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Con la legge del 21 giugno n. 78, con entrata in vigore prevista per il 9 luglio, al Governo vengono “consegnati” i criteri/obiettivi entro cui (e per il raggiungimento dei quali) elaborare/predisporre il nuovo codice dei contratti.
Sono abbastanza note le varie considerazioni sul reale eccesso normativo nell’ordinamento giuridico degli appalti (e non solo) e, da qui, l’ovvia esigenza di contingentare l’apparato normativo restando anche entro i confini di quanto già richiesto in sede comunitaria con le direttive.
Nei criteri, alcuni, che saranno oggetto di considerazione pare essere ben presente la necessità di semplificare e di ridurre la tempistica di aggiudicazione e (ad esempio) gli stessi livelli di progettazione nei lavori pubblici. Ma su tutti una esigenza di delegificare o stare nell’ambito delle indicazioni comunitarie.
In questo senso, immediatamente, il primo criterio impone al Governo (lett. a)) il “perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse”. La prima parte quindi sostanzia una chiara disposizione di non andare oltre l’ambito delle disposizioni comunitarie evitando l’iper regolamentazione.
La questione, anzi l’obiettivo (inderogabile) viene ricordato in conclusione di questo primo criterio laddove si impone di “di assicurare la riduzione e la razionalizzazione delle norme in materia di contratti pubblici, con ridefinizione del regime della disciplina secondaria, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, ove necessario”.
La direttiva, nella sua seconda parte, contiene una indicazione sulle materie che richiedono un quadro normativo chiaro e chirurgico.
In questo senso si mantiene “ferma” l’inderogabilità “delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza, al fine di assicurare l’apertura alla concorrenza e al confronto competitivo fra gli operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese, tenendo conto delle specificità dei contratti nei settori speciali e nel settore dei beni culturali, anche con riferimento alla fase esecutiva”.
Seguendo l’ordine di cui alla legge predetta e quindi della delega, meritano approfondimento le indicazioni contenute nella lettera b) di prevedere una “revisione delle competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti”.
Nonostante le perplessità sulla “sopravvivenza” dell’ANAC se ne ribadisce il ruolo e si puntualizza l’esigenza di rafforzare i compiti di supporto.
Ed è proprio questo, probabilmente, che potrebbe rappresentare un valore aggiunto qualora l’authority elaborasse nuovi ed interiori modelli per le stazioni appaltanti, in particolare gli atti tecnici (dai bandi tipo agli schemi di contratto come anche nelle direttive viene richiesto).
Non può non legarsi a questo la ribadita istanza di semplificare (lett. e)) la “disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, nel rispetto dei principi di pubblicità, di trasparenza, di concorrenzialità, di rotazione, di non discriminazione, di proporzionalità, nonché di economicità, di efficacia e di imparzialità dei procedimenti e della specificità dei contratti nel settore dei beni culturali, nonché’ previsione del divieto per le stazioni appaltanti di utilizzare, ai fini della selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate”.
Al di là della novità dell’impossibilità di utilizzare il sorteggio nella scelta degli operatori, la revisione del sistema di acquisizione nel sottosoglia chiarirà se le attuali norme emergenziali verranno o meno confermate. Il problema si pone, probabilmente, per l’affidamento diretto “puro” oggi previsto per importi fino a 139 mila euro.
Ciò che preoccupa, evidentemente, è soprattutto la dinamica dell’affidamento “puro” così come letto anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che ritiene lo stesso realmente semplificato risultando sufficiente un unico atto (la c.d. determinazione semplificata ex art. 32, comma 2, secondo periodo richiamata dal comma 3, art. 1 del Dl 76/2020 come ricalibrato dal DL 77/2021).
Si tratta di una fattispecie, sicuramente, singolare che mal si concilia con le istanze della concorrenza e della pari opportunità.
A questo punto sarebbe bene individuare/reintrodurre forme di controllo interno di tipo preventivo sulle determinazioni a contrarre – magari con ribadita competenza del responsabile anticorruzione in collaborazione con i vari responsabili ed in particolare il responsabile dei servizi finanziari -, per una più meditata attenzione sugli atti cercando quindi di operare preventivamente piuttosto che successivamente con il controllo “postumo” previsto nel decreto legislativo 267/2000.
Il controllo in parola potrebbe avere ad oggetto esclusivamente la determinazione a contrarre (con conseguente eliminazione, tra l’altro, della determinazione unica che rappresenta un grave vulnus anche dei principi contabili armonizzati).
E’ bene anche evidenziare che, a proposito di recenti interventi dell’autorità, il nuovo schema di piano anticorruzione 2022/2024 un importante focus viene dedicato all’attività contrattuale con riferimento, tra l’altro al RUP.
Una delle sottolineature, quale punto di criticità, è quella della assenza di rotazione nel momento in cui vengono affidati gli incarichi di responsabile unico del procedimento. Si tratta, oggettivamente, di una criticità impossibile da superare nelle piccole stazioni appaltanti salvo voler pensare ad una ampia possibilità di esternalizzare il supporto.
A questo punto, il superamento del grave problema delle piccole stazioni appaltanti che, evidentemente, scontano una situazione di grave carenza di organico non potrà che essere risolto alimentando il sistema di qualificazione.
Suscita anche qualche perplessità l’eliminazione del sorteggio nella scelta degli operatori da invitare alle procedure negoziate. Soprattutto in assenza di alternative. Il pericolo è che una scelta discrezionale, se non adeguatamente motivata, possa determinare arbitri o comportamenti non corretti.
Nei criteri pare essere ben presente la necessità di semplificare e di ridurre la tempistica di aggiudicazione e (ad esempio) gli stessi livelli di progettazione nei lavori pubblici.
E’ bene anche evidenziare che, a proposito di recenti interventi dell’autorità, il nuovo schema di piano anticorruzione 2022/2024 un importante focus viene dedicato all’attività contrattuale con riferimento, tra l’altro al RUP.
1. In tema di qualificazione delle stazioni appaltanti
Proprio alla qualificazione delle stazioni appaltanti a cui la legge dedica uno specifico criterio.
In questo senso, è propri la lettera c) che richiama il Governo ad una “ridefinizione e rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, afferenti ai settori ordinari e ai settori speciali, al fine di conseguire la loro riduzione numerica, nonchè l’accorpamento e la riorganizzazione delle stesse, anche mediante l’introduzione di incentivi all’utilizzo delle centrali di committenza e delle stazioni appaltanti ausiliarie per l’espletamento delle gare pubbliche”.
Questo criterio non sembra tener conto del lavoro già svolto dall’ANAC che ha elaborato un sistema di qualificazione (con lo schema di linee guida in consultazione) mentre il criterio sembra delegarne il compito al Governo.
Il problema sarà quindi di coordinamento tra il lavoro del Governo (delle varie commissioni) e lo schema delle linee guida elaborate sulla base dell’attuale quadro normativo.
Sempre il criterio in parola richiede al Governo la “definizione delle modalità di monitoraggio dell’accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti; potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza che operano a servizio degli enti locali”.
Il criterio individua quindi anche la necessità di potenziare le stazioni uniche e le centrali di committenza che dovrebbero costituire supporto, soprattutto, per le stazioni appaltanti dei comuni non capoluogo che, oggi, si trovano anche in una situazione estremamente complessa in relazione alla competenza (o meno) di aggiudicare gli appalti del PNRR
E’ ancora aperto, infatti, il problema sulla corretta competenza dei comuni non capoluogo ad aggiudicare i contratti del PNRR/PNC (finanziati anche solo in parte). Considerato che l’articolo 52 del DL 77/2021 ne limita la competenza alla soglia infra 40mila euro per beni/servizi e infra 150mila euro per lavori.
Al Governo si richiede anche la definizione delle modalità di monitoraggio dell’accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti e il potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza che operano a servizio degli enti locali.
2. La revisione dei prezzi
Il criterio contenuto nella lettera g), relativo alla “previsione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e inviti, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, compresa la variazione del costo derivante dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabili in relazione all’oggetto dell’appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente”
La prima parte della direttiva, quindi, ritorna sulla recente questione della variazione dei prezzi sia per i contratti di beni/servizi sia per il materiale da costruzione nei lavori.
Dal criterio sembra emergere però un collegamento tra la revisione ed una causa oggettiva – non ultima l’adeguamento dei contratti di lavoro e quindi la variazione del costo del personale -.
E’ necessario, a questo punto, che la norma futura individui chiaramente le varie ipotesi e, soprattutto, la clausola da inserire nel disciplinare.
La seconda parte del criterio detta una indicazione sul reperimento delle risorse per far fronte alla variazione intervenuta.
Più nel dettaglio (in parte già come accade oggi) si precisa che occorre stabilire “che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione appaltante da utilizzare nel rispetto delle procedure contabili di spesa”.
I meccanismi attuali prevedono anche la possibilità di attingere a fondi ministeriali.
La lettera d) richiama l’esigenza di prevedere, “al fine di favorire la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese, di criteri premiali per l’aggregazione di impresa, nel rispetto dei principi unionali di parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori economici, della possibilità di procedere alla suddivisione degli appalti in lotti sulla base di criteri qualitativi o quantitativi, con obbligo di motivare la decisione di non procedere a detta suddivisione, nonchè del divieto di accorpamento artificioso dei lotti, in coerenza con i principi dello Small Business Act, di cui alla comunicazione della Commissione europea (COM(2008) 394 definitivo), del 25 giugno 2008, anche al fine di valorizzare le imprese di prossimità”.
Rimangono, in pratica, punti fermi sia la lottizzazione, la cui mancanza andrà motivata in determinazione a contrarre e la necessità di assicurare partecipazioni alle piccole imprese.
3. Riduzione dei tempi della fase pubblicistica
I criteri (lettera m)) ritornano anche sulla questione di una celere conclusione della procedura di gara (e conclusione tempestiva delle fasi successive di tipo esecutivo).
In questo senso, l’invito al Governo è quello di assicurare una “riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti, anche attraverso contratti-tipo predisposti dall’Autorità nazionale anticorruzione”.
L’ultimo inciso ha sicuro rilievo visto che coinvolge l’ANAC in fase anche dell’esecuzione del contratto con la predisposizione di schemi appositi. Su tali schemi, prosegue il parere, occorrerà sentire “il Consiglio superiore dei lavori pubblici relativamente ai contratti-tipo di lavori e servizi di ingegneria e architettura”.
Attenzione, e quindi una richiesta di celerità viene espressa anche in relazione “all’esecuzione degli appalti, anche attraverso la digitalizzazione e l’informatizzazione delle procedure, la piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale dell’operatore economico”.
Il criterio, anzi i criteri nell’ambito della lettera citata risultano piuttosto diversificati visto che con lo stesso si prevede il “superamento dell’Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici” circostanza che impone “il rafforzamento della specializzazione professionale dei commissari all’interno di ciascuna amministrazione e la riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, nonché’ di quelli relativi al pagamento dei corrispettivi e degli acconti dovuti in favore degli operatori economici, in relazione all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori e allo stato di svolgimento delle forniture e dei servizi”.
Gli ultimi incisi ritornano anche sulla necessità di velocizzare i pagamenti agli operatori economici riducendo gli oneri documentali, oggi, particolarmente importanti.
Si tratta, a ben vedere, di un obiettivo costantemente ribadito ma di difficile realizzazione visto che – si pensi alla questione documentale collegata ai requisiti di partecipazione -, l’unico modo per superare le problematiche è quello di realizzare effettivamente (realmente) una banca unica a cui il RUP può rivolgersi.
In questo senso deve essere letto anche il criterio direttivo declinato nella lettera n).
Con il criterio si chiede (prima parte) che in fase di redazione si opera una “razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, al fine di rendere le regole di partecipazione chiare e certe”.
Una richiesta, anche logica, è quella di giungere ad un “catalogo” definitivo e certo sulle fattispecie di illecito professionale.
In questo senso, il criterio richiede di individuare “le fattispecie che configurano l’illecito professionale di cui all’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014”. Si tratta, come noto, di una delle materie di maggior conflittualità.
Nel senso della riduzione dei termini anche il criterio (lett. q)) che esige una “semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, anche attraverso la ridefinizione dei livelli di progettazione ai fini di una loro riduzione, lo snellimento delle procedure di verifica e validazione dei progetti e la razionalizzazione della composizione e dell’attività del Consiglio superiore dei lavori pubblici”.
I criteri richiamano anche la competenza dell’ANAC sulla predisposizione, in fase anche esecutiva, di schemi di contratto.
Le linee di indirizzo, quindi, prevedono anche una nuova ridefinizione della disciplina dei servizi sociali (lett. v)) ed i servizi ad alta intensità di manodopera.
4. Valutazioni e varianti
Una delle esigenze di maggior rilievo è quella espressa con il criterio di cui alla lettera t).
In primo luogo il Governo viene chiamato ad individuare i casi in cui è possibile utilizzare il criterio del prezzo più basso o aggiudicare al solo costo. Con conseguente creazione di automatismi di valutazione/aggiudicazione.
Il criterio ritorna sulla questione dell’esclusione automatica delle offerte anomale pretendendone una applicazione (nel sottosoglia) nel caso di appalti che non abbiamo carattere transfrontaliero e che l’estromissione possa avvenire “sulla base di meccanismi e metodi matematici, tenendo conto anche della specificità dei contratti nel settore dei beni culturali e prevedendo in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”.
Si prevede la “ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera, nei limiti previsti dall’ordinamento europeo, in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell’esecuzione” (lettera u)).
5. Le clausole sociali
Le linee di indirizzo, quindi, prevedono anche una nuova ridefinizione della disciplina dei servizi sociali (lett. v)) ed i servizi ad alta intensità di manodopera. Su questi contratti si concentra il criterio per ribadire l’obbligo dell’inserimento di clausole sociali “volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo come criterio utilizzabile ai fini dell’aggiudicazione esclusivamente quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.
La questione, quindi, della stabilità occupazionale ritorna anche con i criteri e si aggiunge ai nuovi obblighi assunzionali previsti per i contratti del PNRR (art. 47 del Dl 77/2021).
6. Affidamento congiunto e soluzione controversie
Il criterio individuato alla lettera ee) si sofferma sulla necessità di una individuazione delle ipotesi di appalto congiunto (e quindi la possibilità di assegnare la progettazione con l’esecuzione dei lavori). In prospettiva si dovrà prevedere “il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti nonché’ l’obbligo di indicare nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta al progettista, da parte delle medesime stazioni appaltanti, della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall’operatore economico, al netto del ribasso d’asta”.
Infine, tra gli altri, pare rilevante il criterio della lettera ll) che sembra ribadire la necessità di ripetere l’esperienza del collegio consultivo (ora previsto solo per i lavori del sopra soglia comunitario) in modo da rafforzare “metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”.