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( votes)Premessa
Prima di tutto una precisazione sul titolo del presente articolo.
L’oggetto delle nostre riflessioni verrà concentrato sulle possibilità di escussione delle garanzie fideiussorie provvisorie, con beneficiarie le Stazioni appaltanti, ma anche relativamente alle concessioni edilizie, con beneficiari i Comuni.
All’intero di questa distinzione, c’è appunto una profonda differenza per quanto concerne l’escussione delle relative garanzie, in che senso?
Mentre negli appalti pubblici, al manifestarsi di alcune situazioni, la giurisprudenza considera un OBBLIGO la richiesta di quanto dovuto garantito (sia con cauzione che con fideiussione), nelle concessioni edilizie questa possibilità risulta essere una facoltà.
Ovviamente queste considerazioni non sono mere osservazioni di chi scrive, ma vengono esposte in tre adunanze plenarie del Consiglio di Stato che sono:
per quanto concerne l’escussione della garanzia provvisoria:
Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato numero 8 del 4 maggio 2012
Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato numero 34 del 10 dicembre 2014
per quanto concerne l’escussione della garanzia per le concessioni edilizie:
Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato numero 24 del 7 dicembre 2016
Vedremo come la successiva giurisprudenza ha sempre fatto riferimento agli importanti principi in esse contenuti.
Partiamo quindi dal problema dell’eventuale obbligo di escussione nelle concessioni edilizie.
Il Comune può esigere il pagamento dei contributi ancora dovuti con la maggiorazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento, pur non avendo mai provveduto all’escussione della garanzia fideiussoria né altrimenti sollecitato il debitore al pagamento di quanto ancora dovuto
La questione principale è se, alla scadenza dei termini previsti per il pagamento rateale del contributo di costruzione, sia individuabile un onere collaborativo in capo alla Amministrazione concedente, desumibile dai principi generali in tema di buona fede e correttezza nei rapporti obbligatori di matrice civilistica ovvero dal principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto pubblico, che si spinga fino al punto di ritenere che l’Amministrazione sia obbligata alla sollecita escussione della garanzia fideiussoria, al fine di non aggravare la posizione del soggetto obbligato, tenuto altrimenti al pagamento (oltre che delle rate non corrisposte) delle sanzioni di legge per omesso o ritardato pagamento.
L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (numero 24 del 7 dicembre 2016) non ha dubbi relativamente alle disposizioni del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) ed infatti valga il seguente principio di diritto:
<<Un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale>>.
Questo il ragionamento giuridico che ha portato ad una tale affermazione:
Prima di tutto,
il mancato pagamento del contributo di costruzione, quale prestazione patrimoniale imposta funzionale a remunerare l’esecuzione di opere pubbliche, legittima l’amministrazione all’applicazione di sanzioni pecuniarie crescenti in rapporto all’entità del ritardo e, in caso di persistenza dell’inadempimento, alla riscossione del contributo e delle sanzioni secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate
Non va dimentico che la disposizione (art. 16 d.P.R. cit.) che prevede il meccanismo della prestazione della garanzia per il caso di pagamento rateale del contributo di costruzione, sia alla disposizione (art 42, d.P.R. cit.) che disciplina le sanzioni per l’omesso o ritardato pagamento.
Importante è cogliere il fatto che nessuna di tali disposizioni consente di enucleare elementi letterali da cui desumere, anche indirettamente, la sussistenza di un onere collaborativo, o soltanto sollecitatorio dell’adempimento, a carico della amministrazione creditrice del contributo, una volta che siano venuti a scadenza i termini per il pagamento.
Inoltre la fonte normativa che attribuisce al Comune la facoltà richiedere garanzia all’intestatario di un titolo edilizio cui sia stato accordato il beneficio della rateizzazione del contributo di costruzione nulla prevede riguardo all’ipotizzato dovere dell’amministrazione di attivarsi al più presto per la escussione della garanzia fideiussoria.
Orbene, viene segnalato nella citata adunanza plenaria “anche dalla portata letterale delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio, si evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna, sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio, tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore e quella in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria accessoria per il pagamento del suddetto contributo. E soprattutto, ciò che appare davvero dirimente, è che la norma sanzionatoria non riconnette rilevanza alcuna ai comportamenti delle parti diverse dal debitore principale (e cioè della amministrazione e del fideiussore) antecedenti al fatto-inadempimento. Ciò che unicamente rileva, nella logica della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento della rata di contributo imputabile al debitore principale.
L’argomento esegetico-letterale depone pertanto per l’insussistenza di un dovere di “soccorso” dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del contributo di costruzione. Per contro, sempre sulla base del tenore letterale delle richiamate disposizioni, l’amministrazione è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista direttamente dalla fonte normativa di rango primario (che trova applicazione ove la regione non abbia diversamente articolato l’entità delle sanzioni nel rispetto dei parametri fissati dalla legge nazionale), all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei termini di pagamento, senza potersi sottrarre al potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria, l’importo del contributo dovuto.”
Di conseguenza, si può affermare che risulta sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale ovvero presso il fideiussore.
Pertanto, continuano i giudici di Palazzo Spada, “In tale sistema, l’amministrazione comunale, allo scadere del termine originario di pagamento della rata ha solo la facoltà di escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada, l’amministrazione avrà comunque il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali crescenti all’aumentare del ritardo”.
In definitiva, la facoltà per l’amministrazione di escutere direttamente il fideiussore (nei casi, quali quello di specie, in cui non è stato convenuto il beneficium excussionis) non può tradursi, in difetto di espressa previsione normativa, in una decadenza dell’amministrazione dal potere di sanzionare il pagamento tardivo dell’obbligato, essendo tale potere incondizionatamente previsto.
Inoltre è importante sottolineare che ove sia costituita a richiesta della amministrazione, la garanzia fideiussoria, quale obbligazione accessoria di quella principale, è prestata nell’interesse esclusivo dell’ente locale, al fine di offrire maggiori garanzie di soddisfacimento del gettito relativo alla speciale entrata di diritto pubblico di che trattasi (i.e. il pagamento del contributo di costruzione) e rappresenta, ex latere debitoris, l’onere correlato al beneficio della rateizzazione del pagamento.
Osserva l’Adunanza plenaria che, nella fattispecie in esame, l’applicazione dei canoni civilistici della correttezza e della buona fede nell’adempimento delle obbligazioni ed in sede di esecuzione contrattuale (artt. 1175 e 1375 cod.civ.), ove anche applicati allo speciale rapporto che lega – in posizione non paritetica – l’Amministrazione che rilascia il titolo edilizio ed il privato cittadino (cui viene imposto il pagamento dei relativi oneri) non potrebbe condurre a conclusioni diverse da quelle fin qui esposte.
Non è pertanto esigibile, neanche secondo i canoni del diritto civile, un onere collaborativo a carico dell’amministrazione creditrice tale per cui la stessa possa essere giuridicamente tenuta a sollecitare il pagamento del credito alla scadenza del termine ovvero ad escutere tempestivamente (e necessariamente) l’obbligazione fideiussoria prestata in suo favore. E, d’altra parte, anche secondo i canoni civilistici, il creditore non è onerato, e ancor meno obbligato, ad escutere preventivamente il fideiussore prima di agire nei confronti del debitore (salvo che non si rinvenga una clausola contrattuale in tal senso).
Ma non solo, viene sottolineato sempre nell’Adunanza plenaria del 2016 “Anche il richiamo al capoverso dell’art. 1227 cod. civ. è fuorviante e non vale a costituire una valida base giuridica per l’individuazione di un onere collaborativo della amministrazione comunale nell’immediata attuazione del rapporto obbligatorio onde non aggravare la posizione del debitore.
Ed invero viene qui facile osservare come la maggiorazione del contributo di costruzione in ragione del ritardo nel pagamento prevista dal richiamato art. 42 d.P.R. n. 380 del 2001 (e dalle analoghe disposizioni normative precedenti) non ha natura risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione pecuniaria nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale.
Orbene, l’onere di diligenza che la appena richiamata disposizione del codice civile, ispirata a principi di solidarietà sociale, fa gravare sul creditore si inscrive nella ben distinta fattispecie del concorso del fatto colposo del creditore nella causazione di un danno.
Nel caso in esame, non sarebbe corretto sul piano giuridico configurare alla stregua di un fatto colposo la mancanza di sollecitudine della amministrazione creditrice nell’agire a tutela del proprio credito (in senso non diverso, Corte cost. n. 308 del 1999). Del pari non corretta sarebbe l’assimilazione delle sanzioni pecuniarie derivanti ex lege dal mancato pagamento imputabile esclusivamente al debitore ai danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.”
(…)
Anche in ragione di tanto, e cioè del rapporto non corrispettivo delle prestazioni delle parti, non sarebbe esigibile a carico dell’amministrazione un onere di verifica riguardo al puntuale pagamento, nel rispetto delle scadenze fissate per le singole rate, del contributo di costruzione (nelle suindicate sue componenti), né sarebbe esigibile la tempestiva escussione della garanzia fideiussoria pena, altrimenti, la decadenza dal potere sanzionatorio.”
Questi importanti principi sono stati condivisi dal Consiglio di Stato in una recentissima sentenza (numero 229 del 7 gennaio 2021) di cui riportiamo un significativo passaggio:
“Va, in primo luogo, sottolineato come, a garanzia degli importi dovuti per gli oneri relativi alla rilasciata concessione, la società odierna appellata abbia presentato polizza fideiussoria, recante indicazione dell’espressa rinunzia, da parte del fideiussore, al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e del conseguente obbligo di versare l’importo della cauzione a semplice richiesta del comune concedente.
Tale previsione convenzionale evidenzia, quindi, la prestazione di una garanzia riferibile alla figura del c.d. contratto autonomo di garanzia (Garantievertrag).
L’interpretazione delle anzidette clausole induce, infatti, a ritenere che le parti abbiano inteso supportare l’adempimento (inerente il pagamento degli oneri concessori accessivi al rilascio di concessione edilizia) con una garanzia di carattere autonomo.
Si è, quindi, dinanzi ad una garanzia che mira a tutelare il creditore per l’inadempimento; e non, al contrario, dinanzi ad una garanzia di tipo satisfattorio caratterizzata dal rafforzamento del potere del creditore di conseguire il medesimo bene dovuto.
Quanto sopra precisato con riferimento alla natura della garanzia prestata in favore dell’appellata, va rammentato come l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (sentenza 7 dicembre 2016, n. 24), abbia rilevato che l’Amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo, ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione, anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento, ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale.
Non può predicarsi, per l’effetto, l’esistenza di un onere collaborativo gravante sull’Amministrazione creditrice, desumibile dai principi generali in tema di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori di tipo civilistico o dal principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto pubblico, consistente in un obbligo di pronta escussione della garanzia fideiussoria costituita in suo favore, ovvero di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale.”
Negli appalti pubblici, invece, l’escussione della garanzia provvisoria è un atto dovuto
Ricordiamo la norma: il sesto comma dell’articolo 93 del codice dei contratti prevede che:
“La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 […] a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione vi sarà l’escussione della garanzia provvisoria”.
Giunge a proposito quanto sancito dal Tar Campania, Napoli con la sentenza numero 5517 del 24 novembre 2020: “l’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16, nella versione applicabile ratione temporis ovvero dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 56/17, stabilisce che la garanzia provvisoria “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”.
Proprio la disposizione in esame colloca l’escussione della garanzia provvisoria nella fase successiva all’aggiudicazione e prima della stipula del contratto.
In quest’ottica, l’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16 deve essere letto in combinato disposto con gli artt. 36, comma 6 e 85, comma 5 e, soprattutto, 32 d.lgs. n. 50/16 che prevedono come obbligatoria la verifica dei requisiti del solo aggiudicatario.
Pertanto, nella sequenza procedimentale prefigurata dall’art. 32, commi 5 e seguenti d.lgs. n. 50/16 l’aggiudicazione, dopo la sua adozione, richiede l’espletamento di un’ulteriore fase avente ad oggetto la verifica dei requisiti e condizionante l’efficacia dell’aggiudicazione stessa e la conseguente decorrenza del termine per la stipula del contratto.
È in questa fase che, secondo il disposto dell’art. 93, comma 6 d.lgs. n. 50/16, opera la garanzia provvisoria, che, nella previsione legislativa, sanziona le ipotesi in cui non sia stato possibile, “dopo l’aggiudicazione” (inciso espressamente previsto dall’art. 93 d.lgs. n. 50/16 e mancante nel previgente art. 75 d.lgs. n. 163/06), pervenire alla sottoscrizione del contratto per fatto oggettivamente imputabile al concorrente, come nella specie accertato.
Anche in questo caso ci comunque possiamo riferire ad quanto sancito dal Consiglio di Stato in Adunanza plenaria (numero 8 del 4 maggio 2012) per la quale “la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria discende dall’art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 e riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali”.
In tempi recenti, per il Consiglio Di Giustizia Amministrativa Per La Regione Siciliana (sentenza numero 54 del 21 gennaio 2021):
“all’escussione della garanzia di cui all’art. 93 del d.lgs. n. 50 del 2016 è riconducibile una funzione di tutela della stazione appaltante per l’eventualità che non si arrivi alla stipula del contratto per fatto imputabile al partecipante alla gara”.
Per riassumere:
- L’incameramento della cauzione provvisoria rappresenta una conseguenza automatica della esclusione e, come tale, non suscettibile di valutazione discrezionale con riguardo al caso concreto e, in particolare, alle ragioni meramente formali o sostanziali che l’amministrazione abbia posto a giustificazione dell’esclusione medesima.
- L’incameramento della garanzia provvisoria è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione, senza che sia necessaria la prova della colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate
- L’escussione costituisce conseguenza automatica della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, si impegnano ad osservare le regole della procedura di cui hanno piena contezza.
- Si tratta di una misura autonoma e ulteriore rispetto all’esclusione dalla gara, che si riferisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall’Amministrazione, a un distinto, per quanto connesso, rapporto giuridico fra quest’ultima e l’imprenditore (tanto che si ammette l’impugnabilità della sola escussione se ritenuta realmente ed esclusivamente lesiva dell’interesse dell’impresa).
- L’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza una portata sanzionatorio-amministrativa nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara: si riferisce perciò all’interesse pubblico della stazione appaltante e non all’interesse generale.
Peraltro, nelle gare pubbliche l’incameramento della cauzione provvisoria deve essere disposta in ogni caso in cui la mancata sottoscrizione del contratto sia dipesa da circostanze imputabili all’affidatario. Infatti, la cauzione provvisoria ha la funzione di garantire la complessiva solidità e serietà dell’offerta.
Inoltre l’incameramento della cauzione provvisoria, in ragione dell’essenziale funzione di garanzia della serietà e attendibilità dell’offerta e del patto d’integrità, copre tutte le ipotesi i cui sono addebitati al concorrente la mancata sottoscrizione del contratto e il mancato perfezionamento dei suoi presupposti procedimentali.
E con questa ultima affermazione si apre un’altra discussione importante.
Negli appalti pubblici, solo se previsto dalla lex specialis di gara, l’escussione può avvenire anche nei confronti dei partecipanti (a copertura della loro responsabilità precontrattuale)
Per affrontare questo ulteriore argomento, dobbiamo partire dalla massima dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato numero 34 del 10 dicembre 2014.
<<E’ legittima la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici>>.
Sulla base di questo insegnamento, è importante riportare il pensiero espresso dal Tar Roma in un’ultima sentenza (numero 921 del 25 gennaio 2021) che ancorchè si riferisca alla precedente normativa, risulta comunque di stretta attualità:
“Va premesso che, come plausibilmente dedotto dalla difesa erariale, a seguito della riammissione alla gara, disposta da Consip con nota prot. n. 12405 del 16/04/2018, in ottemperanza all’ordinanza del Consiglio di Stato, e a valle delle successive operazioni di gara, la ricorrente è risultata prima nella graduatoria di merito dei lotti 4, 9 e 10; con la conseguenza che, nel caso di specie, per ciò che concerne i lotti 4, 9 e 10, rileva l’ipotesi di colui il quale, trovandosi nella posizione di “aggiudicatario sostanziale”, causa la mancata aggiudicazione definitiva e la mancata stipula del contratto per fatto a sé addebitale, attesa l’accertata carenza del requisito di cui all’art. 38 comma 1 lett. f) d.lgs. n.163/2006 in capo al Consorzio.
Ma se anche così non fosse rileva in via assorbente la circostanza che l’esponente, pur ancora semplice “concorrente” (in mancanza di un provvedimento di aggiudicazione formale), rientra certamente nel raggio di operatività del citato paragrafo 11.9 del Disciplinare di gara, laddove prevede l’escussione nell’ “ipotesi di mancato possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 in capo al concorrente non aggiudicatario”.
Nella legge di gara, Consip ha utilizzato una peculiare formulazione, integrando il disposto letterale dell’art. 75 comma 6 D.Lgs. n.163/2006, al fine precipuo di modellare la disciplina in senso più rigoroso, così prevedendo l’escussione delle cauzioni provvisorie anche nella specifica ipotesi di un concorrente non aggiudicatario che viene escluso dalla gara per un fatto a sé imputabile, compresa in via principale ed assorbente l’ipotesi della perdita di un requisito di ordine morale ex art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006.
Vale sul punto rammentare quanto disposto dalle note decisioni dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012, n. 34 del 2014 e n. 5 del 2016.
L’Adunanza Plenaria, nella sentenza n. 8 del 2012 aveva, infatti, riconosciuto che la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria poteva trovare fondamento anche nell’art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, che riguardava tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per “fatto dell’affidatario” qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, e tra cui anche, come nel caso di specie, il difetto di un requisito di ordine generale.
Del resto, nelle gare pubbliche l’escussione della cauzione è conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, tenuto conto del fatto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura; si tratta, perciò, di una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri espressamente accettati (cfr. Cons. Stato, V, 15 marzo 2017, n. 1172).
Secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 34/2014, l’incameramento della cauzione provvisoria può essere disposto anche per difetto dei requisiti generali ex art. 38, dal momento che la finalità della cauzione è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese e di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta.
L’escussione, dunque, costituisce la conseguenza (automatica) della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente. In ragione della suddetta “natura”, l’escussione della cauzione può essere disposta dalla stazione appaltante non solo per difetto dei requisiti speciali ma anche dei requisiti generali, e non solo nei confronti dell’aggiudicatario ma anche nei confronti di tutti i concorrenti.
Alla luce di ciò, la Plenaria n. 34/2014 ha concluso per la “legittimità (della previsione nei bandi della “sanzione”) dell’incameramento della cauzione provvisoria in caso di mancanze relative ai requisiti generali di cui all’art.38, riferibili a tutti i concorrenti e non al solo aggiudicatario”.
Considerato che la lex specialis di gara prevedeva espressamente il caso della mancata stipula per fatto del concorrente e che, dunque, sussiste l’obbligo di procedere ad escussione, cade anche la censura di difetto di motivazione, trattandosi di atto vincolato nell’an e nel quomodo.
Va evidenziato che la previsione della legge di gara era di portata inequivoca e che la stessa è stata accettata dal concorrente, il quale ha presentato la domanda di partecipazione e ha prestato la dovuta garanzia, ben consapevole del fatto che se fosse stato escluso (sia in quanto aggiudicatario, sia in quanto mero concorrente, privo dei requisiti di ordine morale), sarebbe stato soggetto alla escussione automatica della garanzia.
Non può seguirsi il ragionamento dell’esponente laddove deduce che, ai fini di escutere, non sarebbe sufficiente l’assenza del requisito di cui all’art.38 d.lgs. n.163/2006, ma occorrerebbe un quid pluris, ovvero anche il mendacio o dichiarazioni inesatte o reticenti.
Deve ribadirsi che la lex specialis di gara consentiva espressamente l’escussione della cauzione provvisoria per ogni fatto idoneo a precludere la stipulazione della convenzione, ivi compresa la mancanza relativa ai requisiti generali di cui all’art.38 nei confronti di tutti i “concorrenti”, e dunque non solo di quelli collocati in posizione utile in graduatoria; gli stessi artt. 48 e 75 del d.lgs. n.163/2006, come correttamente letti ed interpretati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato postulano l’escussione della cauzione sia per l’ipotesi di riscontrata mancanza dei requisiti di ordine speciale, sia per la mancanza dei requisiti di ordine generale. L’incameramento della cauzione costituisce, dunque, una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione per il riscontro del difetto dei requisiti dichiarati (v.Tar Lazio nn. 2591/2019, 9854/2019, 12329/2019).
Alla luce di quanto sopra deve pure respingersi la taccia di illegittimità del disciplinare sul punto, come censurato nel secondo motivo del ricorso introduttivo.
Per mezzo di ulteriore doglianza, l’istante assume poi che l’escussione non poteva essere disposta in quanto la causa di esclusione di cui all’art. 38, co. 1 lett. f) sarebbe strutturalmente incompatibile con l’incameramento automatico delle cauzioni provvisorie.
Il motivo è palesemente infondato.
Come correttamente dedotto dalla difesa erariale, Consip ha escusso le cauzioni nel rispetto di quanto previsto nella lex specialis di gara e in ottemperanza ad un dispositivo di sentenza che ha accolto solo la censura sul mendacio formulata dall’istante, respingendo tutti gli altri motivi di ricorso, ivi incluso quello sull’escussione della cauzione, sul solco, peraltro, di un orientamento giurisprudenziale pacifico che sancisce l’automatismo tra esclusione ed escussione, prescindendo dalla tipologia (tassativa o facoltativa) della causa che l’ha determinata e dalla necessità di motivare il provvedimento, trattandosi di atto consequenziale.
Solido è del resto l’orientamento dell’adìto TAR, il quale ha già rilevato (v. sentenza n. 2491/2019) che, “…. dall’esclusione per mancanza del requisito di ordine generale consegue in via automatica l’escussione della cauzione provvisoria, quale conseguenza diretta della violazione del patto di integrità e delle regole di gara cui è soggetto il partecipante; pertanto non possono rilevare in alcun modo gli stati soggettivi del concorrente in ordine alle circostanze che hanno determinato l’atto di esclusione.”
(…)
Detto altrimenti, la conseguenza automatica della escussione della garanzia vale ugualmente, sia in caso di esclusione obbligatoria, sia in caso di esclusione fondata su “concetti giuridici indeterminati” (quale tipicamente è quello del “grave errore professionale” ovvero del “grave illecito professionale” previsto dal nuovo Codice), laddove si tratti di provvedimento legittimo e confermato in esito al sindacato giudiziale. Il fenomeno è del resto quello usuale, in virtù del quale l’amministrazione sussume nella fattispecie astratta il caso concreto, secondo una spendita di potere che è soggetta a sindacato giudiziario e dunque certo non è senza controlli. “
Per concludere, anche la Consulta (ordinanza numero 211 del 4 luglio 2011 pronunciata dalla Corte Costituzionale) ritiene che:
“ la cauzione provvisoria «si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto d’integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche»; è congruente rispetto alla funzione di garantire serietà ed affidabilità dell’offerta, sanzionando la violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante, tenuto conto che l’operatore economico, con la domanda di partecipazione, sottoscrive e si impegna ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali ha, dunque, contezza ”