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( vote)La Legge europea 2019 – 2020
In attuazione della L. n. 234/2012, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea, lo scorso mese di settembre è stato, come di consueto, presentato in Parlamento il disegno di legge europea 2019 – 2020, contenente “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, volto, in particolare, per quel che qui ci riguarda, ad agevolare la chiusura di una serie di procedure di infrazione a carico del nostro Paese. Tra esse spicca la n. 2018/2273 in materia di contratti pubblici, allo stadio di messa in mora complementare ai sensi dell’art. 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (fase di pre-contenzioso)[1].
L’art. 8 del disegno di Legge europea, attualmente in discussione alla Camera[2], apporta, in particolare, una serie di modifiche al Codice dei contratti pubblici con la finalità di superare le contestazioni mosse a più riprese all’Italia dall’Unione europea, riguardanti la violazione di diverse norme delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni. L’istituto interessato dalle modifiche è il subappalto, sia con riferimento all’obbligo di indicare la terna di subappaltatori, che viene definitivamente abrogato, sia riguardo alla sussistenza di motivi di esclusione previsti dall’articolo 80 in capo ai subappaltatori.
Prima di esaminare nel dettaglio le modifiche agli artt. 105 e 80 previsti dal disegno di legge europea, appare opportuno riepilogare i motivi di contestazione contenuti nella procedura di infrazione n. 2018/2273, attualmente allo stato di messa di costituzione in mora complementare, ed in particolare, quelli contenuti ai paragrafi 1.3.B e 2.1. Detti rilievi sono gli unici che il Governo italiano ha ritenuto di accogliere mediante la Legge europea di quest’anno. Altri profili di incompatibilità con la normativa europea sollevati con la citata procedura di infrazione sono stati, infatti, già superati con interventi legislativi precedenti, primo fra tutti il c.d. Decreto Sblocca-Cantieri, mentre su alcuni altri rilievi il Governo ha evidentemente ritenuto la non sussistenza di una reale incompatibilità delle disposizioni codicistiche con le direttive europee.
E’ in fase di discussione alla Camera dei Deputati il disegno di Legge europea 2019 – 2020, per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, che prevede, tra l’altro, modifiche al Codice dei contratti pubblici in materia di subappalto. Le disposizioni interessate dalle modifiche sono gli artt. 105, 80 e 174.
La procedura di infrazione n. 2018/2273
Come accennato in premessa, nella lettera di costituzione in mora della Commissione europea del 24 gennaio 2019, afferente alla procedura di infrazione n. 2018/2273, sono stati sollevati molteplici rilievi afferenti a supposte violazioni delle direttive comunitarie da parte del nostro D. Lgs. n. 50/2016. A seguito della valutazione della risposta del Governo, la Commissione europea ha indirizzato allo stesso una lettera di costituzione in mora complementare del 27 novembre 2019, ribadendo i problemi di conformità sollevati in precedenza e non ancora risolti ed individuando ulteriori disposizioni della normativa italiana ritenute non conformi alle direttive europee.
Fra i rilievi sollevati, uno dei più rilevanti, come si ricorderà, è quello di cui al par. 1.3, riguardante il divieto di subappaltare più del trenta per cento di un contratto pubblico. In materia, successivamente alla lettera di costituzione in mora, vi sono state anche alcune pronunce della Corte di giustizia europea, prima fra tutte la sentenza del 26 settembre 2019, ad esito della causa C-63/18 scaturita da un rinvio pregiudiziale del TAR Lombardia, che ha considerato incompatibile con il diritto comunitario qualunque limite posto alla quota subappaltabile[3]. In merito, lo Stato italiano è prontamente intervenuto con l’art. 1, comma 18, della legge di conversione del decreto Sblocca Cantieri (D.L. n. 32/2019) con cui ha previsto che, fino al 31 dicembre 2020, la quota subappaltabile non possa superare il quaranta per cento dell’importo complessivo del contratto. In realtà, l’innalzamento (temporaneo) della quota di affidamento subappaltabile era stata inizialmente fissata al cinquanta per cento, poi scesa al quaranta per cento in sede di conversione del decreto legge[4].
Più precisamente, la Commissione europea prima e la Corte di Giustizia poi hanno sostenuto che il ricorso al subappalto previsto nella normativa comunitaria trova la sua ragion d’essere nel favorire la concorrenza perché consente la più ampia partecipazione alle commesse pubbliche, anche di rilevante entità, da parte di tutte le imprese, in special modo le piccole e medie imprese, cui il legislatore europeo ha sempre rivolto un’attenzione particolare. Va tuttavia ricordato che le direttive europee ammettono che gli Stati membri introducano disposizioni più rigorose in materia al fine di tutelare l’ordine pubblico, la moralità e la sicurezza e a condizione che dette misure siano conformi ai principi del Trattato e rispettino il principio di proporzionalità.
Ciò non significa che gli Stati membri dispongano della facoltà di limitare il ricorso al subappalto ad una quota delle attività fissata in maniera astratta in una determinata percentuale, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori o dell’eventuale carattere non essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe o, ancora, a prescindere dal settore specifico dell’appalto o della natura delle prestazioni da eseguire.
In altri termini, gli organi dell’Unione hanno ritenuto che, seppure una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare fenomeni corruttivi o di infiltrazione mafiosa, una restrizione in misura fissa e astratta ecceda quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo perché, vietando in modo generale e astratto il ricorso al subappalto al di sopra di una certa soglia, non si lascia alcuno spazio ad una valutazione caso per caso da parte della stazione appaltante. Ciò comporta che una parte rilevante delle prestazioni debba essere realizzata dall’offerente stesso, pena l’esclusione automatica dalla procedura, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione. Da ciò, il giudizio espresso di norma nazionale sproporzionatamente rigorosa rispetto a quella comunitaria e di sussistenza, pertanto, di un caso di goldplating.
La Commissione europea, nell’ambito della procedura di infrazione n.
2018/2273, ha inviato una lettera di costituzione in mora al Governo italiano evidenziando molteplici violazioni delle direttive comunitarie da parte del nostro Codice dei contratti, contestazioni ribadite con una seconda lettera di costituzione in mora complementare, in cui sono state anche individuate ulteriori disposizioni della normativa italiana ritenute non conformi alle direttive europee.
Un altro rilievo sollevato nella lettera di costituzione in mora, in particolare al par. 1.2.A, è quello relativo alla previsione di cui all’art. 80, comma 4, del Codice, che dispone che un operatore economico venga escluso dalla partecipazione ad una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui è stabilito, precisando che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione.
La Commissione europea pone a confronto tale disposizione con l’art. 38 della direttiva 2014/23/UE in tema di concessioni e con l’art. 57 della direttiva 2014/24/UE in materia di appalti, nella parte in cui la stessa dispone che le amministrazioni aggiudicatrici devono escludere un operatore economico dalla partecipazione ad una procedura di aggiudicazione qualora siano a conoscenza del fatto che l’operatore economico non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e ciò sia che tale conoscenza scaturisca da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante secondo la legislazione del Paese in cui è stabilito o dello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice, sia quando le amministrazioni possano dimostrare con qualunque mezzo adeguato che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali.
Ciò posto, l’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/2016 non è apparso conforme alle direttive comunitarie in quanto non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dalla stazione appaltante.
Il legislatore italiano ha, ancora una volta, già risolto tale incompatibilità con la normativa europea attraverso le recentissime modifiche apportate all’art. 80, comma 4 del Codice dall’art. 8, comma 5, lett. b) del D.L. n. 76/2020 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla legge n. 120/2020.
Alla fine del comma 4 è stato infatti aggiunto il seguente periodo: <<Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo. Il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande>>.
Un terzo importante rilievo è quello descritto al par. 1.3.B della lettera di costituzione in mora, e riguarda l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti.
L’art. 105, comma 6 del Codice dei contratti prevede che, in caso di appalti di valore superiore alle soglie UE, nonché per gli appalti che, pur essendo di valore inferiore alle soglie UE, riguardano specifiche attività individuate dalla normativa italiana come particolarmente esposte al rischio d’infiltrazione mafiosa, gli operatori economici debbano indicare nelle loro offerte una terna di subappaltatori proposti. Tale obbligo, secondo la Commissione europea, si pone in violazione con quanto disposto dall’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE nella parte in cui prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori di indicare nelle loro offerte “i subappaltatori proposti”, senza imporre necessariamente che il numero dei subappaltatori proposti debba sempre essere uguale a tre. Secondo la Commissione, tale imposizione appare sproporzionata in tutti i casi in cui l’appaltatore non intenda ricorrere al subappalto o, comunque, gli occorrano meno di tre subappaltatori.
Infine, la Commissione ha formulato un’analoga contestazione (par. 2.1) in merito alla previsione dell’indicazione obbligatoria della terna di subappaltatori anche nel settore delle concessioni ai sensi dell’art. 174 del D. Lgs. n. 50/2016.
Questi ultimi due rilievi trovano soluzione proprio nel disegno di legge europea che qui si discute, in quanto le modifiche al Codice proposte mirano appunto a superare le contestazioni mosse dalla Commissione europea.
La Commissione europea ha poi individuato ulteriori contestazioni, confermate nella lettera di costituzione in mora complementare, aventi ad oggetto le disposizioni italiane concernenti, solo per citare le più rilevanti, il divieto generale per i subappaltatori di fare ricorso a loro volta ad altri subappaltatori (subappalto a cascata) e, analogamente, il divieto di sub-avvalimento (ovvero il divieto per il soggetto delle cui capacità l’operatore intende avvalersi, di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto); il divieto per diversi offerenti in una procedura di gara di avvalersi dello stesso soggetto; per il soggetto di cui un offerente intende avvalersi di presentare un’offerta nella stessa procedura di gara e per l’offerente in una procedura di gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa procedura di gara.
Tutti i suddetti rilievi, tuttavia, non sono stati presi in considerazione dal Disegno di legge europea.
La Commissione europea ha rilevato l’incompatibilità con le direttive europee dell’obbligo per i concorrenti, imposto dall’art. 105 del Codice dei contratti, di indicare, nell’ambito delle procedure sopra soglia comunitaria o, a prescindere dall’importo, a rischio di infiltrazione mafiosa, una terna di subappaltatori. Il disegno di legge europea accoglie tale rilievo ed abroga la disposizione che lo contiene.
Le proposte di modifica all’art. 105 del Codice
Il Disegno di legge europea 2019 – 2020 prevede, all’art. 8, una serie di modifiche all’art. 105 del Codice, che disciplina l’affidamento di attività in subappalto. Più precisamente, la lettera b) del comma 1 dell’articolo citato prevede in primo luogo l’abrogazione del comma 6[5] del citato articolo, facendo venir meno l’obbligo per i concorrenti, nell’ambito delle procedure di affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture che siano di importo pari o superiore alle soglie UE o, indipendentemente dall’importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, dell’indicazione in offerta di una terna di subappaltatori.
Viene in tal modo accolto il rilievo mosso dalla Commissione UE per cui una disposizione nazionale che obblighi gli offerenti ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all’offerente ne occorrano meno di tre o non ne occorra neppure uno, violi il principio comunitario di proporzionalità di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24.
La lettera b) del comma 1 dell’art. 8 interviene, inoltre, sul comma 4 dell’art. 105 del Codice, che disciplina le condizioni generali per l’affidamento delle attività in subappalto, previa autorizzazione della stazione appaltante, in base alle quali: a) l’affidatario del subappalto non deve aver partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto; b) il subappaltatore deve essere qualificato nella relativa categoria; c) all’atto dell’offerta devono essere indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare; d) il concorrente deve dimostrare l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 del Codice.
Quest’ultima condizione viene eliminata a seguito dell’abrogazione della lett. d) del comma 4 proposta dall’art. 8, comma 1 lett. b) del Disegno di legge europea.
Inoltre, alla lett. b) del medesimo comma è aggiunto un inciso, in seguito al quale la nuova lett. b) del comma 4 assume il seguente tenore: <<b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all’articolo 80>>.
Tali modifiche discendono dalla riscrittura dell’art. 105 nel senso che, dal venir meno dell’obbligo per l’appaltatore di indicare a monte i nominativi dei potenziali subappaltatori, deriva l’eliminazione dell’obbligo in capo all’appaltatore di dimostrare l’assenza di motivi di esclusione dalla procedura riferibili ai subappaltatori. D’altro lato, la necessaria condizione di insussistenza a carico del subappaltatore di motivi di esclusione di cui all’art. 80 deve essere dimostrata direttamente dal subappaltatore e non più dall’appaltatore. Da ciò è discesa la necessità di riscrivere anche l’art. 80, per coordinarlo con la suddetta modifica.
L’abrogazione dell’obbligo di indicare la terna di subappaltatori comporta una riscrittura a cascata anche dell’art. 80 del Codice in quanto non può più essere fatto gravare sul concorrente l’onere di dimostrare l’assenza in capo al subappaltatore dei motivi di esclusione ivi previsti. Tale obbligo ricadrà direttamente sul subappaltatore.
Le modifiche proposte all’art. 80 del Codice
Come sopra accennato, essendo venuto meno l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori, è stato eliminato l’onere imposto al concorrente di dimostrare l’assenza in capo al subappaltatore dei suddetti motivi di esclusione. In sostanza, spetta al subappaltatore, e non al concorrente, la dimostrazione della assenza a proprio carico dei motivi di esclusione previsti all’articolo 80 del Codice e tale verifica avverrà in fase di esecuzione del contratto, in occasione della richiesta di autorizzazione al subappalto presentata alla stazione appaltante da parte dell’appaltatore. La modifica apportata all’art. 105 impone quindi un coordinamento con le correlate norme contenute nell’art. 80.
Per tale ragione, l’art. 8 del Disegno di legge europea 2019 – 2020 prevede, alla lettera a) del comma 1 una modifica dei commi 1 e 5 dell’art. 80 del Codice, nel senso di limitare la verifica dei motivi di esclusione al solo operatore economico, e non anche al suo subappaltatore, per i contratti di valore pari o superiore alle soglie UE, o, indipendentemente dall’importo a base di gara, riguardanti le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. Si è cioè opportunamente eliso il riferimento ad una disposizione (il comma 6) di cui lo stesso disegno di legge europea propone l’abrogazione in altra parte del testo.
In sostanza, le modifiche in commento, che sopprimono, sia all’alinea del comma 1 che a quella del comma 5 dell’art. 80, l’inciso <<anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6>>, fanno venir meno la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara, quando la causa di esclusione riguardi non già l’operatore medesimo, bensì un suo subappaltatore.
Le modifiche proposte all’art. 174 del Codice
Le modifiche introdotte per i contratti di appalto per lavori, servizi e forniture dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 8 vengono altresì previste per i contratti di concessioni disciplinati dal Codice.
In particolare, la lettera c) del comma 1 dell’art. 8 in esame elimina l’obbligo previsto dall’art. 174, comma 2, terzo periodo, del Codice, posto in capo alle imprese di grandi dimensioni, di indicare, in sede di offerta, una terna di nominativi di subappaltatori.
Si ricorda che il testo vigente prevede tale obbligo in capo agli operatori economici che non siano microimprese, piccole e medie imprese, nell’ambito delle concessioni di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea di cui all’art. 35 del Codice. Tale obbligo, secondo la disposizione, non ha portata generale ma è previsto solo nei seguenti casi: a) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione; b) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali risulti possibile reperire sul mercato una terna di nominativi di subappaltatori da indicare, atteso l’elevato numero di operatori che svolgono dette prestazioni.
La Commissione europea, nella più volte citata procedura di infrazione n. 2018/2273, ha ritenuto tale previsione in contrasto con l’art. 42 della direttiva europea sulle concessioni (la n. 2014/23/UE), che prevede che l’indicazione sia, di norma, facoltativa e non obbligatoria. Si legge infatti nella disposizione citata: <<Nei documenti di gara, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore possono chiedere o possono essere obbligati da uno Stato membro a chiedere all’offerente o al candidato di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti della concessione che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti>>. Trattandosi di facoltà e non di obbligo, la norma codicistica interna che impone l’obbligo di indicare una terna di subappaltatori è stata pertanto censurata.
Analogamente a quanto visto per gli appalti, il Disegno di Legge europea 2019 – 2020 propone conseguentemente la riscrittura anche del testo del comma 3 dell’art. 174 del Codice, al fine di sopprimere il riferimento all’obbligo posto in capo ai concorrenti, che non siano piccole e medie imprese, di dimostrare l’assenza dei motivi di esclusione previsti dall’art. 80 del Codice, per i casi contemplati dal comma 2 dell’art. 174, rimanendo in piedi l’obbligo per l’affidatario di provvedere a sostituire i subappaltatori per i quali sia stata dimostrata la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80 del Codice.
Le modifiche apportate dal Disegno di legge europea comportano la necessaria soppressione del secondo periodo del comma 18 dell’art. 1 del D.L. 32/2019 (Decreto Sblocca Cantieri) che prevede l’applicazione temporanea, fino al 31 dicembre 2020, di norme analoghe a quelle introdotte dall’art. 8 del Disegno di Legge europea, con conseguente sospensione contestuale dell’efficacia delle vigenti disposizioni in materia.
Le altre modifiche proposte dal Disegno di Legge europea 2019 – 2020
Al fine di coordinare le modifiche introdotte nel Codice dall’articolo 8 del Disegno di Legge europea, il comma 2 del medesimo dispone la soppressione di parte della disciplina transitoria relativa al subappalto, recata dall’articolo 1, comma 18 del D.L. 32/2019 che, nelle more di una complessiva revisione del Codice, aveva previsto, in sostanza, l’applicazione temporanea fino al 31 dicembre 2020 di norme analoghe a quelle introdotte dalla norma in esame, con conseguente sospensione contestuale dell’efficacia delle vigenti disposizioni in materia.
Si rammenta infatti che il secondo periodo del comma 18 dell’art. 1 del D.L. 32/2019, soppresso dalla norma in esame,prevede, fino al 31 dicembre 2020, la sospensione della applicazione:
– del comma 6 dell’articolo 105 del Codice (di cui viene prevista l’abrogazione dalla lettera b), del comma 1 dell’art. 8 fin qui esaminato);
– del terzo periodo del comma 2 dell’articolo 174 del Codice (di cui la lettera c) del comma 1 dell’art. 8 in esame prevede la soppressione);
– delle verifiche in sede di gara previste a carico del concorrente, riferite al suo subappaltatore, dall’art. 80 del Codice (modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 8 qui esaminato).
In sostanza l’intervento normativo in esame, che sopprime una parte dell’art. 1, comma 18, del D.L. 32/2019, è solo il frutto dell’indispensabile coordinamento dell’approvanda Legge europea con l’ordinamento vigente e non comporta di fatto alcuna differenza in termini di efficacia delle norme, considerato che le disposizioni ora soppresse con efficacia immediata già non producevano effetti a causa della sospensione disposta dal Decreto Sblocca Cantieri.
L’ultima modifica proposta dall’art. 8 del Disegno di legge europea sin qui esaminato è riferita al D.M. 192/2017 che disciplina le procedure di scelta del contraente e l’esecuzione del contratto da svolgersi all’estero. L’art. 14 del Decreto ministeriale citato stabilisce in materia di subappalto che nell’invito o nel bando, e nel conseguente contratto, debbano essere specificati determinati obblighi a carico del contraente principale, dell’appaltatore e del subappaltatore (comma 1) e che gli eventuali subappalti non possano complessivamente superare il trenta per cento dell’importo complessivo del contratto (comma 2).
L’art. 8 comma 3 del DdL in esame, prevedendo l’abrogazione del comma 2 del suddetto art. 14, introduce invece la possibilità per gli eventuali subappalti di superare complessivamente il trenta per cento dell’importo complessivo del contratto.
In merito, nella Relazione introduttiva al Disegno di legge si legge che la disposizione de qua <<comporta una mera abrogazione di una norma regolamentare incompatibile con la disciplina europea, con la conseguenza che non è né necessaria né opportuna un’ulteriore regolazione di dettaglio, rimettendo invece ai singoli documenti di gara la valutazione in concreto di eventuali limiti al subappalto. In futuro permane l’autorizzazione già conferita al Governo a disciplinare la materia (procedure di scelta del contraente ed esecuzione del contratto da svolgersi all’estero, ndr) con regolamento>>.
Il comma 4 dell’art. 8, infine, disciplina l’ambito temporale di applicazione delle nuove norme, disponendo che le stesse si applichino alle procedure i cui bandi o avvisi di gara siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge europea, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi.
L’art. 8 comma 3 del Disegno di Legge europea prevede anche l’abrogazione del comma 2 del art. 14 del D.M. 192/2017, che disciplina le procedure di scelta del contraente e l’esecuzione del contratto da svolgersi all’estero. In tal modo, si introduce la possibilità per gli eventuali subappalti in questo settore di superare complessivamente il trenta per cento dell’importo complessivo del contratto.
[1] Quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma UE, procede all’invio di una “lettera di messa in mora”, concedendo allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni. La violazione contestata può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionali che risultano incompatibili con essa. La procedura d’infrazione è avviata nei confronti di uno Stato membro in quanto tale, senza che rilevi se l’autore della violazione sia un organo costituzionale o giurisdizionale, un ente territoriale o un soggetto di diritto privato controllato dallo Stato. Qualora lo Stato membro non risponda alla lettera di messa in mora nel termine indicato oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest’ultima può emettere un parere motivato con il quale cristallizza in fatto e in diritto l’inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine. Nel caso in cui lo Stato membro non si adegui al parere motivato, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee contro lo Stato in questione.
[2] A.C. n. 2670 presentato il 21 settembre 2020.
[3] Resta dibattuta la questione se il limite del trenta per cento dell’importo contrattuale, fissato in termini generali dall’art. 105 del Codice per le prestazioni subappaltabili, sia da disapplicare anche con riferimento alle c.d. opere super specialistiche, di cui all’art. 89, comma 11 del D. Lgs. n. 50/2016 (le opere richiedenti lavorazioni ad alto contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica). Si sono recentemente occupate di tale problematica sia l’ANAC, con la deliberazione n. 704 del 4 agosto 2020, che il giudice amministrativo (TAR Toscana), con la sentenza n. 898 del 9 luglio 2020. Sulla base di percorsi argomentativi differenti, sia l’Autorità Anticorruzione che il TAR sono giunti a sostenere che la disapplicazione del limite al subappalto imposto dalla Corte di giustizia europea non si applichi alle lavorazioni super specialistiche: l’ANAC sulla base di una lettura sistematica e coordinata dei vari provvedimenti legislativi e delle pronunce giurisprudenziali susseguitisi nel tempo in materia e il TAR Toscana, invece, in forza della natura specialistica delle opere in questione.
[4] L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha adottato, ai sensi dell’art. 213, comma 3, lett. d) del D. Lgs. n. 50/2016, un Atto di segnalazione (il n. 8 del 13 novembre 2019 approvato con Delibera n. 1035) rivolto al Governo e al Parlamento al fine di proporre un’urgente modifica normativa inerente proprio alla disciplina del subappalto, che non avesse carattere temporaneo e che desse una risposta definitiva alle contestazioni provenienti dall’Europa. Per trovare un contemperamento tra la posizione espressa a più riprese dalla Commissione europea e dalla Corte di giustizia e le esigenze di ordine pubblico e trasparenza perseguite dal legislatore italiano, l’ANAC ha suggerito di prevedere quale regola generale l’ammissibilità tout court del subappalto, imponendo alla stazione appaltante l’obbligo di motivare adeguatamente eventuali limiti posti alla quota subappaltabile in relazione alle peculiarità della specifica gara.
[5] Art. 105, comma 6. <<E’ obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta, qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 35 o, indipendentemente dall’importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate al comma 53 dell’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190. Nel caso di appalti aventi ad oggetto più tipologie di prestazioni, la terna di subappaltatori va indicata con riferimento a ciascuna tipologia di prestazione omogenea prevista nel bando di gara. Nel bando o nell’avviso di gara la stazione appaltante prevede, per gli appalti sotto le soglie di cui all’articolo 35: le modalità e le tempistiche per la verifica delle condizioni di esclusione di cui all’articolo 80 prima della stipula del contratto stesso, per l’appaltatore e i subappaltatori; l’indicazione dei mezzi di prova richiesti, per la dimostrazione delle circostanze di esclusione per gravi illeciti professionali come previsti dal comma 13 dell’articolo 80>>.