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Il tema del subappalto c.d. “necessario”, nella visione di due recenti pronunce del Consiglio di Stato: l’Ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia della Sez. III n. 3702/2020 e la decisione della Sez. V n. 3504/2020. Sembra sfumare la differenza con l’istituto dell’avvalimento nei Lavori Pubblici.
Due recenti pronunce del Consiglio di Stato a confronto sul tema del subappalto necessario
Il Consiglio di Stato si è recentemente pronunciato sul tema del c.d. “subappalto necessario”, palesando una moderna rappresentazione dell’istituto (per la verità, in modo non scevro da qualche contraddizione).
Si tratta, in particolare, dell’Ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia della Sez. III n. 3702/2020 (con la quale si chiede di valutare – quasi lumeggiando una risposta negativa – la possibilità per il subappaltatore di integrare il requisito mancante della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili) e della decisione della Sez. V n. 3504/2020 (con la quale si legittima la sostituzione del subappaltatore necessario che medio-tempore abbia perso i requisiti).
Queste due pronunce, come si vedrà in prosieguo, mostrano comunque la tendenza ad un’interpretazione estensiva dell’istituto, in coerenza con l’andamento della giurisprudenza comunitaria, che – quanto meno per il settore dei lavori pubblici – sembrerebbe sbiadire la linea di confine con l’avvalimento.
La decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, 4 giugno 2020, n. 3504
Si ricorda che il subappalto necessario (o “qualificatorio”) è quell’istituto che consente all’operatore economico di qualificarsi e partecipare alle gare pubbliche per poter supplire alle qualificazioni (in particolare SOA) non possedute direttamente, solo dichiarando di voler subappaltare le relative prestazioni ad un soggetto debitamente qualificato.
La decisione in commento affronta il caso di un operatore economico che aveva indicato quale subappaltatore necessario un soggetto che, successivamente in corso di gara, è stato privato della qualificazione: la conseguenza, secondo la stazione appaltante, era la necessaria ed automatica esclusione del concorrente.
L’operatore economico escluso, ritenendo ingiusta la sanzione espulsiva, impugna il provvedimento ricordando di aver indicato non un solo subappaltatore qualificato, bensì una terna di subappaltatori, in cui gli altri operatori avevano comunque mantenuto le qualifiche.
Ricostruita la storia e richiamata la giurisprudenza – soprattutto comunitaria – sull’istituto del subappalto qualificatorio, il Collegio ritiene che le norme e gli arresti comunitari siano uniformemente orientati verso un’applicazione estensiva dell’istituto.
In tale ottica è stata letta la questione controversa, chiarendo l’interpretazione e la portata degli articoli 105 ed 80, commi 1 e comma 5, D. Lgs n. 50/2016, alla luce, in particolare, degli articoli 57 e 71 della Direttiva 24/2014/UE e della decisione della Corte di Giustizia del 30 gennaio 2020 emessa nella causa C-395/18, in materia di esclusione di un operatore economico in fase di gara, proprio a causa della perdita dei requisiti di un subappaltatore.
La conclusione cui giunge il Consiglio di Stato è che – a maggior ragione in presenza dell’indicazione di una terna di subappaltatori in sede di offerta – non è automatica l’esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore “qualificante” rivelatosi, poi, privo dei requisiti di qualificazione per eseguire le prestazioni oggetto di subappalto.
Di conseguenza, il Collegio ha rigettato l’appello avverso la sentenza del TAR Lombardia, gravata dall’appellante poiché non aveva confermato il principio pacifico (a suo dire) nella giurisprudenza nazionale – in ciò seguendo la prassi ANAC (peraltro ribadita recentemente dalla Delibera 27 maggio 2020, n. 462) – per cui alla perdita medio tempore del requisito (nella specie, la classe di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali) da parte del subappaltatore necessario, si faceva conseguire ipso facto l’esclusione del concorrente, a sua volta privo del necessario requisito qualificante.
La sentenza di primo grado aveva in effetti valorizzato l’evoluzione dell’interpretazione dell’art. 105, comma 12 D.Lgs. n. 50/2016 in tema di subappalto, indicata dalla stazione appaltante, e sulla stessa linea si pone il Consiglio di Stato, richiamando la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 9/2015 e ponendo a confronto i principi enunciati dall’interprete nazionale e da quello comunitario sul tema.
In particolare: “… non è in contestazione, nel presente giudizio, l’ammissibilità, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, dell’istituto dell’appalto c.d. necessario o qualificatorio, la cui disciplina, nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, è stata ricostruita dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 2 novembre 2015, n. 9. La validità del ricorso all’istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio anche nella vigenza dell’attuale codice dei contratti pubblici, ed anche nel settore dei servizi, è stata peraltro affermata in diverse pronunce del giudice amministrativo e nel caso di specie va presupposta, in quanto espressamente prevista dalle su riportate disposizioni della legge di gara, non fatte oggetto di impugnazione. … Così chiarite le regole della gara, va confermato il dato di fatto che uno dei subappaltatori indicati nella terna a fini qualificatori da alcune delle imprese aggiudicatarie, ha perso, non l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali bensì la classe della categoria necessaria per l’esecuzione delle prestazioni accessorie, prima dell’adozione da parte della stazione appaltante del provvedimento di aggiudicazione, pur avendo il possesso di tale requisito di idoneità alla data di presentazione delle offerte e pur avendolo mantenuto per tutto il corso della procedura di gara, certamente fino alla verifica di congruità del 20 agosto 2018 … nonché fino all’approvazione delle graduatorie dei lotti da parte della commissione giudicatrice.
Ricorda, poi, che “La questione oggetto della presente decisione è, allora, esattamente quella posta col ricorso, in primo grado e in appello, vale a dire se sia consentita la sostituzione di uno dei subappaltatori della terna, indicato dall’impresa concorrente al fine di procurarsi per suo tramite il requisito dell’idoneità professionale per le prestazioni oggetto del subappalto (subappalto c.d. necessario o qualificatorio), qualora il subappaltatore abbia perso in corso di gara tale requisito di partecipazione, previsto a pena di esclusione. … Secondo la prospettazione dell’appellante, avendo detta società perso il requisito prima del provvedimento di aggiudicazione, le imprese concorrenti che si erano avvalse di tale operatore avrebbero dovute essere escluse stante il venir meno di un requisito soggettivo richiesto a pena di esclusione. A sostegno del proprio operato, invece, l’Amministrazione deduceva la piena applicazione dell’art. 105, co. 12, d.lgs. 50/2016 a mente del quale “l’affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80“.
Pur dissentendo dalla ricostruzione operata dalla stazione appaltante secondo la quale, ai sensi dell’art. 105, comma 12, D.Lgs. n. 50/2016 (che dispone “L’affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80.”), la sostituzione del subappaltatore sarebbe possibile anche prima della stipula del contratto, perviene comunque alla decisione di sottrarre alla stazione appaltante il diritto di procedere all’automatica esclusione del concorrente rivelatosi medio tempore privo dei requisiti ed afferma che un’interpretazione comunitariamente orientata esigerebbe “la possibilità, invece, di consentire la sostituzione dei subappaltatori privi dei requisiti anche quando i loro nomi venissero indicati in gara”.
La stazione appaltante, quindi, prima di escludere il concorrente deve valutare in concreto se è possibile sostituire il subappaltatore “necessario” con un altro subappaltatore adeguatamente qualificato.
Il Collegio, rammenta che la proposta di aggiudicazione non consente affatto di ritenere chiusa la fase pubblicistica di scelta del contraente né di applicare l’art. 105, comma 12. Infatti “manca ancora l’affidatario dell’appalto, in capo al quale soltanto insorgono le obbligazioni di indicazione del subappaltatore esecutore … nonché di deposito del contratto di subappalto … In conclusione, l’art. 105, comma 12, è norma applicabile alla fase esecutiva, non anche alla fase della procedura di gara“.
Nel merito della questione, il Consiglio di Stato ha ritenuto di aderire alla tesi propugnata dalla recente sentenza della Corte di Giustizia UE, Sez. II, del 30 gennaio 2020 resa nella causa C-395-18, con la quale è stato rivisto in funzione “interpretativa-modificativa” l’ambito applicativo dell’istituto del subappalto.
Infatti, con la citata sentenza della Corte UE, è stato enunciato il principio per cui “L’articolo 57, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di detto operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata. Per contro, tale disposizione, letta in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 6, della medesima direttiva, nonché il principio di proporzionalità, ostano ad una normativa nazionale che stabilisca il carattere automatico di tale esclusione.”.
Sul punto, il Consiglio di Stato – oltre a rilevare il vincolo interpretativo dato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, pur mutuandolo in via analogica con un ragionamento riferito ai motivi di esclusione di cui all’art. 80 D.Lgs. n. 50/2016 – richiama il proprio precedente orientamento, rammentando che “risulta così confermato dalla Corte di Giustizia quanto già prospettato nel parere di questo Consiglio di Stato, 3 novembre 2016, n. 2286 … nel quale, in riferimento proprio all’art. 105, comma 12, si è affermato che “Tale previsione costituisce trasposizione dei pertinenti articoli delle direttive, secondo cui ogni qualvolta le stazioni appaltanti sono tenute, in base alle leggi nazionali, a verificare le cause di esclusione anche nei confronti dei subappaltatori, esse chiedono agli operatori economici di sostituire i subappaltatori che risultano privi dei requisiti generali. Le direttive sembrano dunque consentire la possibilità di sostituire i subappaltatori privi dei requisiti anche quando i loro nomi vanno indicati in gara. Sicché, le disposizioni dell’art. 80, c. 1 e c. 5, che sembrano invece prevedere la esclusione del concorrente per difetto dei requisiti del subappaltatore, senza possibilità di sostituirlo, potrebbero anche prestarsi a dubbi di compatibilità comunitaria.”.
La citata giurisprudenza comunitaria, quindi, è improntata alla ratio dell’ampliamento dell’istituto, ritenendolo declinazione del principio del favor partecipationis: in questa chiave di lettura, dunque, si può concludere che “Sebbene si tratti di conclusione riferita ai motivi di esclusione di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 essa va estesa analogicamente all’ipotesi in cui il subappaltatore indicato sia risultato privo dei requisiti di qualificazione prescritti in relazione alla prestazione da subappaltare. Tale ipotesi è infatti oggettivamente meno grave della ricorrenza di una causa di esclusione ed, ai fini della possibilità della sostituzione del subappaltatore, è a maggior ragione equiparabile a quest’ultima, come dimostrato dalla previsione dell’art. 71, comma 6, della direttiva 2014/24/UE che individua la sostituzione del subappaltatore come rimedio praticabile in caso di sussistenza sia di motivi obbligatori di esclusione sia di motivi non obbligatori di esclusione; d’altronde detta equiparazione è riconosciuta già dal citato parere n. 2286/2016 di questo Consiglio di Stato, con cui si è ritenuta possibile la sostituzione del subappaltatore, anche quando indicato in gara, se sia risultato privo dei requisiti oppure della qualificazione per eseguire la prestazione da subappaltare.”.
Il corollario in tema di avvalimento
La decisione in commento affronta inoltre, obiter dictum, il tema della differenza fra subappalto necessario ed avvalimento.
Il Consiglio di Stato ricorda la ricostruzione dell’istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio effettuata dall’Adunanza plenaria n. 9/2015, secondo cui, anche quando consentito per supplire la carente qualificazione del concorrente rispetto alle opere da subappaltare, il subappalto continua ad essere “un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice […]. Si tratta di affermazione che pienamente si condivide e che non trova smentita nelle norme sul subappalto introdotte dall’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016, in particolare in quella del sesto comma, che ha reso obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta per gli appalti ivi considerati. … Tuttavia … l’obbligatoria (per legge o per disciplinare, come nel caso di specie) indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta e l’indicazione nell’offerta dei servizi che si intendono subappaltare ad uno dei tre subappaltatori indicati, non trasforma il subappalto c.d. necessario o qualificatorio in un istituto diverso dal subappalto c.d. facoltativo, fino a determinare una sorta di confusione tra avvalimento e subappalto, trattandosi all’evidenza di due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse (cfr., in tale senso, anche Cons. Stato, Ad. Plen. n. 9/2015 cit.).”.
A questo punto, il ragionamento si sposta verso il confine – che si fa’ sempre più sottile, nella pratica delle strategie di gara – fra subappalto necessario ed avvalimento.
E così, il Consiglio di Stato puntualizza “A differenza di quanto accade con l’avvalimento, il rapporto con l’impresa subappaltatrice, anche nel caso di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, non è attratto nella fase della gara, ma continua a rilevare nella fase dell’esecuzione dell’appalto, per come dimostrato dalle previsioni dell’art. 105, comma 7 (in tema di obbligazioni che, come già detto, sorgono per l’affidatario solo dopo la stipulazione del contratto) e comma 8 (in tema di responsabilità esclusiva dell’affidatario nei confronti della stazione appaltante), oltre che dei comma successivi dello stesso art. 105, tutti attinenti alla fase esecutiva, e tutti applicabili ad ogni tipologia di subappalto.”.
Ed è proprio sulla base di tale rilievo che si perviene alla decisione conclusiva “Ne consegue che l’interpretazione “comunitariamente orientata” degli artt. 80, comma 5, lett. c) e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, quale risulta a maggior ragione dopo la sentenza della Corte di Giustizia, 30 gennaio 2020 in causa C-395/2018, comporta che, quando è indicata una terna di subappaltatori in sede di offerta, l’esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore privo dei requisiti o della qualificazione per eseguire la prestazione da subappaltare non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto c.d. necessario o qualificatorio, al quale cioè abbia fatto ricorso il concorrente sprovvisto di qualificazione impegnandosi a subappaltare l’esecuzione delle relative prestazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione. Pertanto, è rimesso alla stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore, a maggior ragione quando gli altri subappaltatori indicati nella terna abbiano requisiti e qualificazione. … Occorre tuttavia verificare se, come sostiene l’appellante, tale possibilità fosse esclusa dalla legge di gara, ma … ben si può ritenere pertanto … che in tale eventualità, la legge di gara rendesse possibile alla stazione appaltante di consentire all’operatore economico come L., avente il requisito in proprio, di eseguire direttamente le prestazioni accessorie e, per altro verso, agli altri concorrenti aggiudicatari di sostituire P. con un’altra subappaltatrice della terna da essi indicata (sulla cui idoneità professionale la ricorrente non ha mosso contestazione alcuna).”.
L’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, Sez. III, 10 giugno 2020, n. 3702
A distanza di pochi giorni dalla decisione della V Sezione sopra esaminata, la portata “espansiva” dell’istituto del subappalto necessario sembra subire una possibile battuta d’arresto da parte di altra Sezione del Consiglio di Stato.
Con l’ordinanza del 10 giugno n. 3702 la III Sezione ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la pronuncia pregiudiziale sul seguente quesito: “Se gli articoli 63 e 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ostino ad una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate.”.
Il Collegio, in proposito, mostra di propendere per una risposta positiva, ma non senza rilevanti difficoltà, che risiedono proprio nel tentativo di assimilare ed assottigliare i confini fra subappalto necessario ed avvalimento.
In tal modo, la portata espansiva dell’istituto sembra ridursi a ben più ristretti confini, nonostante l’ampia interpretazione ora esaminata e ripresa anche dalla decisione della stessa Sezione III, n. 3585 del 5 giugno 2020, degna di nota in quanto conferma che i requisiti tecnici di partecipazione posseduti ai fini dell’ammissione alla gara (nel caso di specie, acquisiti tramite contratto di affitto di ramo d’azienda) “dopo l’aggiudicazione, possono anche venir meno senza che l’impresa patisca alcuna conseguenza rispetto all’esecuzione del contratto … e allo stesso modo, qualsiasi ulteriore valutazione in merito al contratto di affitto di ramo di azienda – attinente alla sua eventuale e futura fase esecutiva – non assume valenza ai fini della legittima partecipazione alla procedura di gara…”.
Nel caso esaminato con l’ordinanza di rimessione, la concorrente di una gara indetta da Invitalia aveva impugnato (con ricorso incidentale) l’ammissione di altra impresa eccependo che la stessa risultava priva del requisito di qualificazione nella categoria SOA OS18 B in classifica V, richiesta ai fini della partecipazione alla gara: in particolare, eccepiva che la concorrente “aveva ritenuto di soddisfare tale requisito in parte con il possesso della propria classifica, in parte con il subappalto frazionato, a tre subappaltatori”.
Il TAR Puglia, in accoglimento della tesi ora esposta, aveva affermato che “il concorrente (ovvero in sua vece il subappaltatore) deve possedere in proprio e “per intero” la qualificazione richiesta dalla lex specialis (par. 15.2, 15.2.1 e 15.2.2 della sentenza).” e, per tale motivo, aveva escluso il concorrente.
Il Collegio, adito in sede di appello, su questo tema “ha ritenuto necessario sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte di Giustizia UE sulla questione pregiudiziale”, che viene esposta con l’ordinanza in commento.
Infatti, “La questione interpretativa pregiudiziale di seguito proposta risulta dirimente ai fini della decisione del ricorso. Invero, qualora dovesse ritenersi che il diritto eurounitario non ammette preclusioni al frazionamento del requisito tra più subappaltatori ovvero tra questi e l’impresa concorrente, il giudizio a quo dovrebbe concludersi con una sentenza favorevole alla parte RTI e con la conseguente conferma della sua ammissione in gara. Per contro, nel caso in cui si dovesse accogliere l’opzione contraria, il giudizio dovrebbe concludersi con una sentenza di conferma dell’annullamento dell’atto di ammissione.”.
Nel caso specie il disciplinare di gara richiedeva ai partecipanti in gara, a pena di esclusione, l’attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA, … per l’esecuzione (tra le altre) delle prestazioni di costruzione nella categoria (scorporabile e a qualificazione obbligatoria) OS 18-B, in classifica V, mentre il concorrente in sede di offerta aveva dichiarato di essere titolare di attestazione SOA per classifica inferiore e di voler fare ricorso al c.d. subappalto cd. “qualificante” o “necessario” al fine di soddisfare il requisito di partecipazione, indicando alcuni subappaltatori il cui cumulo consentiva il raggiungimento della classifica richiesta.
Il Tar ha accolto la tesi in forza della quale almeno un componente del RTI o in alternativa un suo subappaltatore avrebbe dovuto essere titolare di attestazione SOA per categoria e classifica (V) idonea a “coprire” per intero l’importo … dei lavori OS-18B, con esclusione di qualsiasi facoltà di frazionamento del requisito tra più imprese.Tale conclusione è stata ricavata dalla convergente interpretazione della pertinente disposizione del disciplinare di gara e della normativa ratione temporis applicabile al caso, dalla quale il Tar ha tratto il convincimento che “.. il sistema della qualifica distinta per importi deve essere applicato singolarmente a ciascuna impresa. È dunque da escludersi che il requisito di qualificazione richiesto dalla stazione appaltante, e derivante dall’importo dei lavori da affidare, possa essere ‘coperto’ dall’operatore economico attraverso una mera sommatoria degli importi per i quali risultano qualificati i vari soggetti indicati nella terna dei subappaltatori”.
Secondo la stessa stazione appaltante, tuttavia “… non solo la clausola del disciplinare non introduce un divieto di frazionamento del subappalto, ma neppure nella normativa nazionale è rinvenibile alcuna limitazione al subappalto qualificante frazionato, non potendosi in tal senso intendere né l’art. 105 comma 5 del d.lgs. n. 50/2016, né l’art. 61 del d.P.R. n. 207/2010; … di più, l’interpretazione della lex specialis e della normativa nazionale adottata dal Tar risulterebbe disarmonica anche rispetto ai principi di diritto eurounitario in punto di frazionabilità dei requisiti di partecipazione, reiteratamente affermati dalla Corte di Giustizia con riferimento agli artt. 47 e 48 della previgente direttiva 2004/18/CE e non contraddetti dalla successiva direttiva 2014/24/UE (CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punti 29 – 35; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punti 23 e 28; CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14, punto 33).”.
Ed anche il Collegio, sul punto “… ritiene non condivisibile l’esegesi resa dal primo giudice con riguardo alle disposizioni del disciplinare di gara. Al contempo, dubita che la normativa nazionale sia interpretabile nel senso indicato dal Tar e, in assenza di disposizioni specifiche in merito alla frazionabilità tra subappaltatori del requisito qualificante, reputa opportuno acquisire indicazioni nomofilattiche sulla sovraordinate disposizioni del diritto eurocomunitario.”.
In attesa dei chiarimenti da parte del giudice comunitario, tuttavia, ciò che rileva ai fini della presente analisi è soprattutto il quadro d’insieme tracciato con l’ordinanza di rimessione: emerge, infatti, un’obiettiva incertezza sull’applicabilità del subappalto c.d. ”frazionato”, giacché l’interpretazione comunitaria che viene evocata a sostegno della tesi è costruita sul diverso istituto dell’avvalimento.
Il che sembra ridimensionare l’ampia applicazione dell’istituto, propugnata con la decisione più sopra commentata e, inoltre, sembra ancor più sollecitare una analisi sulle linee distintive tra i due istituti.
Come ricorda il Consiglio di Stato, “Nel sistema normativo nazionale, i requisiti di partecipazione nel comparto dei lavori sono puntualmente definiti dalla normativa di riferimento, secondo un doppio e connesso binario. … La concreta definizione delle modalità di accesso alle gare varia in relazione alla tipologia e all’importo delle singole lavorazioni, incentrandosi su un principio generale e su una deroga. a) Per principio generale, ai fini della partecipazione alla gara e dell’esecuzione dei relativi lavori è sufficiente che il concorrente sia qualificato nella categoria prevalente, in una classifica corrispondente all’importo totale dei lavori. In caso di aggiudicazione, il concorrente potrà eseguire lavorazioni anche relative alle categorie scorporabili, ancorché privo delle relative qualificazioni (art. 12, comma 2, lett. a), D.L. n. 47/2014). Nella medesima ipotesi, il ricorso al subappalto, ai fini dell’affidamento delle lavorazioni scorporabili come di quelle riconducibili alla categoria prevalente, riveste carattere meramente eventuale e facoltativo, rispondendo a scelte discrezionali, organizzative ed economiche, dell’impresa concorrente. b) La descritta impostazione conosce una deroga nel caso in cui le categorie indicate come scorporabili rientrino in determinate tipologie di opere “specialistiche”, per le quali la normativa di riferimento richiede la c.d. “qualificazione obbligatoria”. Dette opere, infatti, non possono essere eseguite direttamente dall’aggiudicatario se privo della relativa qualificazione e, quindi, devono essere necessariamente subappaltate ad un soggetto ad esse abilitato (cfr. art. 12, comma 2, lett. b), D.L. n. 47/2014, convertito con legge n. 80/2014). La fattispecie qui all’esame rientra, appunto, nella tipologia da ultimo tratteggiata (subappalto “necessario” o “qualificante”), in quanto riguarda un concorrente privo dei requisiti di esecuzione relativi ad una categoria c.d. scorporabile a qualificazione obbligatoria (OS 18-B, in classifica V, di importo pari ad € 3.799.896,24).”.
Tuttavia, sotto il profilo normativo, “il “subappalto necessario”, previsto in vigenza del decreto legislativo n. 163/2006 (art. 118), non trova espresse disposizioni regolative nel decreto legislativo n. 50/2016.
Nondimeno, la giurisprudenza ritiene trattarsi di istituto compatibile con l’attuale quadro normativo, stante la confermata vigenza dell’art. 12 del decreto legge n. 47/2014 (convertito, con modificazioni, con legge n. 80/2014), ed in particolare dei primi due commi dell’art. 12, riferiti alle categorie riguardanti le opere speciali suscettibili di “subappalto necessario” in favore di imprese in possesso delle relative qualificazioni (v. Cons. Stato, sez. V, n. 5745/2019; Tar Lazio, sez. II, n. 3023/2019; Tar Piemonte, sez. II, n. 94/2018; Tar Napoli, sez. I, n. 1336/2018). ”.
Ma il vero “cuore” della questione controversa sta nella circostanza che non sussistono spunti normativi e interpretativi in tema di subappalto necessario “frazionato”, ipotizzabile nell’ancora più specifico caso in cui il requisito di qualificazione obbligatorio venga ad essere ‘coperto’ dall’operatore economico attraverso una sommatoria degli importi per i quali risultano qualificati i diversi operatori indicati nella terna dei subappaltatori. In particolare, “La giurisprudenza nazionale ha chiarito che, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 105, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, in sede di presentazione dell’offerta non è necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, neppure in caso di subappalto necessario – ovvero allorché il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili (v. Cons. Stato, sez. V, n. 5745/2019; Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9).”.
Quid juris, dunque, in tema di dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione frazionato tra più subappaltatori? La giurisprudenza, soprattutto quella comunitaria più recente, ammette l’avvalimento frazionato fra più ausiliari, ma nulla indica in tema di subappalto necessario.
Ricorda il Collegio nell’ordinanza di rimessione, che “La disciplina eurounitaria del subappalto è desumibile dagli artt. 63 e 71 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici. … La disciplina della direttiva sviluppa i principi concorrenziali espressi dagli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE). L’art. 49 stabilisce: “Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”. L’art. 56 prevede: “Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all’interno dell’Unione”.”.
Questo il quadro normativo comunitario che, peraltro, reca linee generali e di mero inquadramento degli istituti.
Sotto il profilo giurisprudenziale, poi, si rammenta che “Chiamata a pronunciarsi sugli artt. 47 e 48 della previgente direttiva 2004/18/CE (per gli aspetti e le disposizioni che qui rilevano non contraddetta dalla successiva direttiva 2014/24/UE) la Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato: (i) il diritto di ciascun operatore di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, “a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi”, purché si dimostri all’amministrazione aggiudicatrice l’effettiva disponibilità dei mezzi necessari per eseguire l’appalto (cfr. CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punti 29 – 35; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punti 23 e 28; CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14, punto 33); (ii) la libertà dell’offerente di “..scegliere, da una parte, la natura giuridica dei legami che intende allacciare con gli altri soggetti sulle cui capacità egli fa affidamento ai fini dell’esecuzione di un determinato appalto e, dall’altra, le modalità di prova dell’esistenza di tali legami” (CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28); (iii) il generale principio di frazionabilità dei requisiti di partecipazione tra più imprese, suscettibile di deroga soltanto in presenza di comprovate circostanze eccezionali, ossia: “lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si può ottenere associando capacità inferiori di più operatori” e per i quali il livello minimo di capacità deve essere raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, da un numero limitato di operatori economici (cfr. CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12; CGUE, 14 luglio 2016, C 406/14).“.
Ancora più in dettaglio, la Corte di Giustizia: ”nella sentenza C 94/12 (punto 31), per suffragare la portata generale del diritto dei concorrenti di fare affidamento sulle capacità di più operatori, ha rinviato alle norme sul subappalto, statuendo: “nel medesimo senso, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola autorizza i raggruppamenti di operatori economici a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici senza prevedere limitazioni relative al cumulo di capacità, così come l’articolo 25 della stessa direttiva considera il ricorso a subappaltatori senza indicare limitazioni in proposito”; nella sentenza C 406/14 (punto 33), resa in materia di subappalto, in maniera ancor più incisiva la Corte ha affermato che “l’articolo 48, paragrafo 3, di tale direttiva (n. 2004/18, n.d.r.) – prevedendo la facoltà per gli offerenti di provare che, facendo affidamento sulle capacità di soggetti terzi, essi soddisfano i livelli minimi di capacità tecniche e professionali stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice, a condizione di dimostrare che, qualora l’appalto venga loro aggiudicato, disporranno effettivamente delle risorse necessarie per la sua esecuzione, risorse che non appartengono loro personalmente – sancisce la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, e ciò, in linea di principio, in modo illimitato”; nella sentenza C 234/14 (punto 28), anche questa resa in materia di subappalto, la Corte ha ulteriormente precisato che “l’offerente rimane libero di scegliere, da una parte, la natura giuridica dei legami che intende allacciare con gli altri soggetti sulle cui capacità egli fa affidamento ai fini dell’esecuzione di un determinato appalto e, dall’altra, le modalità di prova dell’esistenza di tali legami”.
Tali pronunce di ampio respiro e orientate all’interpretazione estensiva, sono però emesse con riferimento a fattispecie riguardanti sia l’istituto dell’avvalimento che quello del subappalto, comprova che le pur obiettive differenze strutturali che intercorrono tra i due istituti (l’avvalimento rileva nella fase di implementazione dei requisiti di partecipazione ad una gara; il subappalto, posto “a valle” del contratto di appalto, attiene alla sua esecuzione) non elidono la loro comune connotazione quali moduli organizzativi alternativamente idonei a garantire l’ampliamento della possibilità di partecipazione alle gare anche a soggetti in apice sforniti dei requisiti di partecipazione (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2675/2014 e n. 1224/2014; CGUE, 5 aprile 2017, C-298/15, punti 47 e ss.; CGUE, 14 gennaio 2016, C-234/14, punto 28; CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, punto 31).
Tuttavia, non può essere pretermessa la ratio di tali sentenze, per cui tale interpretazione, per espressa affermazione della Corte di Giustizia, risponde all’obiettivo dell’apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici stabiliti negli Stati membri, ed in particolare delle piccole e medie imprese, ma anche delle stesse amministrazioni aggiudicatrici. Si tratta di obiettivi propri della direttiva 2004/18/CE e rafforzati dalla direttiva 2014/24/UE (v. considerando 1, 41, 78, 100 e 105 della direttiva 2014/24).
Difatti la Corte di Giustizia riconosce che il ricorso al subappalto, favorendo l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce, al pari dell’avvalimento, a realizzare l’obiettivo di rendere la concorrenza la più ampia possibile (CGUE, 26 settembre 2019, C-63/18, punto 27 e CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18, punto 39).
Il punto di caduta risulta proprio il confronto con l’istituto dell’avvalimento, che a parità di ratio offre l’occasione, da un lato, per illustrare le possibili obiezioni all’estensione anche al subappalto del principio del frazionamento dei requisiti; e, dall’altro, per accennare alle ragioni che hanno alimentato la linea prudenziale storicamente adottata dal legislatore italiano nel dare ingresso al subappalto nel sistema degli appalti pubblici.
In proposito, ricorda l’ordinanza che “sotto questo secondo aspetto rileva il fatto che il subappalto, confinato alla fase esecutiva dell’appalto e sottratto ai controlli amministrativi aventi sede nella procedura di gara: (i) si presta ad una possibile sostanziale elusione dei principi di aggiudicazione mediante gara e di incedibilità del contratto; (ii) costituisce un mezzo di possibile infiltrazione negli pubblici appalti della criminalità organizzata, la quale può sfruttare a suo vantaggio l’assenza di verifiche preliminari sull’identità dei subappaltatori proposti e sui requisiti di qualificazione generale e speciale di cui agli artt. 80 e 83, d.lgs. n. 50 del 2016; (iii) conosce una prassi applicativa talora problematica, poiché la tendenza dell’appaltatore a ricavare il suo maggior lucro sulla parte del contratto affidata al subappaltatore (tendenzialmente estranea ad ingerenze della stazione appaltante) produce riflessi negativi sulla corretta esecuzione dell’appalto, sulla qualità delle prestazioni rese e sul rispetto della normativa imperativa in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro.”.
Ne deriva che “da questa serie di limiti disfunzionali (segnalati nei pareri n. 855/2016 e n. 782/2017 resi da questo Consiglio, rispettivamente, sul progetto di nuovo Codice dei contratti pubblici e sul decreto legislativo di correttivo al Codice) hanno tratto spunto le opzioni restrittive inserite nel vigente codice degli appalti, di recente e sotto diversi profili censurate dalla Corte di Giustizia (CGUE 26 settembre 2019, C-63/18; CGUE, 27 novembre 2019, C-402/18).”.
Il Collegio accenna peraltro al rischio al quale il subappalto sembra esporre l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità, “accresciuto da una reiterata impostazione normativa che, pur onerando il concorrente in gara della indicazione generalizzata, sin nell’atto dell’offerta, dei lavori o delle parti di opere che egli intende subappaltare (art. 105, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016), per il resto circoscrive a più limitate ipotesi l’obbligo di indicazione, già in sede di formulazione dell’offerta, del nominativo delle imprese subappaltatrici (art. 105, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016)“.
Da qui, il Consiglio di Stato sembra orientato negativamente sull’estensibilità dell’istituto, allorché afferma: “Le riportate ragioni di cautela (tutte presenti all’attenzione del legislatore comunitario, come chiaramente evincibile dalla lettura del considerando n. 105 della Dir. 2014/24/UE) rilevano in modo particolare nel caso del subappalto “necessario” proprio perché, mentre nell’ipotesi ordinaria del subappalto “facoltativo” l’appaltatore già possiede in proprio tutti i requisiti necessari per l’esecuzione dell’appalto, pur scegliendo, sulla base di una valutazione discrezionale e di mera opportunità economica, di subappaltare talune prestazioni ad un’altra impresa; viceversa, nel caso del subappalto “necessario” l’appaltatore difetta dei requisiti necessari per realizzare una o più prestazioni dell’appalto, motivo per cui è egli obbligato a subappaltarle ad un’impresa in possesso di quegli stessi requisiti.”.
Ad avviso del remittente un significativo tratto differenziale permane, tuttavia, in relazione al fatto che il subappaltatore esegue in proprio le opere affidategli, rispondendone esclusivamente nei confronti dell’impresa subappaltante, unica responsabile nei confronti della stazione appaltante; al contrario, nell’avvalimento l’ausiliario non è esecutore dell’opera (se non nei limiti fissati dall’art. 89, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016) e, tuttavia, consentendo al concorrente di integrare i requisiti mancanti necessari per la partecipazione alla gara, egli diviene parte sostanziale del contratto di appalto, assumendone insieme al concorrente principale la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante (art. 89, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016).
Dunque, divergenze significative tra i due istituti (avvalimento e subappalto) si riscontrano in ordine al regime di responsabilità dell’impresa ausiliaria ed al suo ruolo nella esecuzione dell’appalto. Le stesse si attenuano, come si è visto, nel caso del subappalto “necessario” soggetto all’obbligo della contestuale indicazione in sede di gara sia delle attività per le quali si intende ricorrere al subappalto, sia del nominativo dei subappaltatori e dei relativi requisiti (ai sensi art. 105 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), tanto da giustificarne la denominazione di “avvalimento sostanziale”.
Conclusioni
La giurisprudenza ammette senza dubbi l’esistenza di evidenti similitudini tra il subappalto qualificatorio e l’avvalimento.
Il giudice amministrativo coglie, nel contenuto delle direttive europee, come interpretate dalle richiamate pronunce Corte di Giustizia, una latitudine precettiva apparentemente estensibile ad ogni tipologia di rapporto ausiliario che consenta all’operatore in gara di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, “a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi” ed anche nella forma del frazionamento o del “cumulo di capacità”.
Come si afferma nell’ordinanza di rimessione sopra commentata, “la Sezione rinviene negli orientamenti del giudice comunitario l’indicazione sintetica secondo la quale istituti espansivi della concorrenza (quali sono intesi l’avvalimento e il subappalto) possono tollerare limitazioni proporzionate e occasionali, non quindi generali e astratte, ma di volta in volta calibrate dall’amministrazione aggiudicatrice sulle peculiarità della singola gara ed in ragione degli eventuali fattori (il settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, la natura dei lavori, la tipologie di qualifiche richieste) che in essa concorrono a suggerire l’introduzione di specifiche condizioni restrittive. Appare, quindi, plausibile concludere che, in applicazione di queste stesse indicazioni ermeneutiche, anche nel caso sin qui delineato (subappalto necessario, implicante l’obbligo di indicazione delle prestazioni da subappaltare e del nominativo dei subappaltatori) debba valere un principio generale di frazionabilità del requisito qualificante, suscettibile di motivata deroga nei casi in cui la stazione appaltante ritenga di individuare casi e limiti ostativi oltre i quali la sicurezza e la qualità dell’opera potrebbero essere messe a rischio dal meccanismo del frazionamento del requisito. In ipotesi siffatte la stessa stazione appaltante potrebbe dunque imporre, nella legge di gara, che il livello minimo della capacità in questione venga raggiunto da un unico operatore economico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici. È quanto avviene nella parallela materia dell’avvalimento …”.
Il parallelismo tra i due istituti, dunque, è tracciato e i confini si fanno evanescenti: in attesa della risposta da parte della Corte eurounitaria, non accenna a placarsi l’oscillazione di norme, prassi ed interpretazioni sui requisiti in tema di avvalimento e di subappalto, che genera senza dubbio forti incertezze tra gli operatori e le stazioni appaltanti, oltre a contenziosi che ritardano l’avvio dei contratti e non danno ancora soluzioni univoche per il mercato.