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Tra le modifiche più rilevanti che caratterizzano la nuova disciplina dei contratti pubblici, come configurata nel testo approvato in via preliminare dal Governo lo scorso 16 dicembre ed attualmente all’esame del Parlamento per i relativi pareri, senza dubbio rileva quella riguardante la figura del Responsabile Unico del Procedimento, il cosiddetto RUP.
Trattasi, come è noto, di uno dei capisaldi su cui si basa la normativa vigente.
- Il RUP: un istituto introdotto nel 1994 giunto fino a noi
Introdotto dalla riforma Merloni del 1994 per i lavori, infatti, l’istituto è giunto sostanzialmente immutato fino ad oggi, non certo per l’inerzia del legislatore, attraverso i numerosi aggiornamenti che, negli anni, hanno interessato la materia. In questo senso, un’importante consapevole conferma della sua utilità è testimoniata dalla circostanza che, nel 2006, il Codice de Lise ne ha esteso logiche di unitarietà e termini di utilizzo ai contratti di forniture e servizi, scelta resa definitivamente operativa, senza contraddizioni, con il successivo regolamento di cui al dpr 207/2010.
Le modifiche che si vorrebbero apportare riguardano anzitutto la denominazione, che da Responsabile Unico del Procedimento muta in Responsabile Unico di Progetto. Per pura coincidenza, sottolinea la relazione che accompagna il nuovo codice, la scelta consente di mantenere l’acronimo RUP, peraltro come tale utilizzato nell’intero articolato.
Il RUP: da Responsabile Unico del Procedimento a Responsabile Unico di Progetto… ma il responsabile “di” procedimento non esce di scena
La figura del responsabile del procedimento non scompare dalla scena, come sarebbe stato ipotizzabile, ma perde il carattere di unitarietà che ne ha costituito da sempre la cifra distintiva. Degradato a strumento addirittura eventuale, il responsabile “di” procedimento mantiene, a questo punto, competenza limitata alle singole fasi dell’intero processo realizzativo attraverso le quali passa un progetto, un servizio o l’acquisto di uno o più beni, confermate nelle tradizionali quattro: programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione. Dette fasi, ai fini che qui rilevano, vengono peraltro accorpate in due categorie: quella dell’affidamento, tipicamente amministrativa, tenuta distinta dalle altre di natura tecnica, in primis la progettazione e l’esecuzione, espressamente considerate in modo unitario. Ciò in base ad una visione che ripropone la netta distinzione, per lo meno a livello di enti locali, tra Uffici Tecnici ed Uffici Contratti.
Nel senso sintetizzato dispone l’articolo 15 del testo in gestazione che, unitamente all’allegato I.2, ridisegnano la disciplina base della figura.
Il comma 1, infatti, prevede, testualmente che nel primo atto di avvio dell’intervento pubblico da realizzare mediante un contratto le stazioni appaltanti e gli enti concedenti nominano nell’interesse proprio o di altre amministrazioni un responsabile unico del progetto (RUP) per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento e per l’esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice.
Aggiunge il successivo comma 4 che, ferma restando l’unicità del RUP e se il RUP lo richiede, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, ciascuno secondo il proprio ordinamento, nominano un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.
Secondo le indicazioni che si leggono nella relazione, la scelta di ridenominare la figura del RUP è figlia della volontà di sottolineare la peculiarità della disciplina dei contratti di appalto in cui è parte un soggetto pubblico, rispetto a quella generale sul procedimento amministrativo; ciò in linea con la filosofia più attenta ai profili fattuali che ispira la nuova codificazione.
- L’istituto del RUP sganciato dalla legge 241 del 1990
Sul piano sostanziale la differenza corrisponde al fatto di sganciare l’istituto, come riconfigurato, dalla legge 241 del 1990 che disciplina il procedimento amministrativo.
L’articolo 15 non riproduce più, infatti, la previsione che fin dalla sua prima introduzione, e da ultimo nell’articolo 31, comma 3, del d.lgs. 50/2016, identificava la figura del Responsabile Unico del Procedimento in colui che svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal codice ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Questa, come una sorta di “legge cornice”, soccorre nel dare risposta (artt. 4 – 6) ad alcuni profili non regolati dalla (peraltro copiosa) disciplina di settore; in particolare le modalità di ripartizione degli incarichi all’interno dell’Ufficio di appartenenza del RUP, la competenza del soggetto designato tale all’adozione finale del provvedimento, la gestione del relativo conflitto laddove questi non possa essere il RUP designato e la figura apicale del servizio opini in modo diverso.
Solo in minima parte tali presidi risultano riportati all’interno del nuovo codice: in questo senso l’art.15, comma 2, ultimo periodo, riproduce la previsione dell’art.4, comma 2, della legge 241, per cui in caso di mancata nomina del RUP nell’atto di avvio dell’intervento pubblico l’incarico è svolto dal responsabile dell’Ufficio; manca, viceversa, quanto previsto all’art.6, lett. e), secondo cui l’organo competente per l’adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.
La ratio del cambiamento e la sua implementazione: responsabile non di uno o più procedimenti ma di tutto l’intervento
Tornando alla filosofia di base, ancora dalla relazione che accompagna il nuovo codice si apprende che mutando il nome, si intende sottolineare che il ruolo ricoperto è quello di responsabile non di uno o più procedimenti ma di tutto l’intervento pubblico.
Non si tratta di un procedimento unitario articolato in più sub-procedimenti, eventualmente di competenza di diversi uffici. Nel caso dei contratti disciplinati dal codice, si tratta di procedimenti diversi, ciascuno dei quali destinato a sfociare nell’adozione di un provvedimento o atto autonomo. Sempre attingendo dalla relazione, emerge che secondo l’avviso degli estensori l’opzione perseguita presenta il vantaggio di evitare un’eccessiva concentrazione in capo al RUP di compiti e responsabilità direttamente operative, spesso di difficile gestione nella pratica. In caso di nomina dei responsabili di fase, infatti, rimangono in capo al RUP gli obblighi – e le connesse responsabilità – di supervisione, coordinamento, indirizzo e controllo, mentre sono ripartiti in capo ai primi i compiti e le responsabilità delle singole fasi a cui sono preposti.
Va osservato che le riportate modifiche rischiano di riproporre, a valle della figura del RUP, la storica divisione tra competenze tecniche, da un lato, e amministrativo contrattuali dall’altro. Tale scelta implicherà la necessità di riorganizzare la struttura degli uffici che non da molto avevano già dovuto affrontare quella, non facile, conseguente all’estensione della disciplina riferita al vigente Responsabile Unico del Procedimento alle forniture ed ai servizi.
Strutturazione degli uffici più complessa?
Si profila, inoltre, l’allungamento della catena di comando dato che a valle della funzione apicale – confermata in capo al responsabile dell’unità organizzativa che il comma 2 dell’articolo 15 precisa essere il titolare del potere di spesa via via si collocano: il Responsabile Unico del Progetto; uno o più responsabili di procedimento; il direttore dei lavori/dell’esecuzione; i progettisti; i responsabili della sicurezza ecc.
Al di là dei compiti di supervisione, coordinamento, indirizzo e controllo, indicati dalla relazione come propri del RUP, il testo in discussione riconduce tout court al nuovo Responsabile Unico del Progetto tutti quelli che il d.lgs. 50/2016 oggi riferisce all’odierno RUP salvo, solo in alcuni casi specifici, evocare espressamente la competenza del responsabile di procedimento, non è chiaro se per una svista o per consapevole scelta: ad esempio in tema di validazione, dove il comma 4 del nuovo articolo 42 prevede che questa sia sottoscritta dal responsabile del relativo procedimento; di rapporti tra centrali di committenza e singole stazioni appaltanti, dove il comma 13 dell’articolo 62 dispone che le stazioni appaltanti beneficiarie dell’intervento nominano un responsabile del procedimento per le attività di propria pertinenza; di sospensioni delle attività esecutive, per le quali il comma 7 del nuovo articolo 121 prevede che quando la sospensione supera il quarto del tempo contrattuale complessivo il responsabile del procedimento dà avviso all’ANAC.
D’altro canto, ed al di là di sviste e/o degli aspetti da correggere sul piano formale, per determinate funzioni parrebbe assai logico che a gestirle fossero chiamati, di regola, proprio i responsabili di fase: ad esempio per l’accertamento in corso d’opera che le prestazioni oggetto di contratto, in caso di avvalimento, siano direttamente svolte dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria, (nuovo articolo 104, comma 9), o laddove vi sia ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute ai dipendenti dell’appaltatore o del subappaltatore, per l’inoltro al soggetto inadempiente dell’invito scritto a provvedere nei successivi 15 giorni (nuovo articolo 11, comma 6).
Peraltro anche nella prospettiva dell’operatore economico, un ulteriore interlocutore si aggiunge alla sequenza attuale, senza che sia sempre chiaro in quale misura questi assorba funzioni e ruoli di intervento già di competenza del vecchio RUP: lo stesso allegato I.2 per il già menzionato caso della validazione prevede che il RUP sottoscrive la validazione del progetto posto a base di gara unitamente al responsabile della fase della progettazione, ove nominato (articolo 7, comma 2, lett. e).
In questo senso, dunque, sarebbe opportuno prima dell’adozione finale della nuova disciplina, verificare e coordinare i richiami che tanto nel Codice che nell’allegato I.2 vengono riferiti al RUP e/o al responsabile del procedimento.
Venendo più direttamente a considerare il rapporto tra la nuova disciplina e l’odierno articolo 31, risulta anzitutto soppressa la previsione contenuta nel vigente codice secondo cui laddove sia accertata la carenza nell’organico della suddetta unità organizzativa, il RUP è nominato tra gli altri dipendenti in servizio. Si legge, infatti, all’articolo 3, comma 3, dell’allegato I.2 che ove non sia presente tale figura professionale, le competenze sono attribuite al dirigente o al responsabile del servizio nel cui ambito di competenza rientra l’intervento da realizzare. Negli altri casi, la stazione appaltante può individuare quale RUP un dipendente anche non in possesso dei requisiti richiesti. Nel caso in cui sia individuato un RUP carente dei requisiti richiesti, la stazione appaltante affida lo svolgimento delle attività di supporto al RUP ad altri dipendenti in possesso dei requisiti carenti in capo al RUP o, in mancanza, a soggetti esterni aventi le specifiche competenze richieste dal codice e dal presente allegato.
Stabilisce sul punto il comma 6 dell’articolo 15, in via innovativa, che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono … destinare risorse finanziarie non superiori all’1 per cento dell’importo posto a base di gara per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo mentre la relazione che accompagna il nuovo codice, precisa che il RUP a ciò provvede sotto la propria responsabilità di risultato.
Restano viceversa ferme le previsioni secondo le quali l’ufficio di RUP, ai sensi del nuovo articolo 15, comma 2, è obbligatorio e non può essere rifiutato, cosi come il fatto che, sempre ai sensi dello stesso comma, e degli articoli 3, comma 1, 5 e 6 dell’allegato I.2, il RUP è individuato tra i dipendenti di ruolo anche non aventi qualifica dirigenziale, con ciò restando esclusa l’ipotesi circolata in questi mesi di privatizzazione attraverso incarichi esterni delle funzioni di RUP. Confermato altresì l’importante principio per il quale il RUP svolge i propri compiti con il supporto dei dipendenti della stazione appaltante (articolo 3, comma 1, dell’allegato I.2), così come il diritto agli incentivi (articolo 45, comma 3, nuovo codice).
Il RUP può far parte delle Commissioni giudicatrici ed anche presiederle
Totalmente ex novo vengono riconosciute ai RUP alcune specifiche competenze, in passato escluse ovvero oggetto di diversa interpretazione: trattasi della partecipazione alle cosiddette commissioni giudicatrici, alla possibilità addirittura di ricoprirvi il ruolo di presidente.
L’articolo 51 prevede espressamente che nel caso di aggiudicazione dei contratti … con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alla commissione giudicatrice può partecipare il RUP, anche in qualità di presidente.
Il comma 3 del successivo articolo 93, ribadisce che la commissione è presieduta da un dipendente della stazione appaltante ed è composta da suoi funzionari, in possesso del necessario inquadramento giuridico e di adeguate competenze professionali. Della commissione giudicatrice può far parte il RUP.
L’art. 225 comma 5, poi, modifica l’articolo 107, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, aggiungendovi le seguenti parole: la commissione giudicatrice, nel caso di aggiudicazione dei contratti di importo inferiore alle soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, può essere presieduta dal responsabile unico del procedimento.
Altra importante novità riguarda la funzione di RUP, nel caso della gestione di contratti di Partenariato Pubblico Privato.
- Il responsabile unico del progetto di partenariato
L’articolo 175, comma 5, del nuovo codice prevede, infatti, che l’ente concedente, sentito l’operatore economico, nomini altresì un responsabile unico del progetto di partenariato tra soggetti dotati di idonee competenze tecniche. Il responsabile avrà il compito di coordinare e controllare, sia sotto il profilo tecnico, sia sotto il profilo contabile, l’esecuzione del contratto, verificando costantemente il rispetto dei livelli di qualità e quantità delle prestazioni.
Secondo la relazione al Codice la disposizione si giustifica per la necessità di avere un controllo specifico quali-quantitativo, su ogni singola fase di esecuzione del contratto di partenariato pubblico-privato, da parte di un soggetto terzo e dotato di idonee competenze tecniche …. con la finalità di assicurare un intervento tempestivo, eliminando subito le eventuali inefficienze riscontrate nell’esecuzione del contratto di partenariato pubblico-privato.
Senza la pretesa di poter, oggi ed in questa sede, esaurire tutti i temi che le riferite modifiche pongono e porranno, per quanto infine attiene agli ulteriori contenuti dell’allegato I.2, che come detto completa la disciplina del nuovo codice in tema di RUP, va evidenziato come detto allegato sia formulato sulla falsariga della Linea Guida n.3, di cui riproduce comunque solo in parte le relative previsioni.
L’allegato I.2 ha natura transitoria in quanto destinato ad essere presto sostituito da un apposito DPR
Trattasi, peraltro, di un allegato caratterizzato da funzione ponte di natura transitoria, aspetto che vale solo per alcuni dei 35 allegati al Codice. In questo caso, infatti, i relativi contenuti sono destinati ad essere presto aggiornati attraverso l’adozione di un apposito DPR.
In tal senso prevede il comma 5 dell’articolo 15 a tenore del quale, in sede di prima applicazione del codice, l’allegato I.2 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.