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La città eterna ospita l’ultima tappa del Giro d’Italia, edizione 101. Una variopinta sfilata di campioni davanti ai monumenti simbolo della bellezza del nostro paese, lungo strade sconnesse simbolo dell’inefficienza del nostro stesso paese. La grandiosità del passato e la mediocrità del presente. Le strade del circuito cittadino di Roma sono state considerate pericolose dalla carovana rosa. Buche, sanpietrini sconnessi e scivolosi. Una situazione così grave per la sicurezza che gli atleti hanno inscenato una clamorosa protesta appena dopo il via, costringendo l’organizzazione a neutralizzare la tappa a soli 32 chilometri dalla partenza.

Si è stimato che serve un miliardo di euro per sistemare i 5.500 chilometri di strade romane. Nel bilancio 2018 del comune capitolino sono previsti appena 140 milioni di euro. Con queste cifre servirà un decennio per sistemare la viabilità romana. Ma con il passare del tempo sorgeranno nuove emergenze, si aggiungeranno a quelle già esistenti, si metteranno i coda alla lista, andranno ad alimentare un circolo vizioso che non sembra avere una soluzione definitiva.

Nel dibattito si è inserita la voce del vicedirettore del Corriere della Sera. Federico Fubini suggerisce un intervento organico, che faccia capo ad un unico e grande progetto riconducibile ad un unico e grande appaltatore. “Il sindaco – scriveva il 13 maggio Fubini – dovrebbe lanciare un solo grande trasparente appalto europeo per un gestore unico professionale incaricato della manutenzione di tutta Roma per 300 o 400 milioni l’anno. Magari, verrà scelto da un comitato internazionale di esperti, quindi distribuirà esso i subappalti e sarà responsabile dei ritardi”.

Le parole di Fubini toccano diversi punti dello stesso problema. Tra questi la scelta dell’appaltatore che verrebbe affidata ad “un comitato internazionale di esperti”. Potrebbe essere la soluzione all’aspetto più grottesco della vicenda delle strade romane. Presso il Comune di Roma è diventata difficoltosa (se non impossibile) la costituzione delle commissioni che devono assegnare gli appalti. “I funzionari – scrive Giuseppe Di Piazza sul Corriere.it – hanno paura a mettere le loro firme sotto le gare d’appalto. I tanti processi (giusti) sul passato fanno paura a chiunque. Così, pensano i funzionari, meglio evitare”.

E’ il teatro dell’assurdo. Ci sarebbero i fondi da investire in opere e servizi pubblici, ma non si procede perché i funzionari che dovrebbero essere responsabili delle procedure di assegnazione non vogliono prendersi quelle responsabilità per le quali ricoprono quello specifico ruolo. Temono di essere perseguiti dalla legge nel caso in cui dovessero emergere delle anomalie nell’appalto sul quale si sono pronunciati. Perché? Non ci sono risposte ragionevoli.

E’ la reazione alla paura di essere coinvolti in una ipotetica rete di corruzioni. La paura immobilizza.

Ma perché della gente onesta dovrebbe temere la giustizia? Se si comporta secondo la legge non dovrebbe avere nessun timore. Se coscienza e mani sono pulite non dovrebbe esserci nessun motivo per disertare dal proprio compito. “Il labirinto lo costruisce la paura di essere giudicati” dice il poeta spagnolo Ramón Andrés. La paura porta a creare intricati grovigli di alibi e attenuanti tra i quali è preferibile perdersi invece di muoversi con determinazione verso una via d’uscita. In quel labirinto ti puoi nascondere, puoi rimanere al sicuro. Puoi non fare. E non facendo, non rischi di sbagliare. Al riparo da qualsiasi accusa, pregiudizio, sospetto.

L’unica spiegazione a questo comportamento sta nel non sentirsi abbastanza tutelati dalla legge. Uno scenario che rappresenterebbe la sconfitta della lotta alla corruzione. L’immobilità romana dovuta alla paura dei suoi funzionari è un aspetto grave per il futuro degli appalti pubblici. Ritornano in mente le parole di Francesco De Gregori che nel 1992 in “Tutto più chiaro che qui” canta: “E vedo i ladri vantarsi e gli innocenti tremare”. Come possono diventare forti, decisi e più coraggiosi questi innocenti? Ci vogliono iniezioni di fiducia e sedute di psicoterapia, leggi a tutela di chi rispetta le leggi e una maggiore certezza delle regole.

Il rallentamento o addirittura l’immobilità delle commissioni giudicatrici, per Edoardo Segantini (sempre del corriere.it) “possono essere superati soltanto scrivendo bene, molto bene, i bandi di gara, indicando con estrema chiarezza i metodi, i criteri, i punteggi. Più chiara è la regola, più sicuro è il regolatore”.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.