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( vote)Premesse: la genesi dell’articolo 31, co. 8 del Codice dei Contratti
Qual è la norma di riferimento in tema di subappalto nell’ambito degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura?
La si trova ben nascosta, tra le pieghe dell’articolo 31, del d.lgs. 50/2016 (in seguito “Codice dei Contratti”), rubricato “Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni”, norma, evidentemente, deputata a stabilire i compiti del ruolo maggiormente preminente e direttivo nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, e inserita precisamente al comma 8 di tale articolo.
La sua non perspicua collocazione sistematica sembra indurre a ritenere che quanto ivi predicato sia da considerarsi più un memento per il RUP che una norma di carattere prescrittivo di un aspetto esecutivo di un appalto pubblico[1]. Invero, se si pone memoria alle discussioni che avevano accompagnato la genesi dell’attuale Codice dei Contratti, allorquando era necessario dare attuazione alla Direttiva appalto 24/2014, sarebbe facile rammentare come il furor semplificatorio positivizzato anche nella legge di delega si sia tradotto poi in un mero decremento del numero degli articoli rispetto al previgente Codice (d.lgs. 163/06), con ciò affastellando alcuni articoli di un numero di commi non congrui per una opera di codificatoria.
Motivo per cui la disposizione in questione è rintracciata in un ambito non proprio.
Essa stabilisce che “(l)’affidatario (n.d.r. di incarichi di progettazione) non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione per indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali. Resta, comunque, ferma la responsabilità esclusiva del progettista”.
Invero, la norma, nel previgente articolo 91 co.2, del d.lgs. 163/2006, trovava più coerente collocazione nell’ambito della disciplina degli incarichi di progettazione, e stabiliva che “(i)n tutti gli affidamenti di cui al presente articolo (n.d.r. incarichi di progettazione) l’affidatario non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione per le attività relative alle indagini geologiche, geotecniche e sismiche, a sondaggi, a rilievi, a misurazioni e picchettazioni, alla predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con l’esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali. Resta comunque impregiudicata la responsabilità del progettista.”
Pertanto, nulla di nuovo: l’attività di progettazione strettamente inteso, non può essere oggetto di affidamento a terzi da parte progettista incaricato.
La limitazione sopra rammentata è, peraltro, coerente con la natura prettamente intellettuale svolta dal progettista, nonché con la responsabilità personale professionale sancita dall’articolo 24, co. 5, del Codice dei Contratti, per l’espletamento di tali attività, secondo cui “(i)ndipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario l’incarico è espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell’offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali.”.
Ciò che si intende analizzare in questa sede, partendo, dalla nozione di subappalto, secondo la linea con la recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 28.01.2021 n. 857, è il ventaglio percorribile di rapporti giuridici e la natura degli stessi che appare possibile instaurare tra i progettisti e le altre figure che costituiscono il gruppo di lavoro di progettazione di cui al citato articolo 24, co.5.
Sulla nozione di subappalto: i contratti d’opera intellettuale
Dal punto di vista normativo, l’unica definizione rintracciabile di subappalto è la scarna indicazione fornita dall’art. 105, co. 2 del d.lgs. 50/2016 (nel prosieguo “Codice dei Contratti”), a mente della quale viene precisato che “(i)l subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”.
Nel settore degli appalti pubblici, viene quindi in rilievo il titolo derivativo del contratto di subappalto, essendo lo stesso precipuamente connotato dalla medesima causa dell’affidamento principale.
Di recente, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito il granitico orientamento per il quale, attesa la funzione economico sociale del contratto di subappalto, lo stesso debba essere ricondotto, dal punto di vista sistematico, nell’alveo civil-codicisto del contratto di appalto, come disciplinato dall’art. 1655, secondo cui “L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”.
Il Consiglio di Stato[2] ha, infatti, chiarito che “(c)on il subappalto di cui all’art. 105 comma 2, del D. Lgs. 18.4.2016 n. 50 (sulla scia della fattispecie di cui all’art. 1676 e segg. c.c.), l’appaltatore trasferisce a terzi l’esecuzione direttamente a favore della stazione appaltante di una parte delle prestazioni negoziali, configurando così un vero e proprio contratto – derivato di carattere trilaterale; al contrario, il contratto di subfornitura è una forma non paritetica di cooperazione imprenditoriale nella quale il ruolo del subfornitore (es. componentistica di beni complessi) si palesa solo sul piano interno del rapporto commerciale e di mercato tre le due imprese. In altri termini, mentre il subappaltatore assume di eseguire in tutto o in parte una prestazione dell’appaltatore (art. 1655 e ss. c.c.) a diretto beneficio del committente, il subfornitore si impegna a porre nella disponibilità dell’appaltatore un certo bene da inserire nella produzione dell’appaltatore, per cui il relativo rapporto rileva esclusivamente sotto il profilo privatistico dei rapporti bilaterali di carattere commerciale fra le aziende”.
per subappalto non può intendersi ogni esecuzione non in proprio di servizi o opere appaltate, essendo necessario che sia demandata ad un soggetto terzo, economicamente e giuridicamente distinto dall’appaltatore, l’esecuzione totale o parziale dell’opera o del servizio appaltato, con organizzazione di mezzi e rischio a carico del subappaltatore (art. 1655 c.c.).
Si rintracciano, poi, svariate pronunce pretorie emesse dai TAR di medesimo tenore, secondo le quali[3], “pur nel riconoscimento della peculiarità del subappalto nell’ambito dei contratti pubblici, per subappalto non può intendersi ogni esecuzione non in proprio di servizi o opere appaltate, essendo necessario che sia demandata ad un soggetto terzo, economicamente e giuridicamente distinto dall’appaltatore, l’esecuzione totale o parziale dell’opera o del servizio appaltato, con organizzazione di mezzi e rischio a carico del subappaltatore (art. 1655 c.c.). Nel caso in cui, infatti, un soggetto agisca quale mero esecutore materiale (o come mero collaboratore nell’esecuzione) di un’opera o di un servizio, in favore dell’appaltatore, in assenza di profili autonomia, il subappalto non può configurarsi (Tar Lazio Roma 6.2.2014 n.1449, peraltro resa proprio a favore dell’odierna ricorrente)”.
L’ANAC ha, inoltre, precisato sul punto che “il subappalto rappresenta una modalità di esecuzione delle prestazioni da parte di un soggetto già in possesso, al momento della presentazione dell’offerta in gara, dei requisiti di partecipazione, il quale in sede di esecuzione le affida, in parte, ad un soggetto terzo che le espleterà”[4].
Con il contratto di subappalto, dunque, l’appaltatore conferisce a sua volta ad un terzo (cd. subappaltatore) l’incarico di eseguire in tutto od in parte i lavori o i servizi che egli si è impegnato ad eseguire sulla base del contratto di appalto principale. Il contratto di subappalto è quindi un contratto derivato dal contratto di appalto caratterizzato dal fatto di avere analogo contenuto e lo stesso tipo di causa del contratto principale.
Il subappaltatore, a sua volta, sottolinea sempre l’ANAC, “assume nei confronti dell’appaltatore l’obbligazione di eseguire a proprio rischio parte dei lavori, organizzando anch’egli manodopera, mezzi d’opera e fornendo i materiali necessari. L’essenza del subappalto è, quindi, la terzietà del subappaltatore rispetto all’appaltatore. Il subappaltatore, infatti, esegue la parte dell’opera servendosi della propria organizzazione d’impresa, in posizione d’indipendenza e autonomia rispetto all’appaltatore di cui non condivide l’organizzazione”[5].
Ciò rammentato, non costituisce subappalto, ai sensi del co. 3 dell’art. 105 del Codice dei Contratti, “l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi…”: le prestazioni rese ai sensi dell’articolo 2222 e s ss. del Codice Civile, secondi cui “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”.
Secondo un consolidato orientamento dell’ANAC, che richiama una decisione del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato 4 giugno 2006, n. 2943), per attività specifica, ovvero attività particolari estrapolate da una più ampia categoria di attività, debbono intendersi le prestazioni d’opera intellettuali, quali consulenze professionali (ANAC, Parere 27 settembre 2012, AG 16/2012).
per attività specifica, ovvero attività particolari estrapolate da una più ampia categoria di attività, debbono intendersi le prestazioni d’opera intellettuali, quali consulenze professionali
La citata Autorità ha ricordato come sia noto che “il lavoratore autonomo si differenzia dall’imprenditore: mentre l’imprenditore, anche se piccolo, organizza il lavoro altrui oppure il capitale (cd etero organizzazione) per lo svolgimento di un’attività preordinata alla produzione o allo scambio di beni o servizi, il lavoratore autonomo si limita ad auto organizzare il proprio lavoro ed usa i mezzi che sono strettamente necessari all’esplicazione delle proprie energie lavorative. Da ciò consegue che l’art. 118, comma 12 del Codice, nel riferirsi espressamente al lavoratore autonomo ha chiaramente escluso dal suo ambito di applicazione l’affidamento delle attività ad un imprenditore. Nel caso di specie, invece, dalla documentazione allegata alla richiesta di parere risulta che uno dei cd padroncini è la Logistica Due srl. Sotto tale profilo, considerato che tale soggetto è un imprenditore, in nessun caso potrebbe trovare applicazione nei suoi confronti la norma richiamata dall’istante. In particolare, per comprendere il tenore dell’art. 118, comma 12 del Codice è utile partire dalla considerazione esposta nella decisione del Consiglio di Stato n. 2943 del 4 giugno 2006, che definisce la norma come ricognitiva di un principio già esistente e che tendeva ad escludere dal divieto di subappalto l’affidamento di prestazioni di carattere intellettuale”.
Più di recente, sempre l’Autorità ha ribadito, con Parere n. 246 dell’8 marzo 2017 e Parere n. 256 del 7 marzo 2018, che l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi o a progetto, in assenza di specifici elementi idonei a dimostrare gli elementi tipici del subappalto (l’organizzazione dei mezzi, l’assunzione del rischio, lo scopo del compimento di un’opera o di un servizio), si configura quale contratto d’opera intellettuale, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa[6].
Le superiori considerazioni consentono pertanto di identificare nella categoria dei contratti d’opera intellettuale, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa, una platea di rapporti di rapporti giuridici sottratta alla diretta applicazione del regime giuridico stabilito dall’art. 105 del Codice dei Contratti.
Il rapporto di specialità tra articolo 105 e 31 co. 8 del Codice
Avendo quanto sopra ricordato, la domanda può sorgere da sé: le attività enumerate dall’articolo 31, co. 8 del Codice, sono da considerarsi subappalto, pur costituendo una prestazione di opera intellettuale?
La domanda anzi posta è invero volutamente fuorviante, giacché il regime giuridico stabilito dell’articolo 31 co. 8, costituendo norma speciale, si interseca con quello di cui all’articolo 105 assai limitatamente: per l’ammontare totale subappaltabile (oggi peraltro messo in dubbio dalla Corte di Giustizia) e per gli obblighi comunicativi e di verifica dei requisiti.
Il regime derogatorio rispetto all’articolo 105 è santificato dalla disposizione di chiusura dell’articolo 31 co. 8, ossia la responsabilità esclusiva del progettista.
È la stessa ANAC, nelle proprie Linee Guida n. 1 aventi ad oggetto “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” a ricordare che “(l)e attività di supporto alla progettazione attengono ad attività meramente strumentali alla progettazione (indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con l’esclusione delle relazioni geologiche, nonché la sola redazione grafica degli elaborati progettuali). La “consulenza” di ausilio alla progettazione di opere pubbliche continua a non essere contemplata anche nel nuovo quadro normativo; ciò discende dal principio generale in base al quale la responsabilità della progettazione deve potersi ricondurre ad un unico centro decisionale, ossia il progettista”.
Alla luce di ciò, è evidente come la figura del progettista, pur potendo essere adiuvato nelle attività di supporto alla progettazione rimane in ogni caso l’unico soggetto responsabile della corretta esecuzione dell’incarico affidato.
L’eccezione della relazione geologica
La posizione dell’ANAC
Le Linee guida n. 1 emesse dall’ANAC, rammentano come sia un terzo elemento di base “quello previsto dall’art. 31, comma 8, del codice, per il quale non è consentito il subappalto della relazione geologica, che non comprende, va precisato, le prestazioni d’opera riguardanti le indagini geognostiche e prove geotecniche e le altre prestazioni specificamente indicate nella norma. Conseguentemente, la stazione appaltante deve assicurare:
a) l’instaurazione di un rapporto diretto con il geologo mediante l’avvio di una procedura finalizzata alla sua individuazione che preceda o accompagni l’avvio della procedura finalizzata all’individuazione degli altri progettisti; ovvero
b) la presenza del geologo all’interno della più complessa struttura di progettazione, quale componente di una associazione temporanea, associato di una associazione tra professionisti quale socio/amministratore/direttore tecnico di una società di professionisti o di ingegneria che detenga con queste ultime un rapporto stabile di natura autonoma, subordinata o parasubordinata, quale dipendente oppure quale consulente con contratto di collaborazione coordinata e continuativa su base annua, iscritto all’albo professionale e munito di partiva IVA, che abbia fatturato nei confronti del soggetto offerente una quota superiore al cinquanta per cento del proprio fatturato annuo, risultante dall’ultima dichiarazione IVA, nei casi indicati dal d.m. 2 dicembre 2016, n. 263. Si ritiene che le stazioni appaltanti possano ammettere queste ultime modalità anche con riferimento ai professionisti e alle associazioni tra professionisti.”
ANAC: Tanto deriva dalla necessità di garantire la indispensabile presenza diretta del geologo in ogni livello della progettazione e di prevenire quindi eventuali subappalti indiretti della relazione geologica, oltre che dall’esigenza di rendere chiara la responsabilità che ricade in capo a tale progettista specialista.
Conclude l’Autorità che “(t)anto deriva dalla necessità di garantire la indispensabile presenza diretta del geologo in ogni livello della progettazione e di prevenire quindi eventuali subappalti indiretti della relazione geologica, oltre che dall’esigenza di rendere chiara la responsabilità che ricade in capo a tale progettista specialista”.[7]
Pertanto, la relazione geologica non può essere oggetto di subappalto a terzi, con ciò sancendo anche una cesura tra le responsabilità del progettista e del geologo, essendo quest’ultimo direttamente responsabile vìs a vìs la Stazione appaltante per il suo operato.
I profili innovativi della Sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 28.01.202, 1 n. 857
Rispetto alla stretta categorizzazione imposta dall’ANAC circa le modalità di cooperazione del geologo con il progettista (invero, limitata al pedissequo ribaltamento applicativo sulla figura del geologo delle tipologie di rapporti consentiti per i progettisti ai sensi dell’articolo 4 del Decreto del Ministero Delle Infrastrutture E Dei Trasporti del 2 dicembre 2016, n. 263), la giurisprudenza amministrativa si è mostrata maggiormente aperta a percorrere strade più coerenti con la corretta applicazione di quanto previsto dall’articolo 24 co, 5 del Codice.
La sentenza in commento, infatti, ricorda che “l’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 … stabilisce che gli incarichi afferenti alla progettazione sono espletati da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell’offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali, “indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario”. A garanzia della riconducibilità delle prestazioni specialistiche ai professionisti indicati in sede di offerta come responsabili del relativo espletamento, l’art. 31, comma 8, sancisce, di conserva, il divieto per gli operatori economici affidatari di subappaltare tali prestazioni. Con specifico riferimento alle prestazioni geologiche, tale articolo infatti prevede che “l’affidatario non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione per indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali”. Dalle disposizioni appena richiamate discende che, a differenza delle indagini geologiche e geognostiche, la relazione geologica debba essere redatta esclusivamente da professionista geologo presente nella struttura di progettazione nominativamente individuato con la specifica responsabilità già in sede di offerta. Come chiarito anche dalla Linee guida Anac n. 1, siffatta previsione deriva “dalla necessità di garantire la indispensabile presenza diretta del geologo in ogni livello della progettazione e di prevenire quindi eventuali subappalti indiretti della relazione geologica, oltre che dall’esigenza di rendere chiara la responsabilità che ricade in capo a tale progettista specialista”.
Proseguendo nel ragionamento, il Consiglio di Stato rammenta che “(q)uanto alla natura giuridica del rapporto che deve sussistere tra il geologo e l’affidatario delle prestazioni afferenti alla progettazione, la giurisprudenza ha chiarito che ciò che rileva non è tanto la qualificazione formale del rapporto, quanto l’effettiva riconducibilità della relazione geologica ad un professionista legato all’affidatario da un rapporto di collaborazione non occasionale (in difetto del quale sarebbe sostanzialmente eluso il divieto del subappalto). In questo senso si è chiarito che “la forma giuridica del rapporto tra [il geologo] e l’affidatario non sia vincolata ad un modello tassativo, purché esso assicuri la esecuzione della prestazione e la responsabilità dello specialista” (Cons. Stato, parere n. 1767 del 2 agosto 2016, punto 4.3).
In particolare, il divieto di subappalto di cui all’art. 31, comma 8, cit. deve ritenersi rispettato laddove tra il geologo e l’affidatario si instauri “un rapporto di natura indipendente, sotto forma di associazione temporanea, sia di natura subordinata in qualità di dipendente, sia di natura autonoma, attraverso forme di collaborazione professionale coordinata e continuativa” (Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2017, n. 3364; Id., sez. V, 31 maggio 2005, n. 2859): rimanendo, per contro, esclusi dalle forme di partecipazione ammesse soltanto i rapporti di consulenza professionale ad hoc, in particolare qualora tale rapporto non risulti dichiarato e quindi formalizzato prima dell’affidamento dell’incarico”.
In particolare, il divieto di subappalto di cui all’art. 31, comma 8, cit. deve ritenersi rispettato laddove tra il geologo e l’affidatario si instauri “un rapporto di natura indipendente, sotto forma di associazione temporanea, sia di natura subordinata in qualità di dipendente, sia di natura autonoma, attraverso forme di collaborazione professionale coordinata e continuativa” (Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2017, n. 3364; Id., sez. V, 31 maggio 2005, n. 2859): rimanendo, per contro, esclusi dalle forme di partecipazione ammesse soltanto i rapporti di consulenza professionale ad hoc, in particolare qualora tale rapporto non risulti dichiarato e quindi formalizzato prima dell’affidamento dell’incarico”.
Conclude il Consesso stabilendo che “(i)n definitiva, va ribadito come debba ritenersi irrilevante la natura del rapporto giuridico tra l’impresa e il geologo, nel senso che esso potrebbe essere sia di natura indipendente, sia subordinata, parasubordinata, coordinata, continuativa, sia sotto forma di associazione temporanea, con l’esclusione del solo rapporto di subappalto”.
I principi sopra rassegnati, si ravvedevano in nuce anche in un precedente arresto dal Consiglio di Stato[8], che aveva, seppur succintamente, affrontato il tema, evidenziando come “l’art. 46 del d.lgs. 18/04/2016 n. 50 ammette alla partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, tra gli altri, rispettivamente: alla lett. a) i professionisti singoli, associati; — alla lett. e) i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere da a) a d). A sua volta, il precedente art. 24, comma 5 espressamente prevede che “Indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario l’incarico è espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell’offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali”.
Dalle predette disposizioni è dunque evidente che non vi è alcun obbligo di inserire il professionista nel raggruppamento temporaneo di professionisti ma è necessario, e sufficiente, che l’offerta indichi analiticamente i singoli professionisti designati, le relative specifiche attività e le connesse necessarie qualificazioni professionali. Il nuovo codice, sulla scia delle previgenti disposizioni di cui al d.lgs. n.163/2010, quindi ammette la possibilità alternativa dell’offerente di avvalersi di “liberi professionisti singoli o associati” ovvero di inserirli nel raggruppamento temporaneo”.
Proprio sul punto, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in un proprio chiarimento n. 632 del 22 marzo 2020 in merito alla interpretazione della sentenza 8 aprile 2019, n. 2276 del Consiglio di Stato, Sez. V, sul rapporto tra progettisti e concorrente” ha rappresentato che: “se il gruppo di lavoro non concorre alla qualificazione, quindi alla soddisfazione dei requisiti di partecipazione (ad esempio tramite un raggruppamento temporaneo di impresa) ma solo all’offerta tecnica (quindi all’ottenimento del punteggio tecnico) è possibile che i soggetti indicati nel gruppo di lavoro non abbiano rapporti “stabili” con i concorrenti. Infatti, da un lato, l’art.46 del d.lgs. 18/04/2016 n. 50 ammette alla partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria tra gli altri: – lett. a) i professionisti singoli, associati e alla lett. e) i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere da a) a d); dall’altro, l’art. 24, comma 5 prevede espressamente che “Indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario l’incarico è espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell’offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali.” Dalla norma si ricava, dunque, che è sufficiente che l’offerta indichi analiticamente i singoli professionisti designati, le relative specifiche attività e le connesse necessarie qualificazioni professionali, non essendo in questo caso richiesto che, tra gli stessi, intercorra un rapporto associativo o di dipendenza. Pertanto, con riferimento ai quesiti posti, si ritiene che, ai soli fini della presentazione dell’offerta tecnica, è possibile l’indicazione di un professionista che non sia legato da alcun rapporto diretto con il concorrente, purché siano indicate analiticamente nell’offerta le relative specifiche attività e le connesse necessarie qualificazioni professionali.”
Conclusioni
Dalla disamina dei recenti arresti della giurisprudenza appena ricordati – traendo le adeguate e coerenti conclusioni circa le modalità di ingaggio dei professionisti del gruppo di lavoro che non rivestono la qualifica di progettisti -, è possibile approdare verso lidi ermeneutici meno restrittivi rispetto a quelle tinteggiati da ANAC.
I professionisti, in sintesi, che saranno incaricati dal progettista affidatario dell’incarico per espletare le attività di cui al comma 8 dell’articolo 31 del Codice, potranno essere incaricati attraverso contratti di natura intellettuale anche ad hoc negoziati, impregiudicata la responsabilità esclusiva del progettista.
A medesima conclusione, secondo quanto indicato dal Chiarimento del MIT, è dato giungere per le specifiche attività professionali che richiedono una qualificazione o iscrizione ad albo. In tal caso non è “richiesto che, tra il concorrente e i singoli professionisti incaricasti “intercorra un rapporto associativo o di dipendenza. Pertanto, con riferimento ai quesiti posti, si ritiene che, ai soli fini della presentazione dell’offerta tecnica, è possibile l’indicazione di un professionista che non sia legato da alcun rapporto diretto con il concorrente, purché siano indicate analiticamente nell’offerta le relative specifiche attività e le connesse necessarie qualificazioni professionali.”.
Diverso è il caso del geologo che lungi dal dover necessariamente essere incastonato nelle strette categorie indicate da ANAC, dovrà in ogni caso dimostrare una collaborazione di carattere stabile e preesistente alla data di partecipazione alla gara, fermo restando che “ritenersi irrilevante la natura del rapporto giuridico tra l’impresa e il geologo, nel senso che esso potrebbe essere sia di natura indipendente, sia subordinata, parasubordinata, coordinata, continuativa, sia sotto forma di associazione temporanea, con l’esclusione del solo rapporto di subappalto”.
[1] Il Consiglio di Stato ha infatti ha più volte sottolineato come vada “condiviso l’orientamento giurisprudenziale, a cui va data continuità, che ascrive l’identificazione del subappaltatore e la verifica del possesso dei requisiti richiesti dalla legge e dal bando alla fase dell’esecuzione dell’appalto” (in termini, da ultimo, Cons. Stato, sez. V 21/6/2016 n. 2720, conf. Cons. Stato, ad. plen., 2 novembre 2015 n. 9), illuminando la relativa disciplina come una costola della fase paritetica e non già della fase della formazione di volontà della p.a. nella scelta del contraente.
[2] Consiglio di Stato sez. III 30/11/2018 n. 6822.
[3] TAR Marche sez. I 19/2/2016 n. 107.
[4] ANAC, Deliberazione n. 28 Adunanza del 19 giugno 2013.
[5] ANAC, Parere 20 dicembre 2012 AG 25/2012.
[6] Tale orientamento, già fatto proprio dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 4 giugno 2007, n. 2943).
[7] Vedi anche DELIBERA ANAC N. 1206 DEL 18 dicembre 2019
[8] CONSIGLIO DI STATO SEZ. V 8/4/2019 N. 2276