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( vote)1. Le offerte anomale nel Codice dei Contratti
Il d.lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti), al fine di garantire e tutelare il perseguimento dell’interesse pubblico, ossia quello di scegliere il miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, ha fissato delle regole per stabilire in via presuntiva quando un’offerta debba considerarsi anormalmente bassa.
L’offerta è considerata anomala quando è sospettata di scarsa affidabilità e attendibilità circa la non corretta esecuzione della prestazione contrattuale, giacché, in base alle necessità individuate nei documenti di gara, non sembra assicurare all’operatore economico un adeguato profitto.
L’art. 97 del Codice disciplina le modalità di individuazione della soglia di anomalia e il procedimento d’indagine delle offerte risultanti anormalmente basse. In estrema sintesi, qualora le offerte appaiano anormalmente basse in esito a un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta – espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla P.A. insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità e irragionevolezza – gli operatori economici, su richiesta della stazione appaltante, forniscono spiegazioni circa il prezzo o i costi proposti nelle offerte (cfr. Cds, sez. V, 29/11/2021, n. 7951).
Il giudizio di anomalia dell’offerta non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira ad accertare se in concreto l’offerta sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto. Peraltro, secondo giurisprudenza ormai consolidata, la valutazione di congruità deve intendersi in un’ottica globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente sulle singole voci di prezzo, né può effettuarsi in maniera comparativa (cfr. ex multis, Cds, Sez. V, 13/9/2016, n. 3855; 17/11/2016, n. 4755). |
La soglia di anomalia non è altro che un criterio di discrimen con cui le stazioni appaltanti individuano le offerte anomale degli operatori economici.
Il Decreto Legge n. 32/2019 (c.d. Sblocca Cantieri, convertito con Legge n. 55 del 14 giugno 2019) ha modificato i criteri di calcolo della soglia di anomalia che dipende dal criterio di aggiudicazione scelto dalla stazione appaltante, tra quelli indicati agli artt. 95 e 97 del Codice, e dal numero delle offerte presentate.
Orbene, nel caso del criterio del prezzo più basso, in luogo del sorteggio tra i vari criteri di calcolo, il DL 32/2019 ha introdotto dei parametri matematici distinti in base al numero di offerte che consentono l’individuazione di una soglia di anomalia, ossia di un ribasso massimo oltre il quale, se l’appalto è inferiore alla soglia UE e non presenta carattere transfrontaliero, ai sensi dell’art. 35 del Codice, e il numero delle offerte ammesse è pari o superiore a 10, è prevista l’esclusione automatica del concorrente.
Inoltre, al fine di non rendere nel tempo predeterminabili i parametri di calcolo da parte degli offerenti, è stata prevista la possibilità, da parte del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, di procedere con decreto alla rideterminazione delle modalità di calcolo per l’individuazione della soglia di anomalia.
Nelle gare in cui il criterio adottato è quello del prezzo più basso, si ricorre al cosiddetto “taglio delle ali”, operazione con cui nell’ambito del calcolo della soglia di anomalia non si considerano le offerte rientranti nelle nel 10% di maggiore o minore ribasso.
In giurisprudenza mancava un orientamento univoco su come dovessero essere considerate le offerte rientranti nel 10% di maggiore o minore ribasso: se escluse in maniera fittizia e, quindi, solo ai fini del calcolo della soglia di anomalia o se escluse in maniera definitiva dalla gara.
Ebbene, soltanto negli ultimi tempi è prevalso l’orientamento per cui il meccanismo del taglio delle ali è da intendersi come virtuale, senza dunque comportare l’esclusione automatica dalla gara delle imprese che abbiano presentato offerte ricadenti nelle cd. ali, ma semplicemente accantonandole ai fini dell’individuazione della soglia di anomalia (v. Cds, Sez. V, 15/03/2022, n. 1808).
Da ultimo, il c.d. Decreto Semplificazioni (D.L. 16 luglio 2020 n. 76, convertito con legge n. 120/2020) ha previsto che nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del Codice dei contratti, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque.
Nel caso del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, invece, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai 4/5 dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara.
Tale ultimo meccanismo di individuazione delle offerte anomale si fonda sul presupposto secondo cui sono inaffidabili le offerte di livello qualitativo elevato proposte ad un prezzo particolarmente ridotto.
Tuttavia, tale calcolo è effettuato solo nel caso in cui il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a tre.
In ogni caso, laddove il criterio prescelto sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non è mai prevista l’esclusione automatica dell’offerta. Pertanto, sarà la stazione appaltante a valutare discrezionalmente se e quando un’offerta può ritenersi non congrua.
In ogni caso, a norma dell’art. 97, co. 6, ultimo periodo, del Codice, non è preclusa alla Stazione appaltante – in via facoltativa – la possibilità di valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.
2. L’attività interpretativa della Stazione appaltante in sede di verifica di anomalia
La stazione appaltante deve infatti osservare il rispetto dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza di cui all’art. 97 della Costituzione, i quali impongono di garantire ad ogni operatore economico le stesse possibilità di accesso alla procedura di aggiudicazione, e gli stessi poteri competitivi, onde evitare inammissibili squilibri di mercato che, oltre a ledere la sfera degli interessi legittimi dei singoli partecipanti alla procedura, metterebbero a repentaglio lo stesso interesse pubblico generale, perimetrato dai principi di concorrenza, efficienza, efficacia ed economicità, consentendo ad un’impresa, potenzialmente incapace di adempiere alle richieste della gara, di rimettersi in gioco con indebite correzioni della propria offerta.
L’ineludibile principio di non modificabilità delle offerta comporta che il procedimento di verifica della congruità debba limitarsi ad una operazione meramente interpretativa della medesima delle offerte dei concorrenti, non potendo consentire a questi ultimi alcuna integrazione o modifica dell’offerta stessa, i quali potrebbero avere interesse, in virtù di sopravvenienze legate alle condizioni di mercato, o alla conoscenza delle condizioni d’offerta dei suoi concorrenti, a modificare la formulazione della propria offerta, e costruirsi così un vantaggio competitivo.
In tal senso, il corretto svolgimento del procedimento di aggiudicazione presuppone evidentemente l’effettività del contraddittorio tra stazione appaltante e concorrente, di cui costituiscono necessari corollari l’immodificabilità dell’offerta, la sicura modificabilità delle giustificazioni, nonché l’ammissibilità di giustificazioni sopravvenute e di compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.
Si è infatti evidenziato che le offerte, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente (V. Ex plurimis Cds, Sez. VI, n.978/2017; Sez. IV, n.1827/2016).
In altri termini, l’obiettivo è quindi quello di evitare ogni forma di attività manipolativa a opera della Stazione appaltante al fine di non ledere in concreto il principio i principi di parità e trasparenza.
La verifica di congruità non è diretta ad evidenziare singole inesattezze dell’offerta (la c.d. “caccia all’errore”), ma mira ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta e che, nell’ambito di tale indagine, la stazione appaltante goda di margini di discrezionalità tecnica per cui il proprio giudizio si configura come pressoché insindacabile.
Nella casistica giurisprudenziale, tuttavia, ci si è occupati di verificare se vi siano e quali siano, d’altro canto, i margini di “modificabilità” dell’offerta nell’ambito della verifica della congruità della stessa, e quanto sia perciò possibile “rimaneggiare” l’offerta medesima da parte del concorrente.
Ciò che rimane fermo è senz’altro il principio per cui l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti e fermo restando la legittimità di limitati aggiustamenti, pur essendo ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e, dunque, inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che, in relazione alle stesse, è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci, fermo restando il valore complessivo dell’offerta presentata.
Come affermato dai giudici amministrativi, in sede di verifica delle offerte anomale, è da ritenere ammissibile una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o che consistano in originari e comprovati errori di calcolo o in altre ragioni plausibili; è anche ammesso che l’impresa possa intervenire riducendo l’utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata, perché ciò che rileva è che l’offerta rimanga nel complesso seria (TAR Lombardia, Sez. I, n. 1/2019).
Anche se nel corso della verifica della congruità delle voci di costo, compreso quella della manodopera, è ammissibile la correzione di errori materiali, tuttavia l’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque. Tale principio è appunto strettamente correlato a quello dell’immodificabilità sostanziale dell’offerta, posto a tutela sia della imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, sia del valore della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale.
3. Verifica obbligatoria e facoltativa dell’anomalia
Inquadrata come sopra la ratio della verifica di anomalia, ed individuatone a grandi linee il relativo perimetro, è utile sinteticamente illustrare le differenze tra verifica “obbligatoria” e verifica “facoltativa”.
Abbiamo visto come il procedimento di verifica delle offerte anomale sia sostanzialmente finalizzato ad accertare la complessiva attendibilità e serietà dell’offerta, sulla base di una valutazione, ad opera della stazione appaltante, che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo ed in una caccia all’errore nella loro indicazione nel corpo dell’offerta(ex plurimis, Cds, n. 5283/2021; n. 4867/2021; TAR Lazio – Roma n. 8097/2021).
La verifica della congruità dell’offerta non ha, dunque, per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira ad accertare se in concreto essa, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, non risolvendosi, come detto sopra, in una caccia all’errore.
Sul punto si è espressa reiteratamente – e uniformemente – la giurisprudenza amministrativa, affermando che <<Nelle gare pubbliche d’appalto, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta o di mancata verifica della stessa, il giudizio della stazione appaltante, cui compete il più ampio margine di apprezzamento, costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza; in tal caso, l’obbligo di motivare in modo completo e approfondito sussiste solo nel caso in cui la stazione appaltante esprima un giudizio negativo che faccia venir meno l’aggiudicazione, non richiedendosi, per contro, una motivazione analitica nel caso di esito positivo della verifica di anomalia; di conseguenza incombe sul soggetto, che contesta l’aggiudicazione, l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il giudice amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero sia stata basata su fatti erronei o travisati; ne deriva, da un punto di vista pratico, che il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto>> (cfr. ex multis Cds n. 1818/2020; n. 4317/2019).
Come anticipato al § 1, accanto alla verifica “obbligatoria” di anomalia, che avviene al ricorrere delle circostanze sopra illustrate, vi è la cosiddetta “verifica facoltativa”, prevista dal comma 6, ultima parte, dell’art. 97 del Codice, e configura una potestà ampiamente discrezionale, che prescinde dall’uso di particolari forme, salva la necessità della individuazione espressa degli indicatori che – in assenza della condizione di superamento dei 4/5 di entrambe le componenti tecnica ed economica dell’offerta predeterminata legislativamente per la verifica di anomalia – facciano ritenere l’opportunità di procedere alla suddetta verifica; pertanto la verifica facoltativa, a differenza di quella obbligatoria, è caratterizzata da una più ampia discrezionalità tecnica della stazione appaltante, che si estende anche all’an della verifica stessa.
Quanto, poi, al procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia, è stato ulteriormente precisato che la Stazione appaltante dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto (v. Cds, Sez. VI, n. 604/2017).
Ancor più recentemente, in merito alla verifica facoltativa di anomalia, il Consiglio di Stato ha ribadito che <<la decisione dell’amministrazione di procedere (o meno) a verifica di anomalia dell’offerta nei casi in cui ciò non sia espressamente previsto dalla norma è di natura discrezionale, non soggetta alla sindacabilità del giudice, se non per le ipotesi di manifesta illogicità ed irragionevolezza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 marzo 2022, n. 1698; V, 15 settembre 2021, n. 6297; III, 20 agosto 2021, n. 5967); affinchè si possa censurare la scelta dell’amministrazione è necessario, secondo altre pronunce, che emerga una “chiara incongruità” nell’offerta dell’aggiudicatario (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 21 giugno 2021, n. 586; Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5782)>> (Cds, sez. V, 30/05/2022, n.4365).
Quanto, poi, al procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia, è stato ulteriormente precisato che la Stazione appaltante dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto(v. Cds, Sez. VI, n. 604/2017).
Ancor più recentemente, in merito alla verifica facoltativa di anomalia, il Consiglio di Stato ha ribadito che <<la decisione dell’amministrazione di procedere (o meno) a verifica di anomalia dell’offerta nei casi in cui ciò non sia espressamente previsto dalla norma è di natura discrezionale, non soggetta alla sindacabilità del giudice, se non per le ipotesi di manifesta illogicità ed irragionevolezza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 marzo 2022, n. 1698; V, 15 settembre 2021, n. 6297; III, 20 agosto 2021, n. 5967); affinchè si possa censurare la scelta dell’amministrazione è necessario, secondo altre pronunce, che emerga una “chiara incongruità” nell’offerta dell’aggiudicatario (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 21 giugno 2021, n. 586; Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5782)>> (Cds, sez. V, 30/05/2022, n.4365).
4. La verifica facoltativa di anomalia quale potere istruttorio del Giudice amministrativo
Orbene, abbiamo sopra illustrato come il potere/dovere di verifica dell’anomalia dell’offerta sia esercitabile, oltre che negli specifici casi previsti dal comma 3 dell’art. 97 del Codice, anche nei casi in cui, ad una valutazione propria della Stazione appaltante, l’offerta appaia anormalmente bassa, sulla scorta di elementi specifici, concretamente individuati.
E’ pertanto interessante, ai nostri fini, analizzare attraverso la casistica giurisprudenziale il risvolto processuale dell’ampia discrezionalità attribuita alla Stazione appaltante in soggetta materia.
Se, infatti, sopra abbiamo sottolineato la sostanziale insindacabilità delle valutazioni operate dalla Stazione appaltante in tale ambito, occorre parimenti precisare come tale insindacabilità non operi in modo assoluto ma, anzi, consenta l’attivazione da parte del giudice amministrativo di un vero e proprio potere “istruttorio”.
Soccorre, in proposito, il principio giurisprudenziale secondo cui il mancato esercizio della verifica facoltativa di cui all’art. 97, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016 <<[non] preclude alla concorrente che si assuma lesa dall’aggiudicazione di far valere in giudizio l’anomalia dell’offerta della propria concorrente, al fine di ottenere il riesame dell’offerta da parte della P.A., oppure la verifica della stessa offerta in giudizio da parte del giudice>> (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 13/08/2018 n. 8977; T.A.R. Lazio, sez. II ter, 5/02/2018 n. 1438; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 21/06/2016, n. 7206).
Pur essendo espressione di discrezionalità tecnica, infatti, la verifica o la mancata verifica di congruità <<è sempre suscettibile di sindacato esterno nei profili dell’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti, contraddittorietà. Il concorrente può, quindi, introdurre in giudizio elementi che sul piano sintomatico, in modo pregnante, evidente, e decisivo rendano significativo il vizio di eccesso di potere in cui possa essere incorso l’organo deputato all’esame dell’anomalia>> (Cds, Adunanza Plenaria, 3/2/2014, n. 8).
Sul punto, la stessa Adunanza Plenaria ha anche chiarito che siffatto sindacato non<<[non] riceve preclusione dall’art. 34, comma 2, c.p.a., che fa divieto al giudice amministrativo di pronunziarsi “con riferimento a poteri amministrativi non ancor esercitati”, poiché la questione introdotta interviene dopo che tutte le offerte sono già venute all’esame della stazione appaltante e dà rilievo a profili che sono elevati, sul piano sintomatico, a vizio di un non corretto esercizio del potere di scelta della migliore offerta, per non aver dato rilievo ad estremi di manifesta incongruità di talune di esse. E’, quindi, consentito il sindacato esterno del giudice amministrativo sull’operato dell’organo deputato all’esame delle offerte, in presenza di elementi che il ricorrente elevi a vizio di eccesso di potere in cui la stazione appaltante si assume sia incorsa per una non corretta disanima di elementi contenutistici tali da evidenziare una palese incongruità dell’offerta>>(v. ancora Cds, Adunanza Plenaria n. 8/2014).
In effetti, a ben vedere, seguendo il perspicuo ragionamento dell’Adunanza Plenaria, la determinazione di non procedere a valutazione facoltativa di anomalia costituisce essa stessa esercizio (seppur implicito) di potere discrezionale, sicché sembrerebbe corretto ritenere che un motivo di ricorso volto a contestare la mancata sottoposizione dell’offerta a verifica di anomalia debba essere non solo ritenuto ammissibile, ma altresì atto a suscitare l’attivazione da parte del Giudice dei propri poteri istruttori, disponendo, se del caso, una verificazione o una consulenza tecnica d’ufficio.
Il mancato esercizio della verifica facoltativa di cui all’art. 97, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016 <<[non] preclude alla concorrente che si assuma lesa dall’aggiudicazione di far valere in giudizio l’anomalia dell’offerta della propria concorrente, al fine di ottenere il riesame dell’offerta da parte della P.A., oppure la verifica della stessa offerta in giudizio da parte del giudice>> (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 13/08/2018 n. 8977; T.A.R. Lazio, sez. II ter, 5/02/2018 n. 1438; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 21/06/2016, n. 7206).
Pur essendo espressione di discrezionalità tecnica, infatti, la verifica o la mancata verifica di congruità <<è sempre suscettibile di sindacato esterno nei profili dell’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti, contraddittorietà. Il concorrente può, quindi, introdurre in giudizio elementi che sul piano sintomatico, in modo pregnante, evidente, e decisivo rendano significativo il vizio di eccesso di potere in cui possa essere incorso l’organo deputato all’esame dell’anomalia>> (Cds, Adunanza Plenaria, 3/2/2014, n. 8).
In merito agli apprezzamenti tecnici svolti dalla Stazione appaltante, infatti, deve (o dovrebbe) ormai considerarsi tramontata l’equazione “discrezionalità tecnica – merito insindacabile”, per cui oggi il sindacato del Giudice amministrativo dovrebbe svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo, potendo il giudice utilizzare per tale controllo i mezzi ritenuti necessari, ivi compresa la verificazione e la consulenza tecnica.