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Gli antichi romani resero grande il loro impero investendo in infrastrutture. Ovunque arrivassero costruivano. Strade, ponti, acquedotti, terme, teatri. Ogni più remoto luogo conquistato, non era una periferia ma un nuovo centro, una miniatura della grandiosità di Roma. Più di ogni altra opera, la grandezza di Roma è dovuta alla rete stradale. Le strade creavano connessioni tra i popoli, erano alla base dello sviluppo di nuovi commerci, erano veicolo di ricchezze, civiltà e cultura. Dopo oltre duemila anni, l’importanza delle reti di comunicazione non sono mutate. Un territorio dotato di infrastrutture viarie è un territorio con un alto standard economico e sociale. Una formula che ci si dimentica di interpellare quando ci si occupa di sviluppo dei territori “arretrati”.

Tra il nord ed il sud dell’Italia sussiste un divario che non si riesce a colmare. Il nostro paese viaggia a due velocità. Dal 1990 le autostrade del meridione non hanno registrato alcun aumento rilevante. Al contrario, in tutta Europa le reti stradali ed autostradali sono in costante incremento. Uno stallo grave, che gioca a discapito del rilancio, ovunque acclamato e sempre disatteso, del sud. Ancora più grave è il ritardo con il quale ci si prende cura della rete stradale ed autostradale esistente. Un esempio? Nel 2015 la Palermo Catania viene troncata in due dopo il cedimento di un pilone del viadotto Himera. Ci si affretta ad affermare che i lavori per la ricostruzione saranno rapidi. Lo si ribadisce con il passare dei mesi. Trascorrono degli anni. I lavori per completare quei 270 metri di viadotto non sono ancora terminati. A fine settembre la CISL Sicilia ha diffuso un comunicato stampa nel quale denuncia, oltre allo stallo, una diversa politica e tempistica nella gestione tra differenti aree dell’Italia: “Sono passati quattro anni e mezzo da quel 10 aprile 2015 e ancora è tutto fermo mentre stanno per partire i lavori per il Ponte Morandi a Genova. Quanto dovremo aspettare ancora?”. Nel momento in cui scriviamo sono trascorsi 1666 giorni 10 ore 52 minuti. Il dato, così dettagliato, lo si ricava dal contatore in funzione sulla home page del sito cislsicilia.it. Si teme che nemmeno il 2020 possa essere l’anno giusto in cui il tratto possa tornare a funzionare.

Il divario tra nord e sud sarà mai colmato? C’è una reale volontà, una vera progettualità? Intanto come scrive Sergio Rizzo su La Repubblica “la gente scappa. Nei soli ultimi quattro anni, da quando la crisi avrebbe dovuto in teoria allentare la morsa, il Sud ha perso 307.748 abitanti”. Effetto domino. Senza infrastrutture non c’è sviluppo, senza sviluppo non c’è lavoro, senza lavoro i giovani emigrano, l’emigrazione porta via risorse umane, professionali, finanziarie.

“Le infrastrutture non rappresentano solo lo scheletro sul quale poggia la competizione economica, ma soprattutto il pilastro che sostiene la qualità della vita delle donne e degli uomini, delle famiglie e delle comunità”. Sono le parole pronunciate dalla Ministra alle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, a Portici, in occasione delle celebrazione del 180° anniversario della linea ferroviaria Napoli Portici, la prima linea ferroviaria d’Italia. Nel 1839 il meridione poteva vantare questo primato. La storia ha poi imboccato un altro binario. Che storia stiamo scrivendo nel presente? Il primo agosto scorso è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’assegnazione dei fondi del “Piano Straordinario di messa in sicurezza delle strade” nei piccoli Comuni delle aree interne del Mezzogiorno. 80milioni di euro per lavori da appaltare nel biennio 2019-2020. L’esistenza di un Piano è la prova che il Meridione è in sofferenza e va sottoposto ad interventi urgenti, tutti, sempre, nel nome del sostegno della crescita economica e sociale.

Nell’introduzione del rapporto dell’ANCE dal titolo “Le infrastrutture per la competitività del Mezzogiorno”, datato settembre 2018, si legge che “un approccio efficace ai problemi dello sviluppo del Mezzogiorno necessita di un progetto integrato, interregionale, che realizzi una sinergia tra le attrattività e le vocazioni naturali del meridione per rendere competitivo questo territorio con il resto del Paese. Di attrattività specifiche il Sud è ricco, basta valorizzarle a rete”.

Il Sud ha una sua propria identità, diversa dal nord. Ha le sue aspirazioni, le sue risorse. In un progetto di sviluppo, il Meridione, non deve fare l’errore di seguire pedissequamente ciò che è stato fatto altrove. Ci può essere uno sviluppo diverso. E non è detto che sia peggiore o migliore di un’altra idea di sviluppo. Come si legge nella prefazione de Il Pensiero Meridiano del sociologo Franco Cassano, “il Sud non è un non-ancora, non esiste solo nella prospettiva di diventare altro, di fuggire inorridito da sé per imitare il Nord venti o cento anni dopo, e quindi probabilmente mai. […] Il futuro non può essere un inseguimento eternamente incompiuto ed eternamente fallimentare”. Il Sud è ancora oggi una miniera di risorse inespresse. E’ il Sud stesso e chi lo abita che per primi devono credere in questo. Una rete stradale, autostradale, ferroviarie efficiente è da appaltare al più presto perché tali risorse non restino imbrigliate per sempre. Sarebbe uno spreco per l’economia del paese intero. Sarebbe la condanna definitiva del Meridione.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.