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Introduzione

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 28 aprile 2022 (nella causa C-642/2020), ha dichiarato che l’art. 83, comma 8 del Codice dei Contratti pubblici (il D.Lgs. n. 50/2016) non è conforme alla Direttiva 2014/24/UE, nella parte in cui (terzo periodo ) prescrive l’obbligo della mandataria di un R.T.I. di possedere i requisiti di partecipazione e le quote di esecuzione dell’appalto in misura maggioritaria.

Secondo la Corte di Giustizia, infatti, “l’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria“.

Il principio di libera concorrenza, in combinato disposto con i principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi enunciati dagli articoli 49 e 56 T.F.U.E., così, sembra superare di diverse lunghezze la disposizione cautelativa del Codice “domestico”, che comprimeva i diritti degli altri partecipanti al R.T.I. al solo fine di consentire alla Stazione Appaltante di avere un interlocutore effettivamente rappresentativo con il quale rapportarsi.

L’esperienza, poi, ha fatto sì che gli equilibri all’interno del R.T.I. riflettessero il ruolo preponderante della mandataria, anche in termini di rappresentanza negoziale con i committenti e di organizzazione del lavoro, con conseguente compressione della libertà imprenditoriale delle altre Imprese componenti il Raggruppamento.

Proprio su questo pone l’accento la Corte di Giustizia, ricordando che nel mercato dei contratti pubblici il principio di libera concorrenza è quello prioritario e, per l’effetto, tutte le Imprese hanno pari diritti ed opportunità e che possono organizzare il loro lavoro al meglio delle possibilità di ciascuna (perciò, senza dover necessariamente sottostare alle direttive della mandataria).

Mal si adatta, quindi, a questa declinazione del principio cardine, la compressione dei diritti delle Imprese raggruppate, in ossequio alla disposizione nazionale che impone alla mandataria di detenere la quota maggioritaria sia dei requisiti di partecipazione, sia delle quote di esecuzione.

  1. Nei fatti di causa, la conferma di una situazione ormai anacronistica; possibili criticità

La vicenda trae origine da una procedura di gara aperta per l’affidamento del servizio di igiene pubblica ed altri servizi similari, da parte di una Società pubblica (S.R.R. Messina Provincia S.C.p.A.) per i 33 piccoli Comuni siciliani suoi Soci. La gara era divisa in lotti e per ciascuno di essi il bando di gara specificava i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica richiesti.

Uno degli operatori partecipanti (Caruter S.r.l., che ha partecipato in forma di Raggruppamento Temporaneo con altre Imprese e che ha dato il nome alla sentenza della Corte di Giustizia) per uno dei lotti avente ad oggetto il servizio da svolgersi in 11 Comuni, essendosi classificato al secondo posto ha impugnato l’aggiudicazione innanzi al Tribunale Amministrativo regionale per la Sicilia.

La ricorrente censurava l’irregolarità dell’ammissione alla gara dell’aggiudicataria e, come vizio derivato, l’aggiudicazione a favore di quest’ultima; l’aggiudicataria, a sua volta, ha proposto un ricorso incidentale contro l’ammissione dell’ATI Caruter alla gara d’appalto.

Con sentenza del 19 dicembre 2019, il giudice di primo grado ha accolto il ricorso principale e ha annullato l’ammissione alla gara dell’ATI aggiudicataria, nonché l’aggiudicazione a favore della stessa.

Però, decidendo anche sul ricorso incidentale, lo ha accolto ed ha annullato anche la decisione di ammettere l’ATI Caruter alla gara d’appalto.

Il TAR siciliano, in particolare decidendo il ricorso principale, ha rilevato che, conformemente al combinato disposto dell’articolo 83, comma 8, e dell’articolo 89 del Codice dei contratti pubblici, “un’impresa mandataria può sempre fare affidamento sulle capacità degli altri operatori economici facenti parte del raggruppamento, ma a condizione che soddisfi essa stessa i requisiti di ammissione ed esegua le prestazioni in misura maggioritaria rispetto agli altri operatori economici.“. Però, nel caso esaminato, l’aggiudicataria “non soddisfaceva da sola le condizioni previste dal bando di gara di cui trattasi nel procedimento principale e non poteva avvalersi delle capacità delle altre imprese dell’associazione temporanea di imprese di cui era mandataria.”.

La ricorrente ha impugnato la sentenza di primo grado innanzi al Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, mentre la (a questo punto “ex”) aggiudicataria ha proposto appello incidentale avverso la stessa sentenza.

Il giudice di secondo grado, accogliendo l’istanza formulata dall’appellante ha ritenuto “che l’interpretazione del Codice dei contratti pubblici fornita dal giudice di primo grado, secondo cui il mandatario in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria, potrebbe essere in contrasto con l’articolo 63 della direttiva 2014/24, in quanto quest’ultimo articolo non sembra limitare la possibilità per un operatore economico di ricorrere alle capacità di operatori terzi.”.

La risoluzione di tale questione, avendo carattere pregiudiziale, ha comportato il rinvio alla Corte di Giustizia. Precisamente, è stata sottoposta alla Corte la seguente questione: “Se l’articolo 63 della direttiva [2014/24], relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 TFUE, osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di “criteri di selezione e soccorso istruttorio” di cui all’inciso contenuto nel [terzo] periodo del comma 8 dell’articolo 83 del [Codice dei contratti pubblici], nel senso che in caso di ricorso all’istituto dell’avvalimento (di cui all’articolo 89 del [Codice dei contratti pubblici]), in ogni caso la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria.”.

La Corte di Giustizia, dal canto suo, rileva l’importanza della questione, osservando che: “Nel caso di specie, occorre rilevare che la questione pregiudiziale verte sull’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 63 della direttiva 2014/24, e che l’ordinanza di rinvio espone il contesto di fatto e di diritto in modo sufficiente per consentire alla Corte di determinare la portata di tale questione. Inoltre, non risulta che l’interpretazione sollecitata non presenti alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale o che il problema sia di natura ipotetica. Infatti, mentre l’articolo 63 della direttiva 2014/24 consente alle amministrazioni aggiudicatrici di esigere soltanto che l’impresa capofila di un raggruppamento svolga essa stessa «taluni compiti essenziali», dall’ordinanza di rinvio risulta che l’impresa aggiudicataria dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale è stata esclusa dalla procedura di gara per il motivo che non avrebbe eseguito i lavori «in misura maggioritaria», come richiesto dall’articolo 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici. Di conseguenza, una risposta della Corte in merito all’interpretazione sollecitata dal giudice del rinvio appare necessaria a quest’ultimo per essere in grado di emettere la propria sentenza.”.

Nell’Ordinanza di rinvio (n. 1106 del 24 novembre 2020) trapela la posizione scettica del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, che non riesce a spiegare la ratio della dicotomia tra l’art. 83, comma 8 e l’art. 89, comma 1 D.Lgs. n. 50/2016, giacché le due norme dettano criteri diversi per la selezione degli operatori economici (la prima) e per l’avvalimento (la seconda).

Si nota, infatti, che da un lato l’art. 83, comma 8, terzo periodo del Codice dei Contratti pubblici, dispone che, nel caso in cui il concorrente in gara assumesse la forma di un Raggruppamento, “la mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”.

Ciò, secondo il giudice remittente, in quanto “la ratio della norma consiste nell’evitare che la mandataria, all’interno di un raggruppamento, possa assumere una posizione secondaria, dovendo la stessa essere il soggetto maggiormente qualificato ed affidatario della parte preponderante dell’appalto (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 1 luglio 2020, n. 4206; Cons. Stato, sez. III, 16 aprile 2018, n. 2257; Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 2017, n. 560).”.

Dall’altro lato, cioè sul fronte dell’avvalimento, l’art. 89, comma 1 D.Lgs. n. 50/2016 segna il particolare favor attribuito dal legislatore a questo istituto e prevede che l’operatore economico possa “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale […] necessari per partecipare ad una procedura di gara […] avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi“.

Così, in chiave pro-concorrenziale, si incentivano le imprese a concordare forme di partecipazione assai ampie, basate anche sul semplice “prestito” dei requisiti, quindi – per così dire – solo in veste “sostanziale”, ma non “formale/nominale” di “concorrente”.

L’antinomia, secondo il giudice d’appello, sta proprio nel fatto che la “limitazione” di cui all’art. 83, comma 8, terzo periodo del Codice dei Contratti pubblici si sovrapponga sino a soverchiare l’avvalimento – nonostante, invece, quest’ultimo venga ammesso “senza limiti” dalla direttiva 2014/24/UE, che all’art. 63 paragrafo 1 non pone alcun vincolo alla facoltà, per ogni concorrente, di “utilizzare” le capacità di altri imprenditori, così aprendo anche ad essi le porte dell’appalto -. Però, nell’Ordinanza di rinvio si dà atto che la giurisprudenza dei Tribunali di merito e del Consiglio di Stato ha spesso ritenuto che le due norme debbano essere interpretate “in modo compatibile, … non antinomico … per cui l’avvalimento infragruppo o interno è certamente possibile ma a condizione e sino a che non si alteri la regola secondo cui la mandataria deve “in ogni caso” possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria.”.

E sempre la giurisprudenza ha anche mitigato la portata del “requisito maggioritario”, arrivando sino a considerare legittime le partecipazioni paritarie (vds. TAR Veneto, Sez. II, 24 gennaio 2020, n. 161) in assenza di un espresso divieto nella lex specialis di gara, giacché “Tale norma non va intesa nel senso che la mandataria deve possedere i requisiti in misura maggioritaria assoluta (ovvero, il 51% del requisito), bensì è sufficiente che possegga i requisiti in misura percentuale superiore a ciascuna delle mandanti (Consiglio di Giustizia Amministrativa, Sentenza 24 novembre 2020 n. 1106; Determinazione 10 ottobre 2012, n. 4). Ad esempio, nel caso di un raggruppamento composto da tre imprese, una richiesta di fatturato pari a 100 potrà essere soddisfatta dal raggruppamento se la mandataria dichiara di possedere un fatturato pari ad almeno 45 e le mandanti pari ad almeno 30 e a 25, ovvero se la mandataria e le mandanti possiedono una diversa distribuzione del fatturato purché il fatturato della mandataria sia superiore a quello di ciascuna mandante. Occorre sottolineare che ciò non vuol dire che il ruolo della mandataria debba necessariamente essere svolto dall’impresa con il fatturato maggiore”.

Sul versante comunitario, invece, la norma fondamentale è l’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, in particolare il paragrafo 1, commi 1 e 3, ai sensi dei quali, rispettivamente, “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacita di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi” e “Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici può fare valere le capacita dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”, pertanto il riferimento al possesso, da parte della mandataria, dei requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria è del tutto assente.

Quindi, anticipando le conclusioni della Corte di Giustizia – che ha condiviso le riflessioni del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana – l’art. 83, comma 8, terzo periodo D.Lgs. n. 50/2016 “nell’imporre all’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici di eseguire le prestazioni “in misura maggioritaria”, … “fissa una condizione più rigorosa di quella prevista dalla direttiva 2014/24 … in relazione avvalimento. … e … l’art. 83 cit. si discosterebbe dall’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, che al paragrafo 1 prevede unicamente che, per taluni tipi di appalto (tra cui gli appalti di servizi), “le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici (…), da un partecipante al raggruppamento”.“.

  • La tesi della Corte di Giustizia

La Corte europea, tuttavia, pur partendo dal tema proposto con l’Ordinanza di rimessione, rimodula la questione pregiudiziale senza prendere in esame la comparazione fra requisiti dei Raggruppamenti e degli ausiliari. Essa si limita ad evocare il tema dell’avvalimento – per come disciplinato dall’art. 63 della Direttiva n. 2014/24/UE – per interpretare l’espressione “in misura maggioritaria” (riferito ai requisiti della mandataria), anche alla luce della ratio che accomuna i Raggruppamenti e l’istituto dell’avvalimento.

Così, innanzitutto, si perde l’occasione di ottenere una pronuncia comunitaria anche sulla vexata quaestio dell’avvalimento cd. “infragruppo”, giacché nell’Ordinanza di rinvio si ipotizzava un “limite sistematico ed esterno al ricorso all’avvalimento, anche infragruppo” (dibattuto anche nella Delibera ANAC del 21 gennaio 2021, n. 1 recante il “Bando tipo” che, infatti, al paragrafo 6.4 anche oggi recita: “La stazione appaltante può indicare la misura in cui i requisiti debbono essere posseduti da ciascun operatore economico, che partecipa al raggruppamento temporaneo. In ogni caso occorre che la mandataria possegga i requisiti ed esegua le prestazioni in misura maggioritaria ai sensi dell’articolo 83, comma 8 del Codice”).

La sentenza, inoltre, si concentra sulla fase di esecuzione; così non si pronuncia nemmeno sul tema della corrispondenza tra i requisiti di qualificazione e la quota di esecuzione dell’appalto; anch’essa molto dibattuta.

Ed acclarata la identità di ratio (pro-concorrenziale) tra i due istituti, la norma nazionale mostra tutti i suoi limiti.

Infatti, nota la Corte di Giustizia, “è vero che l’articolo 19, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/24 prevede che gli Stati membri possano stabilire clausole standard che specifichino il modo in cui i raggruppamenti di operatori economici devono soddisfare le condizioni relative alla capacità economica e finanziaria o alle capacità tecniche e professionali di cui all’articolo 58 di tale direttiva. Tuttavia, quand’anche la capacità di svolgere compiti essenziali rientrasse nella nozione di «capacità tecnica», ai sensi degli articoli 19 e 58 della direttiva 2014/24, ciò che consentirebbe al legislatore nazionale di includerla nelle clausole standard previste dall’articolo 19, paragrafo 2, della stessa, una norma come quella contenuta nell’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva. Infatti, una norma del genere non si limita a precisare il modo in cui un raggruppamento di operatori economici deve garantire di possedere le risorse umane e tecniche necessarie per eseguire l’appalto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 4, della stessa, ma riguarda l’esecuzione stessa dell’appalto e richiede in proposito che essa sia svolta in misura maggioritaria dal mandatario del raggruppamento. Infine, è vero che l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 consente alle amministrazioni aggiudicatrici di esigere, per gli appalti di servizi, che «taluni compiti essenziali» siano svolti da un partecipante al raggruppamento di operatori economici.”.

Ma il riferimento all’espressione “taluni compiti essenziali”, pur con qualche differenza tra le varie traduzioni nelle lingue dei Paesi membri, deve intendersi univocamente come un limite imposto “a un singolo operatore di un raggruppamento, seguendo un approccio qualitativo e non meramente quantitativo, al fine di incoraggiare la partecipazione di raggruppamenti come le associazioni temporanee di piccole e medie imprese alle gare di appalto pubbliche. Un requisito come quello enunciato all’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che si estende alle “prestazioni in misura maggioritaria”, contravviene a siffatto approccio, eccede i termini mirati impiegati all’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e pregiudica così la finalità, perseguita dalla normativa dell’Unione in materia, di aprire gli appalti pubblici alla concorrenza più ampia possibile e di facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo,C – 27/15, EU:C:2016:404, punto 27).”, con interpretazione orientata ai sensi dei considerando 1 e 2 della medesima Direttiva 2014/24/UE.

In altre parole, secondo la Corte di Giustizia la ratio di ogni intesa fra gli operatori economici, volta ad “unire le forze” per partecipare al mercato dei contratti pubblici va cercata nella possibilità di costituire “gruppi di lavoro” qualitativamente migliori; ciò implica la libertà di scelta su come organizzare e distribuire le attività all’interno del gruppo, valorizzando le rispettive capacità di ciascun componente.

Seguendo questo orientamento, quindi, ogni imprenditore può scegliere con quanti altri imprenditori deve unirsi per partecipare alla gara, presupponendo che ciascuno di essi apporti “al gruppo” le sue migliori competenze. Ciò, indipendentemente dai limiti “quantitativi” imposti dalla suddivisione fra mandataria e mandanti – peraltro, a volte strutturata nella forma davvero simbolica 50,01% – 49,99% -.

Del resto, questa è la ratio – ma si direbbe più propriamente la “causa giuridica” – del contratto di appalto, dove ogni imprenditore, per definizione, assume a proprio carico l’onere della commessa, con organizzazione liberamente modulata in modo da poter fare fronte all’esecuzione del contratto.

E la stessa ratio è condivisa con l’avvalimento, istituto nel quale – a differenza del Raggruppamento – il concorrente è da solo, quasi introitando nella sua organizzazione i requisiti dell’ausiliaria e facendoli propri.

Secondo la Corte di Giustizia “la volontà del legislatore dell’Unione, conformemente agli obiettivi di cui ai considerando 1 e 2 della medesima direttiva, consiste nel limitare ciò che può essere imposto a un singolo operatore di un raggruppamento, seguendo un approccio qualitativo e non meramente quantitativo, al fine di incoraggiare la partecipazione di raggruppamenti come le associazioni temporanee di piccole e medie imprese alle gare di appalto pubbliche”.

Ed è proprio per questo motivo che la sentenza in esame conclude censurando l’incompatibilità della disposizione di cui all’art. 83, comma 8, terzo periodo D.Lgs. n. 50/2016, con quella di cui all’art. 63, comma 1 della Direttiva 2014/24/UE, accentuando la necessità di dare più ampio respiro alla tutela della concorrenza e della massima partecipazione alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici.

Quindi, “L’articolo 63 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.”.

La Corte europea ritiene che, mentre l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 si limita ad autorizzare le amministrazioni aggiudicatrici ad esigere, per gli appalti di servizi, che taluni compiti siano svolti dall’uno o dall’altro partecipante al raggruppamento di operatori economici, invece il ben più restrittivo articolo 83, comma 8, terzo periodo D.Lgs. n. 50/2016 “esorbita” indebitamente da tale interpretazione, sino ad imporre l’obbligo di esecuzione delle prestazioni in misura maggioritaria al solo mandatario del raggruppamento, ad esclusione di tutte le altre imprese, per tutte le tipologie di appalti, così limitando il senso e la portata dell’articolo 63, paragrafo 2, della Direttiva 2014/24.

La conseguenza della decisione della Corte di Giustizia è la immediata “caduta” di un altro baluardo del vigente Codice dei Contratti pubblici: così come poco tempo fa’ è crollato il limite alla quota subappaltabile, con conseguente impegno del Legislatore ad indicare nuovi criteri (problema, tuttavia, non risolto ma “devoluto” alla scelta motivata delle stazioni appaltanti – il che, presumibilmente, creerà non poche problematiche di uniformità di prassi e giurisprudenza -), così con la sentenza in esame crolla il “forte” della quota maggioritaria della mandataria dell’A.T.I.. La norma nazionale, quindi, dovrà essere disapplicata per contrasto con le disposizioni comunitarie, come interpretate dalla Corte di Giustizia.

Anche in questo caso, si attende una indicazione da parte del Legislatore per cercare di fissare alcune regole in materia di distribuzione delle quote all’interno dei Raggruppamenti: ciò, auspicando che la emananda norma possa rispondere alla altrettanto condivisibile esigenza di avere un interlocutore “rappresentativo” per la Stazione Appaltante e che la norma stessa non addossi la responsabilità alle singole Stazioni Appaltanti.

Altro aspetto che il Legislatore dovrà considerare sarà quello della responsabilità delle singole Imprese all’interno del Raggruppamento, cui accedono i ben più pratici temi delle garanzie e dei pagamenti. Se anche in questo caso si lasciasse alle Stazioni Appaltanti la facoltà di delineare la struttura dei Raggruppamenti in relazione alle esigenze delle singole gare (cioè, individuando condizioni di natura “qualitativa” per porre limiti alla libera determinazione dei concorrenti, quali ad esempio l’obbligo di svolgere talune attività specialistiche o di “alcuni compiti essenziali”, soltanto da alcuni dei partecipanti), allora si rischierebbe di incrementare oltre misura il rischio di prassi difformi tra le diverse Stazioni Appaltanti e, quindi, il contenzioso e l’incertezza operativa.

Se sinora l’A.T.I. è sempre stata responsabile verso la Stazione Appaltante come “unico soggetto” rappresentato dalla mandataria, ma al suo interno vigeva la responsabilità solidale, adesso invece la responsabilità della mandataria potrebbe “sfumare”, divenendo il suo ruolo quasi una distinzione lessicale più che sostanziale.

L’A.T.I. che è formata da soggetti “pari grado”, infatti, anche con riguardo alla distribuzione delle attività, non ha una mandataria che possa efficacemente svolgere le funzioni di “garante” verso la Stazione Appaltante, facendosi carico delle problematiche dell’intero Raggruppamento. Nell’ipotesi di un R.T.I. 50% – 50%, ad esempio, alla qualifica di “mandataria” di una delle due Imprese non corrisponderà il potere gestionale e rappresentativo al quale sinora il concetto di R.T.I. ci ha abituati.

  • Prime applicazioni giurisprudenziali … e prime problematiche

Appena il tempo di “metabolizzare” i contenuti della sentenza della Corte europea e subito si deve affrontare il tema delle prime applicazioni dei principi interpretativi contenuti nella sentenza.

La prima decisione del Consiglio di Stato (Sez. VII, n. 4425) è stata emessa il 31 maggio u.s. e riprende integralmente il principio di diritto enunciato dalla Corte di Giustizia, giudicando un “caso limite” in cui in un RTI misto il sub-raggruppamento orizzontale aveva suddiviso al 50% fra due mandanti le lavorazioni della categoria scorporabile.

Secondo il Collegio, tale ripartizione è legittima, giacché l’interpretazione della Corte di Giustizia si applica a tutti i tipi di raggruppamento – anche a quelli verticali e misti dove per ciascuna categoria di lavori ripartita tra i vari partecipanti la mandataria (sino alla pronuncia comunitaria in commento) era tenuta ad assumere una quota di esecuzione maggiore di quella delle mandanti.

Il Consiglio di Stato, innanzitutto, richiama la propria giurisprudenza interpretativa ed, in particolare, la decisione n. 27/2014, con la quale si era stabilita l’insussistenza dell’obbligo di corrispondenza tra la quota di qualificazione di ciascuna impresa e la quota di esecuzione di rispettiva competenza – con riguardo agli appalti di servizi e forniture -.

Ricorda, altresì, la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 6/2019, che riconosce “l’art. 92, comma 2, del DPR n. 207/2010 … prescrive quindi specifiche regole con riferimento ai requisiti di partecipazione, laddove la disciplina delle quote di partecipazione al raggruppamento e di esecuzione dei lavori richiede di rispettare i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione, non di coincidere … la disposizione riconosce piena libertà delle imprese partecipanti al raggruppamento di suddividere tra loro le quote di esecuzione dei lavori, sia in via preventiva (art. 92, co. 2, secondo periodo), sia in via successiva (art. 92, co. 2, quarto periodo, sia pure previa autorizzazione), fermo il limite rappresentato dai requisiti di qualificazione posseduti dall’impresa associata”.

Infine, viene in evidenza la chiosa della sentenza della Corte di Giustizia, quando il Consiglio di Stato sottolinea: “Osserva preliminarmente il Collegio che, con sentenza emessa pochi giorni fa, la Corte di giustizia (Corte di giustizia UE, sez. IV, sentenza 28 aprile 2022, C-642/20, Caruter Srl) ha ritenuto ostativa alla corretta applicazione della direttiva appalti n. 2014/24/UE la disciplina nazionale contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 il quale impone all’impresa mandataria del RTI di eseguire le prestazioni “in misura maggioritaria” rispetto a tutti i membri del raggruppamento, vale a dire di eseguire la maggior parte dell’insieme delle prestazioni contemplate dall’appalto. … La pronuncia della Corte di Giustizia ha certamente refluenza nel presente giudizio che ha riguardo a un raggruppamento di tipo misto, sgombrando il campo da dubbi interpretativi che, peraltro, la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva già affrontato e deciso nell’ottica della armonizzazione della disciplina interna alle norme unionali. Quello seguente è l’orientamento giurisprudenziale che si era consolidato negli anni in ossequio del quale l’appello oggi proposto è certamente infondato. Nei raggruppamenti misti, ai fini di una legittima partecipazione alla gara, la capogruppo mandataria deve essere qualificata ed eseguire i lavori in misura maggioritaria in relazione alla categoria prevalente indipendentemente e a prescindere dal fatto che esista, eventualmente, nel medesimo raggruppamento, un’altra impresa mandante che esegua prestazioni relative a una o più categorie scorporabili, il cui valore complessivo sia superiore a quello dei lavori svolti dalla stessa mandataria. Con riferimento alla categoria prevalente, deve esservi coincidenza tra la mandataria dell’intero raggruppamento e la mandataria del relativo sub-raggruppamento. Nelle associazioni miste, infatti, la mandataria, cui è conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza a presentare l’offerta per l’intero raggruppamento, è identificata con l’impresa che esegue le lavorazioni di cui alla categoria prevalente e, nel caso in cui quest’ultima sia assunta da più imprese (dando luogo ad una sub- associazione orizzontale), dalla mandataria di tale sub-raggruppamento che deve eseguire le lavorazioni e possedere i requisiti in misura maggioritaria rispetto alle altre imprese mandanti.”.

Saldando i principi comunitari al caso specifico, il Collegio spiega: “l’art. 83, comma 8, del codice dei contratti pubblici, laddove prescrive che “la mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire la prestazioni in misura maggioritaria”, ove riferito anche agli appalti di lavori, è stato interpretato, compatibilmente col sistema di qualificazione vigente per gli esecutori di lavori pubblici (quindi, allo stato, compatibilmente con l’art. 92, commi 2 e 3, del DPR n. 207 del 2010) e con l’art. 48, commi 1 e 6, del Codice dei contratti pubblici, di modo che il detto elemento “maggioritario” è da ritenersi soddisfatto, nel caso di raggruppamenti di tipo verticale, dalla circostanza che l’impresa capogruppo mandataria sia qualificata ed esegua i lavori relativi alla categoria prevalente e, nel caso di raggruppamenti di tipo misto, dalla circostanza che l’impresa capogruppo mandataria esegua per intero i lavori della categoria prevalente ovvero, in caso di sub-raggruppamento orizzontale nella medesima categoria, che possegga i requisiti in misura maggioritaria, comunque non inferiore al 40%, ed esegua la prestazione prevalente in misura maggioritaria (in questo senso Cons. Stato 7751/2020; n. 2785/2020; 2243/2019).”.

Ben diverso, nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato, è l’aspetto della qualificazione dell’operatore e, quindi, “della misura dei requisiti di qualificazione che deve essere posseduta dai componenti del Raggruppamento. I requisiti di qualificazione sono funzionali alla cura e tutela dell’interesse pubblico alla selezione di contraenti affidabili, onde garantire al meglio il risultato cui la pubblica amministrazione tende con l’indizione della gara: un risultato che non pertiene (occorre ricordarlo) alla pubblica amministrazione come soggetto, ma al più generale interesse pubblico del quale l’amministrazione/stazione appaltante risulta titolare e custode. L’aspetto rilevante al fine di stabilire la violazione, o meno, dell’art. 92 comma 2 del DPR n. 207 del 2010, cioè il rispetto dei requisiti di qualificazione (nel caso specifico, il possesso delle adeguate attestazioni SOA richieste per la categoria di lavori) non è stato contestato. Inoltre, in nessuna delle disposizioni della lex specialis veniva stabilita la necessarietà di una quota di esecuzione o di partecipazione, da parte della sub-mandataria capogruppo, in una precisa percentuale maggioritaria.”.

Nel “vuoto” lasciato sul punto dalla sentenza comunitaria oggetto del presente approfondimento, forse il punto di partenza per il Legislatore (o per la giurisprudenza) sta proprio nel doversi pronunciare prioritariamente su questo tema, valutandolo – con prudenza – alla luce dell’interpretazione euro-unitaria.

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Avv. Emanuela Pellicciotti
Esperta in infrastrutture e contratti pubblici
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