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1. La distinzione fra selezione dell’offerente e selezione dell’offerta
Sulla base della giurisprudenza comunitaria, che aveva sottolineato la necessità di operare una netta separazione tra fase di selezione dell’offerente, basata su criteri di idoneità, e fase di selezione dell’offerta, fondata su criteri di aggiudicazione anche l’orientamento giurisprudenziale nazionale è stato a lungo nel senso del divieto di inclusione, tra i criteri di valutazione delle offerte, di elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa (cfr. Cds, V, 14 ottobre 2008, n. 4971; id., V, 20 agosto 2013 n. 4191; id., 12 novembre 2015, n. 5181). |
Sulla base della giurisprudenza comunitaria, che aveva sottolineato la necessità di operare una netta separazione tra fase di selezione dell’offerente, basata su criteri di idoneità, e fase di selezione dell’offerta, fondata su criteri di aggiudicazione (cfr. Corte di Giustizia, 24 gennaio 2008, in causa C-532/06), anche l’orientamento giurisprudenziale nazionale è stato a lungo nel senso del divieto di inclusione, tra i criteri di valutazione delle offerte, di elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa (in particolare, pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati e certificazione di qualità) anziché alla qualità dell’offerta, alla stregua del principio ostativo alla commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri afferenti alla valutazione dell’offerta a fini di aggiudicazione (cfr. Cds, V, 14 ottobre 2008, n. 4971; id., V, 20 agosto 2013 n. 4191; id., 12 novembre 2015, n. 5181).Tuttavia, si era fatta strada, già nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, una diversa giurisprudenza che, sia pure limitatamente alle procedure relative ad appalti di servizi, aveva consentito l’interpretazione del detto principio cum grano salis (così, espressamente, Cds, IV, 25 novembre 2008, n. 5808), consentendo alle stazioni appaltanti, nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l’oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione della offerta, di prevedere nel bando di gara elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti la specifica attitudine del concorrente, anche sulla base di analoghe esperienze pregresse, a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara (v., sul punto, Cds, V, 3 ottobre 2012, n. 5197).
Entrato in vigore il d.lgs. 50/2016, l’applicazione più elastica del divieto di commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri oggettivi di valutazione dell’offerta è stata condivisa sia dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere n. 1767 del 2 agosto 2016 – laddove ha sottolineato, per quanto incidentalmente, il favor per la commistione espresso nelle nuove direttive europee in materia e recepito dall’art. 95 del d. lgs. n. 50 del 2016 (pur mettendo in guardia sull’opportunità di «chiarire se lo stesso servizio possa al tempo stesso, nella medesima gara, costituire requisito soggettivo di qualificazione / partecipazione ed essere oggetto di valutazione nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa, specificando, per tale evenienza, che sarà oggetto di valutazione solo per la parte eccedente la soglia minima richiesta ai fini della partecipazione alla gara. In caso contrario e di concorrenti tutti egualmente qualificati si profila il rischio di appiattire eccessivamente il confronto competitivo, o di arrecare un vantaggio ingiusto al concorrente che utilizza il medesimo servizio come requisito di partecipazione e come elemento di cui chiede la valutazione delle offerte») – sia dalle Linee giuda dell’ANAC n. 2 – di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, allorché hanno evidenziato come «nella valutazione delle offerte possono essere valutati profili di carattere soggettivo introdotti qualora consentano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o di valorizzare caratteristiche dell’offerta ritenute particolarmente meritevoli», precisando tuttavia che i detti profili debbano riguardare aspetti, quali quelli indicati dal Codice, che incidono in maniera diretta sulla qualità della prestazione.
2. Dall’iniziale chiusura ad un’applicazione “attenuata” del divieto
In questo excursus giurisprudenziale, è utile rimarcare, come sopra anticipato, che inizialmente la giurisprudenza in soggetta materia fosse molto restrittiva (v. Cds, V, 20 agosto 2013, n. 4191).
Muovendo dalla ricordata, rigida, impostazione assunta dal giudice comunitario, infatti, generalmente si affermava l’indebita inclusione, tra i criteri di valutazione delle offerte, di elementi di capacità tecnica in luogo della valorizzazione del pregio tecnico della medesima.
Sostanzialmente, si predicava una rigida separazione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e criteri afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione, in funzione dell’esigenza di aprire il mercato, premiando le offerte più competitive, ove presentate da imprese comunque affidabili, anche allo scopo di dare applicazione al canone della par condicio, che vieta asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo, donde la necessità di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli pertinenti all’offerta ed all’aggiudicazione, non potendo rientrare tra questi ultimi i requisiti soggettivi in sé considerati, avulsi dalla valutazione dell’incidenza dell’organizzazione sull’espletamento dello specifico servizio da aggiudicare.
Tale rilievo ha importanza dirimente ed assorbente, poiché nel caso esaminato, l’Amministrazione, in contrasto con tale divieto di commistione dei cd. requisiti soggettivi ed oggettivi di origine e valenza comunitaria, ha inserito, tra i requisiti di valutazione dell’offerta, il requisito di esperienza propria dell’impresa, requisito quindi illegittimo con conseguente illegittimità della gara. Infatti, nella specie, la stazione appaltante, nell’individuare i punteggi da attribuire nel caso di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ha finito con il confondere i requisiti soggettivi di partecipazione alla gara con gli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta, in conflitto, si ribadisce, con la normativa comunitaria e nazionale di riferimento, che pone una chiara e ragionevole distinzione tra i requisiti soggettivi di partecipazione e i criteri oggettivi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Pur riconoscendo che non può configurarsi una netta cesura tra i due profili, l’uno correlato alla qualità dell’offerta, l’altro alla qualificazione dell’impresa, poiché, ferma restando la discrezionalità delle Amministrazioni aggiudicatrici nello scegliere i criteri che intendono adottare per l’aggiudicazione dell’appalto, e atteso che, come detto, non sono consentiti criteri di aggiudicazione che non siano diretti a identificare l’offerta economicamente più vantaggiosa, ma che siano essenzialmente collegati alla valutazione dell’idoneità degli offerenti ad eseguire l’appalto di cui trattasi, la previsione, nel bando di gara, di elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo (concernenti la specifica attitudine del concorrente a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara), è legittima solo nella misura in cui aspetti dell’attività dell’impresa possano illuminare la qualità dell’offerta (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 febbraio 2009, n. 837).
Infatti, secondo questo orientamento, tale divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive
dell’offerta e i requisiti soggettivi dell’impresa concorrente deve avere un’applicazione “attenuata”, alla luce del principio di proporzionalità ed in relazione all’art. 83 del Codice dei contratti che, nel delineare i criteri di valutazione dell’offerta da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prescrive che gli elementi di valutazione debbano essere pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, quando consente di rispondere in concreto alle possibili specificità che le procedure di affidamento degli appalti pubblici in talune ipotesi presentano (come, esemplificativamente, nel caso di appalti di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria), dove l’offerta tecnica si sostanzia non in progetto o in un prodotto, bensì in un “facere” e dove, pertanto, anche la pregressa esperienza del professionista che partecipa alla gara può essere di ausilio nella valutazione dell’offerta tecnica.
La soluzione della questione teorica in esame, secondo questo orientamento, non può essere elaborata indulgendo a principi assoluti, quanto piuttosto verificando l’eventuale correlazione tra l’elemento di valutazione contestato rispetto alla qualità dell’offerta, al fine di stabilire se vi sia diretta proporzionalità tra la grandezza del primo e la grandezza della seconda.
Tuttavia, anche avallando tale orientamento più elastico in merito al divieto di commistione in parola, la sentenza in rassegna ha ritenuto che l’Amministrazione non avesse dimostrato né specificato perché e in che misura il requisito esperienziale, tipicamente soggettivo, posseduto dall’impresa, normalmente atto a qualificare la medesima, possa utilmente servire a valorizzare l’offerta sotto il profilo oggettivo.
La giurisprudenza successiva ha preso atto che <<Il dogma di una assoluta, invalicabile, incomunicabilità tra requisiti soggettivi di pre-qualificazione ed elementi oggettivi di valutazione può dirsi dunque tramontato, nel nuovo diritto dei contratti pubblici” ma “se e solo nella misura in cui la valutazione dei profili di carattere soggettivo, senza favorire indebitamente operatori economici che li posseggano a scapito di altri, serva a lumeggiare la miglior qualità tecnica, sul piano oggettivo, dell’offerta>> (così Cds, III, 12 luglio 2018, n. 4283; nello stesso senso anche Cds, V, 22 ottobre 2018, n. 6026).
Si tratta di un’impostazione meno rigida dell’affermazione incondizionata del divieto, che è stata condivisa da parte della giurisprudenza purché mantenuta entro rigorosi limiti applicativi.
Infatti, pur potendosi ritenere superata l’iniziale differenziazione tra appalti di servizi e appalti di lavori (tuttavia ancora confermata, incidentalmente, da Cds, V, 17 gennaio 2018, n. 279), è stata in linea di principio data continuità e riconfermato il fondamento del divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione dell’offerta, con la specificazione che ne è tuttavia consentita un’applicazione attenuata, quando sia dimostrato, caso per caso, che per le qualificazioni possedute il concorrente offra garanzie di qualità nell’esecuzione del contratto apprezzabili in sede di valutazione tecnica delle offerte (cfr. Cds, III, 27 settembre 2016, n. 3970).
La giurisprudenza successiva ha assunto un’impostazione meno rigida dell’affermazione incondizionata del divieto, che è stata condivisa purché mantenuta entro rigorosi limiti applicativi (Cds, III, 12 luglio 2018, n. 283; nello stesso senso anche Cds, V, 22 ottobre 2018, n. 6026). |
Tale interpretazione rigorosa si giustifica,sul piano sistematico, per l’esigenza (espressa dall’art. 95, comma 1 e 2, d.lgs. n. 50 del 2016) che i criteri di aggiudicazione assicurino «una concorrenza effettiva» e che siano rispettati i «principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento». Le esigenze di effettiva concorrenzialità ed i principi generali enunciati impongono che la selezione avvenga per quanto possibile su basi oggettive e che i criteri di aggiudicazione non comportino vantaggi indebiti a singoli operatori economici a prescindere dai contenuti delle offerte.
Sul piano letterale, la stessa rigorosa interpretazione si giustifica poiché il comma 6 del medesimo articolo, allorché elenca gli elementi che possono costituire criteri valutativi, non esclude il richiamo a caratteristiche proprie e soggettive dell’impresa, purché connesse all’oggetto dell’appalto.
Per quanto qui rileva, l’art. 87 del d.lgs. n. 50 del 2016, nel prendere in considerazione il rispetto di norme o di sistemi di gestione ambientale si riferisce ad un requisito di partecipazione, ma, a determinate condizioni, gli standard ambientali possono incidere sulla qualità della prestazione ed il loro rispetto può risultare perciò apprezzabile oggettivamente, come d’altronde si evince dall’art. 95, comma 6, lett. a). L’ambivalenza del criterio era già nell’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed, oggi, considerate le aperture giurisprudenziali in tema di divieto di commissione tra requisiti di qualificazione e criteri di valutazione delle offerte, l’art. 95, comma 6, consente di ritenere legittimi criteri di valutazione che possano premiare le caratteristiche organizzative dell’impresa, in particolare <<sotto il profilo ambientale, così come sotto i profili della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate e della non discriminazione, al fine di valorizzare la compatibilità e sostenibilità ambientale della filiera produttiva e distributiva dei prodotti che costituiscono, comunque, l’oggetto dell’appalto>> (v. Cds, 11 marzo 2019, n. 1635, in un caso riferito proprio al possesso della certificazione ISO 14001, che, a sua volta, richiama la delibera ANAC, n. 1091 del 25 ottobre 2017, relativa ad un parere precontenzioso, con la quale la stessa certificazione è stata ritenuta “elemento utile a differenziare le offerte nell’ottica di perseguire il miglior rapporto qualità prezzo e quindi essere valutato anche per apprezzare e valorizzare l’offerta”).
A maggior ragione, in tale ultima eventualità s’impone la detta rigorosa interpretazione dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel senso che, anche nell’appalto di lavori, è consentito valutare la qualità dell’offerta mediante la considerazione del possesso in capo all’impresa concorrente di certificazioni ambientali, ma soltanto quando le garanzie di corrispondenza del sistema di gestione ambientale ad un determinato standard internazionale non vengano apprezzate, in astratto, come requisito meramente soggettivo dell’impresa partecipante, ma costituiscano un elemento di valutazione strettamente correlato all’oggetto dell’appalto e afferente all’offerta tecnica presentata, condizionando l’esecuzione del contratto, nei termini e secondo modalità specificamente apprezzate dalla stazione appaltante; e sempre che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, al requisito in parola non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo.
3. La successiva, progressiva, apertura
Abbiamo visto come la giurisprudenza abbia progressivamente aperto il fronte (v. TAR LOMBARDIA – MILANO, IV, sentenza 23 ottobre 2019 n. 2214), affermando che il divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione delle offerte deve essere applicato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, non potendo negarsi la legittimità di criteri di valutazione che possano premiare le caratteristiche organizzative dell’impresa sotto il profilo ambientale, così come sotto i profili della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate e della non discriminazione, al fine di valorizzare la compatibilità e sostenibilità ambientale della filiera produttiva e distributiva dei prodotti che costituiscono, comunque, l’oggetto dell’appalto.
Il divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione delle offerte deve essere applicato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza (v. TAR LOMBARDIA – MILANO, IV, sentenza 23 ottobre 2019 n. 2214) |
Nella sentenza in commento è stato detto che <<non viola il divieto di commistione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione dell’offerta la clausola della lex specialis la quale prevede l’attribuzione di un punteggio pari a 4 punti, sui 100 complessivi, per il possesso della certificazione SA 8000, ossia di una certificazione dell’impegno etico e sociale dell’azienda nello svolgimento dell’attività di impresa, volta a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale, tra cui il rispetto dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori, della sicurezza e salubrità nei posti di lavoro, della filiera di produzione dei lavoratori, dei consumatori; tale previsione, infatti, non può ritenersi in contrasto con il predetto divieto di commistione, atteso che il criterio in parola risulta in linea con il disposto di cui all’art. 95, comma 6, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016, che consente di utilizzare quali elementi di valutazione dell’offerta tecnica “certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione e relative condizioni>>.
La stessa sentenza ha ricordato che l’art. 95, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016 già consentiva alle amministrazioni di indicare criteri premiali per la valutazione dell’offerta che potevano essere relativi, oltre che al maggior rating di legalità dell’impresa, anche al “minor impatto sulla salute e sull’ambiente”; parimenti il comma 6 del medesimo articolo, allorché elenca gli elementi che possono costituire criteri valutativi, non esclude il richiamo a caratteristiche proprie e soggettive dell’impresa: tale possibilità è stata già confermata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 4283/2018) secondo la quale il principio della netta separazione tra criteri soggettivi di prequalificazione e criteri di aggiudicazione della gara deve essere interpretato con un certo raziocinio, consentendo alle stazioni appaltanti, nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l’oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione dell’offerta, di prevedere nel bando di gara anche elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti la specifica attitudine del concorrente.
<<Tali considerazioni valgono a maggior ragione qualora i criteri in questione non siano preponderanti nella determinazione complessiva del punteggio tecnico, come accade nella vicenda di cui è causa, in cui il peso ponderale di 4 punti su 100 complessivi e 70 attribuibili all’offerta tecnica, assegnato nella lettera di invito al possesso della certificazione SA 8000, non costituiva il 22 % del punteggio tecnico, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, ma si avvicinava al 5,72 %>> (v. ancora TAR Lombardia 2214/2019).
Lo stesso TAR Lombardia enuncia infine il seguente corollario: <<Il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione non risulta eluso o violato allorché gli aspetti organizzativi non siano destinati ad essere apprezzati in quanto tali – in modo avulso quindi dal contesto dell’offerta, come dato relativo alla mera affidabilità soggettiva – ma quale garanzia della prestazione del servizio secondo le modalità prospettate nell’offerta, come elemento, cioè, incidente sulle modalità esecutive dello specifico servizio e, quindi, come parametro afferente alle caratteristiche oggettive dell’offerta>>.
4. L’orientamento più recente
Arriviamo dunque all’approdo più recente (TAR VENETO, Sez. I, 16 novembre 2023 n. 1648), che espressamente riconosce alle stazioni appaltanti un vero e proprio potere discrezionale di fissare nella lex specialis elementi dell’offerta che, pur riferendosi in senso lato a requisiti soggettivi dell’operatore economico concorrente, in attenuazione del generale divieto di commistione tra criteri soggettivi di qualificazione e oggettivi afferenti la valutazione dell’offerta, per la capacità di ‘illuminare’ sulla qualità della stessa, rappresentano un elemento di quest’ultima, poiché esprimono la sua affidabilità. Sono dunque ammessi criteri di valutazione che premino elementi organizzativi ed esperienziali, i quali, anche se riconducibili a requisiti soggettivi, appaiano in ogni caso idonei – come nel caso di specie – a definire aspetti qualitativi della prestazione.
Secondo il TAR Veneto, infatti, <<la valorizzazione dell’organizzazione aziendale, oltreché della maggiore disponibilità di mezzi, lungi dal costituire un fattore di discriminazione a sfavore delle imprese minori, consente di apprezzare specifiche caratteristiche strutturali capaci di prefigurare una maggiore flessibilità dell’apparato aziendale e la migliore attitudine dell’impresa a disimpegnare l’appalto nelle sue molteplici fasi e in ogni eventualità (ad es., nel caso in cui sia necessario far fronte ad improvvisi aggravamenti delle prestazioni, ovvero all’esigenza di incrementare e avvicendare il personale o di sostituire celermente i mezzi impiegati)>>. |
Nella specie, relativamente al parametro di giudizio riferito alla “formazione del personale”, e alla contestata attribuzione di un punteggio pari a zero alla ricorrente e di otto punti all’aggiudicataria, il giudice amministrativo ha osservato che la valutazione espressa dalla stazione appaltante è apparsa ragionevole, in considerazione sia della evidente estraneità della formazione obbligatoria somministrata dalla ricorrente (non aggiudicataria) rispetto ai servizi oggetto della procedura, sia della preponderante consistenza (dovuta evidentemente anche alla maggiore presenza di personale) della formazione obbligatoria impartita dalla controinteressata (aggiudicataria) – pari a ben 908,50 ore – dato la cui rilevanza consentirebbe di prescindere dall’ulteriore apprezzamento – censurato dalla ricorrente – delle 108 ore aggiuntive, riguardanti la formazione specifica.
Inoltre, va pur sempre considerato che le censure dirette a contestare i punteggi assegnati dalla commissione di gara sono da considerare inammissibili, perché attinenti alla sfera della discrezionalità tecnica, ambito di per sé sottratto al sindacato giurisdizionale, quando non emergano – come nel caso di specie – evidenti profili di illogicità o di manifesta incongruità, ovvero palesi travisamenti delle emergenze istruttorie: ne consegue che l’accertamento rimesso al giudice risulta in ultima analisi connotato da un’evidente finalità sostitutoria, non ammessa al di fuori dei casi previsti dall’art. 134 cod. proc. amm. (v. Cds, Sez. V, 5 maggio 2020, n. 2851).