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( vote)Le origini dell’istituto, gli orientamenti giurisprudenziali, l’applicazione pratica.
Disposizioni a confronto disciplinanti la clausola sociale. L’art. 41 della Costituzione
E’ principio dell’Unione Europea che il trasferimento di un’impresa o di una parte di impresa non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Le disposizioni non pregiudicano in ogni caso la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari, amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare e consentire l’applicazione di accordi collettivi e di accordi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.
L’art. 50 del Codice degli appalti prevede che “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.”
Le pregresse disposizioni di cui all’art. 118, co. 6, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) prevedeva che “l’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”.
Secondo l’art. 36 dello Statuto dei lavoratori “Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona. Tra l’altro, si richiama la sentenza della Corte Costituzionale 1-19 giugno 226, con la quale è stato dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella parte in cui non prevede che, nelle concessioni di pubblico servizio, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il concessionario di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona”.
In base all’art. 36 dello Statuto dei Lavoratori, all’interno del capitolato di appalto, deve essere inclusa, quindi, una clausola da cui derivi l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria che espressamente riconosca un simile diritto.
In base all’art. 36 dello Statuto dei Lavoratori, all’interno del capitolato di appalto, deve essere inclusa una clausola da cui derivi l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti, condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria che espressamente riconosca un simile diritto. La tutela prevista dal citato articolo non costituiva, al momento dell’adozione, una novità avendo precedenti nella disciplina dei lavori pubblici, nelle leggi dedicate agli appalti di specifici settori e nelle fonti internazionali.
L’art. 36 dello Statuto dei Lavoratori supera, quindi, il carattere settoriale dei precedenti interventi, recependo principi della convenzione OIL n. 94 del 1949, resa esecutiva in Italia con legge 2 agosto 1952, n. 1305, volti a prevedere che i contratti ivi indicati, stipulati dagli imprenditori privati con la pubblica amministrazione, contengano clausole che assicurino retribuzioni ed altre condizioni del rapporto di lavoro non meno favorevoli di quelle derivanti dalla contrattazione collettiva.
Secondo l’art. 41 della Costituzione l’iniziativa economica privata è libera e non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; la legge determina i programmi e i controlli affinchè l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
L’evoluzione della Giurisprudenza
La Giurisprudenza della Cassazione ha ricollegato all’inserzione della clausola sociale uno specifico interesse dell’amministrazione alla “regolare esecuzione dell’opera nei termini contrattualmente previsti”, evitando così di rimanere “esposta alle conseguenze dannose provocate dalla conflittualità e dalle rivendicazioni che insorgono abitualmente a causa della inosservanza della normativa collettiva” (Cassazione n. 3640 del 1981).
La Giurisprudenza della Cassazione ha ricollegato all’inserzione della clausola sociale uno specifico interesse dell’amministrazione alla “regolare esecuzione dell’opera nei termini contrattualmente previsti”, evitando così di rimanere “esposta alle conseguenze dannose provocate dalla conflittualità e dalle rivendicazioni che insorgono abitualmente a causa della inosservanza della normativa collettiva” (Cassazione n. 3640 del 1981)
Il passaggio dei dipendenti dal precedente appaltatore al nuovo subentrato nell’appalto, come la giurisprudenza comunitaria prevede, non è automatico né forma oggetto di diritto acquisito in capo ai lavoratori del vecchio appaltatore, non esistendo alcuna norma di legge che lo stabilisca. E se tale passaggio di personale non è automatico, ciò vuol dire che necessita pur sempre di apposite concordi dichiarazioni di volontà (contestuali o collegate) delle imprese e/o della stazione appaltante.
In dottrina la locuzione “clausole sociali di prima generazione” è utilizzata per tenere distinte le clausole sociali di equo trattamento, dalle clausole sociali che mirano ad assicurare la stabilità occupazionale dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto in caso di cambiamento del soggetto affidatorio attraverso l’imposizione di obblighi di assunzione da parte dell’appaltatore subentrante (c.d. clausole di seconda generazione). Con il termine “clausole sociali” si identificano quindi quelle disposizioni normative che impongono ad un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e dell’occupazione come condizione per svolgere attività economiche in appalto.
Il tema delle clausole sociali negli appalti è da sempre un tema controverso proprio per la natura stessa delle clausole, le quali possono incidere nella sfera giuridica dell’appaltatore fino a condizionarne la libertà di iniziativa economica. Le clausole sociali di prima generazione ricomprendono le clausole di parificazione dei trattamenti minimi e quelle di equo trattamento. Della seconda specie, invece, fanno parte le clausole sociali di assorbimento della manodopera nel cambio d’appalto.
Con il termine “clausole sociali” si identificano quindi quelle disposizioni normative che impongono ad un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e dell’occupazione come condizione per svolgere attività economiche in appalto. Il tema delle clausole sociali negli appalti è da sempre un tema controverso proprio per la natura stessa delle clausole, le quali possono incidere nella sfera giuridica dell’appaltatore fino a condizionarne la libertà di iniziativa economica.
La clausola sociale, nota come clausola di «protezione» o di «salvaguardia» sociale o «clausola sociale di assorbimento», è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative, che opera nelle ipotesi di cessazione di un appalto e di subentro di altre imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario.
Inizialmente si è registrato un orientamento negativo nei confronti dell’istituto descritto, considerando l’obbligo di assunzione del personale, già adibito allo svolgimento del servizio oggetto dell’appalto, irragionevole ed ingiustificato in quanto lesivo della concorrenza e della libertà di impresa riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost.: “non è conforme alla normativa di settore la clausola dei documenti di gara che imponga al concessionario entrante di assumere i dipendenti di quello uscente. La previsione di un siffatto obbligo, infatti, appare giustificabile solo nei limiti in cui lo stesso sia imposto da specifiche disposizioni di legge o dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento. La clausola in questione, altrimenti, risulterebbe senz’altro lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché sarebbe atta a ledere la libertà di impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 della Costituzione” (AVCP parere n. 44/2010).
Incontra, infatti, un limite per la Pubblica amministrazione imporre discrezionalmente scelte che ledano l’autonomia organizzativa dell’impresa dal momento che l’imprenditore deve essere lasciato libero di scegliere ed organizzare i lavoratori di cui avvalersi nell’espletamento del servizio, senza essere vincolato a riassorbire il personale già in servizio. E’ chiaro che anche mediante l’attività contrattuale, l’Amministrazione persegue il proprio scopo istituzionale: cioè la tutela dell’interesse pubblico a cui è preposta, ed esercita la propria discrezionalità nell’individuare le caratteristiche della prestazione contrattuale che le necessita procurarsi e del contraente adeguato a fornirla, definendole nella legge di gara.
Il Consiglio di Stato ha affermato che la clausola sociale “deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando, altrimenti, la clausola in questione senz’altro lesiva della concorrenza, … nonchè atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 della Costituzione, che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto” (Cons. Stato Sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890). Si è nel tempo consolidato l’orientamento di ritenere invece legittima tale clausola, la quale però deve essere interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, ma solo a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, sulla base del presupposto che l’iniziativa economica privata è sì libera, ma deve avere riguardo anche all’utilità sociale (Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890). Con la conseguenza che tale clausola, richiamata dal bando, ha sì portata cogente, ma nel senso che l’offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell’appalto senza, però, che tale clausola comporti l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio.
La clausola sociale, alla luce della giurisprudenza in materia, deve quindi essere interpretata non nel senso di qualificare tale disposizione come un requisito di partecipazione, ma come un impegno, gravante sull’aggiudicatario, da assolvere nella fase dell’esecuzione del servizio. Ciò tenendo peraltro presente che la predetta giurisprudenza, anche in presenza di una clausola sociale introdotta nella “lex specialis” sulla base di specifiche disposizioni della contrattazione collettiva nazionale, ha individuato un limite alla sua operatività nella possibilità di armonizzare l’assorbimento dei lavoratori che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, consentendo, infatti, di introdurre lievi modifiche al precedente livello dell’occupazione.
La c.d. clausola sociale non comporta, quindi, l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio, ma consente di introdurre al riguardo dei lievi scostamenti.
La c.d. clausola sociale non comporta l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio, ma consente di introdurre al riguardo dei lievi scostamenti al fine di armonizzare l’assorbimento dei lavoratori che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, consentendo, infatti, di introdurre lievi modifiche al precedente livello dell’occupazione
La clausola sociale si applica agli appalti di lavori e servizi ad alta intensità di manodopera: i servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto, da aggiudicare ai sensi dell’articolo 95 comma 3 lettera a) del Codice esclusivamente sulla base quindi del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Le finalità della clausola sociale
La clausola sociale richiede il bilanciamento fra più valori, di rango costituzionale, ed anche europeo, da un lato il rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce ‘la libertà di impresa’, conformemente alle legislazioni nazionali; dall’altro lato, il diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost, e dall’art. 15 della Carta di Nizza (Cons. Stato, Comm. spec., parere 21 novembre 2018, n. 2703).
La clausola va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario; infatti l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa.
La possibilità per l’appaltatore subentrante di non assorbire tutto il personale precedentemente impiegato, quando ciò non sia compatibile con le proprie esigenze produttive, evidenzia infatti che tali esigenze non possono giustificarsi nel solo risparmio dei costi per la manodopera, ma devono necessariamente correlarsi a miglioramenti della qualità del servizio e dunque a ragioni di carattere tecnico ed organizzativo dell’impresa.
La possibilità per l’appaltatore subentrante di non assorbire tutto il personale precedentemente impiegato, quando ciò non sia compatibile con le proprie esigenze produttive, evidenzia infatti che tali esigenze non possono giustificarsi nel solo risparmio dei costi per la manodopera, ma devono necessariamente correlarsi a miglioramenti della qualità del servizio e dunque a ragioni di carattere tecnico ed organizzativo dell’impresa.
E’ quindi ormai consolidato che la clausola sociale non comporta alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo (cfr. Cons. Stato sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; III, 27 aprile 2018 n. 2569; V, 17 gennaio 2018 n. 272; V, 18 luglio 2017 n. 3554; III, 9 dicembre 2015 n. 5597). La clausola sociale, quindi, non introduce un incondizionato diritto dei lavoratori al passaggio all’impresa subentrante in caso di cambio di appalto, ma è volta a garantire “solo” che l’appaltatore uscente non possa licenziare i propri lavoratori addetti al medesimo appalto. L’imprenditore uscente può non volere effettuare alcun licenziamento, ma anzi può avere l’interesse alla prosecuzione del rapporto di lavoro e l’interesse tutelato non è quello al passaggio (come nell’ipotesi del trasferimento di azienda), ma alla continuità del rapporto a seguito del cambio di appalto.
L’interesse tutelato dalla clausola sociale è la continuità occupazionale e la tutela delle esigenze aziendali dell’appaltatore uscente e di quello subentrante, non un diritto assoluto e incondizionato del lavoratore al passaggio. L’imprenditore uscente, in ogni caso, può avere l’interesse alla prosecuzione del rapporto di lavoro, infatti, l’interesse tutelato non è quello al passaggio (come nell’ipotesi del trasferimento di azienda), ma alla continuità del rapporto a seguito del cambio di appalto.
Le Linee Guida Anac in tema di clausole sociali
Nelle Linee Guida Anac 13 l’applicazione delle clausole presuppone che i contratti siano oggettivamente assimilabili. L’inserimento di clausole volte alla tutela dei livelli occupazionali non è infatti legittimo qualora non sussista, per la stazione appaltante, alcun contratto compatibile rispetto a quello da attivare. Non sussiste di regola incompatibilità laddove il contratto di cui si tratta preveda prestazioni aggiuntive rispetto a quello precedente, salvo il caso in cui, per l’entità delle variazioni e per i conseguenti effetti sulle prestazioni dedotte, risulti complessivamente mutato l’oggetto dell’affidamento.
Anche Anac nelle Linee Guida 13 sostiene che l’applicazione della clausola sociale non comporta un generalizzato dovere di assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente, “dovendo tale obbligo essere armonizzato con l’organizzazione aziendale prescelta dal nuovo affidatario. Il riassorbimento del personale è possibile nella misura e nei limiti in cui sia compatibile con il fabbisogno richiesto dall’esecuzione del nuovo contratto e con la pianificazione e l’organizzazione definita dal nuovo assuntore. Tale principio è applicabile a prescindere dalla fonte che regola l’obbligo di inserimento della clausola sociale (contratto collettivo, Codice dei contratti pubblici)”.
Allo scopo di consentire ai concorrenti di conoscere i dati del personale da assorbire, la stazione appaltante indica gli elementi rilevanti per la formulazione dell’offerta nel rispetto della clausola sociale, in particolare i dati relativi al personale utilizzato nel contratto in corso di esecuzione, quali: numero di unità, monte ore, CCNL applicato dall’attuale appaltatore, qualifica, livelli retributivi, scatti di anzianità, sede di lavoro, eventuale indicazione dei lavoratori assunti ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, ovvero mediante fruizione di agevolazioni contributive previste dalla legislazione vigente. Qualora la stazione appaltante non fosse in possesso dei dati richiesti, la stessa provvede a richiederli all’operatore uscente, prestando particolare attenzione all’anonimato delle richieste pervenute, e a renderli noti a tutti i potenziali concorrenti.
Come evidenzia Anac “La stazione appaltante prevede, nella documentazione di gara, che il concorrente alleghi all’offerta un progetto di assorbimento, comunque denominato, atto ad illustrare le concrete modalità di applicazione della clausola sociale, con particolare riferimento al numero dei lavoratori che beneficeranno della stessa e alla relativa proposta contrattuale (inquadramento e trattamento economico). La mancata presentazione del progetto, anche a seguito dell’attivazione del soccorso istruttorio, equivale a mancata accettazione della clausola sociale e costituisce manifestazione della volontà di proporre un’offerta condizionata, come tale inammissibile nelle gare pubbliche, per la quale si impone l’esclusione dalla gara. L’esclusione, viceversa, non è fondata nell’ipotesi in cui l’operatore economico manifesti il proposito di applicarla però nei limiti di compatibilità con la propria organizzazione d’impresa”.
La clausola sociale deve essere interpretata, in conclusione, conformemente ai principi nazionali e dell’Unione europea in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesiva dei richiamati principi nel senso di limitare eccessivamente la platea dei partecipanti:
la clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.
Ciò è stato confermato dal Consiglio di Stato, Commissione speciale, parere n. 2703/2018, del 21 novembre 2018, reso sulle Linee guida Anac recanti la disciplina delle clausole sociali (Art. 50 del D. Lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal D. Lgs. n. 56 del 2017), la quale ha precisato che la prescrizione delle clausole sociali non può che avvenire che nel “rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost”.
Le clausole sociali ed i CCNL
Le aziende operanti in alcuni settori ad alta intensità di manodopera come ristorazione collettiva, multiservizi, si avvalgono frequentemente del “cambio appalto”, attraverso cui viene regolata la successione di diversi appaltatori nella esecuzione di un servizio per conto del medesimo committente.
Il CCNL applicabile alle imprese di pulizia, ad esempio prevede, all’art. 4, che in ogni caso di cessazione di appalto, l’Azienda cessante ne darà preventiva comunicazione, ove possibile nei 15 giorni precedenti, alle strutture sindacali aziendali e territoriali competenti, fornendo altresì informazioni sulla consistenza numerica degli addetti interessati, sul rispettivo orario settimanale, indicando quelli impiegati nell’appalto in questione da almeno 4 mesi; l’azienda subentrante, con la massima tempestività, preventivamente all’inizio della nuova gestione e, ove oggettivamente ciò non sia possibile, in tempi utili e comunque su richiesta delle Organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del c.c.n.l. darà comunicazione a queste ultime del subentro nell’appalto. Alla scadenza del contratto di appalto possono verificarsi 2 casi: a) in caso di cessazione di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali l’impresa subentrante si impegna a garantire l’assunzione senza periodo di prova degli addetti esistenti in organico sull’appalto risultanti da documentazione probante che lo determini almeno 4 mesi prima della cessazione stessa, salvo casi particolari quali dimissioni, pensionamenti, decessi; b) in caso di cessazione di appalto con modificazioni di termini, modalità e prestazioni contrattuali, l’impresa subentrante – ancorché sia la stessa che già gestiva il servizio – sarà convocata presso l’Associazione territoriale cui conferisce mandato, o in assenza presso la Direzione Provinciale del Lavoro o eventuale analoga istituzione territoriale competente, ove possibile nei 15 giorni precedenti con la rappresentanza sindacale aziendale e le Organizzazioni sindacali stipulanti territorialmente competenti per un esame della situazione, al fine di armonizzare le mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali. Ciò tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato, anche facendo ricorso a processi di mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro nell’ambito dell’attività dell’impresa ovvero a strumenti quali part-time, riduzione orario di lavoro, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità.
Ove l’impresa subentrante sia costituita in forma cooperativa, resta impregiudicata la successiva facoltà del lavoratore dipendente di presentare formale richiesta di adesione in qualità di socio. Al socio verrà comunque garantito un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal c.c.n.l. Tali assunzioni non costituiscono occupazione aggiuntiva. Nell’ipotesi in cui siano in atto, al momento della cessazione, sospensioni dal lavoro che comunque comportino la conservazione del posto di lavoro, il rapporto continuerà alle dipendenze dell’azienda cessante e l’addetto verrà assunto dall’azienda subentrante nel momento in cui venga meno la causa sospensiva.
Il CCNL applicabile alle imprese di pulizia, ad esempio prevede, all’art. 4, che alla scadenza del contratto in caso di cessazione di appalto con modificazioni di termini, modalità e prestazioni contrattuali, l’impresa subentrante sarà convocata presso l’Associazione territoriale cui conferisce mandato, o eventuale analoga istituzione territoriale competente, al fine di armonizzare le mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali. Ciò tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato, anche facendo ricorso a processi di mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro nell’ambito dell’attività dell’impresa ovvero a strumenti quali part-time, riduzione orario di lavoro, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità.