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  1. L’accesso finalizzato alla difesa in giudizio e la giurisprudenza sul tema

Le norme che regolano l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono definite dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, che richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241, aggiungendo speciali e specifiche disposizioni derogatorie in relazione al differimento, alla limitazione ed all’esclusione dell’accesso in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che si possono manifestare ed assumono rilievo nel contesto delle procedure di gara (come dispone anche il d.lgs. 36/2023, all’art. 35).

L’istituto dell’accesso agli atti nelle procedure di appalto è strumentale a verificare la legittimità degli atti a tutela dell’interesse ad ottenere l’affidamento dell’appalto mediante annullamento, eventualmente anche in sede giurisdizionale, del provvedimento di aggiudicazione. Gli atti che più condizionano l’aggiudicazione sono le offerte e le giustificazioni rese in sede di anomalia, ma anche i requisiti di partecipazione dei candidati dichiarati nei moduli DGUE, ai sensi dell’ancora attuale art. 80 del d.lgs. n. 50/2016. Infatti, quanto riportato dai concorrenti nel citato documento, dimostra se i medesimi, abbiano o meno, notiziato la stazione appaltante di tutti gli eventuali precedenti e/o pendenze penali, di tutte le pregresse risoluzioni contrattuali, di qualsiasi altro fatto idoneo ad essere giudicato grave illecito professionale od ulteriore causa espulsiva in base alle ipotesi previste dalla norma applicabile.

L’interesse dell’impresa concorrente che supporta l’accesso deve essere concreto ed attuale, per verificare, ad esempio, la corrispondenza del prodotto offerto dalla concorrente risultata aggiudicataria, alle caratteristiche richieste a pena di esclusione e la correttezza delle valutazioni tecniche della commissione. L’accesso agli atti costituisce una situazione soggettiva strumentale per la tutela di situazioni sostanziali, indipendentemente dal requisito dell’attuale pendenza di un processo in sede giurisdizionale: la pendenza di una lite può costituire, tra gli altri, un elemento utile per valutare la concretezza e l’attualità dell’interesse legittimante all’istanza di accesso, ma non ne costituisce l’unica e tipica precondizione (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19 del 25 settembre 2020).

L’interesse dell’impresa concorrente che supporta l’accesso deve essere concreto ed attuale, per verificare, ad esempio, la corrispondenza del prodotto offerto dalla concorrente risultata aggiudicataria alle caratteristiche richieste a pena di esclusione e la correttezza delle valutazioni tecniche della commissione.

Si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando. L’accesso al documento richiesto presuppone infatti un rigoroso e motivato esame relativo al nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare (cfr. Consiglio di Stato sentenza del 18 marzo 2021, n. 4). La richiesta di accesso agli atti a fini difensivi deve esprimere un collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, non può rappresentare un esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso, dato da un’assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990 (Consiglio di Stato, sez. V, 29.04.2022 n. 3392). Il nuovo codice degli appalti introduce il concetto di indispensabilità dell’accesso rispetto alla difesa in giudizio dei propri intessi giuridici (art. 35).

L’accesso difensivo rispetto all’”ordinario” esige quindi che situazione legittimante sia anche collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990), in modo tale da evidenziare, in maniera diretta ed inequivoca, il nesso di strumentalità che lega la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione, per l’ottenimento del quale, infatti, l’accesso difensivo costituisce il tramite.

L’accesso difensivo rispetto all’”ordinario” esige che situazione legittimante sia anche collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990), in modo tale da evidenziare, in maniera diretta ed inequivoca, il nesso di strumentalità che lega la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione.

Le finalità dell’accesso devono essere rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza, suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali) ed in caso di causa già pendente con l’indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova, ad esempio, al fine di permettere all’amministrazione di valutare il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione “finale” controversa. Occorre quindi che sia reso “intellegibile” il collegamento necessario fra la documentazione e le proprie difese.

L’accesso agli atti comporta il bilanciamento con il valore della tutela della riservatezza (anche finanziaria ed economica). Il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, è ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali, di cui si è detto, dell’accesso documentale di tipo difensivo. Il collegamento tra la situazione legittimante e la documentazione richiesta impone un’attenta motivazione della pubblica amministrazione che ha accolto o, viceversa, respinto l’istanza di accesso. 

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha richiamato l’attenzione sulla “tutelabilità dell’interesse alla conoscenza” dei dati, che va apprezzata in base a canoni di “necessità, di corrispondenza e di collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza” (Cds marzo 2021, n. 4).


L’accesso agli atti comporta il bilanciamento con il valore della tutela della riservatezza (anche finanziaria ed economica). Il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, è ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza di presupposti generali.

La natura strumentale dell’accesso difensivo comporta che la necessità del documento vada valutata verificando se esso sia effettivamente il necessario tramite per acquisire la prova e ciò mediante un “giudizio prognostico ex ante”. A tal fine l’istanza dell’interessato deve essere puntuale e specifica (come deve esserlo la comunicazione con la quale il controinteressato esprime il diniego all’accesso riferito alla propria documentazione).

Al fine dell’accoglimento di un’istanza di accesso agli atti è da evidenziare che non è importante la circostanza che lo stesso si sia collocato all’ottavo posto in graduatoria, in quanto questa circostanza non potrebbe essere rilevante neanche ove venga in rilievo l’accesso a documenti riservati ex art. 24 comma 7 l. 241/90, atteso che “la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990” (Consiglio di Stato, sez. V, 29.04.2022 n. 3392).

Al fine dell’accoglimento di un’istanza di accesso agli atti è da evidenziare che non è importante la circostanza che lo stesso si sia collocato all’ottavo posto in graduatoria, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990.

  1. I segreti commerciali e tecnici

Premesso che le stazioni appaltanti sono tenute a non rivelare informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte. L’art. 53, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 50 del 2016 sancisce: “sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione […] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. L’articolo 36 del nuovo codice evidenzia novità in tema di segreti commerciali ed industriali, rilevando che a seguito della decisione dell’amministrazione di non oscurare quanto richiesto dall’operatore, il medesimo possa impugnare entro dieci giorni la decisione della Stazione appaltante.

E’ esclusa dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza.  Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali: cfr. artt. 98 e 99 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale).” (Cons. di Stato, V, 64/2020 cit.).

È esclusa dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze professionali specifiche.

Il limite alla ostensibilità è subordinato all’allegazione di «motivata e comprovata dichiarazione», mediante la quale si dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (cfr. Cons. Stato, III, 11 ottobre 2017, n. 4724), fermo restando peraltro l’onere della stazione appaltante di valutare motivatamente le argomentazioni offerte ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza (cfr. Cons. Stato, V, n. 64/20 cit.; Cons. Stato, Sez. V 31 marzo 2021, n. 2714).

I “Segreti” “sono cosa diversa dalle più generiche cognizioni e/o competenze (cd. “abilità lavorative”) possedute da un operatore economico per svolgere in modo ottimale un’attività o una professione” (TAR Trieste, 02.02.2023 n. 37). Una motivazione del controinteressato con la quale è semplicemente evidenziato che la richiesta di accesso potrebbe presentare una potenziale violazione della proprietà intellettuale dell’impresa, è assolutamente generica e non accoglibile.

È esclusa dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale.

  1. L’accesso agli atti nel d.lgs. 36/2023. Gli articoli 35 e 36 che regolano l’istituto: la riservatezza in alcune fasi e le norme procedimentali e processuali

Il nuovo codice degli appalti introduce elementi all’istituto dell’accesso a seguito del consolidamento della giurisprudenza che nel tempo, come evidenziato, si è espressa offrendo interpretazioni utili e necessarie rispetto a fattispecie concrete. Il nuovo codice regola l’accesso agli atti in due articoli, uno riferito all’accesso agli atti e alla riservatezza (art. 35), uno riferito alle norme procedimentali e processuali in tema di accesso (art. 36). L’articolo 35 riporta i casi in cui, in relazione alla fase del procedimento, è possibile differire il diritto di accesso al fine di garantire la riservatezza rispetto, ad esempio, a coloro che hanno presentato offerta, richiesto di essere invitati o che hanno manifestato il loro interesse.

Le disposizioni individuano quindi quando è possibile, in linea con il precedente codice degli appalti, visionare le domande di partecipazione e gli atti, i dati e le informazioni relative ai requisiti di partecipazione, i verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e degli offerenti, nonché la documentazione, tra cui i verbali, inerenti la verifica della anomalia dell’offerta (il d.lgs. 50/2016 fa non fa riferimento ai verbali). Ciò fatta salva la disciplina prevista per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza e considerando che i dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili fino alla conclusione delle relative fasi o alla scadenza dei termini, prevedendo che per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblico servizio la violazione della disposizione rileva ai fini dell’articolo 326 del codice penale.

 L’articolo 35 nel nuovo codice riporta i casi in cui, in relazione alla fase del procedimento, è possibile differire il diritto di accesso al fine di garantire la riservatezza rispetto, ad esempio, a coloro che hanno presentato offerta. I dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili fino alla conclusione delle relative fasi o alla scadenza dei termini indicati dalla norma.

Il d.lgs. 50/2016 prevede che per le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima, è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto. Il d.lgs. 36/2023 prevede invece che sia consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile (ciò in considerazione degli orientamenti giurisprudenziali sul tema presenti) ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara.

Il d.lgs. 36/2023 prevede che sia consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile (termine non utilizzato nel D.lgs. 50/2016) ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara.

Il d.lgs. 36/2023, all’art. 35, prevede, come per il D.lgs. 50/2026, i casi di esclusioni del diritto di accesso e di ogni forma di divulgazione, oltre che per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza:

  1. in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali;
  2. in relazione ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
    con riferimento alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;
  3. con riferimento alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale (il d.lgs. 50/2016 faceva riferimento alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa).

Il d.lgs. 36/2023, all’art. 36, infine, definisce le norme procedimentali e processuali in tema di accesso agli atti evidenziando novità negli adempimenti e nella procedura. Le disposizioni introdotte rilevano che sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale, di cui all’articolo 25, a tutti i candidati e offerenti, non definitivamente esclusi, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione:

  • l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario;
  • i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione.

Rappresentano una novità:

  • che agli operatori economici, collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, siano resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti sopra citati, nonché le offerte dagli stessi presentate;
  • che la stazione appaltante o l’ente concedente nella comunicazione di aggiudicazione dia anche atto delle proprie decisioni assunte sulle eventuali richieste dell’operatore di oscuramento di parti delle offerte rese (in relazione a segreti tecnici o commerciali).

Rispetto a quanto sopra illustrato:

  1. consegue che le decisioni adottate dalla Stazione appaltante, in merito alla diffusione di informazioni, siano impugnate con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale di aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso;
  2. consegue che non sia possibile l’ostensione delle parti dell’offerta di cui è stato richiesto l’oscuramento prima del decorso del termine di impugnazione delle decisioni di cui sopra;
  3. consegue che la stazione appaltante o l’ente concedente, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento, può inoltrare segnalazione all’ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall’articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro trenta giorni dalla contestazione.

Rappresenta una novità, presente nel d.lgs. 36/2023, che agli operatori economici, collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, siano resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di gara, nonché le offerte dagli stessi presentate.

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Questo articolo è stato scritto da...

Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria
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