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( vote)Analisi di pareri e pronunce su questioni attinenti all’attività contrattuale ed in genere all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti
Lodo arbitrale e la possibilità di estinguere l’obbligazione con la compensazione ex art. 1241 del c.c.
Corte dei Conti, sezione Lombardia deliberazione n. 103/2014
Indice
- Premessa;
- Rapporti tra il lodo arbitrale e l’istituto del riconoscimento dei debiti fuori bilancio
- La questione della compensazione;
- La conclusione.
1. Premessa
Il Sindaco di un comune lombardo chiede alla sezione se sia possibile compensare un debito derivante da un lodo arbitrale (di condanna) con dei crediti vantati nei confronti della controparte dovuti per la gestione del servizio del gas. Compensazione da attuarsi secondo il disposto di cui all’articolo 1241 del codice civile quale fattispecie estintiva dell’obbligazione diversa dall’adempimento.
Testualmente, con il parere de quo “il Sindaco del Comune di (…), con nota del 22 febbraio 2014, ha rappresentato alla Sezione che il Comune, a seguito di pronuncia del collegio arbitrale in ordine ad un contenzioso insorto con il concessionario del servizio di distribuzione del gas, è stato riconosciuto debitore nei confronti del concessionario per un importo di € 812.000,00, oltre IVA e interessi. Il sindaco evidenzia, altresì, che:
• il creditore gestisce il servizio di distribuzione del gas nel territorio comunale fino al 2022 e corrisponde al Comune un canone annuo quantificato, in base alle tariffe fissate dall’Autorità per l’energia elettrica, in circa € 150.000 annui, che deve versare in due rate annuali;
• il Comune ha emesso, in febbraio, la fattura per la rata di saldo 2013 ed il concessionario ha comunicato che detta fattura sarà pagata mediante compensazione con il credito sopra menzionato fino al saldo spettante in forza del lodo”.
Alla luce di questi elementi il rappresentante legale dell’ente formula alla Sezione il quesito: “dovendo procedere ai sensi dell’art. 194, comma 1 lett. a), del D. Lgs. 267/2000 al riconoscimento del debito fuori bilancio” si chiede “parere (…) in ordine alla possibilità di finanziare il debito citato mediante compensazione ex art. 1241 c.c.”.
2. Rapporti tra il lodo arbitrale e l’istituto del riconoscimento dei debiti fuori bilancio
Quale premesse ai chiarimenti richiesti, la sezione si sofferma sulla ormai pacifica statuizione secondo cui il lodo arbitrale è equiparabile – quanto alla sua efficacia – ad una sentenza precisando, che detta riflessione sia già stata affermata più volte dalla Sezione (Corte Conti, Sez. Lombardia, delib. n. 910/2009 e più di recente n. 401/2012).
Si sofferma quindi, nel prosieguo del parere, sulla natura della delibera consiliare che “riconosce” il debito fuori bilancio a cui la sezione attribuisce una funzione di ricognizione e riconduzione alle esigenze di salvaguardai degli equilibri di bilancio ed al contempo una funzione garantista in relazione al soggetto responsabile.
In particolare, nel parere si evidenzia, “come già rilevato” dalla “Sezione, (n. 401/2012)” che “nel caso di debiti derivanti da sentenza esecutiva, nonché da lodo arbitrale rituale il significato del provvedimento del Consiglio Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato all’esterno di esso. In altri termini, la valenza della delibera consiliare ex art. 194 comma 1 lett. a) T.U.E.L. non è quella di riconoscere la legittimità di una obbligazione, la cui validità è stata oggetto di delibazione in sede giudiziaria, quanto una funzione giuscontabilistica individuabile nella salvaguardia degli equilibri di bilancio (mediante l’individuazione delle risorse necessarie a finanziare il debito), ed anche garantista consistente nell’accertamento di chi sia responsabile della formazione della fattispecie debitoria che si è formata al di fuori della ordinaria contabilità dell’ente (cfr. la delibera della Sezione n. 1/2007). Deve, altresì, aggiungersi che, in ogni caso, dal riconoscimento di legittimità discende l’obbligo, per l’ente pubblico, di contabilizzazione e di quantificazione finanziaria del debito riconosciuto, in virtù dei principi di universalità, veridicità ed attendibilità del bilancio”.
3. La questione della compensazione
Conclusa la doverosa premessa, il collegio si sofferma nel merito del quesito ovvero l’interrogativo se sia possibile usare, nel caso di specie, lo strumento privatistico della compensazione. Quesito, già si anticipa, a cui viene dato riscontro positivo, secondo un ragionamento fondato sulla natura giuridica della compensazione come modalità di estinzione dell’obbligazione giuridica distinta dall’adempimento vero e proprio con specificità peculiari che la renderebbero (si potrebbe dire) addirittura opportuna.
Secondo la sezione, la compensazione “si sostanzia nell’estinzione delle reciproche pretese creditorie fino alla concorrenza dello stesso valore. La compensazione può essere legale, giudiziale o volontaria. La ratio dell’istituto appare individuabile nella semplificazione dei rapporti giuridici e nell’agevolazione della soddisfazione del credito”.
La stessa corte (cfr. Sez. Calabria, delib. n. 667/2011) ha avuto modo di evidenziare che gli enti pubblici, nell’ordinamento domestico, “appaiono godere di una generale capacità giuridica di diritto privato e possono usare i relativi strumenti per svolgere la propria azione e perseguire i propri fini”, con l’effetto, pertanto, che ad essi è consentito “utilizzare gli strumenti privatistici, in assenza di una contraria disposizione di legge, nei casi in cui vi sia attinenza con le finalità pubbliche perseguite”.
In relazione alla possibilità di ammettere il ricorso in subiecta materia, si prosegue nella deliberazione, all’istituto della compensazione, altra Sezione della stessa Corte (cfr. Sez. Basilicata, delib. n. 123/2013) ha avuto modo di ricordare come “già l’art. 69, comma 1, del R.D. n. 2440/1923, sulla contabilità generale dello Stato, prevedeva, nei casi ammessi dalle leggi, la cessione e la delegazione dei crediti verso lo Stato e la possibilità, al comma 6, di sospendere un pagamento in presenza di un contemporaneo credito”.
Ulteriori elementi, inoltre, sono desumibili dalla circostanza “che l’art. 1246 c.c. esclude la compensazione, tra le altre ipotesi, qualora ricorra un divieto stabilito dalla legge, permette a contrario di argomentare che non occorre cercare una disposizione di legge che consente la compensazione, quanto piuttosto che la vieti. Esattamente, quindi, la disposizione legislativa si limita a determinare un effetto autorizzativo di facoltà proprie della capacità negoziale di diritto privato che già sono in capo all’Ente locale”.
4. La conclusione
Epilogo a tale premessa è che “non può ritenersi preclusa la compensazione tra debiti reciproci intercorrenti tra soggetti privati e enti locali per rapporti contrattuali e commerciali”.
Rafforzano detta statuizione, secondo la sezione, soprattutto – nel caso di specie – “la certezza, liquidità ed esigibilità del credito che viene opposto in compensazione all’Ente” che “appaiono acclarate da un lodo arbitrale rituale. Con la conseguenza che potrà trovare applicazione l’istituto della compensazione legale relativamente ai canoni che risultano connotati da uguale certezza, liquidità ed esigibilità, come previsto dal comma 1 dell’art. 1243 c.c”.
Appare piuttosto interessante l’inciso conclusivo del parere in cui si richiama l’attenzione dell’ente alla circostanza che la decisione di non introitare risorse (avvalendosi appunto della compensazione) potrebbe avere effetti negativi rispetto al patto di stabilità. Pertanto, la decisione di compensare, di per sé legittimamente utilizzabile, non può prescindere dalle considerazioni prioritarie in tema di rispetto della finanza pubblica e segnatamente in relazione al patto di stabilità.
Sul punto, infatti, si legge nel parere che “la possibilità di finanziare il riconosciuto debito fuori bilancio mediante compensazione ex art. 1241 c.c. non può naturalmente incidere sull’obbligo giuridico cogente gravante in capo all’Ente di rispettare il patto di stabilità interno sin dalla predisposizione del bilancio di previsione, nonché, ovviamente, all’esito della gestione, adottando gli opportuni provvedimenti. Questi ultimi e necessari provvedimenti, miranti al reperimento delle risorse idonee a compensare la mancata riscossione del canone annuo dovuto al Comune dal concessionario del servizio di distribuzione del gas, involgono profili di discrezionalità politica rientranti nell’esclusiva sfera dell’ente, che, comunque come detto, è tenuto al rispetto dei menzionati vincoli”.
E’ bene rilevare che la compensazione, non può essere considerata un atto politico tout court, è chiaro che dovrà essere proposto tecnicamente dal responsabile del servizio interessato ed a questi competerà esprimersi con il parere di compatibilità monetaria ex articolo 9 della legge 102/2009 ovvero sui riflessi che l’intervento può determinare in relazione al patto di stabilità.