza che si era consolidata in soggetta materia, <<con riferimento agli adempimenti dichiarativi, i concorrenti sono tenuti a rendere una dichiarazione omnicomprensiva, segnalando tutte le vicende afferenti la propria attività professionale sulla base del noto principio per cui non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza>> (cfr. Cds, sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; Id., 11 giugno 2018, n. 3592; Id., 19 novembre 2018, n. 6530), per cui anche la violazione degli obblighi informativi da parte del concorrente <<ben può essere apprezzata dalla stazione appaltante quale “grave illecito professionale” ex art. 80 c. 5 lett. c)  [ora art. 98, co. 3, lett. b, n.d.r.]>>(cfr. TAR Campania, sez. VIII, 15 giugno 2020, n. 2376), anche <<in considerazione dell’ampiezza di tale fattispecie comprensiva di condotte illecite collegate all’esercizio dell’attività professionale riguardanti sia la fase di esecuzione del contratto che la fase della stessa gara>> (cfr. TAR Emilia Romagna, 8 marzo 2021, n. 208).

Ora, vi è da chiedersi se, nella vigenza del nuovo Codice, tali principi rimangano intatti o se, viceversa, data la tassatività delle fattispecie rilevanti indicate nell’art. 98, comma 3, del d.lgs. 36/2023, i concorrenti possano autonomamente decidere di non dichiarare precedenti che rispetto all’elencazione predetta risultino apparentemente estranei.

A titolo esemplificativo, si consideri che, nella vigenza del vecchio codice, secondo l’ANAC (v. delibera n. 146 del 30 marzo 2022), la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria, pur non producendo un automatico effetto espulsivo dell’operatore economico e non essendo idonea a determinarne l’esclusione per falsa dichiarazione (ai sensi dell’allora vigente art. 80, comma 5, lett. f-bis) del Codice), sarebbe stato riconducibile all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. 50/2016 laddove il concorrente non avesse assolto l’obbligo informativo, e pertanto valutabile dalla stazione appaltante quale grave illecito professionale, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c).

Nel caso in esame, l’ANAC aveva rilevato che la sopravvenienza, in corso di gara, di un’indagine penale a carico del legale rappresentante della società risultata aggiudicataria in relazione a fattispecie di reato gravi avente ad oggetto condotte corruttive presuntivamente commesse nell’ambito di altra gara d’appalto, avrebbe dovuto imporre all’operatore economico l’obbligo di informare la stazione appaltante della pendenza delle indagini e dell’adozione della misura cautelare nei confronti del legale rappresentante della società, nonché alla stazione appaltante di effettuare una valutazione concreta ed effettiva sulla rilevanza di quei fatti quale grave illecito professionale.

Mentre ora, nella vigenza del nuovo Codice, la stessa ANAC ha mutato radicalmente orientamento, per cui la mera iscrizione nel registro degli indagati non dovrebbe essere più causa di esclusione dalle gare d’appalto (delibera n. 397 del 6 settembre 2023).

Ad avviso dell’ANAC, nella vigenza del nuovo Codice, la mera iscrizione nel registro degli indagati non dovrebbe essere più causa di esclusione dalle gare d’appalto (delibera n. 397 del 6 settembre 2023). 

Nella specie, rispondendo a una richiesta di parere di un’amministrazione locale, riguardo i requisiti di ordine generale per l’affidamento di contratti pubblici, con particolare riferimento all’illecito professionale grave, l’ANAC ha fornito indicazioni specifiche sulle cause di esclusione dalle gare d’appalto, sulla base di quanto disposto dal decreto legislativo 36/2023.

In particolare, l’ANAC ha provveduto ad individuare le differenze tra la disciplina in tema di illecito professionale grave dettata dal vecchio codice e quella introdotta dal d.lgs. 36/2023. Tra gli aspetti di maggior rilievo è stata, appunto, valorizzata la tipizzazione delle fattispecie costituenti grave illecito professionale (limitato, sotto il profilo penale ai reati di cui alle lettere g) ed h) del comma 3 dell’art. 98) e dei mezzi di prova utili per la valutazione della sussistenza dell’illecito stesso, superando in tal modo l’impostazione precedente che consentiva di valutare ogni condotta penalmente rilevante idonea ad incidere sulla affidabilità e sull’integrità della impresa concorrente.

Ad avviso dell’ANAC, dunque, nell’ambito della tipizzazione introdotta, perderebbe rilevanza la mera iscrizione nel registro degli indagati, probabilmente anche per esigenze di coordinamento del Codice Appalti con la riforma recata dal d.lgs. 150/2022 che ha introdotto (tra l’altro) nel codice di procedura penale la nuova disposizione dell’art. 335-bis, che così recita: «La mera iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito».

L’ANAC, tuttavia, non ha chiarito espressamente i contorni degli oneri dichiarativi alla luce della vigenza del nuovo Codice, lasciando comunque intendere che la valutazione spetti sempre e comunque alla stazione appaltante e che gli operatori economici mantengano comunque l’onere di mettere quest’ultima nelle condizioni di poter valutare, a pieno, le proprie condotte. In chiusura della delibera in commento, infatti, l’ANAC ha precisato che <<Sussiste tuttavia l’onere per la stazione appaltante […] di verificare se intervenga a carico dell’operatore economico interessato, l’adozione di ulteriori provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria, come l’applicazione di una misura cautelare o l’avvenuto esercizio dell’azione penale, eventi questi espressamente contemplati nell’art. 98 del Codice, nel senso in precedenza indicato>>.  

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Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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