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Premesse

Nell’ambito del diritto amministrativo il riconoscimento della risarcibilità della perdita di chance è giunto all’esito di una lenta evoluzione interpretativa in ambito giurisprudenziale.

In particolare, la figura della “chance” è stata individuata soprattuttocon riferimento alle vicende legate alla contrattualistica pubblica.

I primordi del dibattito che hanno portato alla definizione della risarcibilità del danno da perdita da chance di possano rintracciare già nella storica pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 22 luglio 1999 n. 500 la quale ha statuito lo storico principio secondo il quale «La lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse (non di mero fatto ma) giuridicamente rilevante, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana solo ai fini della qualificazione del danno come ingiusto. Ciò non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale. Potrà infatti pervenirsi al risarcimento soltanto se l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento. In altri termini, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo»

Con la richiamata pronuncia è stato quindi ritenuto ammissibile il risarcimento della posizione giuridica soggettiva corrispondente all’interesse legittimo, benchè con la precisazione per cui non si possa approdare ad una indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale, bensì si possa pervenire al risarcimento soltanto nel caso in cui l’attività illegittima della Pubblica Amministrazione abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimoeffettivamente si collega.

Detta storica pronuncia ha consentito il superamento dell’interpretazione restrittiva delle fattispecie di responsabilità extracontrattuale “privatistica” ai sensi dell’articolo 2043 c.c. oggetto di risarcimento, fino a giungere alla codificazione dell’azione risarcitoria si sensi dell’articolo 30 c.p.a.[1], il quale riprende le medesime locuzioni contenute all’articolo 2043 c.c. ai fini della richiesta di ristoro di danno ingiusto per la lesione di un interesse legittimo.

La risarcibilità della perdita di chance, riconosciuta in ambito giurisprudenziale già prima dell’emanazione del Codice del Processo Amministrativo, con esplicito riferimento alla materia degli appalti è stata poi codificata per effetto delle modifiche apportate all’art. 245-quinquies[2] del D.Lgs. 163/2006 (il quale nella versione originaria prevedeva il risarcimento dei danni per il solo “avente titolo all’aggiudicazione”), nella trasposizione della disciplina nell’ambito dell’art. 124 c.p.a.[3].

Proprio il richiamo alla fattispecie dell’articolo 2043 c.c. nella citata sentenza delle Sezioni Unite e dal legislatore nell’articolo 30 c.p.a. e poi nell’art. 124 c.p.a. ha portato l’orientamento giurisprudenziale maggioritario ad inquadrare la responsabilità amministrativa nell’alveo della responsabilità aquiliana (extracontrattuale).

Uno dei principali profili applicativi nell’ambito del diritto amministrativo, a far data dalla suddetta storica pronuncia, è stato quello relativo all’ammissibilità del risarcimento del danno da chance perduta in relazione alla posizione giuridica di interesse legittimo.

Nell’ambito del diritto amministrativo il riconoscimento della risarcibilità della perdita di chance è di derivazione giurisprudenziale.

1. La lesione della chance

Il concetto di “lesione della chance” è stato impiegato in giurisprudenza amministrativa allo scopo di riconoscere una qualche tutela – seppur per equivalente – a fronte delle deluse aspettative del privato in ragione dell’illegittimo espletamento, od anche mancato espletamento, di un procedimento amministrativo.

In via generale, può dirsi che il danno da perdita di chance si verifica nel caso di definitiva perdita della possibilità, già concretamente esistente nel patrimonio del danneggiato, di conseguire un risultato vantaggioso ovvero di evitarne uno sfavorevole.

Trattasi di una figura dai confini labili, che ha registrato in ambito giurisprudenziale differenze applicative.

Il risarcimento della chance ha trovato ampia applicazione con riferimento agli appalti pubblici nell’ipotesi in cui il privato non aggiudicatario provi che a seguito dell’illegittima condotta della Stazione Appaltante sia stata negata la possibilità di conseguire un risultato utile (l’aggiudicazione) che tuttavia sarebbe stato prevedibile nel caso di condotta lecita da parte della Stazione Appaltante.

Più propriamente il danno da «perdita di chance» in giurisprudenza è stato definito «da intendersi, in linea di principio, quale lesione della concreta occasione favorevole di conseguire un determinato bene, occasione che non è mera aspettativa di fatto, ma entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione» (Consiglio di Stato, sez. V, 30.06.2015 n. 3249).

Ancora è stato di recente osservato che «Mentre nel diritto privato le ipotesi più ricorrenti riguardano la responsabilità medica (quando si imputa la mancata attivazione di una cura o intervento sanitario il cui esito sarebbe stato tuttavia incerto), nel campo del diritto amministrativo la lesione della ‘chance’ viene invocata per riconoscere uno sbocco di tutela (sia pure per equivalente) a quelle aspettative andate ‘irrimediabilmente’ deluse a seguito dell’illegittimo espletamento (ovvero del mancato espletamento) di un procedimento amministrativo …. La fattispecie presa in considerazione è quella in cui il vizio accertato dal giudice amministrativo consiste nella violazione di una norma di diritto pubblico che ‒ non ricomprendendo nel suo raggio di protezione l’interesse materiale ‒ assicura all’istante soltanto la possibilità di conseguire il bene finale. L’«ingiustizia» del nocumento assume ad oggetto soltanto il ‘quid’ giuridico, minore ma autonomo, consistente nella spettanza attuale di una mera possibilità. Nella moderna economia di mercato, del resto, anche la diminuzione di probabilità di eventi patrimoniali favorevoli può rilevare come perdita patrimoniale, non solo i danni fisici intesi come distruzione di ricchezza tangibile.» (Consiglio di Stato, sez. sez. VI, 13.09.2021 n. 6268).

Il danno da perdita da chance” è stato impiegato per riconoscere una qualche tutela del privato in ragione dell’illegittimo espletamento, od anche mancato espletamento, di un procedimento amministrativo

2. L’accertamento del danno da perdita di chance

In ambito giurisprudenziale è stato sottolineato come in sede di azione di risarcimento per perdita di chance, «poiché l’esigenza giurisdizionale è quella di riconoscere all’interessato il controvalore della mera possibilità ‒ già presente nel suo patrimonio ‒ di vedersi aggiudicato un determinato vantaggio, l’an del giudizio di responsabilità deve coerentemente consistere soltanto nell’accertamento del nesso causale tra la condotta antigiuridica e l’evento lesivo consistente nella perdita della predetta possibilità; la tecnica probabilistica va quindi impiegata, non per accertare l’esistenza della chance come bene a sé stante, bensì per misurare in modo equitativo il ‘valore’ economico della stessa, in sede di liquidazione del ‘quantum’ risarcibile; con l’avvertenza che, anche se commisurato ad una frazione probabilistica del vantaggio finale, il risarcimento è pur sempre compensativo (non del risultato sperato, ma) della privazione della possibilità di conseguirlo» (Consiglio di Stato, sez. VI, 13.9.2021 n. 6268).

La perdita di chance, pertanto, ad avviso del medesimo Consiglio di Stato è risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri la sussistenza di un valido nesso causale. Il Consiglio di Stato specifica, altresì, che la chance perduta da risarcire deve essere di una certa entità «…al fine di non riconoscere valore giuridico a chance del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate».

Sull’entità del danno il medesimo Consiglio di Stato nella recente pronuncia citata non ha mancato di rimarcare come «Al fine però di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, è necessario che, per raggiungere la soglia dell’«ingiustizia», la ‘chance’ perduta sia ‘seria’. A tal fine: da un lato, va verificato con estremo rigore che la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta altrui contraria al diritto; sotto altro profilo, al fine di non riconoscere valore giuridico a ‘chance’ del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate. Al fine poi di scongiurare azioni bagatellari o emulative, il giudice dovrà disconoscere l’esistenza di un ‘danno risarcibile’ (1223 c.c.) nel caso in cui le probabilità perdute si attestino ad un livello del tutto infimo» (Consiglio di Stato, sez. VI, 13.09.2021 n. 6268).

Un’altra importante pronuncia del Giudice Amministrativo ci consente di delineare i presupposti per il risarcimento da perdita di chance nelle aggiudicazioni degli appalti pubblici: «La risarcibilità del danno da perdita di chance è stata riconosciuta nelle sole ipotesi in cui l’illegittimità dell’atto ha provocato, in via diretta, una lesione della concreta occasione di conseguire un determinato bene e quest’ultima presenti un rilevante grado di probabilità (se non di certezza) di ottenere l’utilità sperata (Cons. St., sez. V, 1° ottobre 2015, n.4592).

E’ stato, inoltre, chiarito, che, nelle pubbliche gare, il predetto diritto risarcitorio spetta solo se l’impresa illegittimamente pretermessa dall’aggiudicazione illegittima riesca a dimostrare, con il dovuto rigore, che la sua offerta sarebbe stata selezionata come la migliore e che, quindi, l’appalto sarebbe stato ad essa aggiudicato, con un elevato grado di probabilità (Cons. St., sez. V, 22 settembre 2015, n. 4431).

Il danneggiato risulta, perciò, gravato dell’onere di provare l’esistenza di un nesso causale tra l’adozione o l’esecuzione del provvedimento amministrativo illegittimo e la perdita dell’occasione concreta di conseguire un determinato bene della vita (Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2015, n.4115), con la conseguenza che il danno in questione può essere risarcito solo quando sia collegato alla dimostrazione della probabilità del conseguimento del vantaggio sperato, e non anche quando le chance di ottenere l’utilità perduta restano nel novero della mera possibilità (Cons. St., sez. IV, 23 giugno 2015, n.3147).

Mentre, infatti, nel primo caso (probabilità di conseguimento del bene della vita) appare ravvisabile un nesso causale, da valersi quale indefettibile elemento costitutivo dell’illecito aquiliano, tra condotta antigiuridica e danno risarcibile, nella seconda ipotesi (mera possibilità di conseguimento del vantaggio perduto) risulta interrotta proprio la sequenza causale tra l’atto illegittimo e la perdita patrimoniale rivendicata dal danneggiato.

Nel caso, in cui, quest’ultimo non riesca a dimostrare che, senza l’adozione dell’atto illegittimo, avrebbe certamente (o molto probabilmente) conseguito il vantaggio che, invece, l’attività provvedimentale lesiva gli ha impedito di ottenere, non appare ravvisabile alcuna perdita patrimoniale eziologicamente riconducibile all’atto invalido, nelle forme del lucro cessante e, cioè, nella perdita di un’occasione concreta e molto probabile di accrescimento del patrimonio del danneggiato» (Consiglio di Stato, sez. III, 9.2.2016 n. 559).

La perdita di chance è risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri la sussistenza di un valido nesso causale tra il comportamento della stazione appaltante il danno lamentato

3. Il danno da perdita di chance negli appalti pubblici

Diverse sono le fattispecie oggetto di pronuncia da parte del Giudice Amministrativo, in particolare per le ipotesi di riconoscimento del danno da perdita di chance per mancata aggiudicazione ovvero in caso di illegittima scelta della Stazione Appaltante di affidare in via diretta un contratto.

Nelle controversie aventi ad oggetto le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, la perdita di chance può essere azionata in giudizi in cui viene dichiarata l’illegittimità dell’esclusione del concorrente da una gara o nei casi in cui il concorrente escluso dimostri che, se la procedura fosse stata regolarmente condotta, la sua offerta avrebbe avuto concrete probabilità di essere selezionata come la migliore, provando il nesso causale diretto tra la violazione accertata e la perdita patrimoniale in ragione della possibilità sottratta di conseguire l’aggiudicazione.

In taluni casi, in cui viene giudicato illegittimo l’affidamento diretto di un appalto ma non è possibile offrire tutela mediante reintegrazione in forma specifica(art. 124, comma 1, prima parte c.p.a.) a carattere integralmente satisfattorio (ovvero tramite il c.d. ”subentro” nel contratto), l’impresa che lo ha impugnato riceve in via generale una tutela risarcitoria cd. per equivalente(art. 124, comma 1, seconda parte c.p.a.) per via della riformulazione della gara imposta all’esito del giudizio.

Come osservato in una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato in un caso in cui il danno da perdita di chance era lamentato per la mancata partecipazione ad altre procedure di gara., «secondo la costante giurisprudenza in materia “la risarcibilità della “chance” di aggiudicazione è ammissibile solo allorché il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, dovendosi, per converso, escludere la risarcibilità allorché la “chance” di ottenere l’utilità perduta resti nel novero della mera possibilità (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 15 n. 3147); pertanto “per ottenere il risarcimento del danno anche per perdita di una “chance” è, comunque, necessario che il danneggiato dimostri, seppur presuntivamente ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta” … Ed invero come chiarito anche da ultimo da Cons. giust. amm. Sicilia, 15 ottobre 2020, n. 914 “ai fini della risarcibilità di una perdita di chance la giurisprudenza insegna, infatti, che la relativa tecnica risarcitoria garantisce l’accesso al risarcimento per equivalente solo se la chance abbia effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule “probabilità seria e concreta” o anche “elevata probabilità” di conseguire il bene della vita sperato; e che in caso di mera “possibilità” vi è solo un ipotetico danno, non meritevole di reintegrazione poiché in pratica nemmeno distinguibile dalla lesione di una mera aspettativa di fatto (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2019, n. 7845; IV, 23 settembre 2019, n. 6319; III, 27 novembre 2017, n. 5559); l’accoglimento della relativa domanda esige, pertanto, che sia stata fornita la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, ma non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (Cass. civ., Sez. I, 13 aprile 2017, n. 9571; Sez. lavoro, 11 ottobre 2017, n. 23862)”» (Consiglio di Stato, sez. V, 11.04.2022 n. 2709).

Negli appalti la risarcibilità della “chance” di aggiudicazione è ammissibile solo allorché il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato

Circa la quantificazione del danno da perdita di chance negli appalti pubblici con riferimento alle ipotesi di mancata aggiudicazione è stato osservato che «..il risarcimento del danno da perdita di chance (ex multis, Cons. Stato, V, 26 aprile 2018, n. 2527) esprime uno schema di reintegrazione patrimoniale riguardo un bene della vita connesso ad una situazione soggettiva che, quando è sostitutiva di una reintegrazione in forma specifica come nei contratti pubblici, poggia sul fatto che un operatore economico che partecipa ammissibilmente a una procedura di evidenza pubblica, per ciò solo, è stimabile come portatore di un’astratta e potenziale chance di aggiudicarsi il contratto (così come chiunque, in generale, partecipi ad una procedura comparativa per la possibilità di conseguire il bene o l’utilità messi a concorso). La chance iniziale e virtuale, che muove dall’essere in potenza la medesima per tutti i concorrenti, varia poi nel concretizzarsi e diviene misurabile in termini: non trattandosi di competizione di azzardo ma di contesa professionale in cui occorre mostrare titoli e capacità, diviene effettiva e aumenta o diminuisce nel corso della procedura fino a concentrarsi nella dimensione più elevata in capo all’operatore primo classificato al momento della formulazione della graduatoria finale, sfumando progressivamente in capo agli altri…».Alla luce di detto assunto, il Consiglio di Stato ha rilevato che «…se, nel corso della procedura, condotte illegittime dell’amministrazione contrastano la normale affermazione della chance di aggiudicazione, viene leso l’interesse legittimo dell’operatore economico e – se è precluso anche il bene della vita cui l’interesse è orientato – è lui dovuto il risarcimento del danno nella misura stimabile della sua chance perduta…», secondo una tecnica risarcitoria che «….impone un ulteriore necessario passaggio: posto che l’illegittima condotta dell’amministrazione ha determinato un danno risarcibile nei termini indicati, per la sua quantificazione occorre definire la misura percentuale che nella situazione data presentava per l’interessato la probabilità di aggiudicazione – la chance appunto – tenendo conto della fase della procedura in cui è stato adottato l’atto illegittimo e come poi si sarebbe evoluta…Si tratta di passaggio necessario: per la giurisprudenza l’operatore può beneficiare del risarcimento per equivalente solo se la sua chance di aggiudicazione ha effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule “probabilità seria e concreta” o anche “significativa probabilità” di aggiudicazione del contrattola quantificazione percentuale della figurata lesione della chance identifica la dimensione effettiva di un lucro cessante; del resto, l’operatore che partecipa alla gara non è titolare attuale di un elemento patrimoniale che viene leso dall’attività amministrativa, ma di una situazione soggettiva strumentale al conseguimento di un’utilità futura» (Consiglio di Stato, sez. V, 11.7.2018 n. 4225).

La giurisprudenza negli anni ha operato con una quantificazione per equivalente spettante al concorrente escluso illegittimamente, con una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Sul punto, «Il risarcimento per equivalente della perdita di chance di aggiudicazione dell’appalto in caso di annullamento degli atti della procedura può essere quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 11.3.2010, n. 1443). E ancora, «Il risarcimento per equivalente della perdita di chance viene quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 maggio 2002, n. 2485).

In altri casi in cui non era possibile determinare la spettanza del bene (aggiudicazione) in via probabilistica e percentuale la giurisprudenza ha definito tale probabilità solo con la c.d. “ripetizione della gara virtuale”, ovvero mediante la nomina di una nuova commissione con il compito di effettuare, esclusivamente ai fini risarcitori, il giudizio tecnico relativo alle offerte e alla formazione della graduatoria. Sul punto, «L’appello deve, in conclusione, essere accolto, nei termini di cui sopra e, poiché il presente giudizio è quello proposto per l’ottemperanza al giudicato, va disposta la ripetizione virtuale della gara di cui si tratta. A tal fine, la Sezione dispone che la commissione sia composta da tre membri… La commissione, così nominata, acquisirà immediatamente gli atti di gara dalla stazione appaltante, darà alle parti comunicazione, presso i domicili eletti per questo grado del giudizio, salvo diversa comunicazione, dell’inizio dei lavori e concluderà gli stessi entro sessanta giorni dalla consegna degli atti, dandone comunicazione alle parti con le stesse modalità di cui sopra» (Consiglio di Stato, Sez. VI, 11.1.2012, n. 105).

La giurisprudenza negli anni ha operato con una quantificazione per equivalente spettante al concorrente escluso illegittimamente, con una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..

4. Conclusioni

L’analisi del danno da perdita di chance nelle gare di appalto, nei presupposti fondanti come individuati in ambito giurisprudenziale, individua detta chancecome riferita alla possibile occasione contrattuale rispetto alla partecipazione a una procedura di gara.

Come visto, tuttavia, incombe sul ricorrente danneggiato il gravoso onere di dimostrare in concreto gli elementi costitutivi del titolo risarcitorio, in particolare il nesso di causalità tra il comportamento della stazione appaltante il danno da perdita di chance lamentato, ai fini della corretta formulazione della domanda giudiziale così da consentire al giudice da valutarne l’accoglimento o il rigetto.


[1]Articolo 30 (Azione di condanna) c.p.a. «…2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall’articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.

3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.…».

[2]Articolo 245-quinquies (Tutela in forma specifica e per equivalente) D.Lgs. n. 163/2006«1. La tutela in forma specifica e per equivalente è disciplinata dal codice del processo amministrativo».

[3]Articolo 124 (Tutela in forma specifica e per equivalente) c.p.a.«1. L’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato. 2. La condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1, o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile».

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Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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