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E se un consorzio stabile, medio tempore nel corso di svolgimento della gara, perde i requisiti forniti da una consorziata (non designata esecutrice), ma li riprende subito da un‘altra?

Premesse

Con l’Ordinanza del 29 dicembre 2020, n. 1211 il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione siciliana (“CGARS”) ha rinviato all’Adunanza Plenaria la questione della partecipazione ad una gara da parte di un consorzio stabile che, medio tempore nel corso di svolgimento della gara, ha perso il requisito fornito da una consorziata non designata esecutrice, ma lo ha ripreso consorziando un’altra impresa.

Ci si chiede se l’Adunanza Plenaria intenderà valorizzare in senso “espansivo” il concetto di “avvalimento interno” e, nell’attesa che l’Adunanza Plenaria si pronunci, è interessante il raffrontare le considerazioni del CGARS con la recentissima decisione del Consiglio di Stato, Sez. III, 4 gennaio 2021, n. 68 proprio in tema di distinzione fra avvalimento di garanzia e avvalimento operativo, che ha ribadito – a pochi giorni di distanza dall’Ordinanza di rimessione – la tesi sostanzialistica sull’avvalimento operativo, affermando “con particolare riguardo, poi, all’avvalimento operativo che ha ad oggetto il prestito di personale, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato richiede la disponibilità effettiva del personale dell’ausiliaria, onde evitare avvalimenti meramente astratti o cartolari, vale a dire potenzialmente ingannevoli” – con ciò sottolineando che l’operatività del concorrente – ottenuta mediante l’ausiliaria – deve essere valutabile da parte della stazione appaltante sin dalle prime fasi della gara (affinché se ne possa apprezzare la sostenibilità ex ante) e deve permanere sino al completamento delle prestazioni contrattuali.

Le argomentazioni che si fronteggiano nell’Ordinanza in esame mostrano una continua tensione fra aspetti formalistici e sostanzialistici, in cui è davvero arduo poter immaginare la soluzione ai quesiti deferiti alla Plenaria.

L’Ordinanza CGARS n. 1211/2020

Il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione siciliana si è trovato a dover decidere su una fattispecie del tutto peculiare: un consorzio stabile, infatti, ha impugnato una sentenza del TAR Sicilia con la quale è stato respinto il ricorso, proposto avverso la propria esclusione da una gara – a motivo della sopravvenuta carenza di un requisito in corso di gara -.

Quanto ai requisiti, “il bando prevedeva la classificazione dei lavori come di seguito indicato: 1) acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere d’irrigazione ed evacuazione: categoria OG6 VIII; importo totale: € 16.505.479,14; incidenza percentuale sul totale: 97,98%; qualificazione obbligatoria; 2) interventi a basso impatto ambientale: categoria OS35 II; importo totale: € 339.520,86; incidenza percentuale sul totale: 2,02%; qualificazione obbligatoria.”, ma il Consorzio, risultato inizialmente aggiudicatario, si vedeva revocare l’aggiudicazione “in quanto dagli accertamenti finalizzati alla verifica dei requisiti era risultato che, a partire dall’11 ottobre 2019 (e sino al 6 febbraio 2019), il Consorzio aveva perso l’attestazione di qualificazione SOA, relativamente alla categoria OS35, per effetto del venir meno della partecipazione al consorzio della consorziata …  consorziata non designata per l’esecuzione dei lavori”.

Il consorzio, in particolare lamentava l’illegittimità dell’atto impugnato per “… violazione degli artt. 83, co. 2, 84 e 216, co, 14, d.lgs. n. 50/2016 e 7 del disciplinare di gara: venuta meno dalla compagine consortile la consorziata …., il Consorzio era rimasto privo della qualificazione necessaria per la categoria OS35 che era stata assicurata dalla consorziata mediante avvalimento …. Ma con l’ammissione provvisoria al Consorzio, in data 10 settembre 2018, a cui aveva fatto seguito, in data 18 gennaio 2019, quella definitiva, della …., qualificata nella categoria OS35, la qualificazione era stata riacquistata; violazione degli artt. 83, co. 2, 84 e 216, co, 14, d.lgs. n. 50/2016 e 7 del disciplinare di gara, eccesso di potere: non sarebbe più vigente l’obbligo del mantenimento del possesso dei requisiti dalla data di presentazione dell’offerta e sino all’esecuzione dei lavori, cosicché l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto del fatto che il Consorzio, qualificato nella categoria OS35 alla data della presentazione dell’offerta, dopo la perdita della qualificazione, l’aveva comunque riacquistata; la stazione appaltante avrebbe dovuto imporre la sostituzione della consorziata, che aveva perduto la qualificazione in questione, ai sensi dell’art. 89, d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 63, direttiva 2014/24/UE, i quali sarebbero applicabili a tutti i casi di affidamento di un’impresa sui requisiti di un altro soggetto, e non solo all’ipotesi dell’avvalimento; “.

Il TAR adito, però, aveva respinto il ricorso e, in particolare ha richiamato il “principio di continuità nel possesso dei requisiti di ammissione” sancito nella decisione dell’Adunanza plenaria n. 8 del 2015 (secondo la quale “nelle gare di appalto per l’aggiudicazione di contratti pubblici i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità”).

Il TAR, inoltre, ha osservato che “il Consorzio ricorrente, al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione, possedeva la qualificazione nella categoria OS35, classifica III, in base al principio del cumulo alla rinfusa, tramite la propria consorziata …., la quale, a sua volta, la derivava da un rapporto di avvalimento con la …., ma che, in data 31 agosto 2018, veniva meno il rapporto tra le due società, cosicché, con provvedimento del 14 settembre 2018, l’organismo di attestazione CQOP SOA dichiarava decaduta la prima (e a cascata il Consorzio) dall’attestazione di qualificazione relativa alla categoria OS35; precisato che, in data 10 settembre 2018, l’assemblea dei soci del Consorzio, dichiarata decaduta la consorziata …, contestualmente ammetteva “provvisoriamente” la sua dante causa nell’avvalimento …, inserita in via definitiva nella compagine consortile solo il 18 gennaio 2019, ha ritenuto infondata la censura in applicazione del principio della valenza costitutiva della certificazione rilasciata dalla SOA.”

 Il TAR, inoltre, ha escluso che “l’impresa consorziata possa essere considerata soggetto terzo rispetto al consorzio, che risponde, pertanto, della sua condotta, senza che possa porsi un problema di affidamento incolpevole.”.

Avendo riscontrato un contrasto giurisprudenziale, quindi, il CGARS con l’Ordinanza n. 1211 del 29 dicembre 2020 rimette all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti: “1. se, nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89 co. 3, d.lgs. n. 50/2016 e/o dell’art. 63, direttiva 24/2014/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori; 2. in caso di risposta negativa al quesito sub “1”, se comunque, qualora la consorziata – non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori – derivi la qualificazione da un rapporto di avvalimento con altra impresa, trovino applicazione le disposizioni normative sopra citate e la conseguente deroga al richiamato principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti.”.

Il CGARS, in ogni caso, ha puntualizzato l’originalità della fattispecie, in cui in termini brevissimi (4 mesi) il consorzio ha perduto e ri-acquistato il requisito, senza che ciò interferisse in alcun modo con l’esecuzione dei lavori, tale da far quasi scomparire la soluzione di continuità– o quanto meno fargli perdere rilevanza -.

Premette, innanzitutto, il Consiglio di Giustizia amministrativa che il quesito posto all’Adunanza Plenaria ruota intorno alla corretta qualificazione dei requisiti di partecipazione dei consorzi stabili alle gare; meglio ancora, sulla corretta perimetrazione del cd. “cumulo alla rinfusa dei requisiti”.

Il “cumulo alla rinfusa”

Come noto, infatti, ai consorzi stabili è data la facoltà di dimostrare il possesso dei requisiti di qualificazione richiesti dalla lex specialis di gara mediante requisiti propri, oppure tramite il cd. “cumulo alla rinfusa”, cioè giovandosi dei requisiti delle singole imprese consorziate – anche se non designate per l’esecuzione -.

Da qui – in tesi propugnata dall’appellante – la considerazione che tra il consorzio e le sue consorziate intercorra un rapporto analogo all’avvalimento e, di conseguenza, che la stazione appaltante avrebbe dovuto applicare l’art. 89, comma 3 d.lgs. n. 50 del 2016 che (appunto in tema di avvalimento) sancisce: “la stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 80. Essa impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l’operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici”.

In tal senso, quindi, il consorzio appellante non avrebbe dovuto essere escluso dalla gara – in quanto rientrato in possesso dei requisiti dopo aver consorziato la stessa società che inizialmente li aveva garantiti con avvalimento alla propria consorziata -.

Secondo il consorzio, ben si sarebbe dovuto dare applicazione diretta all’art. 63 della Direttiva UE n. 24 del 2014 che, con riguardo ai criteri relativi alla capacità economica e finanziaria ed a quelli riferiti alle capacità tecniche e professionali stabilisce che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi … l’amministrazione aggiudicatrice verifica … se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione … L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.

La tesi dell’appellante sembra scalfire l’iniziale convincimento del Collegio, che inizialmente si assestava sull’opposta tesi (“Il Collegio al riguardo osserva che tale orientamento trova recente conferma nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, che, con decisione della sez. V, 13 agosto 2020, n. 5030, ha ribadito come la certificazione rilasciata da un organismo d’attestazione SOA abbia valore costitutivo della assegnazione della categoria. Tanto condurrebbe alla reiezione del relativo motivo di appello, con la conseguente necessità di esaminare gli ulteriori motivi di ricorso riproposti in appello.”).

Riporta l’Ordinanza che il consorzio ha prospettato un’attenta ricostruzione giurisprudenziale, partendo proprio dal dato incontestato che i consorzi stabili si qualificano in base al “cumulo alla rinfusa” (si intende, con riferimento all’invarianza dei consorziati che qualificano il consorzio) dei requisiti delle consorziate e che tale effetto discende dalla peculiare forma societaria che caratterizza questa tipologia di consorzi.

Infatti, il patto consortile che si instaura tra i componenti di un consorzio stabile è strutturato per attingere l’obiettivo della massima collaborazione fra le consorziate, che stipulano un patto di cooperazione caratterizzato da un rapporto duraturo e – appunto – stabile, improntato sulla comune causa mutualistica.

La consorziata indicata per l’esecuzione, presta fattiva collaborazione nell’ambito dello svolgimento delle attività contrattuali – assumendo la responsabilità dell’esecuzione nei confronti della stazione appaltante, in solido con il consorzio stabile -; essa, però, può anche non coincidere con la consorziata che fornisce al consorzio il requisito di partecipazione – rimanendo quest’ultima estranea all’esecuzione e non assumendo alcun ruolo attivo nei confronti della stazione appaltante -.

In altri termini, chiarisce l’appellante che la qualifica del consorzio stabile deriva non solo da autonome qualificazioni, ma soprattutto (e almeno in fase iniziale) dalla sommatoria delle qualifiche conseguite da ciascuna delle imprese consorziate: in tal senso, dunque, le consorziate che offrono al consorzio i loro requisiti pur senza essere designate per l’esecuzione, si devono considerare alla stregua di ausiliarie – con applicazione estensiva dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016, nel solco dell’interpretazione comunitariamente orientata dell’art. 63, direttiva 2014/24/UE.

La direttiva 2014/24/UE, infatti, si riferisce genericamente ai “soggetti terzi” che assumono funzione ausiliaria, senza creare con ciò alcun filtro in dipendenza dal rapporto che lega i due soggetti – sia esso societario (come nel consorzio stabile), sia esso contrattuale (come nel contratto di avvalimenti).

Sul punto, il Tribunale di prime cure “premette di condividere l’orientamento giurisprudenziale, formatosi sulla disciplina in materia di avvalimento, secondo cui la sostituzione dell’impresa ausiliaria durante la gara, ora consentita o, meglio, imposta dall’art. 89, co. 3, d.lgs. n. 50/2016, è istituto derogatorio rispetto al principio generale dell’immodificabilità soggettiva del concorrente nel corso della procedura e risponde all’esigenza di evitare l’esclusione dell’operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e così, seppur di riflesso, di stimolare il ricorso all’avvalimento; il concorrente, infatti, può far conto sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti i requisiti richiesti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, per ciò solo, escluso (Cons. St., V, 21 febbraio 2018, n. 1101 e giurisprudenza ivi richiamata).”

Tuttavia, “il giudice … ritiene che il principio di diritto in questione rinvenga il suo fondamento logico e la sua spiegazione nell’esigenza di non far gravare sul soggetto incolpevole la responsabilità di condotte addebitabili a terzi. Totalmente diversa sarebbe la situazione nel caso dei consorzi stabili, che non hanno alla loro base un’intesa temporanea finalizzata all’aggiudicazione della singola commessa (come si verifica nel caso dell’avvalimento), ma un’aggregazione stabile tra più soggetti che danno vita a un’impresa autonoma. In tali fattispecie l’impresa consorziata non è terza rispetto al consorzio, che risponde, pertanto, della sua condotta, senza che possa porsi un problema di affidamento incolpevole. Non può, pertanto, a seguito della perdita della qualificazione per fatto della consorziata, invocare l’applicazione del principio della sostituibilità dell’ausiliaria operante nel diverso caso dell’avvalimento.”.

Il CGARS, in proposito, ricorda che il consorzio appellante sposa la tesi propugnata di recente dal Consiglio di Stato, (Sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165), secondo la quale “L’esistenza di una comune struttura di impresa per l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, oggetto di affidamento, rappresenta un requisito necessario per la configurabilità di un consorzio stabile ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016. Tale struttura garantisce un’alterità rispetto alle singole imprese e integra un elemento teleologico, riconducibile all’astratta idoneità del consorzio ad eseguire il contratto di appalto, fungendo anche nelle fasi precedenti all’esecuzione da tramite tra la p.a. e le consorziate, che abbiano scelto e previsto nel proprio statuto di operare congiuntamente nel settore dei contratti pubblici, per un determinato arco temporale. Coerentemente alla ratio dell’istituto in esame, che è quella di favorire la partecipazione di piccole e medie imprese alle procedure di gare, ciò non esclude che il consorzio, dotato di una propria “azienda” intesa come complesso di beni organizzati, possa nell’esecuzione delle prestazioni avvalersi delle consorziate, sia pure nei limiti previsti, senza che per ciò solo venga meno la sua alterità”.

E proprio su questa “alterità” delle consorziate rispetto al consorzio si caratterizza la fattispecie scrutinata nel giudizio di che trattasi: infatti, la consorziata “ausiliaria” del consorzio traeva a sua volta il requisito da un altro soggetto – che per sua autonoma iniziativa glielo ha improvvisamente negato -, quest’ultimo poi, consorziandosi a sua volta, ha fornito nuovamente il requisito al consorzio.

Dunque, volendo aderire alla tesi dell’appellante, male ha fatto la stazione appaltante a non dare concreta e diretta applicazione tenere ai principi posti dall’art. 63, direttiva 2014/24/UE, giacché il nuovo soggetto “venuto in soccorso” del consorzio è divenuto consorziato anch’esso e, pertanto, appare del tutto indifferente la sua posizione, rispetto a quella di qualsiasi altra consorziata, ivi compresa quella inizialmente “ausiliaria” del consorzio.

Protagonista di una applicazione estensiva dell’avvalimento è stata, nel recente passato, una sentenza del TAR Lazio, Roma, Sez. III, 9 maggio 2017, n. 5545, che ha riconosciuto l’applicabilità dell’avvalimento ex art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016 in presenza di avvalimento c.d. “infragruppo”. Nel caso esaminato dai giudici capitolini veniva contestata l’assenza di necessità di costituire un contratto di avvalimento anche quando due società appartengano al medesimo gruppo e, sulla questione, il Tribunale ha stabilito che: “Com’è noto, senza sostanziali differenze tra nuovo e vecchio Codice, l’istituto in questione (avvalimento), di derivazione comunitaria, consente che un imprenditore possa comprovare alla stazione appaltante il possesso dei necessari requisiti economici, finanziari, tecnici e organizzativi – nonché di attestazione della certificazione SOA – a fini di partecipazione ad una gara, facendo riferimento alle capacità di altro soggetto (ausiliario), che assume contrattualmente con lo stesso – impegnandosi nei confronti della stazione appaltante – una responsabilità solidale. … Il Collegio ritiene che il comma 1, ultimo periodo dell’art. 89 del nuovo Codice Appalti – a mente del quale “il concorrente allega, altresì, alla domanda di partecipazione in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto” – trovi applicazione anche nel caso di specie senza che a ciò osti né il fatto che si tratti di un avvalimento infragruppo”.”.

Il caso dell’avvalimento tra società appartenenti alla stessa holding può essere trasferito a maggior ragione alla fattispecie in esame, in cui si tratta di società appartenenti al medesimo consorzio stabile che, pertanto – ferma la responsabilità del consorzio verso la stazione appaltante -, ben possono alternarsi nel fornire i requisiti dei quali il consorzio si giova: il concorrente, infatti, è sempre e solo il consorzio – non muta la sua compagine -, indifferentemente da quali siano le consorziate che gli  forniscono i requisiti necessari.

Più in dettaglio, osserva il CGARS “al riguardo, dovrebbe ritenersi che la consorziata non designata per l’esecuzione dei lavori vada considerata soggetto terzo rispetto al consorzio. Peraltro, anche a ritenere diversamente, tale andrebbe considerata … (ausiliaria della …); e poiché la perdita del requisito è avvenuta perché un soggetto terzo (…, ausiliaria della consorziata …) ha volutamente operato il recesso dal rapporto, si ricadrebbe nell’ambito di applicazione della direttiva, la quale, all’art. 63 (rubricato “ Affidamento sulle capacità di altri soggetti”), dopo aver stabilito (relativamente ai criteri relativi alla capacità economica e finanziaria ed ai criteri relativi alle capacità tecniche e professionali) che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, precisa che “l’amministrazione aggiudicatrice verifica … se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione … L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”. In sostanza, …  la tesi dell’appellante è che il rapporto consorzio-consorziata non esecutrice dei lavori sia analogo all’avvalimento, per cui ritiene che la stazione appaltante avrebbe dovuto applicare l’art. 89 co. 3 d.lgs. n. 50/2016, il quale stabilisce che “La stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 80. Essa impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l’operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici”. Ovvero, dovrebbe trovare applicazione diretta l’art. 63 della direttiva sopra citato.”.

Il principio della continuità del possesso dei requisiti e sue deroghe

Tuttavia, il CGARS ricorda anche “nell’ipotesi in cui si ritenga fondata in parte qua la critica dell’appellante alla sentenza appellata, ne discenderebbe la necessità di rivedere il noto orientamento circa l’obbligo del possesso continuativo dei requisiti, la cui applicazione potrebbe condurre – in un caso quale quello in esame, in cui il consorzio stabile ha perduto la qualificazione posseduta tramite una propria consorziata (non designata per l’esecuzione dei lavori), la quale, a sua volta, la derivava da un rapporto di avvalimento, venuto meno per fatto dell’impresa avvalsa – alla violazione del principio della “continuità del possesso dei requisiti”.”.

Sulla continuità del possesso dei requisiti e sulla immodificabilità dei raggruppamenti durante le operazioni di gara si era già recentemente (ex multis) espressa la V Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione del 27 agosto 2020, n. 5255 ove si afferma: “un’interpretazione conforme ai principi eurounitari in materia di appalti pubblici impone di ritenere che la sola ipotesi di recesso dal raggruppamento, in fase di gara, ammessa ai sensi dell’art. 48, commi 19 e 19-ter, del d.lgs. n. 50/2016 è quella contemplata nel primo periodo del citato comma 19, ossia quella giustificata da obiettive esigenze organizzative del raggruppamento. … Nelle gare pubbliche, ed in particolare circa l’immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei di imprese nella fase procedurale corrente tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione, di per sé non impedisce il recesso di una o più imprese partecipanti all’A.t.i. medesima, a condizione che quelle che restano a farne parte risultino titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò avvenga per esigenze organizzative proprie dell’A.t.i. o Consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’A.t.i. venuto meno per effetto dell’operazione riduttiva”.

Il divieto di modificazione soggettiva si giustifica anche con la necessità di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei concorrenti e, contestualmente, di evitare che i concorrenti stessi possano aggirare – attraverso modifiche soggettive – controlli e divieti. In tal senso, dunque, “il recesso di una delle imprese del raggruppamento dopo l’aggiudicazione (come nel caso di specie) non frustra, invece, le esigenze succitate quando l’amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi” (CGARS, 22 maggio 2020, n. 298).

Pur nella rigidità del principio or ora esposto, tuttavia, il Collegio lascia spazio ad un’apertura in senso sostanzialistico: al di là della rigidità formale, è tuttavia riconosciuta anche una minimale forma di modifica della compagine, giacché “il limite a qualsivoglia modifica soggettiva del raggruppamento partecipante alla gara pubblica è costituito dal divieto di elusione, in corso di gara, della mancanza di un requisito di partecipazione; la perdita sopravvenuta del requisito in capo ad una delle imprese del raggruppamento non incide sfavorevolmente soltanto qualora intervenga in fase esecutiva, come attualmente codificato dall’art. 48 del D.Lgs. n. 50/2016”.

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A questo punto, secondo il giudice del rinvio si prospettano diverse opzioni interpretative.

La prima, disattendendo le tesi dell’appellante, è quella che dà continuità al filone giurisprudenziale più aderente alla già citata decisione n. 8 del 2015 dell’Adunanza Plenaria, che ritiene inderogabile il principio della continuità del possesso dei requisiti – salvo limitate deroghe imposte dal diritto comunitario (come nel caso della sostituzione dell’ausiliaria priva dei requisiti, ex art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016), da ritenersi norme eccezionali ed applicabili solo nel contesto dell’istituto (nel caso di specie, l’avvalimento) al quale accedono.

Nel caso in questione, quindi, non si darebbe applicazione all’art. 63 della Direttiva UE n. 24/2014 perché essa è espressamente (ed unicamente) riferita all’avvalimento – e non già alla sub specie di “avvalimento interno” che caratterizza i consorzi stabili -.

Tuttavia, questo creerebbe una disparità di trattamento della quale non si vede giustificazione – nemmeno nel testo dell’art. 89, comma 3 d.lgs. n. 50 del 2016 che è la codificazione del principio generale sancito dall’art. 63 della Direttiva UE n. 24/2014, ma è stato codificato in Italia nell’ambito del solo istituto dell’avvalimento.

Quindi, altra soluzione sarebbe – pur nel rispetto della giurisprudenza prevalente, che richiede la continuità del possesso dei requisiti – attuare una diretta applicazione della norma comunitaria o un’applicazione analogica dell’art. 89, comma 3 del Codice dei contratti pubblici.

In tal senso, il CGARS si interroga sulla compatibilità dell’istituto dell’avvalimento – come declinato dal Codice dei contratti pubblici e, quindi, con stretto riferimento al contratto di avvalimento – con la più generale apertura indicata dalla direttiva comunitaria – che ne postula l’apertura generale intesa ad ogni ipotesi di “ausilio” sostanziale.

Infine, un’altra proposta operativa per risolvere il quesito posto all’Adunanza Plenaria potrebbe consistere nella valorizzazione dell’aspetto funzionale del possesso dei requisiti: essi, quindi, devono essere posseduti, senza soluzioni di continuità, alla data di scadenza del bando, mentre per le fasi successive della gara si dovrebbe sempre consentire la sostituzione del soggetto che – nell’ambito di un concorrente poli-strutturato (consorzio o A.T.I.) – fornisce i requisiti di partecipazione, così applicando estensivamente l’art. 89, comma 3 d.lgs. n. 50 del 2016.

I dubbi di compatibilità comunitaria della disciplina dell’avvalimento

Sul versante dei dubbi circa la compatibilità comunitaria della disciplina nazionale sull’avvalimento – e del suo “rovescio della medaglia”, declinato come principi di continuità del possesso dei requisiti ed immodificabilità dei raggruppamenti di concorrenti -, va ricordato che il CGARS aveva già posto alcune questioni.

Innanzitutto, con la decisione 22 maggio 2020, n. 298 ha ricordato che la Corte di Giustizia UE ha anch’essa affrontato il tema della immodificabilità della compagine del concorrente (vds. sentenza della Grande Sezione, 24 maggio 2016 nella causa C-396/14 – MT Hojgaard) e, quindi, ha affermato: “Le ipotesi legali in cui è ammessa la modificazione soggettiva nella composizione del raggruppamento nella fase esecutiva (fattispecie estese alla fase di gara dal successivo comma 19-ter, l’art. 48, commi 18 e 19-ter, del d.lgs. n. 50 del 2016 e l’art. 95 del d.lgs. n. 159 del 2011) disciplinano entrambe, per quanto di interesse ai fini della decisione della presente controversia, fattispecie finalizzate a garantire al raggruppamento che perda, nel corso della gara, una delle proprie mandanti per interdittiva antimafia di poter continuare a partecipare alla procedura con i rimanenti componenti”.

Per quanto concerne il coretto recepimento della disciplina dell’avvalimento – del quale, nell’Ordinanza in commento, si postula un’applicazione sostanzialistica ed estensiva, recependo l’ampia descrizione dell’art. 63 della Direttiva 24/2014/UE – si deve poi ricordare che il 24 gennaio 2019 la Commissione Europea ha inviato (anche) allo Stato italiano una lettera per la messa in mora, invitando ad un migliore allineamento della disciplina nazionale a quella comunitaria.

Il dubbio sull’applicazione dell’istituto da parte del legislatore nazionale è rimasto, poiché sempre il CGARS, con Ordinanza n. 1106 del 24 novembre 2020, ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea chiedendo: “se l’articolo 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di “criteri di selezione e soccorso istruttorio” di cui all’inciso contenuto nel penultimo periodo del comma 8 dell’art. 83 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel senso che in caso di ricorso all’istituto dell’avvalimento (di cui all’articolo 89 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), in ogni caso la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”.

Adunanza Plenaria e Corte di Giustizia, dunque, avranno il compito di delineare il corretto perimetro dell’istituto dell’avvalimento, calandolo nelle diverse realtà di raggruppamenti di concorrenti e, quindi, di tradurlo in una definizione concreta e comunitariamente orientata, sulla quale dovrà lavorare il legislatore.

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Avv. Emanuela Pellicciotti
Esperta in infrastrutture e contratti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.