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( vote)(Corte dei Conti sez. regionale Campania, delibera n. 166/2021)
- Il quesito
- La considerazione istruttoria del problema posto
- Conclusione
1. Il quesito
Il quesito posto dal sindaco del comune campano verte su una delle questioni maggiormente frequentate ovvero il caso del debito fuori bilancio (derivante da sentenza di condanna) e della necessità di procedere ad un immediato pagamento a pena di ulteriori esborsi finanziari. Ed il quesito pone proprio questa questione: come debbono essere configurati i potenziali esborsi? Possono essere riconosciuti con la stessa deliberazione consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio?
Più nel dettaglio il quesito posto recita, “atteso che l’elencazione delle ipotesi in cui il consiglio comunale può procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194 del D. Lgs. 267/2000, ha carattere di tassatività e come tale non suscettibile di estensione a fattispecie diverse, chiede se nell’ipotesi in cui 2 il debito derivante da sentenza non venga riconosciuto entro il termine di 120 giorni (art.14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito nella legge 30/1997) ed il creditore esperisca la procedura esecutiva, le maggiori somme derivanti dalla notifica dell’atto di precetto e dall’eventuale pignoramento sono sussumibili nella fattispecie di cui alla lettera a) della prefata norma e come tali riconoscibili con deliberazione consiliare al fine della riconducibilità della spesa nell’alveo del bilancio”.
2. La considerazione istruttoria del problema posto
Il collegio ricostruisce la questione posta evidenziando che il problema principale non è tanto il riconoscimento del debito fuori bilancio quanto, caso mai, la gestione del “ritardo della amministrazione nel riconoscimento del debito scaturente da sentenza, e le modalità della contabilizzazione dell’aggravio derivante”.
Aggravio, evidentemente, determinato dalle ulteriori spese legali e quelle delle procedure esecutive. IN disparte, poi, segnala il collegio la questione della potenziale “responsabilità erariale derivanti dal ritardo e/o omissione dell’ente”. Non a caso, e già si anticipa, la delibera (e quindi la richiesta) è stata trasmessa alla procura della Corte per potenziali danni erariali.
In ogni caso la questione è se il decreto ingiuntivo possa o meno essere equiparato alla sentenza di condanna. Formalmente i “debiti” paiono avere una diversa fonte, il primo in una sentenza, il secondo in un titolo esecutivo.
Ma il collegio precisa che “la dizione sentenze esecutive (…) ricomprende anche titoli che, pur non assumendo la forma di sentenza, abbiano comunque l’attitudine ad essere eseguiti coattivamente (vedasi, al riguardo, Sezione controllo Campania nr. 384 del 2011 in tema di equiparazione del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo alla sentenza esecutiva)”.
E tra i numero provvedimenti di condanna devono essere annoverati (nel caso in cui non si tratti di sentenze) e costituiscono titoli esecutivi, idonei a fondare una esecuzione forza “a mero titolo esemplificativo, (…): l’ordinanza emessa da giudice istruttore ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c.; l’ordinanza emessa dal giudice del lavoro ex art. 423 c.p.c.; il dispositivo di condanna emesso dal giudice del lavoro, ex art. 431, comma 2, c.p.c.; il decreto di liquidazione delle somme dovute a favore del CTU, ex art. 168 del d.P.R. nr. 115 del 2002; il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo”.
3. Conclusione
Pur non senza dubbi, la sezione conclude, risponde al quesito, affermando che tra sentenza esecutiva e decreto vi è una distinzione sostanziale visto che il debito trae origine da un differente provvedimento esecutivo ma stante la declaratoria dell’articolo 194 del decreto legislativo