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( vote)(Corte dei Conti della Lombardia, parere n. 187/2023)
Indice
Premessa
1. Incentivi e concessioni di servizi (forma di partenariato)
2. La corretta modalità di computazione dell’incentivo
3. La liquidazione degli importi
4. La questione del regolamento sugli incentivi
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Premessa
La sezione della Corte dei Conti della Lombardia, parere n. 187/2023, risponde a diversi quesiti in tema di incentivi per funzioni tecniche ed in particolare sull’applicazione della nuova norma del decreto legislativo 36/2023 ovvero sull’articolo 45.
Tra gli aspetti di maggior rilievo viene in considerazione un quesito sulla possibilità di riconoscere l’incentivo per la concessione di servizi, la questione del riferimento all’importo di affidamento su cui calcolare il 2% (tetto massimo per gli incentivi) ed infine, per le questioni di maggior rilievo, circa la tempistica dei pagamenti dell’incentivo.
- Incentivi e concessioni di servizi (forma di partenariato)
Il Sindaco del Comune interessato pone alla sezione un primo quesito concernente l’applicabilità o meno al partenariato pubblico-privato della disciplina in materia di “Incentivi alle funzioni tecniche”, contenuta nel suddetto articolo 45.
Evidentemente, si anticipa la soluzione, la sezione ritiene che anche nel partenariato pubblico-privato, ed in particolare, con riferimento alla concessione di servizi, la disposizione sugli incentivi trova evidentemente applicazione.
E’ interessante il ragionamento espresso dall’estensore: “alla luce degli elementi tratti dalla relazione illustrativa del Consiglio di Stato, è possibile affermare che il partenariato –pubblico privato, definito secondo i criteri previsti dal comma 1 dell’art. 174 del D.lgs. 36/2023 e realizzato tra un ente concedente, come definito dal comma 2, con i requisiti previsti dal comma 5 dello stesso art. 174, è un’operazione economica nella quale può essere prevista l’applicazione degli incentivi per le funzioni tecniche, sempre che le attività svolte siano quelle previste dall’all. I.10 del D.lgs. 36/2023 e gli incentivi siano “a carico degli stanziamenti previsti per le singole procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti”, come prescritto dal comma 1 dell’art. 45”.
Nel caso di specie, non trattato, si ritiene evidente però la necessità di nominare uno specifico direttore dell’esecuzione.
- La corretta modalità di computazione dell’incentivo
Altra questione posta è quella relativa alla corretta individuazione della “base” dell’affidamento da prendere in considerazione per il calcolo del 2%.
In particolare l’istante pone il quesito “sulla corretta modalità di computazione delle risorse da destinare alle finalità sottese dall’istituto”. In particolare, l’Ente, partendo dal comma 2 dell’articolo 45, secondo cui la percentuale massima del 2 per cento si applica all’”importo dei lavori, dei servizi e delle forniture posto a base delle procedure di affidamento”, espone che “nel caso dei partenariati può accadere che l’importo posto a base delle procedure di affidamento non sia espressamente indicato, vista, da una parte, la particolare modalità di calcolo del loro valore, contenuta nell’articolo 179 del Codice e nell’articolo 8 della direttiva 23/2014/Ue e, dall’altra, la natura composita delle attività demandate al concessionario il quale, nel caso di concessioni “calde”, non percepisce alcun corrispettivo da parte dell’amministrazione committente” e chiede “Su quale valore è corretto applicare l’aliquota percentuale indicata al comma 2 dell’articolo 45?”.
In relazione a tale questione, rileva la deliberazione, è utile riprendere l’art. 45, comma 2, del D.lgs. 36/2023: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti destinano risorse finanziarie per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti specificate nell’allegato I.10 e per le finalità indicate al comma 5, a valere sugli stanziamenti di cui al comma 1, in misura non superiore al 2 per cento dell’importo dei lavori, dei servizi e delle forniture, posto a base delle procedure di affidamento.” Mentre la nozione di “importo posto a base delle procedure di affidamento” per il caso del contratto di appalto è pacifica, secondo il Comune di Varese, si porrebbero dubbi interpretativi nel caso di contratto di concessione nell’ambito di PPP. In realtà l’art. 179 del D.lgs. 36/2023 sembra chiarire, il profilo in argomento, riprendendo quanto previsto dall’art. 8 della Direttiva 2014/23/UE. L’articolo 179, ai commi 1 e 2, stabilisce: “1. Il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’ente concedente, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. 2. Il valore è stimato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto detto bando, al momento in cui l’ente concedente avvia la procedura di aggiudicazione della concessione. Se il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione è superiore al valore stimato di oltre il 20 per cento, si considera il valore della concessione al momento dell’aggiudicazione.” Ai successivi commi, la norma specifica poi la metodologia di calcolo e i vincoli da rispettare per evitare l’esclusione elusiva delle concessioni dalle procedure previste dal codice. Secondo le predette disposizioni, dunque, il valore della concessione (tipologia di contratto definito dalla relazione illustrativa del Consiglio di Stato come figura contrattuale “di default” del partenariato pubblico-privato) deve essere presente e stimato al momento dell’invio del bando di gara o, laddove siano previste altre procedure di affidamento, al momento in cui l’ente avvia la procedura di aggiudicazione”.
- La liquidazione degli importi
Ulteriore questione posta ha riguardato la “possibilità di liquidare gli importi previsti dal comma 3 dell’articolo 45 non al termine della vigenza del contratto e in conseguenza dell’approvazione degli atti di contabilità finale dei lavori, del servizio o dell’acquisto, ma con cadenza periodica, previa verifica della corretta esecuzione della prestazione incentivata nel periodo di riferimento e salva la ripetizione totale o parziale dell’importo erogato nel caso in cui si verificasse uno degli eventi cui la norma riconnette la riduzione dell’importo (incremento dei tempi o dei costi della commessa)“. Al riguardo, il Sindaco del Comune (…) sottolinea che “la questione sorge a seguito delle valutazioni, apparse dubitative, sull’applicabilità di tale “rateizzazione”, espresse in vigenza dell’articolo 113 del Codice del 2016 dalla Sezione regionale per l’Emilia Romagna con deliberazione n. 43/2021 e dalla Sezione regionale per la Toscana con deliberazione n. 234/2022”.
La sezione rammenta che detto aspetto, evidentemente, non risulta disciplinato dal nuovo codice sebbene oggettivamente l’estensione dell’applicabilità degli incentivi per funzioni tecniche a nuove procedure di affidamento e a nuove forme contrattuali possa generare la necessità di specifiche riflessioni in materia. In proposito, in ogni caso, è determinante – secondo la sezione -, l’indicazione proveniente dall’art. 4 del D.lgs. n. 36/2023 laddove stabilisce che “Le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3”, e l’art. 1 sul “Principio del risultato” al comma 4 statuisce che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per: a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti; b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva”.
- La questione del regolamento sugli incentivi
Infine la sezione affronta la questione della necessità, o meno del regolamento interno che definisce i criteri di riparto degli incentivi. Si evidenzia che l’articolo 45 non prevede più l’adozione del regolamento che era, invece, espressamente previsto dall’art. 113 del D.lgs. 50/2016, al comma 3, con riferimento alle modalità applicative per il riconoscimento degli incentivi, statuisce che i criteri del relativo riparto, nonché quelli di corrispondente riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro, a fronte di eventuali incrementi ingiustificati dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo, “sono stabiliti dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti, secondo i rispettivi ordinamenti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del codice”. Anche il nuovo codice, quindi, sembra lasciare spazi che possono essere colmati dall’esercizio della potestà regolamentare delle pubbliche amministrazioni.
Ovviamente, sotto il profilo pratico si ritiene opportuna l’adozione del regolamento visto che si tratta di “strumento” collaudato in difetto i criteri dovrebbero essere innestati nel contratto decentrato.