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E’ utile periodicamente ritrovarsi a fare il punto sui risvolti pratici e sugli ultimi approdi giurisprudenziali che un pò fanno da “termometro operativo” per gli operatori del settore, siano essi soggetti pubblici siano essi operatori economici privati; muovendoci su quel sottile filo sospeso, tra esigenza difensiva e tutela delle posizioni di vantaggio commerciale acquisite (estensibile al concetto di tutela del diritto alla riservatezza). Una esigenza di bilanciamento costante e necessaria, per consentire la convivenza – non sempre pacifica – tra due diritti di per se stessi legittimamente tutelabili e tutelati dal diritto vivente, che ovviamente mira a raccordare nella maniera più utile e giuridicamente sostenibile, le previsioni contenute nell’art. 53 del d.lgs. 50/2016.

Iniziando la disamina ci si imbatte anzitutto nel Tar Campania-Napoli, Sez. IV, 10 novembre 2021, n. 7141, il quale rammenta che: “La Stazione appaltante acconsentiva all’accesso sugli atti di gara richiesto dalla parte ricorrente, ad eccezione di quelli per i quali, poiché inerenti l’offerta tecnica, l’aggiudicataria aveva espresso il proprio diniego, di tal che sarebbe stato poi onere della ricorrente, intenzionata ad insistere nella richiesta di accesso anche ai documenti in tutto o in parte oscurati” per il diniego espresso dall’aggiudicataria, dimostrare l’indispensabilità della loro conoscenza ai fini della tutela in giudizio delle proprie ragioni (Cons. Stato, sez. V, 03/05/2021 n.3459; Cons. Stato, sez. IV, 19/02/2021 n.1492; Cons. Stato , sez. V , 26/10/2020 , n. 6463; Cons. Stato, sez. V, 01/07/2020, n. 4220; Cons. Stato , sez. V, 17/04/2020 , n. 2449)”.

Pochi giorni dopo, il 17 novembre, la sezione V del medesimo Tribunale, con la sentenza n. 7350, ribadisce che: “E’ legittimo il diniego opposto dalla stazione appaltante in ordine ad una istanza di accesso all’offerta tecnica, avanzata da un concorrente in gara, che sia motivato con riferimento al fatto che l’accedente non abbia dimostrato la sussistenza effettiva della indispensabilità degli atti e dei documenti richiesti in ostensione ai fini della difesa in giudizio. Difatti, il criterio normativo del bilanciamento dei contrapposti interessi, di cui all’art. 53, comma 6, d. lgs. n. 50 del 2016 (nella specie, da un lato, l’interesse difensivo dell’accedente e, dall’altro, il rispetto delle esigenze di tutela dei segreti tecnici e commerciali contenuti nell’offerta tecnica) richiede, da parte dell’istante, la prova dell’indispensabilità dei documenti ai quali è chiesto l’accesso, affinché possa difendersi in un determinato giudizio; il che equivale ad affermare come l’interesse difensivo all’accesso agli atti di gara debba essere verificato in concreto sulla base di una puntuale prospettazione nella specie affatto dedotta (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 21 agosto 2020, n. 5167; id. 1° luglio 2020 n. 4220).”

Interessante anche la posizione del Consiglio di Stato, sez. V, 20.01.2022 n. 369, il quale sostiene l’utilità di confermare “il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, V, 26 ottobre 2020, n. 6463; V, 21 agosto 2020, n. 5167; V, 1° luglio 2020, n. 4220; V, 28 febbraio 2020, n. 1451; V, 7 gennaio 2020, n. 64) secondo cui la ratio della norma consiste nell’escludere dall’accesso quella parte dell’offerta strettamente afferente al know how del singolo concorrente, vale a dire l’insieme del “saper fare” costituito, in particolare, dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento.

Quel che occorre evitare, in altre parole, è un “uso emulativo” del diritto di accesso finalizzato, ossia, unicamente a “giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri”. Ciò anche in considerazione del fatto che la partecipazione ai pubblici appalti non deve tramutarsi in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione di propri segreti di carattere industriale e commerciale.

Condizione di operatività di siffatta esclusione dall’accesso agli atti è data dalla “motivata e comprovata dichiarazione” da parte del concorrente interessato a far valere il suddetto segreto tecnico o commerciale; la stessa peraltro non opera laddove altro concorrente “dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi” (c.d. accesso difensivo).

In quest’ultima direzione “è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti” quanto, piuttosto, la “stretta indispensabilità” della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all’interno di in uno specifico giudizio.

La valutazione di “stretta indispensabilità”, in altre parole, costituisce il criterio che regola il rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale e commerciale.

Una simile valutazione va effettuata in concreto e verte, in particolare, “sull’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate”.

Come poi affermato da Cons Stato, Ad. plen. n. 4 del 18 marzo 2021, in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, deve però escludersi che sia sufficiente fare generico riferimento, nell’istanza di accesso, a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, laddove l’ostensione del documento richiesto dovrà comunque passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare.

Trova quindi conferma la tesi di maggior rigore secondo cui deve esservi un giudizio di stretto collegamento (o nesso di strumentalità necessaria) tra documentazione richiesta e situazione finale controversa.: la parte interessata, in tale ottica, dovrebbe allora onerarsi di dimostrare in modo intelligibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese. E tanto, come evidenziato in diverse occasioni dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, IV, 14 maggio 2014, n. 2472), attraverso una sia pur minima indicazione delle “deduzioni difensive potenzialmente esplicabili”.

In questo quadro l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe – secondo il consueto criterio di riparto – su colui che agisce, ossia sul ricorrente (in sede procedimentale, il richiedente l’accesso agli atti);

In assenza di tale dimostrazione circa la “stretta indispensabilità” della richiesta documentazione, la domanda di accesso finisce per tradursi nel tentativo “meramente esplorativo” di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara, come tale inammissibile.”

Un ultimo cenno.

Merita la pronuncia recentissima del Consiglio di Stato, sez. III, 25.01.2021 n. 495, la quale riporta in auge l’esigenza di incanalare il diritto di accesso entro argini di ragionevolezza e non pretestuosità anche e soprattutto quando si parla di accesso civico. In particolare: “Il diniego, ancorché riferito alla speciale normativa sull’accesso disciplinata dal codice dei contratti pubblici, appare indenne da censura anche tenuto conto della disciplina dell’accesso civico generalizzato.

La stessa Adunanza Plenaria n. 10/2020 ha chiarito che “la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del D.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara ed in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5 bis del d. lgs. n. 33 del 2013, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato.

Tuttavia, afferma l’Adunanza Plenaria n. 10/2020 che “resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.”.

Se esiste, in altri termini, l’interesse ad una conoscenza diffusa dei cittadini nell’esecuzione dei contratti pubblici, volta a sollecitare penetranti controlli da parte delle autorità preposte a prevenire e a sanzionare l’inefficienza, la corruzione o fenomeni di cattiva amministrazione e l’adempimento delle prestazioni dell’appaltatore deve rispecchiare l’esito di un corretto confronto in sede di gara, a maggior ragione gli operatori economici, che abbiano partecipato alla gara, sono interessati a conoscere illegittimità o inadempimenti manifestatisi dalla fase di approvazione del contratto sino alla sua completa esecuzione, non solo per far valere vizi originari dell’offerta nel giudizio promosso contro l’aggiudicazione (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115), ma anche con riferimento alla sua esecuzione, per potere, una volta risolto il rapporto con l’aggiudicatario, subentrare nel contratto od ottenere la riedizione della gara con chance di aggiudicarsela.

Ma tale interesse alla trasparenza, di tipo conoscitivo, che non esige una motivazione specifica, deve in ogni caso palesarsi non in modo assolutamente generico e destituito di un benché minimo elemento di concretezza, anche sotto forma di indizio, come accade nel caso in esame in cui viene solo ipoteticamente prospettata l’esistenza di una difformità tra il contratto e l’esecuzione del servizio, pena rappresentare un inutile intralcio all’esercizio delle funzioni amministrative e un appesantimento immotivato delle procedure di espletamento dei servizi.

Analogamente deve essere accolto l’ulteriore motivo di appello nella parte in cui -OMISSIS- denunzia l’erroneità della sentenza per non avere riconosciuto l’istanza di accesso massiva ed eccessivamente sproporzionata.

Tale censura è anch’essa fondata

Emerge, infatti, dalla semplice lettura della domanda di accesso che, l’interessata ha, con tale istanza, richiesto un gran numero di documenti che obbligherebbe la -OMISSIS- a fornire migliaia di pagine, senza, peraltro, che tale richiesta sia giustificata da esigenze tali da imporre di sopportarne l’onerosità.

Una tale richiesta, così sproporzionata e onerosa, è espressamente qualificata come inammissibile dall’Adunanza plenaria n. 10/2020: “36.6. Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, Circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi”.

Restiamo pertanto con le antenne ben orientate in alto, perché certamente ulteriori e nuovi riscontri giungeranno dalle Corti italiane su un tema che – lo ricordiamo a noi stessi – ha visto ben due importantissime Adunanze Plenarie (Cons Stato, Ad. plen. n. 4 del 18 marzo 2021 e Cons. di Stato Ad. Plen. n. 10/2020), e a parere di chi scrive, tanto ancora avrà da raccontare.

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Redazione MediAppalti
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