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Prendendo spunto dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione VI sez. penale del 27 gennaio 2022, n.7264, il presente contributo mira a verificare in quali ipotesi di affidamento diretto possa ritenersi estendibile l’esclusione della responsabilità penale per il reato di turbativa d’asta.
Prima di passare all’analisi della sentenza oggetto di nota, appare utile rammentare che secondo il più recente orientamento del giudice amministrativo, si configura come affidamento diretto quell’affidamento assentito in assenza di un confronto concorrenziale, esperito in virtù di specifiche norme di rango derogatorio rispetto al principio generale di massima pubblicità, che consentono l’aggiudicazione di un contratto pubblico al di sotto di alcune soglie economiche prestabilite.
In tali casi, di natura derogatoria, ai fini degli affidamenti diretti sotto una soglia individuata dal legislatore (oggi estesa in termini economici da parte del D.L. 76/2020, conv. L. 120/2020), è dunque sufficiente che la stazione appaltante motivi in merito alla scelta dell’affidatario, “dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti nella determina a contrarre o nell’atto ad essa equivalente, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione” (Linee Guida ANAC n. 4, par. 4.3.1).
BOX: La mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori, non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze.
E’ altrettanto vero che in tutte le ipotesi di affidamento diretto, comunque, le tuttora efficaci Linee Guida n. 4 dell’ANAC (non essendo stato ancora emanato il Regolamento Unico previsto dall’art. 216, comma 29 – octies del Codice dei contratti, inserito dal decreto “Sblocca cantieri”) raccomandano quale “best practice” il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici.
Tuttavia, sostiene il Consiglio di Stato[1], che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti; cfr. il par. 4.1.2 sull’avvio della procedura), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze.
L’assunto appena indicato, a parere di chi scrive, risulta essere la lente più idonea, attraverso la quale guardare alla pronuncia della sentenza in commento.
- La vicenda processuale
La vicenda in commento prende spunto da una recente sentenza di Cassazione, VI sez. penale del 27 gennaio 2022, n.7264 e ha per oggetto la determinazione dell’estensione della fattispecie del delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente ex art 353 bis del Codice penale.
Ripercorrendo la vicenda processuale, si rileva che il Giudice per le indagini preliminari, con propria ordinanza, ha applicato la misura coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di un imprenditore, nei cui confronti erano stati ascritti diversi capi d’imputazione, inter alia, quelle per delitti di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente ex art 353 bis c.p.
Nel capo d’imputazione oggetto della presente trattazione, veniva in particolare contesto all’imputato il delitto di cui agli artt. 110, 353 bis c.p., perché, in qualità di legale rappresentante di una ditta, d’intesa e in concorso con il responsabile del servizio lavori pubblici del Comune, con il legale rappresentante di un’altra ditta e il sindaco del Comune, avrebbe turbato il procedimento di scelta del contraente di cui alla deliberazione della giunta comunale, avente ad oggetto l’approvazione del progetto definitivo/esecutivo dei lavori di adeguamento e di messa in sicurezza di impianti su aree di proprietà comunale, che ricomprendevano anche i lavori di sostituzione di una condotta idrica.
Secondo la tesi accusatoria, il sindaco, in particolare, colludendo con l’indagato, avrebbe attestato falsamente nel verbale di deliberazione predetto, che i lavori affidati alla Ditta in concorso, avrebbero dovuto avere inizio entro una certa data, circostanza contraria al vero, in quanto parte dei suddetti lavori (e, in particolare, la sostituzione della conduttura idrica) sarebbe stata già eseguita dall’indagato.
Il Tribunale ha accolto parzialmente la richiesta di riesame proposta dall’imputato, annullando in parte l’ordinanza, con esclusivo riferimento al delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente dell’imputazione cautelare e confermando nel resto l’ordinanza impugnata.
Il Tribunale del riesame ha escluso la gravità indiziaria in relazione a tale delitto, ritenendo non dimostrato il previo accordo collusivo dalle conversazioni captate, rilevando la scarsa chiarezza del ruolo assunto dal ricorrente nella vicenda e affermando, comunque, l’impossibilità di configurare il delitto di cui all’art. 353 bis c.p., con riferimento a turbative poste in essere in relazione all’affidamento diretto di lavori sottosoglia.
Quest’ultimo profilo veniva contestato dal Pubblico Ministero ricorrendo avverso l’ordinanza, chiedendone l’annullamento, deducendone la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione.
Deduce il Pubblico Ministero, oltre ad altre contestazioni non rilevanti alla presente analisi, che alla nozione di “contenuto del bando o di altro atto equipollente” di cui all’art. 353 bis c.p., dovrebbe essere ascritto qualsiasi atto che abbia l’effetto di avviare la procedura di scelta del contraente, anche alternativo al bando di gara.
Ad avviso del PM ricorrente, dunque, il ricorso allo strumento dell’affidamento diretto, lungi dal configurarsi come l’esito di una scelta discrezionale dell’ente, sarebbe stato uno strumento utilizzato in modo distorto e finalizzato ad eludere la libera concorrenza.
Prima di analizzare la posizione giurisprudenziale assunta dalla Corte di Cassazione,appare opportuno procedere all’analisi, anche da un punto di vista esegetico, dell’istituto della fattispecie criminosa prevista dall’art. 353 bisc.p. rubricato “Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”.
La disposizione normativa di cui all’art. 353-bis c.p. è stata introdotta dal legislatore con l’art. 10 della l. 13 agosto 2010, n. 136 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia) che incrimina, “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, chiunque turba il procedimento amministrativo diretto a determinare il contenuto del bando o di altro atto equipollente, con violenza o minaccia o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione.
Dagli atti preparatori si rileva che la norma è stata inserita nel corpo codicistico per colmare possibili vuoti di tutela nel sistema repressivo costituito dai reati di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) e di astensione dagli incanti (art. 354 c.p.). Queste disposizioni penali presuppongono l’effettiva pubblicazione di un bando e il concreto turbamento della gara. Restava in sostanza priva di tutela la parte antecedente la pubblicazione del bando. Dunque con la nuova disposizione, art. 353 bis c.p., si è cercato di tutelare la trasparenza e il buon andamento della pubblica amministrazione nella scelta dei propri interlocutori ed a salvaguardare la libera concorrenza tra imprese nei rapporti contrattuali con la stessa.
La disposizione in commento, da un punto di vista pratico, mira a prevenire, anticipandone la tutela, la preparazione e l’approvazione di bandi personalizzati e calibrati, “cuciti su misura”, proprio sulle caratteristiche di determinati operatori, ed a preservare il principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione.
Sostanzialmente, l’intervento normativo è volto a colpire quelle condotte tese a “preconfezionare” il contenuto del bando o di altro atto equipollente, preservando il principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione.
Il reato è comune e, dunque, può essere compiuto da chiunque. Le condotte incriminate, modellate sul paradigma dell’art. 353 c.p., consistono in violenza o minaccia, oppure in doni, promesse, collusioni o altri in mezzi fraudolenti. Con tale ultima formula si allude a qualunque attività ingannatoria idonea ad alterare il regolare funzionamento e pregiudicare la libera partecipazione alla gara (Cass. pen., n. 8020/2016), anche per mezzo di anomalie procedimentali (Cass. pen., n. 42770/2014).
BOX: Sul piano oggettivo, perché sia configurabile il delitto, è sufficiente che la correttezza della procedura amministrativa sia messa in pericolo dalle condotte descritte dall’art. 353-bis c.p.
Sul piano oggettivo, perché sia configurabile il delitto, è sufficiente che la correttezza della procedura amministrativa sia messa in pericolo dalle condotte descritte dall’art. 353-bis c.p.
Siamo di fronte ad un reato di pericolo. Per realizzare la fattispecie criminosa non è necessario che in concreto il contenuto del bando sia stato “ritagliato su misura” di un concorrente, ma è necessario che si sia turbato il procedimento amministrativo diretto a stabilirne il contenuto attraverso violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti.
Tale profilo, invero, differenzia nettamente la fattispecie in esame dal reato di turbata libertà degli incanti ex art. 353 c.p. Quest’ultimo ha bisogno della produzione di un evento naturalistico che può essere costituito dall’impedimento della gara o dal suo turbamento.
Il reato, dunque, è integrato dal compimento di una delle condotte tipizzate dalla norma, reputate dal legislatore idonee a turbare il procedimento amministrativo con cui si determina il contenuto del bando o di altro atto equipollente.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo il delitto di turbata libertà di scelta del contraente è di natura istantanea e doloso. Il dolo è specifico, dovendo l’agente finalizzare la condotta al condizionamento del procedimento amministrativo di scelta del contraente, senza peraltro che il conseguimento del risultato rilevi ai fini del perfezionamento dell’illecito.
La consumazione del reato, infatti, coincide con il momento in cui si tiene la condotta tipizzata dal Legislatore perché ritenuta in grado di determinare l’alterazione dell’iter di formazione della gara. Il condizionamento del contenuto del bando è il fine dell’azione indipendentemente dalla realizzazione del fine.
Secondo alcune opinioni dottrinali, il tentativo non è configurabile.
Nel caso in cui il bando venga pubblicato, le condotte precedenti alla sua preparazione integrano il reato di cui all’art. 353 c.p.
- Il dibattito giurisprudenziale
Una questione dibattuta in giurisprudenza, che ha dato origine alla sentenza in commento, riguarda il seguente quesito:il delitto di turbata libertà di scelta del contraente di cui all’art. 353-bis c.p., può trovare applicazione in relazione ai procedimenti di affidamento diretto?
Il dubbio è alimentato dal fatto che in questo caso difetterebbe l’estremo di fattispecie del bando o dell’atto equipollente.
Un primo orientamento giurisprudenziale sostiene che il delitto di turbata libertà di scelta del contraente non è configurabile in caso di affidamento disposto in via diretta e senza gara (cfr. Sez. 6, n. 44700 del 13/07/2021; Sez. 5, n. 25290, del 2/03/2021, Sez. 6, n. 30730 del 28/03/2018, Sez. 6, n. 36806 del 06/04/2018, Sez. 6, n. 36065 del 26/06/2018; Sez. 6, n. 9385 del 13/04/2017; Sez. 6, n. 8044 del 21/01/201).
La sentenza in commento (Corte di Cassazione, sez. VI penale del 27 gennaio 2022) richiamando la giurisprudenza citata ha affermato che: “in caso di affidamento diretto, il delitto previsto dall’art, 353-bis c.p.:
a) è configurabile quando la trattativa privata, al di là del nomen juris, prevede, nell’ambito del procedimento amministrativo di scelta del contraente, una “gara”, sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale;
b) non è configurabile nelle ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata in cui il procedimento è svincolato da ogni schema concorsuale;
c) non è configurabile quando la decisione di procedere all’affidamento diretto è essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara” (Sez. 6, n. 5536 del 28 ottobre 2021).
BOX: “in caso di affidamento diretto, il delitto previsto dall’art, 353-bis c.p.:
a) è configurabile quando la trattativa privata, al di là del nomenjuris, prevede, nell’ambito del procedimento amministrativo di scelta del contraente, una “gara”, sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale;
b) non è configurabile nelle ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata in cui il procedimento è svincolato da ogni schema concorsuale;
c) non è configurabile quando la decisione di procedere all’affidamento diretto è essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara” (Sez. 6, n. 5536 del 28 ottobre 2021).
La giurisprudenza sottolinea che a differenza di quanto previsto dall’art. 353 c.p., in cui l’evento naturalistico del reato è costituito in via alternativa dall’impedimento della gara o dal suo turbamento, l’art. 353-bis c.p., fa riferimento esclusivamente al turbamento del procedimento amministrativo, che deve essere realizzato con una condotta finalizzata a inquinare il contenuto del bando – o di un altro atto a questo equipollente – e, quindi, a condizionare le modalità di scelta del contraente.
La condotta di turbamento deve dunque necessariamente innestarsi ed intervenire in un procedimento amministrativo che contempli una qualsiasi procedura selettiva, la pubblicazione di un bando o di un atto che abbia la stessa funzione.
Nella fattispecie trattata dalla sentenza in commento l’affidamento dell’esecuzione dell’appalto è avvenuto in assenza di ogni forma competitiva e concorsuale, secondo lo schema dell’affidamento sottosoglia comunitaria in conformità alla disciplina del D.L. n. 32 del 18 aprile 2019 (c.d. Sblocca cantieri), convertito dalla L. n. 55 del 14 giugno 2019. In questo caso il delitto di cui all’art. 353-bis c.p., non è configurabile.
Inconclusione, nella fattispecie processuale esaminata, e dunque negli affidamenti diretti, mancando un procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, non sarebbe – secondo la Corte – configurabile la fattispecie criminosa dell’art. 353 bis c.p.
- Conclusioni
Chiarito, sebbene per sommi capi, quali siano i presupposti perché possa configurarsi il delitto di turbata libertà degli incanti, secondo il dettato della sentenza in commento, in via circolare, appare opportuno fare un passo indietro, rammentando quanto la giurisprudenza amministrativa afferma in merito alla corretta qualificazione di affidamento come diretto.
Il Giudice amministrativo ha ricordato che la “mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori […], non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara”, con ciò stabilendo che, anche qualora la stazione appaltante si fosse risoluta nell’adottare una procedura para concorsuale preordinata alla selezione del contraente, il procedimento stesso non possa qualificarsi come “gara”, ma pur sempre affidamento diretto.
Ebbene, come sopra ricordato, la sentenza della Corte in commento ha ribadito come “in caso di affidamento diretto, il delitto previsto dall’art, 353-bis c.p.: è configurabile quando la trattativa privata, al di là del nomen juris, prevede, nell’ambito del procedimento amministrativo di scelta del contraente, una “gara”, sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale”.
È lecito interrogarsi, dunque, se il c.d. affidamento diretto procedimentalizzato che presuppone l’interrogazione del mercato attraverso la richiesta ad una ristretta platea di concorrenti di un preventivo, sia sussumibile nell’ipotesi del campo di applicazione dell’articolo 353-bis c.p., benchè sia pur sempre un affidamento diretto, come affermato dalla giurisprudenza amministrativa.
Ad opinione di chi scrive, la suddetta ipotesi, condurrebbe alla aberrante conclusione per la quale l’agente della P.A. che abbia agito in concorso per violare il buon andamento dell’affidamento di un contratto pubblico, sarebbe maggiormente “tutelato” in caso proceda ad un affidamento diretto senza procedere ad alcuna interrogazione del mercato (i.e. senza richiedere i preventivi), così eliminando ab origine ogni spettro di procedimentalizzazione nella scelta del contraente ovvero un segmento valutativo (gara informale).
Tale conclusione è tanto più aberrante, ove si ponga riguardo al fatto che la stessa ANAC suggerisca, secondo apposite linee guida, di procedimentalizzare, attraverso la richiesta di preventivi, anche l’affidamento diretto propriamente inteso, al fine di mitigare il rischio di pratiche clientelari, turbative o collusive.
Risulterebbe pertanto paradossale, qualora l’interpretazione sopra adombrata cogliesse nel segno, che proprio l’allineamento alla best practice suggerita da ANAC possa condurre l’agente della P.A. a dover preoccuparsi di poter rientrare nel perimetro di applicazione dell’articolo 353-bis.
[1]Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 03287 del 2021