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  1. Il rup diventa di… progetto

Una delle modifiche, o almeno per noi dovrebbe dirsi “innovazioni” del nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 36 del 31/3/2023) è stata la trasformazione della tradizionale dizione del Responsabile del Procedimento, alias in breve RUP, in Responsabile di Progetto. Per chi scrive e per tutti coloro che hanno a cuore lo sviluppo del project management propriamente detto nel nostro paese, la modifica, apparentemente solo lessicale, non è poca cosa, ma giunge al termine di un lungo percorso iniziato dall’epoca dell’introduzione dello stesso istituto del RUP (primi anni ’90), e con alterne vicende protrattasi sino a i nostri giorni. Si direbbe quindi una lunga “storia”, durata oltre trent’anni, a testimonianza di come le parole e certi concetti richiedono tempo per maturare ed evolversi, almeno in certi settori che pure restano traenti e fondamentali per la pubblica amministrazione, il cui ruolo per il generale sviluppo socio-economico del paese è senza dubbio di notevole rilevanza.

Un semplice cambio di nome può voler dire in verità poca cosa, se non accompagnato da una parallela volontà e strategia di voler non tanto cambiare, quanto trasformare in meglio la gestione della cosa pubblica, o come si direbbe in linguaggio moderno fare del “change management”; cioè un più generale cambiamento socio-organizzativo che abbia come obiettivo il miglioramento delle cosiddette prestazioni – oggi si direbbe anche “performance” –  degli aspetti di efficienza ed efficacia nella realizzazione di tutti i progetti pubblici, che includono sia opere, cosiddetti nella tradizione “lavori”, sia sviluppo di nuovi servizi. Perché il RUP non è il solo a dover cambiare di nome né il solo ad operare nel sistema pubblico.

In precedenti contributi di questa serie, dedicata al project management nel settore pubblico, si è infatti cercato di definire meglio il significato delle voci in tema – progetto, project management ecc. – anche  riguardo al volgare parlato, e come si debba impostare il discorso delle competenze, quando si parli appunto di RU”P”, ma non solo; ovvero inquadrarne più in generale il tema in quello delle “competenze organizzative” e quindi della stazione  appaltante, di cui il RUP resta non unica, ancorché importante espressione. Fra l’altro si è cercato di rilevare come il successo di un progetto non possa dipendere da una o dalla sola persona del RUP, nonostante l’importanza e “unicità” del ruolo, quanto da una più generale attitudine, infrastrutture e capacità del top management a sostenerne e personalizzare più in generale ruolo e funzioni che guidano, o come modernamente si dice, sono responsabili della “governance” della gestione progetti. Così come in ogni organizzazione matura di project management, sia nel settore privato che pubblico, un project manager anche fra i migliori del mercato non può da solo affrontare e condurre al successo un qualsiasi progetto. La responsabilità della stessa governance o di più alto livello in tema di project management è stata in particolare evidenziata nelle ultime norme in argomento, UNI ISO 21500 e 21502 [1, 2], pure positivamente citate nel nuovo codice.

In tale quadro, il pensiero va certamente alla struttura o strutture di supporto al RUP, già previste a tal scopo, ma di cui personalmente riteniamo non si faccia ancora sufficiente o idoneo utilizzo, altro punto di sensibile interesse in tema di competenze organizzative di project management; funzione, come ogni servizio di possibile acquisizione, che dev’essere infatti oggetto di direzione e di coordinamento da parte di un responsabile della stazione appaltante. L’altro punto di riguardo è che il RUP o project manager comunque risponde a un referente di più alto livello, che in particolare in base alla citata norma UNI ISO 21502, si definisce – secondo definizione di stampo internazionale – “sponsor” di progetto, dizione peraltro di derivazione anch’essa latina, che appunto realizza la responsabilità strategica o di livello superiore del progetto, tema su quale il Codice non fa ad esempio esplicito riferimento, rinviando senz’altro alle responsabilità preordinate e di livello istituzionale proprie della stazione appaltante. Ma di cui si dovrà pure tener conto.

  • La storia del RUP

Rinviando a un precedente contributo la distinzione fra procedimento e progetto, il “nuovo” RUP ci offre occasione di tracciare l’evoluzione nel tempo della stessa figura, per comprendere come si è finalmente giunti al nuovo nomen, per concludere infine con le relative competenze e le prospettive che in tal senso si aprono.

Il RUP ha avuto origine all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso con la legge di riforma amministrativa (L. n. 241/90), introdotta allo scopo di innovare la situazione sempre più parcellizzata e burocratica della macchina statale, che pertanto introduceva il “responsabile del procedimento amministrativo”. Nell’ambito dei contratti dei lavori pubblici, viene quindi introdotta la figura di un “unico” responsabile del procedimento nella Legge n. 109/1994 (prima Legge Merloni) nonché esplicitata nel relativo DPR 554/99, “Regolamento d’attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici”, che esprime il requisito di unicità per le fasi di supporto alla programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione, da cui anche l’acronimo RUP. Ciò transita nel successivo Codice degli appalti (D. Lgs. 163/2006) e nel rispettivo regolamento (DPR 207/2010), che peraltro ne sottolinea la missione di conduzione unitaria dell’intervento “in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta”.

È senz’altro verosimile in questa tendenza anche l’influsso delle esperienze estere, in cui peraltro il project manager era già da tempo introdotto (USA) al fine proprio di garantire l’unicità di presenza e gli interessi del cliente o committente in tutto il ciclo di vita del progetto.

L’intenzione del nostro legislatore di introdurre analoga figura, si concretizzava in particolare nelle indicazioni riportate all’art.10 del suddetto Codice, in cui si definivano i compiti generali del RUP, quali la vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti e il controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo, determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di realizzazione dei programmi.

Nell’art. 9 del Regolamento DPR 207/2010 si ribadiva che “le fasi di progettazione, affidamento ed esecuzione di ogni singolo intervento sono eseguite sotto la diretta responsabilità e vigilanza di un responsabile del procedimento, nominato (…) prima della fase di predisposizione dello studio di fattibilità. Il responsabile del procedimento provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell’intervento risulti condotto in modo unitario in relazione ai tempi e ai costi preventivati, alla qualità richiesta, alla manutenzione programmata, alla sicurezza e alla salute dei lavoratori ed in conformità di qualsiasi altra disposizione di legge in materia”.

Circa le diversità rispetto al normale e più generale “responsabile di procedimento” (RP) si evidenzia che il concetto di RUP traslava in particolare il punto riferimento da un ufficio in una persona fisica, dovendo questa avere uno specifico provvedimento di nomina, e potendo adottare atti anche di natura privatistica, salvo le decisioni più rilevanti o gli atti finali (provvedimenti) che restano in capo all’ufficio dirigente o alla stazione appaltante. L’identificazione del RUP quale project manager, a parte qualche voce e posizione più retrograda da parte di alcuni, si era intanto fatta strada, anche sotto l’influenza da tempo maturata nelle esperienze e nel comune approccio degli altri paesi, meno inclini a separare nettamente i progetti pubblici dai privati, in cui il termine di project manager si era sostanzialmente da tempo radicato.  

Sulla questione semantica, oltre che di merito su tale aspetto, si deve peraltro già dare atto alla posizione assunta dall’ex AVCP, che nella determinazione n. 10/2001 (23/2/2001), poi ribadita nella n.10 del 23 aprile 2009 [3] relativa allo stesso RUP, affermava che “il ruolo del responsabile del procedimento all’interno dell’iter realizzativo dell’opera pubblica è piuttosto quello del project manager e quindi quello di fornire impulso al processo anche avvalendosi di uno staff di supporto. La capacità che si richiede al soggetto è organizzativa e propositiva in misura molto maggiore di quanto non sia la capacità meramente tecnica”.

Inoltre la stessa AVCP si esprimeva ad esempio in un chiarimento circa il rapporto dello stesso RUP con il Direttore Lavori, per cui “la legge attribuisce a quest’ultimo come specifica responsabilità la tenuta della contabilità (del cantiere), mentre il responsabile del procedimento emette i certificati di pagamento sulla base dei documenti contabili indicanti la quantità, la qualità e l’importo dei lavori eseguiti (art. 114 DPR 554/99), per cui sembrerebbe eccessivo porre a carico di quest’ultimo (RUP) l’onere di ripercorrere e verificare l’iter contabile seguito e certificato dallo stesso Direttore Lavori”. Questa determinazione appariva invero molto significativa del rapporto che debba intercorrere tra i processi di pianificazione e controllo, caratteristici della funzione di un project manager, e quelli di esecuzione delegabili ad altri, nonché le reciproche responsabilità che debbano sussistere in un gruppo di progetto funzionale, non strettamente gerarchico, secondo la definizione dei processi e l’impostazione generale suffragate anche dalle norme tecniche in materia.

Sulla stessa linea si esprimeva il Consiglio di Stato che in un parere su un nuovo regolamento per i lavori del genio militare osservava che “il responsabile del procedimento è la figura centrale del nuovo sistema di realizzazione dei lavori pubblici”, presentandosi come “il centro unitario di imputazione delle funzioni di scelta, controllo e vigilanza, essendo stati attribuiti al medesimo i compiti di un vero e proprio project manager, sull’esempio di un modulo organizzativo molto diffuso all’estero” (Consiglio di Stato, Sezione consultiva per atti normativi 8301/04 del 23/10/2004).

Nella direttiva europea sugli appalti pubblici 24/2014 [4], dalla cui base doveva anche nascere il riformato codice degli appalti D. Lgs. n.50/2016, si ribadiva in particolare l’importanza della presenza nei progetti di appalti pubblici della figura di un “project leader” (lingua inglese del testo), sulla cui distinzione semantica rispetto al project manager si potrebbe anche dissertare, ma verosimilmente interpretabile con la necessità di distinguere o enfatizzare il ruolo della parte di direzione pubblica rispetto al privato, in cui l’ultimo termine è pure ampiamente utilizzato.

Lo stesso codice 50/2016 ribadiva il ruolo del RUP, dedicando al medesimo uno specifico articolo (art.31), mentre il tema era più ampiamente ripreso in una delle linee guida dell’ANAC allo stesso dedicata, dapprima n. 1097/2016 [5] quindi emendata come n.1007/2017 [6], che finalmente sdoganava il RUP come project manager e quindi chiudeva definitivamente la questione, declinando ulteriori requisiti di formazione secondo le norme nazionali e internazionali di project management e rispettive competenze per lo stesso ruolo.

È quindi evidente come tale evoluzione e in particolare quest’ultimo riferimento abbiano positivamente influenzato la redazione in oggetto del nuovo codice D. Lgs. n.33/2023. Peraltro la su esposta evoluzione era stata già da tempo anticipata e motivata, come numerosa letteratura in argomento testimonia, sempre a partire dagli anni 2000, da parte di diversi autori, fra cui possono menzionarsi Ciribini [7], Dalla Longa [8], Monaco [9] e altri, come anche riportato in altra sintesi [10].  

  • Le competenze del RUP (Progetto)

L’allineamento del nostro RUP alle migliori best practice del mercato e della prassi internazionale, non esime dall’approfondire il tema delle competenze di project management, per la stessa e tutte le altre figure che devono garantire al medesimo RUP la necessaria collaborazione e risorse nell’ambito dell’organizzazione della rispettiva stazione appaltante.

Con riferimento anche al precedente contributo su queste colonne in tema di competenze di gestione progetti, ricordiamo che le stesse possono riguardare in generale tre categorie:

  • tecnico-metodologiche, proprie della disciplina di project management;
  • relazionali, relative alla gestione delle risorse umane e più in generale i cosiddetti stakeholder di progetto;
  • contestuali, cioè tipiche del contesto, dell’ambiente disciplinare e della specifica applicazione di progetto (quale ad esempio la realizzazione di un’opera pubblica, come un ponte, o di un nuovo servizio, come un sistema informativo aziendale).

Il RUP ha di norma per formazione e passata esperienza elevate competenze professionali nella terza categoria, per esperienza e attitudini personali nella seconda, e verosimilmente ulteriori opportunità nella prima, salvo aver seguito specifici percorsi professionali od essere già esposto in particolari realtà sensibilmente già mature in tema di project management, propriamente detto e riconosciuto, con utilizzo di software di gestione progetti, banche dati e altro. Inoltre il tipo e la complessità dei progetti che possono ricadere sotto la guida del RUP sono notevoli e assai diversificati, per cui certi interventi dovrebbero coprire più elevati livelli di competenza, come pure riconosce il Codice.

Mentre infatti nel caso dei progetti più limitati e di più basso importo, lo stesso Responsabile potrebbe assolvere diverse funzioni sia tecniche che gestionali, per quelli maggiori e complessi, questi si troverebbe a coordinare un gruppo diversificato di attori, con possibilità di deleghe e affidamenti o necessità di supporti di varia natura, anche società specialistiche di gestione e direzione progetti, secondo quanto previsto per legge e quando l’amministrazione non possa idoneamente provvedervi in proprio. È ad esempio evidente come certe competenze specialistiche non potranno essere riassunte in capo alla sola persona di un RUP o finanche della stazione appaltante, la quale dovrà quindi delegare parte dei compiti a professionisti e specialisti di diversi settori, compresi quelli di gestione progetto, ma anche saperli ben guidare e gestire, quando tali capacità non siano già state acquisite o maturate all’interno.

Come già menzionato, diversi autori hanno più volte in passato indentificato la figura di responsabile del procedimento con quella di project manager, mentre curiosamente in certi documenti di alcune amministrazioni locali (ne ricordiamo uno della Regione Lombardia) già si trovava il titolo di project manager (in parentesi e sotto quello di RUP) quasi a volerne accelerare il riconoscimento. In particolare Monaco [9] non poneva dubbi nell’identificare il governo del processo secondo la legislazione pubblica nella metodologia di project management, ispirandosi agli standard internazionali, e testimoniando come almeno in alcune realtà tali concetti fossero un fatto acquisito – si direbbe “gutta cavat lapidem” – esemplificando, in particolare, come la fase di progettazione secondo il Codice avesse un proprio modello di processo di programmazione temporale, in linea agli standard citati; quindi nella fattispecie non già una semplice attività di progettazione o design, come si è illustrato, ma in realtà un processo composito, quale risultato di un insieme di attività, definite in modo convenzionale di diverso carattere (amministrazione, territorio, discipline di settore, sicurezza ecc.); e queste a loro volta dovessero comprendere sia le vere e proprie raccolte documentali (processi di prodotto), quali relazioni ed elaborati tecnici, ma anche elaborati gestionali (piani, reporting ecc.). Lo stesso autore incrociava quindi i contenuti (attività) del progetto pubblico con i riferimenti normativi, distinguendo le competenze dei processi di responsabilità: del committente, del professionista (progettista) e dell’impresa, restando nel Responsabile di procedimento il ruolo di coordinamento e presidio di gestione dell’intero progetto, in tutta analogia ai modelli di altre fonti e paesi, indipendenti dal settore privato o pubblico.

In definitiva, nella forma oltre che nella sostanza, abbiamo assistito negli ultimi anni a sempre più frequenti “movimenti” tesi a far coincidere il suddetto ruolo pubblico, secondo il disposto della nostra legislazione, con la definizione di project manager, perché se ne accettasse sempre più la corrispondenza nella giurisprudenza e, soprattutto, nella moderna cultura della pubblica amministrazione; oltre che riconoscere ruoli e richiedere competenze di project management anche da parte dell’esecutore o appaltatore (!).

  • Il RUP nel nuovo Codice

Il nuovo Codice degli appalti, con entrata in vigore 1 luglio 2023, ha dedicato espressamente al RUP come il precedente uno specifico articolo (art. 15), in cui si riprendono i contenuti del precedente disposto, più alcuni nuovi elementi. Al citato articolo si aggiunge un apposito allegato (I.2), che sostanzialmente incorpora quanto previsto dalla citata Linea guida ANAC n.3 e peraltro risulterebbe sostituito dalla redazione di un futuro regolamento ministeriale in materia.

Fra le novità presenti, si rileva che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono istituire una struttura di supporto al RUP, e possono destinare risorse finanziarie non superiori all’1 per cento dell’importo posto a base di gara per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo. Sostanzialmente si è inteso dare una indicazione operativa (1%) al citato supporto, nell’implicita assunzione che lo stesso sia di carattere esterno (?) e aggiuntivo ad altre strutture eventualmente presenti od organizzate nella struttura interna; con un limite che potrebbe ritenersi troppo restrittivo e forse dovrebbe essere meglio modulato in funzione dello stesso importo di gara, in principio variabile in percentuale come in generale in altri ambiti. In particolare esistono casi di bandi per alcuni progetti europei, ovvero oggetto di finanziamenti comunitari, in cui la stazione appaltante (un grande Comune) richiedeva sia un supporto al RUP in materia amministrativa, sia uno di project management vero e proprio, rilevando che in tal tipo di progetti viene spesso richiesta la presenza di un project manager, se non addirittura un cosiddetto “workpackage” ovvero pacchetto di lavoro presente nella scomposizione dell’intero lavoro da svolgere (cosiddetta WBS, “work breakdown structure”), dedicato appunto al project management; sottolineando  l’importanza di una presenza continua ed efficace di natura gestionale per la direzione e controllo del progetto. 

Fra le innovazioni introdotte rileva inoltre quella per cui in un procedimento, ergo progetto, dovendo essere suddiviso nelle fasi di norma previste (programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione), ferma restando l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le stesse fasi, essendo le relative responsabilità ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP. Riteniamo, a differenza di alcuni che hanno criticato tale comma ritenendolo troppo burocratico o contrario alle finalità stesse del RUP [11], che tale possibilità sia senza dubbio allineata allo spirito di project management, oltre che alle più generali indicazioni fornite in merito all’organizzazione di progetto dalle ultime norme in materia, quale UNI ISO 21502 [2]. Tale modello è infatti conforme allo spirito originale del RUP-project manager, che segue l’intero di ciclo di vita del progetto, configurandosi le stesse fasi del progetto quali “workpackage” del medesimo, quindi di responsabilità di rispettivi specialisti in merito, anche in termini organizzativi. Peraltro questa parte della norma, oltre che essere una “possibilità”, si conforma all’eccezione già prevista, per cui alcune organizzazioni dello stato (se ricordiamo bene difesa e altre), in base alla propria struttura, potevano essere esentate dall’istituire un RUP; inoltre tale disposto utilizza formalmente, e giustamente la dizione di responsabile di procedimento (non già unico) per la singola fase di progetto. Infine non si evince alcun vincolo per cui il RUP non possa essere al contempo responsabile diretto pure di una fase, quando le opportunità o le valutazioni della stazione appaltante lo giustifichino, anche in tal caso in perfetta analogia a quanto può verificarsi nella pratica o quanto espresso nella stessa norma citata UNI ISO 21502.    

In particolare il nuovo Codice riafferma il carattere strettamente pubblicistico che “negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale e nelle altre formule di partenariato pubblico-privato, è vietata l’attribuzione dei compiti di RUP, responsabile dei lavori, direttore dei lavori o collaudatore allo stesso contraente generale, al soggetto aggiudicatario dei contratti di partenariato pubblico-privato e ai soggetti a essi collegati”. Ciò anche può apparire un vincolo, in passato pure dibattuto, circa le prerogative di mantenimento delle funzioni di direzione e coordinamento del progetto in capo alla stazione appaltante, o cosiddetto “project owner”, che insieme al disposto di cui allo stesso art. 15 c. 2, richiede un project manager appartenente alla pubblica amministrazione. In realtà tale comprensibile prerogativa non si discosta dalla prassi, anche riscontrabile sul mercato internazionale, per cui project manager e direzione lavori (alias construction management) siano comunque espressione di terzietà e indipendenza rispetto all’esecutore, anche se in tal caso non sia previsto un vincolo di stretto inquadramento nell’ambito dell’organizzazione pubblica. Riteniamo come anche in tal caso la presenza di un idoneo supporto al RUP, ancorché terzo, risulti in particolar modo opportuna[1] .

In tal quadro vale rileggere il medesimo art. 15 del nuovo codice, per cui le stazioni appaltanti e gli enti concedenti nominano il RUP tra i dipendenti assunti “anche a tempo determinato”, da cui il nostro corsivo per evidenziare la possibilità di valersi di competenze anche esterne, come nella prassi internazionale, salvo che rispettare nel nostro caso anche il tipo di rapporto di lavoro tramite assunzione, ancorché a tempo determinato, come nelle caratteristiche proprie di un progetto.

Sempre in argomento sarebbe utile menzionare almeno un caso (a nostra conoscenza) di una legge regionale, Friuli Venezia-Giulia n. 14 del 31 maggio 2002 [12], che in materia di Disciplina organica dei lavori pubblici prevede che “qualora le professionalità interne siano insufficienti in rapporto ai lavori programmati, l’amministrazione può nominare responsabile unico del procedimento un professionista esterno” oltre che, caso normale, un dipendente di altra amministrazione.

In tale excursus su quello che potrebbe definirsi un nuovo RUP, ma come si vede solo esplicitando concetti di fatto già acquisiti, il nuovo Codice non manca di raccomandare che le stazioni appaltanti adottino un piano di formazione per il personale che svolge funzioni relative alle procedure in argomento, inquadrato in modo  specifico nelle attività di programmazione di lavori e acquisiti di beni e servizi; più in particolare nel citato allegato, si richiede che nelle procedure di affidamento di lavori particolarmente “complessi”, il RUP possieda  un’esperienza professionale di almeno cinque anni nell’ambito delle attività in discorso, una laurea magistrale o specialistica nelle materie oggetto dell’intervento da affidare nonché “adeguata competenza quale project manager, acquisita anche mediante la frequenza, con profitto, di corsi di formazione in materia di project management[2]. Ci auguriamo peraltro che la restrizione solo ai progetti “complessi” per tale opportunità si possa nella pratica alleggerire, perché la moderna cultura di gestione progetti risulti più in generale diffusa e possa estendersi anche a fasce di personale junior, quando già possa risultare efficace la formazione e l’impostazione di una professionalità idonea ad applicarsi e maturare con l’esperienza.

Può trattarsi spesso non già di costituire e portare in brevissimo tempo a regime un’organizzazione di stazione appaltante molto attrezzata e matura in tema di project management – peraltro intervento da rendere parallelo e integrato alla informatizzazione per i processi BIM (Building Information Modelling) -, quanto al meno nel breve, richiedere agli appaltatori un miglioramento sincrono nei processi e nella stessa cultura di gestione progetti, attraverso specifici requisiti e condizioni premianti nei bandi di gara. Diversi RUP di nostra conoscenza hanno già intrapreso il percorso in tal senso, includendo nei bandi gara l’inclusione di condizioni e approcci tipici del project management.

Trattasi, in definitiva, di rileggere la realizzazione di nuove opere o servizi, talvolta anche forniture pubbliche, cioè contratti di investimento o in conto capitale che rispondano ai requisiti di progetto, in ottica più completa e moderna, in termini sia lessicali che metodologici.

Ancor più evidente e significativa è stata peraltro l’introduzione del project management e l’introduzione della qualifica di project manager nell’organigramma di diverse società ed organizzazioni pubbliche, ovvero dei settori speciali, più prossime ed esposte al settore privato oltre che alle pratiche di carattere internazionale.

Tutte queste ed altre evidenze, oltre che verosimilmente alcuni autori nel team di redazione del codice più sensibili alla materia, hanno quindi favorito il riconoscimento formale del ruolo di project manager anche nell’amministrazione pubblica, ritenendo che la stessa definizione possa essere finalmente accolta a pieno diritto, almeno dopo alcune decadi di maturazione, nella corrente cultura organizzativa e nella giurisprudenza dei sacri testi del diritto amministrativo.

  • Conclusione

La benvenuta innovazione del nome del RUP non può ovviamente da sola risolvere tutte le questioni di natura professionale ed organizzativa della pubblica amministrazione, alle prese peraltro, mentre si scrive, con i notevoli e straordinari impegni, come tutti sanno, del PNRR (Piano di Ripresa e Resilienza), oltre che in relazione ad altre notevoli problematiche e discussioni che il nuovo codice degli appalti  ha motivato, e che non sono tutte ancora sopite, le quali non sono tuttavia oggetto di queste note.

Limitandoci all’argomento in discorso, cioè il project management nella pubblica amministrazione e comunque in tutte le realtà organizzative soggette al Codice, osserviamo che il nuovo RUP può trovare pienamente la rinnovata posizione che la legge intende formalmente attribuire al ruolo, attraverso parallele e congiunte azioni strategiche di non minore, ma anzi necessaria efficacia:

  • un inquadramento delle responsabilità più generali della stazione appaltante, in particolare relazione alla funzione di sponsor o responsabile strategico del progetto, in maniera altrettanto personale, secondo quanto declinato dalle norme internazionali in materia;
  • lo sviluppo di un generale sviluppo delle pratiche e della cultura del project management, da porre a base di tutto l’ambiente e l’infrastruttura delle stazioni appaltanti;
  • un generale processo di allineamento e riscrittura delle pratiche e dei processi di gestione progetti in linea alle cosiddette best practices internazionali, quale la serie delle norme UNI ISO 21500, pure positivamente invocate negli allegati nel nuovo codice degli appalti.

Insomma un vero e proprio progetto o strategia di sviluppo del sistema di realizzazione dei progetti pubblici, che deve necessariamente creare i presupposti e le condizioni di lavoro idonee al project manager o rinominato RUP.   

Bibliografia

[1] Norma UNI ISO 21500:2021, Gestione dei progetti, dei programmi e del portfolio – Contesto e concetti, Ente italiano di normazione

[2] Norma UNI ISO 21502:2021, Gestione dei progetti, dei programmi e del portfolio – Guida alla gestione dei progetti, Ente italiano di normazione

[3] AVCP (2001, 2009), D. n.10/2001 del 23/2/2001 su “Problemi in materia di RUP”; D. AG 10/09 del 23/4/2009.

[4] Direttiva UE 24/2014, Direttiva sugli appalti pubblici

[5] ANAC (2016), D. n.1097 del 26/10/2016, Linee Guida n.3, Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni, sostituita da [6].

[6] ANAC (2017), D. n. 1007 del 11/10/2017), Linee Guida n.3 sul Responsabile unico del procedimento (sostituisce la precedente).

[7] Ciribini A. (2003), Il Project Management nei lavori pubblici, IlSole24ore

[8] Dalla Longa R. (2004), Gestione processi realizzativi opere pubbliche, Carocci

[9] Monaco m. (2013), Project Management e Opere Pubbliche, Maggioli

[10] Guida P. L. (2016), Il Project Management in edilizia e nelle costruzioni civili. Manuale per project manager e RUP, DEI; 2^ ed. 2018

[11] Dalprato E.  (2/5/2023), Il (vecchio) RUP diventa (nuovo) RUP. Ingenio (rivista on-line), www.ingenio-web.it/articoli/nel-nuovo-codice-dei-contratti-pubblici-il-rup-sostituisce-il-rup/

[12] Legge Regionale Friuli Venezia Giulia del 31 maggio 2002, n. 14. Disciplina organica dei lavori pubblici

Autore

Pier Luigi Guida, ingegnere, svolge attività professionale nel project management da oltre trent’anni. Dirigente di società pubica di rilevanza nazionale del settore trasporti, con funzione di referente di progetto (RUP), è stato program manager anche in campo internazionale per progetti cofinanziati dalla Commissione Europea. Autore di numerose pubblicazioni, opera nel campo della consulenza, formazione e training cooperativo. Docente di Mediaconsult dei corsi in materia, è membro del consiglio scientifico ISIPM (Istituto Italiano di Project Management) e direttore scientifico della prima rivista italiana del settore (“il Project Manager”). Ha le qualificazioni Prince2, PMP, PgMP, e certificazione di project manager riconosciuta Accredia; svolge attività di assessor e coordina il Gruppo di lavoro UNI che ha curato i lavori delle norme UNI ISO 21500 e 21502.


[1] Trattasi della funzione variamente definita come project office, project management office (qui meno propriamente detto) ovvero project and construction management che per conto del cliente svolge gli stessi ruoli di direzione e controllo del progetto.

[2] A differenza del testo originale scriviamo in lettere minuscole i termini in argomento, come project e project management, essendo ormai entrati nell’uso e codificati nel nostro lessico da oltre dieci anni anche in virtù di una specifica norma tecnica (UNI ISO 21500:2013 sostituita da più recenti [1, 2] in Bibliografia).

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Questo articolo è stato scritto da...

Ing. Pier Luigi Guida
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